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Per una critica radicale alla perfezione del corpo e alla chirurgia estetica
Il corpo è sempre stato un terreno di scontro, segnato dall’antica visione della paura e del sospetto nei suoi confronti in quanto origine di seduzione, desiderio, sregolatezza, terreno di perdizione, mozione delle pulsioni, sessualità, sensualità carnale, sessualizzazione, qualcosa di incontrollabile, origine di peccato e quindi oggetto di penitenza. “Controllerai i ventri e controllerai le genti” è il motto all’origine di quello che hanno attuato i regimi autoritari e che viviamo anche noi oggi in Occidente tanto con le retoriche allucinanti del natalismo, del familismo, del parto di Stato, degli imbarazzanti Fertility Day quanto sui temi etici riguardanti l’aborto legale, il suicidio assistito e l’eutanasia. La cristianità, ovvero la cultura sorta intorno al cristianesimo, ha tramandato un’idea rigida del corpo, come una “prigione della nostra anima”, un “sacco di sterco” come lo ha definito Teresa D’Avila, un mero “involucro” da abbandonare quando diventerà inservibile. Questo è stato il pensiero dualistico e gerarchico occidentale, tramandato anche dalla teologia tradizionale cristiana, che differisce totalmente dal cuore del cristianesimo (e dalla mistica cristiana) che si presenta – nonostante tutto – come l’unica, tra le religioni abramitiche, a dare una grande importanza alla corporeità: “Il Verbo si fece carne” si legge nel Vangelo secondo Giovanni (1:14). Il cristianesimo onora il corpo come principio dell’individualità senza cui l’anima non raggiungerebbe mai la sua pienezza. Come ci ricorda la teologa femminista Teresa Forcades: “Tommaso d’Aquino ha affermato che non possiamo essere “persone” senza il corpo. La sola anima non costituisce una persona. L’amore tra esseri umani non può esistere senza il corpo, perché l’essere umano non può esistere senza di esso. C’è un corpo terreno e un corpo celeste, un corpo fisico e un corpo spirituale. Ma rimane sempre il bisogno di avere un corpo come principio che personalizza la nostra identità.” – ed aggiungo io, la nostra unicità, la nostra diversità. Il cristianesimo parla dell’incarnazione di Gesù Cristo e di “resurrezione della carne” nello stesso modo in cui ha posto fine a qualunque iconoclastia, facendo fiorire l’incommensurabile arte nei suoi luoghi di culto fatta di statue carnali, corpi formosi, affreschi di angeli nudi, quadri di corpi nudi eleganti vestiti solo di veli, per non parlare dei corpi straziati e martoriati come San Sebastiano Martire sanguinante attraversato da frecce e Santa Giulia legata ad un palo mentre una forca le raspa il seno. L’arte cristiana, pur essendo in balia contrastante tra la teologia rigorista e il messaggio cristiano, ha esaltato il corpo sia nella sua bellezza sia nella sua crudezza. Nonostante ciò, la visione patriarcale è quella che ha continuato a vigere nella cristianità come nel capitalismo dei consumi di oggi dove utilitarismo, efficientismo ed apparenza vanno di pari passo con una cultura della competizione, della prestazione, della mercificazione e dello scarto. Come direbbe Papa Francesco, la “cultura dello scarto” è una “cultura della morte”. Ciò che non serve viene scartato, a meno che lo “scartato” si adegui/rispetti/rispecchi precisi canoni e può quindi tornare utile. Nella visione contemporanea, il corpo è ridotto a merce, oggetto di desiderio, desiderabile e commercializzabile, utilizzabile e usufruibile, discriminato e controllato. Il corpo deve essere prestante secondo precisi canoni/convenzioni di bellezza: esaltato quando “giovane”, scartato quando “vecchio” e recuperabile quando può ancora essere funzionale all’industria dell’immagine, a costo di essere medicalizzato e ritoccato. Nel 2023 è uscito il film Barbie, con protagonista Margot Robbie. Un “film in rosa” che ha incassato cifre astronomiche cercando di “combattere i pregiudizi sulle donne”, venendo addirittura definito assurdamente “femminista” e rivolto all’empowerment femminile. Nulla di più falso e intriso di purplewashing. Come ha dichiarato giustamente la comica Valentina Persia: “Barbie è un fake, un’illusione ottica, una menzogna. La prima che ha fatto bodyshaming a tutte noi, facendoci sentire inadeguate, grasse, povere e poco bionde…. Tutta apparenza e ostentazione, ma guadagnati come?  Chiedetelo a Ken che nel frattempo è sparito perché la signorina in questione gli ha fottuto tutto per fare la bella vita…” – afferma Persia sollevando una polemica – “Fate una bambola più vicina alle donne vere, quelle che si fanno il mazzo tutto il giorno, quelle donne che sorridono nonostante le chiappe e le tette cadenti, quelle donne che sanno essere donne nonostante siano nate in un corpo maschile, quelle donne che scappano spesso proprio da quel Ken che a differenza tua, invece di donare ville, roulotte o macchine rosa, picchia e picchia forte… Spostati biondina che siamo un esercito!” – concludeva la Persia. Interessante che a dire queste parole di estrema verità sia stata proprio la Persia che, non accettandosi fisicamente per come era, ha fatto ricorso alla chirurgia estetica. Il rincorrere le aspettative di questi canoni, nella nostra società attuale, ha preso di mira tutti, uomini e donne. Se Barbie ha fatto danni, ora è Ken a infliggere l’ennesima ansia da prestazione: sempre più ragazzi sono ossessionati dal mito del corpo palestrato, dalla pesistica, dal cross-fit, dal mito del virilismo, dal corpo apparentemente forte e muscoloso, ma in realtà reso tale solo dal gonfiore dato dalla ritenzione di liquidi e dall’assunzione spropositata di creatina in barba a qualunque attenzione per la propria salute. Anche se questo è un fenomeno in drastico aumento tra gli uomini, ad essere presi di mira sono la vecchiaia e il corpo delle donne attraverso la tossicità di tre strumenti: il photoshop, che ritocca o altera un’immagine di una persona espropriandola delle sue caratteristiche reali; l’intelligenza artificiale, vittima di bias cognitivi legati agli stessi stereotipi ageisti e di genere, oltre che alle norme/convenzioni e canoni di bellezza di cui noi stessi siamo vittima; e la chirurgia estetica, che alimenta un’industria dell’apparenza sulla pelle di migliaia di ragazze, adulte ed anziane, medicalizzandone e colonizzandone il corpo con sostanze chimiche e protesi artificiali per rincorrere canoni desiderabili e irraggiungibili su modello pubblicitario, ma funzionali alla norma vigente. Il grande psicanalista e filosofo argentino Miguel Benasayag, in Funzionare o esistere?, parla del concetto di plasticità: il vivente deve trasformarsi in un senza-forma iperplastico che si lascia plasmare, contro ogni forma di pensiero complesso. Nella “cultura dello scarto” gli anziani sono considerati “vecchi”, fuori dal ciclo produttivo, di sviluppo e di consumo e – per questo motivo – “inutili”, “senza funzione”, ovvero che non possono più funzionare. Lo stesso subiscono le donne a causa delle gravi ed ataviche connotazioni di genere dei canoni di bellezza, stratificati nella nostra cultura e funzionali al desiderio maschile: fino a quando sono giovani, belle, formose, fertili vengono considerate prestanti e utili; ma quando l’età avanza, arrivano la menopausa e le rughe, il corpo subisce degli sbalzi ormonali, ecco che la donna viene considerata non funzionale ad un sistema che – nutrendosi di maschilismo interiorizzato – rincorre il desiderio maschile. In una società consumistica, come la nostra, che ti obbliga ad inseguire questo flusso senza fine, le persone si sentono spinte ad inseguire il mito dell’eterna giovinezza, per essere utili, e dell’eterna bellezza, per essere prestanti e desiderabili. È la desacralizzazione dei corpi, come la chiamava Gandhi: il proprio corpo non è più un’entità che unisce spirito e fisico, un mezzo per esprimere i propri principi e per influenzare gli altri, o uno strumento di lotta politica e di resistenza, ma bensì un’immagine tra le altre che spesso viene trasformata plasticamente per compiacere qualcosa di esterno, in funzione degli altri, per trovare una falsa accettazione di Sé nella tendenza perversa di questa società post-moderna o ipermoderna. Nel marzo 2025, parlando del suo libro Il corpo gioia di Dio (Gabrielli editori) , in una interessantissima intervista di Ritanna Armeni per L’Osservatore Romano contenuta nell’ inserto Donne Chiesa Mondo, Teresa Forcades affermava: “Nella nostra cultura tardo capitalistica esiste lo sfruttamento e la mercificazione del corpo. Ragazze sempre più giovani (e anche ragazzi) vengono sessualizzati e sottoposti a standard di bellezza irrealistici e in costante mutamento.  L’età di chi si ammala di anoressia si è abbassata e la percentuale dei casi è aumentata. La chirurgia estetica è diventata comune e viene applicata alle parti più intime del corpo. C’è tanto da criticare nella nostra cultura per quanto riguarda il modo in cui tratta il corpo. (…) È l’ineludibile e irrisolvibile contraddizione del patriarcato: le donne sono viste come oggetto di desiderio (sono pure, ispirano, curano, guariscono) e al tempo stesso come inferiori (son malvage, bisognose di guida e di controllo, inaffidabili). È impossibile essere entrambe le cose. Il corpo delle donne deve essere “perfetto” secondo standard di bellezza sempre più irrealistici e deve essere controllato attraverso la violenza psicologica e fisica.” Spesso, attraverso i canoni di bellezza imposti dal mercato, dalla pubblicità e dalle illusorie manie di perfezione, assistiamo a una prepotente medicalizzazione dei corpi attraverso i più vari rami della chirurgia estetica che, in quanto frutto dei canoni propri delle società patriarcali, si trovano ad avere una forte connotazione di genere che vede nelle donne il bersaglio principale, il consumatore da conquistare fino ad arrivare a interventi chirurgici come la labioplastica, l’intervento di chirurgia estetica che consiste nel taglio delle piccole labbra della vulva per renderle uguali. È così che la medicalizzazione del corpo femminile diventa il braccio armato del nuovo capitalismo cognitivo fondato su omologazione, perfezione, competizione per l’immagine e il conformismo. Questa mentalità maniacale per la perfezione sta mettendo in serio pericolo anni e anni di conquiste femministe, oltre che la cultura della cura e dell’allattamento nelle giovani ragazze e madri. Purtroppo oggi, l’esterofilia americana dei “corpi perfetti” ha fatto dell’allattamento non più una conquista in nome dei diritti delle donne, dei bambini e della salute di entrambi, ma bensì un qualcosa di “obsoleto”, sostituibile con le nuove tecnologie e con i latti artificiali. Negli USA il seno è oggetto primariamente sessuale, a causa dell’uso distorto e sessualizzato che ne fanno l’industria cinematografica, l’industria pornografica e la pubblicità televisiva, intrise di eterosessismo. Spesso ciò porta le donne a non ricorrere all’allattamento naturale proprio per rincorrere i canoni di bellezza introiettati dalla società patriarcale secondo cui i loro corpi devono essere belli, perfetti, proporzionati ma soprattutto sessualizzati come nelle sfilate di moda e nella pubblicità. L’arrivo di un bambino e delle sue necessità vengono visti come un fenomeno di degradazione del seno: visione influenzata anche dall’atteggiamento dei partner che disincentivano le donne all’allattamento per motivi puramente estetici. La donna che allatta deve negoziare continuamente fra un ruolo sessuale e un ruolo materno, generando tensione, stress, difficoltà e ostacolo all’allattamento. Questo, a lungo andare porta culturalmente all’abbandono dell’allattamento, alla perdita della cultura della cura e a trovare la soluzione più semplice: il ricorso ai latti artificiali che fanno gola all’industria. Sicuramente la televisione, la pubblicità, l’industria cinematografica, il capitalismo cognitivo[1] hanno influito molto – dagli anni del riflusso in poi – a consolidare questi canoni tossici e un ricorso sempre più massivo alla chirurgia estetica. Attrici di successo, donne dello spettacolo, cantanti, showgirl, modelle, pornostar, ballerine, veline sono state rispettivamente – su modello di Hollywood – le prime a ricorrere alla chirurgia estetica con modificazioni sostanziali del viso, degli zigomi, delle labbra, delle gambe, dei glutei, del seno anche con mastoplastica additiva, dando inizio ad un effetto domino che oggi sembra inarrestabile soprattutto tra le giovani generazioni di ragazze. Ed ecco la dilagante moda della liposuzione per non parlare del filler in bellissime ragazze giovanissime, delle “labbra a canotto”, del botox, dei precocissimi “nasi da fata” in adolescenti e della ormai decennale guerra alle rughe inaugurata con botulino, acido ialuronico e lifting. Un’epidemia di non-accettazione e alienazione tra le donne, che non riescono ad essere loro stesse a causa delle forti pressioni delle convenzioni sociali, di mercato, e dei canoni tossici di bellezza. «Lasciami tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una. Le ho pagate tutte care. C’ho messo una vita a farmele!» –  è la celebre frase che la grande attrice Anna Magnani disse al suo truccatore parecchi anni fa, quasi ad ironizzare sulla moda dilagante di fermare il tempo, partendo dal trucco fino ad arrivare a ritocchini o interventi chirurgici. Il concetto di bellezza è associato, nell’immaginario comune, alla giovane età e a una pelle liscia, elastica e luminosa, ma anche il viso di una persona matura esprime bellezza disarmante: la pelle e le rughe sanno raccontare la nostra storia e la nostra evoluzione, che passa attraverso esperienze diverse, disagi, gioie, dolori, lotte quotidiane e successi. Credo che nessuno possa smentire il fascino della cicatrice sul viso di Paola Turci. Come non definire tutto questo, bellezza? Anna Magnani più di mezzo secolo fa parlava di bodypositive quando ancora nessuno ne conosceva il significato. Un’estetica, la sua, basata sulla trasformazione dell’unicità in punto di forza, meravigliosamente descritta dalle sue stesse parole: «Ce metti una vita intera per piacerti, e poi, arrivi alla fine e te rendi conto che te piaci. Che te piaci perché sei tu, e perché per piacerti c’hai messo na vita intera: la tua. Ce metti una vita intera per accorgerti che a chi dovevi piacè, sei piaciuta… E a chi no, mejo così. Ce metti na vita per contà i difetti e riderce sopra, perché so belli, perché so i tuoi. Perché senza tutti quei difetti, e chi saresti? Nessuno. Quante volte me sò guardata allo specchio e me so vista brutta, terrificante. Co sto nasone, co sti zigomi e tutto il resto. E quando la gente me diceva pe strada “bella Annì! Anvedi quanto sei bona!” io nun capivo e tra me e me pensavo “bella de che?”. Eppure, dopo tanti anni li ho capiti. C’ho messo na vita intera per piacermi. E adesso, quando me sento dì “bella Annì, quanto sei bona!”, ce rido sopra come na matta e lo dico forte, senza vergognarmi, ad alta voce “Anvedi a sto cecato!”». Sulla stessa lunghezza d’onda la grandissima attrice statunitense Jamie Lee Curtis, 67 anni, vincitrice del premio alla miglior attrice non protagonista per Everything Everywhere All at Once, che in una recente intervista a The Guardian ha dichiarato: «mi sto auto-pensionando da 30 anni. Mi sto preparando a uscire di scena, in modo da non dover soffrire come ha fatto la mia famiglia. Voglio lasciare la festa prima di non essere più invitata». L’attrice ha avuto infatti la sua serie di ostacoli da affrontare sulla strada verso la fama fin dal suo esordio nel 1978 in Halloween, ma il colpo più duro è arrivato dall’ageismo di Hollywood quando ha assistito al declino della carriera dei suoi celebri genitori, gli attori Tony Curtis e Janet Leigh, in tarda età, a causa del fatto che Hollywood dà valore alla giovinezza sopra ogni altra cosa. «Ho visto i miei genitori perdere proprio ciò che ha dato loro fama, vita e sostentamento, quando a una certa età il settore li ha rifiutati» – dice Curtis a The Guardian – «Li ho visti raggiungere un successo incredibile per poi vederlo lentamente svanire fino a scomparire. E questo è molto doloroso». Proprio per questo Curtis non è disposta a rimanere in gioco ricorrendo alla chirurgia estetica. La star ha applaudito pubblicamente la famosa decisione di Pamela Anderson di ridurre il trucco nel 2023, proclamando via Instagram che «La rivoluzione della bellezza naturale è ufficialmente iniziata!». Curtis afferma di «credere che abbiamo cancellato una o due generazioni di aspetto umano naturale. L’idea che si possa alterare il proprio aspetto attraverso sostanze chimiche, interventi chirurgici, filler, sta sfigurando generazioni di persone, soprattutto donne». Com’è noto, la star ha accettato orgogliosamente i suoi capelli grigi e si è fatta fotografare senza indumenti intimi modellanti o ritocchi, due mosse che hanno aiutato le donne a capire che gli ideali da red carpet sono irraggiungibili come obiettivi quotidiani. La consapevolezza e la sicurezza di sé espressa, purtroppo non rispecchia quella delle nuove generazioni che –  dopo aver cavalcato per un breve periodo l’onda del bodypositive – sembrano oggi non riuscire a sfondare il muro delle convenzioni, scendendo a compromessi ed aderendo passivamente a canoni vecchi per paura di non essere accettati e di precludersi a varie possibilità anche lavorative e di carriera. Ciò che mi domando è se veramente c’è consapevolezza di quello che significa sfigurarsi il volto per opportunismo, o perché il mercato lo richiede, o perché il settore lavorativo lo richiede, o perché la convenzione sociale lo richiede, o perché il partner lo richiede, o perché la paura di invecchiare lo richiede, o perché le manie di perfezione lo richiedono. La domanda che sorge è: se non ci fossero tutte queste richieste esterne, voi come vi vorreste? Vi vorreste come siete o vorreste mostrare ciò che non siete? Mi domando cosa direbbe il grande filosofo Emmanuel Levinas difronte all’attuale modificazione sistematica del “volto”: lui che sul “volto”, inteso come “nudità dell’anima”, ha fondato tutta la sua teoria dell’etica della società. L’essere umano, come lo chiamavano i greci, è sia θάνατον (mortale), ma anche πρόσωπον, il “volto che ho di fronte”: l’essere umano che in relazione con gli esseri umani si riconosce tale. Per Levinas è nel volto che abbiamo di fronte che è racchiuso il segreto supremo della vita e che mai riusciremo ad afferrare per intero. Mi domando dunque oggi quale impatto possa avere la modificazione del viso. Quanto è difficile “il faccia a faccia con l’altro”, in un mondo che presenta non più “volti”, ma “maschere” (altro significato negativo di πρόσωπον) ricostruite omologate, sformate e trapiantate in un corpo. La domanda è chi abbiamo di fronte? Cosa nascondono queste maschere? Quale immensa fragilità e vulnerabilità abbiamo di fronte? Quale enorme smarrimento, confusione e perdita del Sé abbiamo di fronte in un mondo nichilistico che punta a somigliare al viso piallato di un avatar digitale piuttosto che ambire, come direbbero gli indù, alla condizione di avatara[2] reale? La paura della vecchiaia e il voler essere ciò che non si è, aspirando a modelli esterni, è una caratteristica assolutamente occidentale che l’occidentalizzazione ha diffuso nel mondo. Come direbbe Benasayag, “la nostra è la prima società che non sa cosa farsene del negativo. Le società ‘non moderne’, non occidentali, incorporano il negativo (inteso in senso generale, cioè la morte, la malattia, la tristezza, in una parola: la perdita) in modo organico, come qualcosa che fa parte del tutto.” In Occidente reprimiamo il “negativo” perchè lo definiamo tale e non lo concepiamo come parte integrante dei meccanismi di autoregolazione del mondo e della vita. Ecco dunque che ci fa paura la vecchiaia e il fatto di non essere considerati in base a fattori esterni esattamente come abbiamo paura della morte perché non accettiamo la caducità della vita. Concepiamo cristianamente e scientificamente il tempo come una linea retta infinita, un presente eterno, vivendo come se alcune cose non debbano mai cambiare, non debbano mai finire, per scombussolare la nostra comfort-zone mentale. “L’uomo, nella sua ricerca di gioia e di felicità, fugge dal proprio Essere, dal proprio Sè, che è la vera fonte di ogni gioia. Si considera molto brutto e noioso perché non è in grado di stabilire un rapporto intimo col proprio Essere. L’uomo cerca la gioia nel denaro, nelle proprietà materiali, nel potere, nell’amore egoista ed infine nella religione, che ugualmente lo attira al di fuori di se. Il problema è: che cosa si deve fare per interiorizzare la propria attenzione? Questo Essere interiore che è la nostra consapevolezza è energia.” – disse Shri Mataji Nirmala Devi in un suo celebre discorso sul Sahaja Yoga. La medicalizzazione del corpo, il nostro cambiamento fenomenologico, la chirurgia estetica, il rincorrere i modelli di perfezioni irreali e irraggiungibili, la repressione della vecchiaia e la cancellazione del volto nascono dall’alienazione e dalla non-accettazione di Sè perchè non siamo consapevoli della cosa più naturale di tutte: la caducità della vita. Siamo “volti”; siamo chi siamo; siamo autentici e non copie; siamo coloro che si guardano in faccia e si vedono per quello che sono; siamo il dettaglio che ci contraddistingue. Spesso ci comportiamo da “maschere” per nasconderci, ma non lasciamo che un parte del “negativo” ci totalizzi. Non siamo “maschere” perchè per ogni cosa che facciamo “ci mettiamo la faccia”.   Altre info: Lorenzo Poli, Guerra al latte materno: tra esterofilia, industria alimentare e medicalizzazione (pag 60) https://www.blog-lavoroesalute.org/wp-content/uploads/2023/04/lavoroesalute4aprile2023_lastlast.pdf Francesca Rigotti, De senectute, Giulio Einaudi Editore, 2018 Maria Rita Parsi, Noi siamo bellissimi. Elogio della vecchiaia adolescente, Mondadori novembre 2023 Paolo Mantegazza, Elogio della vecchiaia, Angelo Pontecorboli Editore, luglio 2017   [1] Il capitalismo cognitivo è un concetto che descrive un’evoluzione del capitalismo in cui la produzione di conoscenza e le capacità cognitive diventano elementi centrali per la creazione di valore e l’accumulazione di capitale. In questo contesto, il lavoro non è più limitato alle attività manuali o industriali, ma si estende alla sfera cognitiva, includendo la produzione di idee, informazioni, e competenze. [2] Nell’induismo, un avatara (in sanscrito) è la discesa di una divinità, in particolare Vishnu o Shiva, sulla Terra in forma fisica, per ristabilire l’ordine cosmico (dharma) e aiutare l’umanità. Gli avatara sono considerati manifestazioni divine che appaiono quando il male minaccia di prevalere sul bene. Lorenzo Poli
ELSA, l’intelligenza artificiale della FDA che sta inventando studi inesistenti
A darne la notizia è la CNN che in un articolo di Sarah Owermohle – scritto con l’aiuto di Meg Tirrell, Dugald McConnell e Annie Grayer – afferma chiaramente che anche l’intelligenza artificiale ha imparato a mentire ed inventa cose che non esistono. E’ il caso dell’intelligenza artificiale adottata dalla Food and Drug Administration, la quale è arrivata a Washington per accelerare l’immissione sul mercato di nuovi farmaci salvavita, semplificare il lavoro nelle vaste agenzie sanitarie multimiliardarie e svolgere un ruolo fondamentale nel tentativo di ridurre gli sprechi di spesa pubblica senza compromettere il lavoro del governo stesso. Ad affermarlo sono proprio i funzionari sanitari dell’amministrazione Trump: “La rivoluzione dell’intelligenza artificiale è arrivata”, ha dichiarato il Segretario della Salute e dei Servizi Umani Robert F. Kennedy Jr. durante le udienze del Congresso tenutesi negli ultimi mesi. Di cosa si tratta? Stiamo parlando di ELSA (Efficient Language System for Analysis), modello di intelligenza artificiale introdotto dal Sistema Sanitario Nazionale Americano (HHS) con lo scopo di sveltire le pratiche di approvazione dei nuovi medicinali e dispositivi medici, conducendo ricerche su larga scala su tutta la documentazione scientifica già esistente. Le prime versioni di Elsa erano state sviluppate sulla base di un precedente modello di intelligenza artificiale su cui la FDA aveva iniziato a lavorare durante l’amministrazione Biden. “Stiamo già utilizzando questa tecnologia all’HHS per gestire i dati sanitari, in modo perfettamente sicuro, e per accelerare le approvazioni dei farmaci” – ha dichiarato alla Commissione Energia e Commercio della Camera a giugno. L’entusiasmo – almeno tra alcuni – era palpabile. Funzionari della FDA hanno dichiarato alla CNN che Elsa può essere utile per generare appunti e riepiloghi di riunioni o modelli di e-mail e comunicati. Ma, finchè si tratta di fare il riassunto di migliaia di ricerche scientifiche già pubblicate, ELSA è sicuramente uno strumento molto efficace. Il problema nasce quando le si chiede di dare una sua valutazione sulla eventuale efficacia e sicurezza di un nuovo farmaco, perchè a quel punto si è scoperto che ELSA si inventa anche ricerche scientifiche che non sono mai esistite: le famose “allucinazioni dell’IA”. A darne testimonianza sono tre attuali dipendenti della FDA e documenti visionati dalla CNN, mostrando chiaramente l’inaffidabilità del suo lavoro più critico. I dipendenti che hanno parlato con la CNN hanno testato le conoscenze di Elsa ponendogli domande come quanti farmaci di una certa classe siano autorizzati per l’uso sui bambini o quanti farmaci siano approvati: in entrambi i casi, ha dato risposte sbagliate. Un dipendente ha raccontato che Elsa aveva contato in modo errato il numero di prodotti con una particolare etichetta. Quando le è stato detto che era sbagliato, l’IA ha ammesso di aver commesso un errore. “Ma non ti aiuta comunque a rispondere alla domanda”, ha detto quell’impiegato. L’algoritmo ricorda poi agli utenti che si tratta solo di un assistente AI e che è necessario verificarne il funzionamento. “Tutto ciò che non si ha il tempo di ricontrollare è inaffidabile. È un’allucinazione di sicurezza” – ha detto un dipendente, ben lontano da quanto promesso pubblicamente – “L’intelligenza artificiale dovrebbe farci risparmiare tempo, ma vi garantisco che spreco un sacco di tempo extra solo a causa della maggiore vigilanza che devo avere” per verificare la presenza di studi falsi o travisati, ha affermato un secondo dipendente della FDA. Ad ammettere queste allucinazioni è anche Jeremy Walsh, responsabile dell’intelligenza artificiale della FDA: “Elsa non è diversa da molti [grandi modelli linguistici] e dall’intelligenza artificiale generativa “ , ha detto alla CNN. “Potrebbero potenzialmente avere allucinazioni”. Attualmente, Elsa non può contribuire al lavoro di revisione, il lungo processo di valutazione che gli scienziati dell’agenzia intraprendono per determinare se farmaci e dispositivi siano sicuri ed efficaci,  perché non può accedere a molti documenti rilevanti, come le richieste di autorizzazione dell’industria, per rispondere a domande di base come, per esempio, sul numero di volte in cui un’azienda ha presentato domanda di approvazione alla FDA; sula presenza sul mercato dei suoi prodotti correlati o altre informazioni specifiche dell’azienda. Tutto ciò solleva seri dubbi sull’integrità di uno strumento che, come ha affermato il commissario della FDA, il dott. Marty Makary, trasformerà il sistema di approvazione dei farmaci e dei dispositivi medici negli Stati Uniti, in una situazione completamente fuori controllo. Ad oggi non vi è alcun controllo federale per la valutazione dell’uso dell’intelligenza artificiale in medicina. “L’agenzia sta già utilizzando Elsa per accelerare le revisioni dei protocolli clinici, ridurre i tempi necessari per le valutazioni scientifiche e identificare obiettivi di ispezione ad alta priorità”, ha affermato la FDA in una dichiarazione sul suo lancio a giugno. Ma parlando con la CNN questa settimana presso la sede centrale della FDA a White Oak, Makary ha affermato che al momento la maggior parte degli scienziati dell’agenzia utilizza Elsa per le sue “capacità organizzative”, come la ricerca di studi e la sintesi di riunioni. Intanto i leader della FDA discutono sull’uso dello strumento di intelligenza artificiale dell’agenzia. Si parlava già da tempo di integrare l’intelligenza artificiale nel lavoro delle agenzie sanitarie statunitensi, prima che la seconda amministrazione Trump desse il via agli sforzi, ma la velocità con cui Elsa è entrata in funzione è stata insolita. Alcuni esperti sottolinearono gli sforzi del governo per sviluppare seriamente i piani sull’intelligenza artificiale nel 2018, quando il Pentagono iniziò a valutarne il potenziale per la sicurezza nazionale. Nel 2024, l’Unione Europea ha approvato e attuato l’AI Act, una legge “per proteggere i diritti fondamentali, la democrazia e lo stato di diritto” in merito all’uso rischioso dell’intelligenza artificiale, anche in ambito sanitario, promuovendo al contempo modelli di intelligenza artificiale trasformativi. Negli Stati Uniti non esistono queste norme e tutele di questo tipo. Un gruppo di lavoro governativo formato durante l’amministrazione Biden per esaminare la definizione di normative sull’uso dell’intelligenza artificiale, anche in ambito sanitario, è stato sciolto l’anno scorso con l’inizio della nuova Amministrazione Trump. A giugno 2025, un gruppo bipartisan di membri della Camera ha presentato una proposta di legge incentrata principalmente sul mantenimento del predominio degli Stati Uniti nella corsa all’intelligenza artificiale. Nello stesso mese, due senatori hanno presentato un disegno di legge mirato a impedire l’uso da parte degli Stati Uniti di un’intelligenza artificiale “avversaria” da parte di governi stranieri, tra cui la Cina. Altri sforzi, come un disegno di legge che richiederebbe test e supervisione normativa per i sistemi di intelligenza artificiale ad alto rischio (molto simili agli standard europei), sono rimasti bloccati. La versione precedente del “One Big Beautiful Bill”, l’ampia legge fiscale e di spesa del presidente Donald Trump, avrebbe incluso la prima legge radicale del Congresso sull’intelligenza artificiale: una moratoria decennale sull’applicazione delle normative statali sulla tecnologia. Ma il Senato ha bocciato la disposizione . Elsa è arrivata mentre il Congresso era alle prese con l’approccio legislativo alla regolamentazione dell’IA. Sebbene le commissioni del Congresso abbiano tenuto audizioni sui rischi dell’IA, come modelli distorti e minacce alla sicurezza informatica, il Congresso non ha approvato alcuna legge sostanziale per regolamentare l’IA. Trump, che ha fatto dello sviluppo e degli investimenti nell’intelligenza artificiale una priorità assoluta nella sua seconda amministrazione, ha annunciato un futuro luminoso per la tecnologia con l’aiuto dei suoi amici e sostenitori miliardari tecnofascisti. La scorsa settimana, durante un vertice sull’energia in Pennsylvania, ha dichiarato ai partecipanti: “Siamo qui oggi perché crediamo che il destino dell’America sia quello di dominare ogni settore ed essere i primi in ogni tecnologia, e questo include essere la superpotenza numero uno al mondo nell’intelligenza artificiale”. Senza normative federali, è difficile dire come sarebbe questa superpotenza. “L’intelligenza artificiale fa un sacco di cose, ma non è magia”, ha affermato il Dott. Jonathan Chen, professore associato di medicina alla Stanford University, che ha studiato l’uso dell’intelligenza artificiale in ambito clinico. Sarebbe fantastico se potesse aiutare gli esperti a individuare la falsificazione dei dati o a fornire analisi rigorose sulla sicurezza dei pazienti, ma “questi problemi sono molto più sfumati” di ciò che una macchina può fare, ha aggiunto. “È davvero un po’ il Far West in questo momento. La tecnologia avanza così velocemente che è difficile persino capire esattamente di cosa si tratta.” – ha aggiunto Chen. Ulteriori informazioni: https://luogocomune.net/scienza-e-tecnologia/l%E2%80%99intelligenza-artificiale-ha-imparato-a-mentire https://edition.cnn.com/2025/07/23/politics/fda-ai-elsa-drug-regulation-makary The Application of Elsa Speak Software in English Teachingat Can Tho University of Technology – A Case Study https://ijsshr.in/v7i10/Doc/29.pdf https://www.fda.gov/news-events/press-announcements/fda-launches-agency-wide-ai-tool-optimize-performance-american-people   Lorenzo Poli
[entropia massima] Estrattivismo dei dati
Puntata 27, ottava del ciclo Estrattivismo dei dati, parliamo di digitale e psicoanalisi. Presentiamo "I Popoli dell’Es", il nuovo libro di Chiara Buoncristiani e Tommaso Romani, entrambi psicoanalisti e ricercatori a Roma. Tra riflessioni sul nostro rapporto con le tecnologie e l’ibridazione delle soggettività. PRIMA PARTE: ISTITUZIONI DIGITALI E APOCALISSE QUOTIDIANA Si parte dal rito del doomscrolling, che rivela come i feed personalizzati abbiano preso il posto di scuole, famiglie e chiese: le “istituzioni” che un tempo garantivano orientamento psichico, vengono oggi sostituite da algoritmi e flussi informativi. L’attenzione, moneta del capitalismo cognitivo, ci cala in un sentimento apocalittico — inteso sia come rovina sia come rivelazione — che da un lato manifesta la crisi di poteri gerarchici e, dall’altro, apre spazi di desiderio politico orizzontale. Tra i rischi di fake news e neo-verità, emerge però la possibilità che molte voci marginali trovino finalmente ascolto. SECONDA PARTE: IBRIDAZIONE E SCRITTURA COLLETTIVA Il cuore del libro pulsa in un approccio assemblage, dove mondi interiori e realtà digitali non si fronteggiano ma si intrecciano in un “tra” di soggettività multiple. La scrittura diventa pratica politica: non un dialogo a due, ma un montaggio di frasi e contributi — da psicoanalisti, antropologi, filosofi, teorici queer e artisti — che dà forma a un «collettivo» di voci. Il capitolo “Nexa”, realizzato in forma collettiva, incarna l’idea deleuziana di concatenamento, mostrando come ogni soggettività sia a sua volta un piccolo arcipelago di relazioni. TERZA PARTE: TECNOLOGIE, CORPO E INTELLIGENZA ARTIFICIALE Conclude la puntata un’immersione nell’ibridazione tra corpo reale e “corpo algoritmico”: protesi, botox, like sui social diventano spinte pulsionali che rimodellano i nostri desideri. Dal cyber-femminismo alla nozione di “soggetto nomade”, si esplora come le IA non ci rispecchino passivamente, ma diventino l’altro con cui negoziare un «macro-organismo» postumano. Tra visioni transumaniste di potenza e prospettive postumane più democratiche, il futuro si gioca nella capacità di coesistere — umani, altre specie e macchine — in un equilibrio dinamico e ancora tutto da raccontare.   TRASCRIZIONE INTEGRALE DELLA PUNTATA.  
L’ex sindaco di Koper/Capodistria e MEP Aurelio Juri sul riarmo della Slovenia
IA – Intelligenza Artificiale. Perché l’uomo l’ha creata? Considerati i tempi in cui viviamo e gli eventi che la segnano e la determinano, direi che perché il suo creatore non ce l’ha più. L’ha certamente creata per aiutarsi, per trarne quanti più consigli utili e di facile utilizzo su cosa, quando e come fare, per rendersi la vita più facile e bella. Chiediamole quindi delle decisioni che sempre più spesso vengono prese dai leader di Bruxelles e di altre capitali europee, compresa la nostra, in materia di armamenti. Il 2% del PIL per la difesa non basta più, almeno il 3%, e poiché Trump minaccia di ritirare lo scudo americano sull’Europa se non passa al 5%, alleggerendo così finanziariamente gli Stati Uniti, anche questo obiettivo è già scritto. Il piano di Leyen per il riarmo dell’Europa – 800 miliardi di euro nei prossimi 4 anni – è perfettamente in linea con i desideri della più grande e pericolosa caricatura mai esistita del leader della potenza più potente del mondo. Il motivo – affermano le signore e i signori a capo della NATO e dell’UE – è la minaccia posta alla nostra sicurezza, ai nostri valori, al nostro stile di vita, all’esistenza della civiltà occidentale… dalla Federazione Russa, che mostra ogni intenzione di attaccare e soggiogare l’intero continente una volta finita con l’Ucraina. Dopo tre anni di guerra, ha preso il controllo del 20% dell’Ucraina e deve difendersi dai suoi droni anche nel profondo del suo territorio. Ebbene, i leader sanno già di cosa è capace Putin, con cui tutti sono stati buoni amici fino al 24 febbraio 2022, 25 anni dopo la sua ascesa al potere. Ma chiediamo all’IA cosa pensa dell’ultimo trend dell’Occidente: gli armamenti. Ho attivato ChatGPT e ho ricevuto questa risposta: 1. Aumento delle tensioni: una militarizzazione accelerata potrebbe innescare una corsa agli armamenti e indebolire ulteriormente i rapporti con la Russia o altre superpotenze. 2. Costi elevati: l’aumento del bilancio militare potrebbe andare a scapito delle politiche sociali ed economiche, il che potrebbe causare disaccordi interni all’Unione Europea. 3. Soluzione diplomatica: invece dell’espansione militare, l’Europa potrebbe investire nella diplomazia, nei negoziati e nel rafforzamento delle alleanze internazionali. Dipende dagli obiettivi strategici. Se volesse mantenere la pace e la stabilità, l’UE potrebbe cercare altre strade, come la diplomazia, l’indipendenza energetica e lo sviluppo tecnologico. Oddio! – direbbe il nuovo cancelliere tedesco Friedrich Merz se leggesse questo. E ha aggiunto: “Chi ha permesso alle forze di pace di intrufolarsi tra i creatori dell’IA?!”. Beh, non c’è dubbio che tutto questo lo sappia benissimo, ma non corrisponde all’obiettivo che si era prefissato, ovvero creare la prima superpotenza militare europea dalla Germania, proprio come il suo predecessore 90 anni fa. E poiché il suo collega francese Emmanuel Macron e il polacco Donald Tusk non vogliono rimanere indietro, anche per il bene della memoria storica, hanno accettato la sfida e tutti e tre, seguiti da tutti gli altri, compresi i nostri, stanno già gareggiando avidamente nel gioco di “chi sarà di più”. E l’IA? Ah, è solo una macchina senz’anima. E poiché non abbiamo dato all’intelligenza artificiale il diritto di decidere, coloro che non hanno abbastanza del diritto divino di decidere decidono, ma sono quindi chiamati a farlo. Secondo la volontà del popolo, che non ha quasi più volontà, viziata e tesa come accade sempre più spesso. Ogni volta e ovunque qualcuno proponga una richiesta riguardante l’aumento dei bilanci della difesa, che la gente creda di più nell’IA o che le autorità sostengano e stanziano più soldi dei contribuenti per armare lo Stato, quest’ultimo elenca tutte le possibili ragioni per rendere impossibile verificare la volontà del popolo. Questo è finalmente il caso. L’Assemblea Nazionale, in conformità con la volontà del governo Golob, favorevole alla NATO, e con i desideri del Ministro della Difesa Sajović, ha adottato giovedì una nuova risoluzione sulla difesa, questa volta su un programma a lungo termine per lo sviluppo e l’equipaggiamento dell’esercito sloveno fino al 2040, che, a differenza della precedente, prevede un aumento radicale di tali spese al 2% del PIL già quest’anno (la precedente fino al 2030) e gradualmente al 3% entro il 2030. La Sinistra, che si oppone, sta cercando di indire un referendum al riguardo, ma i suoi membri più fedeli del maggiore partito di coalizione, Svoboda, stanno già dicendo loro di non preoccuparsene, perché faranno in modo che non ci sia alcun referendum. Il motivo? La risposta è a portata di mano: ne hanno paura, sanno che la gente mostrerebbe il cartellino rosso al governo, dicendogli che si fida più dell’intelligenza artificiale che della sua! E… lunga vita all’IA! Aurelio Juri Capodistria, 13.6.2025 Redazione Friuli Venezia Giulia
Intelligenza artificiale, minaccia o opportunità per l’umanità?
> Nel corso degli anni 2010, l’intelligenza artificiale (IA) è stata impiegata > in applicazioni reali come gli assistenti vocali, la traduzione automatica e > il riconoscimento facciale, e sta crescendo in modo esponenziale. Ma dal > momento in cui è stata messa a disposizione della collettività l’IA è > diventata un argomento di grande attualità, invadendo ogni conversazione e > ogni ambito della vita – politico, scientifico, filosofico, sociologico, > psicologico e persino religioso, suscitando reazioni contrastanti, che > oscillano dal fascino alla preoccupazione. INTELLIGENZA ARTIFICIALE TRA FASCINO, ABERRAZIONI E PAURE “Tra gli estremi, ci sono i Transumanisti per i quali l’IA è il futuro dell’umanità. I fan incondizionati delle macchine ritengono che l’essere umano debba essere “potenziato” per far fronte alla complessità del mondo. Meglio ancora! Seguendo una concezione meccanicistica dell’essere umano, lo vedono come una macchina a obsolescenza programmata, la cui salvezza – e persino immortalità – arriverà dalla tecnologia. Si chiedono almeno a cosa servirebbe vivere 5.000 anni per affrontare la complessità del mondo? Purtroppo, questi ideologi sono a capo delle grandi aziende tecnologiche da cui dipende in larga misura lo sviluppo dell’IA (GAMAM [1] per gli Stati Uniti; BATX [2] per la Cina). E c’è da temere che, incuranti di condividere i possibili contributi positivi dell’IA, ne indirizzino lo sviluppo verso una società di controllo, di condizionamento dei comportamenti e di rincretinimento, come già avviene. Molte persone sono entusiaste dell’IA perché permette loro di fare il meno possibile e persino di compensare il vuoto emotivo [3] generato dalla nostra società. Tuttavia, sappiamo che così facendo, l’IA apre anche la strada a una forma di comodità, alla perdita di punti di riferimento tra il reale e il virtuale, alla dipendenza e all’isolamento sociale. È quindi ragionevole preoccuparsi dell’uso indiscriminato, non misurato e acritico dell’IA, che porterebbe a una perdita di competenze e a una regressione cognitiva e sociale che, lungi dal contribuire allo sviluppo della coscienza umana, ci farebbe sprofondare in una sorta di letargo e di ottundimento collettivo [4]. Questi legittimi timori, insieme a quelli del riscaldamento globale e a quelli più fantasiosi di una sottomissione dell’uomo da parte dei robot, alimentano gli altri estremi: quelli che rifiutano in toto l’IA. Va detto che queste preoccupazioni rimarranno reali finché l’IA verrà impiegata in un sistema socio-economico dominato da un capitalismo caratterizzato dall’appetito infinito delle aziende tecnologiche, tutte pronte a impiegare l’IA al posto di dipendenti meno efficienti, meno produttivi e troppo costosi. Questo è già osservabile in molti settori [5], anche i più improbabili, come il diritto, la sanità, l’istruzione, la cultura e persino la creazione (musica, immagine, cinema), dove molte professioni – in particolare quelle di “natura intellettuale” finora protette dai progressi tecnici – sono minacciate. E mentre i nostri leader e i loro seguaci miliardari possono rassicurarci con improbabili promesse di riconversione professionale o di creazione di nuovi tipi di occupazione, è chiaro che l’IA sconvolgerà l’intera organizzazione economica e sociale, e con essa i nostri comportamenti, le nostre abitudini e le nostre convinzioni, accelerando forse la crisi esistenziale che stiamo vivendo. VERSO UN USO CONSAPEVOLE E UMANISTA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE Tuttavia, poiché lo sviluppo dell’intelligenza artificiale si sta rivelando inevitabile, potrebbe essere saggio vedere questa accelerazione come un’opportunità per prevedere non solo una nuova organizzazione sociale, ma anche dei progressi per gli esseri umani. Questo è già il caso quando l’IA offre un facile accesso alla conoscenza, consentendo di fare scoperte e realizzare delle ricerche in molte aree. Questo vale anche quando si aprono nuovi orizzonti per il benessere umano: nella salute, con diagnosi più accurate e presto rimedi su misura per ogni individuo; nell’istruzione, con programmi di formazione per il progresso dell’insegnamento su misura per ogni alunno; nell’ambiente, con una strategia completa e piani d’azione… Alcuni utopisti la vedono come un’opportunità per liberarsi dall’alienazione del lavoro, anche se l’IA sta attualmente fornendo posti di lavoro non qualificati, soprattutto nei Paesi più poveri. Ma altri ritengono che passeremo dall’alienazione dal lavoro all’alienazione dalla macchina. Infine, l’ambito di lavoro è anche un luogo di socializzazione, un ambiente che deve essere preservato. Alla luce di queste considerazioni, la penetrazione dell’IA nell’economia “produttiva” è un’occasione per ripensare il ruolo di alcune professioni, come i medici, gli insegnanti e gli psicologi, in cui l’interazione umana ha la precedenza. È anche un’opportunità per rivedere in profondità l’attuale organizzazione socio-economica [6]. Su un piano più esistenziale, l’essere umano – “non occupato” grazie all’IA, sia professionalmente che nello svolgimento di compiti quotidiani che considererebbe noiosi – potrebbe guadagnare tempo ed energia da dedicare allo sviluppo del proprio potenziale. È proprio questo potenziale che va specificato, visto che l’IA riproduce una serie di facoltà finora ritenute specifiche dell’uomo: strutturare il pensiero, prevedere, creare, interagire con gli esseri umani, provare empatia e persino, in un prossimo futuro, con l’IA generale, provare emozioni e comprendere il significato profondo delle proprie azioni. L’IA sta diventando così potente che stiamo già mettendo in dubbio l’origine umana di molti dei suoi risultati e delle sue creazioni. Va detto che, con l’IA, l’essere umano sta facendo un ulteriore passo avanti verso l’esternalizzazione del funzionamento della sua psiche: memoria che si nutre di ciò che fa, consentendo l’autoapprendimento; sensi per catturare ciò che viene percepito dagli occhi, dalle orecchie e dal tatto; capacità motorie sempre più fini nei robot; strutturazione di tutti i dati acquisiti per fornire risposte, automatizzate o meno, nel mondo. Tuttavia, qualora l’IA si preparasse a provare emozioni, riuscirà a sentire anche il dolore del corpo e la sofferenza legata alla paura di sapere di essere mortale? Se è creativa, sarà inventiva? E se può prevedere il futuro, sarà in grado di immaginarlo? Queste sono solo alcune delle domande etiche, psicologiche e persino filosofiche che l’IA, specchio o simulacro dell’essere umano, può sollevare, invitandoci a ridefinire chi siamo, a cosa serviamo e dove stiamo andando. È ancora difficile immaginare le trasformazioni che l’IA potrebbe produrre. Tuttavia, due cose sono certe: * Questo strumento cambierà l’essere umano che lo ha ideato e che lo usa, così come la padronanza del fuoco ha cambiato il destino dell’uomo (a meno che il destino non fosse proprio quello di padroneggiare il fuoco… o di produrre l’IA) * Affinché questa trasformazione avvenga a favore dello sviluppo umano, e non come nel caso dello smartphone adottato senza riflessione e controllo, i cittadini, gli intellettuali, gli artisti, gli educatori, gli assistenti, i filosofi, in breve, tutte le forze vive devono occuparsi di questo tema per definirne tutti insieme il suo impiego.   NOTE [1] anche Google, Apple, Meta, Amazon e Microsoft [2] Baïli, Alibaba, Tencent, Xiami) [3] https://www.lemonde.fr/pixels/article/2024/08/06/comment-l-ia-bouscule-le-milieu-de-la-sante-mentale-plutot-que-de-payer-une-nouvelle-seance-chez-le-psy-j-allais-sur-chatgpt_6270640_4408996.html [4] Questo fa venire in mente il film Idiocracy, una satira o una fiction profetica su una società in cui “gli schermi sono ovunque, e per estensione la pubblicità, il consumo e in definitiva una trappola, quella di diventare un pozzo di informazioni futili che ci sclerotizzerebbe nell’inattività, incapaci di sviluppare conoscenze essenziali e meccanismi intellettuali”. Una società in cui “l’essere umano moderno è una sorta di entità passiva, decerebrata, senza spazio per il pensiero critico, che viene alimentata con una visione del mondo preconfezionata”; una società “totalmente lobotomizzata dall’assurdità in ogni campo (politico, economico, educativo, culturale, ecc.)”. [5] Agricoltura, industria, trasporti, logistica, amministrazione – gestione, contabilità, risorse umane. [6] Ad esempio, potrebbe essere l’occasione per separare la nozione di lavoro da quella di reddito, con l’introduzione di un reddito di base o di un salario a vita. -------------------------------------------------------------------------------- Traduzione dal francese di Maria Rosaria Leggieri. Revisione di Thomas Schmid. Perspectives Humanistes
Clima, IA ‘anticipa’ le alluvioni
Clima, IA ‘anticipa’ le alluvioni: si cercano comuni per testarlo. Appello in Emilia-Romagna da Ex machina, azienda che ha inventato sistema Bologna. Battere sul tempo le alluvioni usando l’intelligenza artificiale, per gestire al meglio il rischio e anticipare l’emergenza. E’ ciò che fa il software messo a punto da Ex Machina Italia, azienda bolognese specializzata in soluzioni informatiche e intelligenza artificiale. Il sistema si chiama ‘Airas’, acronimo di ‘Artificial intelligence risk assessment system’, ed è un software di supporto decisionale per la gestione degli eventi meteo-idro-geologici. Attualmente è in fase di test pilota con alcuni Comuni italiani, ma Ex Machina vuole ampliare la sperimentazione. E così l’azienda lancia un appello agli enti locali dell’Emilia-Romagna. “Siamo alla ricerca di amministrazioni locali interessate a sperimentare ‘Airas’ sul proprio territorio- fanno sapere da Ex Machina- e contribuire allo sviluppo di una tecnologia che può fare la differenza nella gestione del rischio e nella salvaguardia delle comunità”. Il sistema è sviluppato con il supporto di Cineca, che fornisce la potenza di elaborazione necessaria, e combina vari elementi come intelligenza artificiale generativa, ‘deep reasoning’, documentazione storica (ad esempio rapporti post-evento e ordinanze) e dati territoriali certificati. Ogni Comune o ente coinvolto riceve dal software raccomandazioni personalizzate, calibrate sui propri piani di emergenza, regolamenti locali e flussi informativi in tempo reale. Le amministrazioni possono accedere anche a mappe interattive con priorità d’intervento geo-referenziate, aggiornate in base agli ultimi dati a disposizione. In un recente caso studio, ‘Airas’ ha analizzato in pochi minuti l’impatto di un evento previsto da un bollettino di allerta idrogeologica su un centro abitato, confrontando automaticamente dati storici, documentazione ufficiale e procedure della Protezione civile. Il sistema ha poi fornito indicazioni operative mirate, supportate da mappe interattive e geo-referenziate, che aggiornano in tempo reale le priorità di intervento. Il software, basato sul framework proprietario Cosmo 42 di Ex Machina, “garantisce piena adattabilità alle normative locali e interoperabilità con i sistemi già in uso”, assicura l’azienda. Agenzia DIRE