Milei alle elezioni col rischio del Mada
Articolo di Delfina Rossi
Durante la recente paralisi del governo statunitense dovuta a carenze di
bilancio, il presidente Donald Trump ha annunciato un salvataggio da 20 miliardi
di dollari per l’Argentina. L’accordo sembra essere un favore personale al
presidente argentino Javier Milei e rappresenta un tentativo di
internazionalizzare il movimento Maga (Make America Great Again) piuttosto che
un accordo economico convenzionale.
Lungi dallo stabilizzare la fragile economia argentina, il salvataggio rischia
di aggravare la dipendenza del paese dai capitali stranieri e di aumentare la
probabilità di un altro default sovrano nei prossimi anni. La crisi argentina,
caratterizzata da inflazione, fuga di capitali e ripetuti cicli di debito,
riflette debolezze strutturali che si protraggono da decenni. Questo salvataggio
rafforza il controllo finanziario e politico di Washington sul paese e
sottolinea la necessità di un’alleanza internazionale progressista in grado di
arrestare questi cicli distruttivi e di difendere le esigenze dei lavoratori
oltre confine.
LA MALATTIA DEL DOLLARO
Molto tempo fa, gli economisti hanno iniziato a studiare le fluttuazioni del
tasso di cambio causate da shock esogeni. Il termine «malattia olandese» è stato
coniato per riferirsi al fenomeno per cui l’improvvisa scoperta di risorse
naturali porta a un apprezzamento del tasso di cambio reale, che indebolisce la
competitività del resto dell’economia.
Altri studiosi hanno esteso questo concetto nell’era della globalizzazione
finanziaria. L’articolo di Alberto Botta del 2015, The Macroeconomics of a
Financial Dutch Disease, evidenzia come gli investimenti diretti esteri nelle
risorse naturali possano aumentare l’apprezzamento del tasso di cambio
attraverso afflussi di capitali a breve termine, generando spesso volatilità del
tasso di cambio e instabilità macroeconomica. Il libro di José Ocampo del 2020
applica questo concetto all’America latina e analizza le conseguenze della
«dominanza esterna», in cui le dinamiche macroeconomiche a breve termine sono
determinate da shock esterni, positivi o negativi, come le oscillazioni dei
prezzi delle materie prime o le fluttuazioni dei tassi di interesse della
Federal Reserve statunitense. Non sorprende che questi cicli a breve termine
mettano a repentaglio le dinamiche a lungo termine.
In Argentina, il recente boom degli investimenti in petrolio e gas non
convenzionali a Vaca Muerta, insieme alla crescita del litio e di altri minerali
essenziali, ha riacceso il dibattito sulla possibilità di uno scenario di
Depressione olandese. Sebbene questo non sembri ancora essersi materializzato,
si osserva una marcata dominanza esterna, accompagnata da una forte preferenza
tra gli agenti economici per le attività denominate in valuta estera (spesso
definita «dominanza finanziaria»). Chiamiamo questo fenomeno semplicemente
«malattia del dollaro», o MD.
La svalutazione del dollaro è un fenomeno economico in cui la valuta nazionale
perde la fiducia del pubblico come riserva di valore a causa di ricorrenti e
gravi periodi di inflazione. Di conseguenza, la domanda di dollari statunitensi
rimane elevata ed è altamente sensibile a qualsiasi sviluppo economico o
politico.
Nel dopoguerra, economisti come Raúl Prebisch, Celso Furtado, Fernando Henrique
Cardoso, Marcelo Diamand e altri svilupparono la «teoria strutturalista».
Cercarono di spiegare perché le economie latinoamericane si trovassero
regolarmente ad affrontare problemi di bilancia dei pagamenti: i tassi di
crescita delle importazioni tendevano a essere più elevati di quelli delle
esportazioni a causa della limitata diversificazione industriale e della
dipendenza dai beni intermedi importati.
Il Washington Consensus degli anni Novanta ha accelerato la finanziarizzazione
di queste economie, caratterizzate da elevati livelli di debito estero. La crisi
finanziaria internazionale del 2008 ha reso i mercati emergenti molto più
sensibili alle azioni della grande finanza: movimenti di fuga verso la qualità
(quando gli investitori fuggono dagli asset rischiosi alla ricerca di asset più
sicuri durante le turbolenze dei mercati), volatilità dei mercati azionari,
guerre valutarie e maggiore incertezza sui mercati globali. Di conseguenza, la
debolezza strutturale delle economie periferiche è peggiorata nell’era della
finanza globale.
Sebbene l’Argentina condividesse questa dinamica con il resto della regione, ha
anche sviluppato caratteristiche specifiche che giustificano il termine
«malattia del dollaro». Negli anni Novanta, il paese ha adottato un tasso di
cambio fisso ancorato al dollaro statunitense, una politica che ha portato alla
grave crisi finanziaria, economica e sociale nel 2001. Di conseguenza, il
settore finanziario argentino è rimasto stabile, ma con una debole capacità di
erogare credito al settore privato. Nonostante i successivi anni di crescita, la
preferenza per il risparmio e gli investimenti in attività denominate in dollari
statunitensi è persistita. Si stima, infatti, che i residenti argentini
detengano 20 miliardi di dollari statunitensi in conti esteri.
Per affrontare la crisi economica è necessario un ampio consenso politico e
sociale per preservare e ricostruire la moneta nazionale, cosa che in Argentina
è mancata negli ultimi venticinque anni. I governi progressisti rispondono alla
crisi economica implementando normative valutarie e limitando l’accesso al
dollaro statunitense, implementando al contempo strategie di sostituzione delle
importazioni. I governi neoliberisti, d’altro canto, preferiscono aprire i
mercati valutari e finanziare la domanda di dollari statunitensi con debito
estero.
Nel frattempo, milioni di argentini subiscono le periodiche svalutazioni del
peso, che innescano inflazione e recessione, colpendo più duramente i più
vulnerabili. Inoltre, il debito estero è spesso accompagnato da misure di
austerità e programmi di deregolamentazione, limitando ulteriormente l’accesso
all’alloggio, all’istruzione e all’assistenza sanitaria per la maggioranza della
popolazione.
MOTOSEGA
Nel 2018, sotto la presidenza di Mauricio Macri, l’Argentina ha firmato un
prestito di 57 miliardi di dollari con il Fondo monetario internazionale (Fmi),
pari al 1.277% della quota del paese nell’organizzazione, in quello che si è
rivelato il prestito più grande nella storia del Fmi. Alla fine, sono stati
erogati solo 44,5 miliardi di dollari, poiché il programma ha finanziato una
massiccia fuga di capitali ed è stato sospeso dopo la sconfitta elettorale di
Macri. Durante il governo neoliberista dal 2015 al 2019, il debito pubblico è
salito dal 50% al 90% del Pil, trasferendo in gran parte la sua quota dai
creditori locali a quelli esteri. Nella sua valutazione ex post del 2021, il Fmi
ha riconosciuto che il programma in Argentina non è riuscito a ripristinare la
fiducia fiscale ed esterna né a promuovere la crescita economica.
La pandemia di Covid-19 ha costretto il governo peronista a sostenere famiglie e
imprese, aumentando il deficit fiscale, coperto attraverso una forma di
allentamento quantitativo, resasi necessaria dal limitato accesso ai mercati
internazionali. L’elevato debito estero, i persistenti deficit fiscali e
commerciali – aggravati da una significativa siccità – e il crescente divario
dei tassi di cambio tra mercati ufficiali e finanziari hanno spinto il tasso di
inflazione annuo dell’Argentina oltre il 200% nel 2023.
L’elevata inflazione ha garantito la vittoria di Milei alle elezioni
presidenziali del 2023, durante le quali si è candidato con un programma
populista incentrato su rigide misure di austerità, che l’allora candidato
definiva «motosega», che a suo dire avrebbero portato l’inflazione sotto
controllo.
Milei è entrato in carica il 10 dicembre 2023 e tre giorni dopo ha implementato
una mega-svalutazione, abbassando il tasso di cambio da 366,50 pesos a 799,98
pesos per dollaro. L’effetto della svalutazione sui prezzi al consumo è stato
assorbito dai salari nominali in pesos, causando una forte perdita di reddito
reale. La conseguente recessione ha contribuito al calo dell’inflazione.
Tuttavia, dopo l’impennata iniziale, il governo ha adottato un sistema di cambio
fisso con aggiustamento graduale, in cui la Banca centrale consentiva alla
valuta di deprezzarsi lentamente ma costantemente, anziché attraverso forti
svalutazioni una tantum. Ciò aveva lo scopo di modellare le aspettative di
inflazione e ridurre le perturbazioni del mercato, garantendo la fiducia e
stabilizzando l’inflazione mensile intorno al 2%.
Il modello economico della motosega va oltre l’austerità. Potremmo riassumerne
le caratteristiche principali in cinque punti chiave: liberalizzazione economica
e significativa riduzione del ruolo dello Stato; dipendenza dal tasso di cambio
e dai tassi di interesse come stabilizzatori finanziari; valorizzazione
finanziaria; concentrazione del mercato; e consolidamento fiscale, ottenuto
attraverso tagli a salari, pensioni e trasferimenti sociali.
Tuttavia, come illustra la MD, questo modello richiede più dollari Usa per
rilanciare l’economia. Nel 2024, il governo ha implementato un regime che ha
consentito ai residenti argentini di rimpatriare oltre 32 miliardi di dollari da
attività precedentemente non dichiarate. Nel 2025, il governo ha richiesto fondi
aggiuntivi al Fmi (altri 20 miliardi di dollari, di cui oltre 14 miliardi già
erogati). Di conseguenza, l’Argentina deve attualmente all’organizzazione una
somma straordinaria di circa 57,2 miliardi di dollari.
Nel frattempo, la posizione politica di Milei si è indebolita, minando un
modello economico basato sulla fiducia e sulle aspettative. Alle elezioni
legislative provinciali di Buenos Aires del 7 settembre, il partito di Milei ha
perso con oltre 14 punti percentuali. E alle prossime elezioni legislative
nazionali [previste domenica 26 ottobre, ndt] si prevede che il governo vincerà
al massimo cinque dei ventiquattro distretti, perdendo i restanti a favore dei
governatori dell’opposizione che mettono sempre più in dubbio la capacità di
governo del presidente.
Da parte sua, il Congresso ha respinto molte delle proposte del governo
nazionale. Ha recentemente approvato quattro importanti leggi che dichiarano
emergenze fiscali per le persone con disabilità e i servizi sanitari pediatrici,
insieme a un bonus pensionistico e a uno stimolo fiscale per le università. Il
governo ha posto il veto su tutte e quattro le proposte in nome del suo impegno
per un surplus fiscale e dell’agenda «motosega». Il Congresso ha superato con
successo i veti sui finanziamenti universitari e sull’assistenza pediatrica a
larga maggioranza, e in precedenza aveva anche annullato il veto sui sussidi per
le persone con disabilità; tuttavia, il tentativo di superare il veto
presidenziale sul bonus pensionistico non ha avuto successo alla Camera bassa.
Milei deve inoltre affrontare una serie di gravi accuse di corruzione. Tra
queste, la corruzione all’interno dell’Agenzia Nazionale per la Disabilità
(Andis), dove una fuga di notizie audio ha coinvolto alti funzionari, tra cui la
sorella di Milei, Karina, in tangenti illegali per contratti farmaceutici. Quasi
100 decessi sono stati collegati al fentanyl contaminato, tra accuse di ritardi
da parte delle autorità sanitarie.
Martín Menem, presidente della Camera dei Deputati, ha visto la sua azienda di
famiglia ricevere un controverso contratto multimilionario dal Banco Nación,
sollevando sospetti di nepotismo. Milei ha anche pubblicamente appoggiato la
truffa della criptovaluta $LIBRA, aggiungendosi a diversi altri scandali, tra
cui l’arrivo di bagagli non registrati nel paese su voli privati e i contributi
salariali obbligatori dei dipendenti pubblici agli operatori politici. Uno dei
casi più eclatanti riguarda José Luis Espert, alleato di Milei e candidato di
punta nella provincia di Buenos Aires, accusato di riciclaggio di denaro legato
a una rete di narcotraffico.
MADA: MADE ARGENTINA DEFAULT AGAIN
Tra scandali politici e un sostegno sempre più debole a Milei, il denaro ha
iniziato a defluire rapidamente dai titoli e dai mercati argentini. Di
conseguenza, il tasso di cambio ha cominciato a deprezzarsi, spingendo il
governo a vendere riserve internazionali per stabilizzare il peso. Il motivo era
semplice: con le elezioni alle porte, l’unica possibilità di Milei di ottenere
risultati accettabili era mantenere bassa l’inflazione. Ma con la MD, anche il
più piccolo movimento del tasso di cambio genera panico. Gli agenti economici si
affrettano ad acquistare più dollari, importare beni e ritardare le
esportazioni.
In questo contesto il team economico guidato da Luis Toto Caputo si è rivolto al
suo amico Scott Bessent per chiedere aiuto. Ci sono almeno cinque ragioni per
cui, senza supporto politico, questa manovra potrebbe sfociare in un altro
default sovrano per l’Argentina.
In primo luogo, l’Argentina ha riserve internazionali limitate. All’inizio del
2025, la Banca centrale argentina (Bcra) deteneva riserve nette pari a circa -6
miliardi di dollari, che da allora sono scese a circa -9 miliardi di dollari.
Sebbene le riserve lorde siano leggermente migliorate, sono ancora insufficienti
a soddisfare gli obblighi esteri. Il governo non è riuscito a ricostituire le
riserve a causa delle pressioni derivanti dal carry trade (afflussi speculativi
a breve termine alla ricerca di rendimenti elevati), dall’aumento del debito in
peso indicizzato al dollaro e dalla sua decisione di evitare di acquistare
dollari durante le vendite all’esportazione per contenere il tasso di cambio e
l’inflazione in vista delle elezioni. Il regime di bande di cambio introdotto
nell’aprile 2025 consente al peso di oscillare tra 900 e 1.500 pesos per dollaro
Usa, con aggiustamenti mensili. Tuttavia, questo sistema limita la capacità
della Banca centrale di acquistare dollari a tassi favorevoli, soprattutto
quando il peso è vicino al suo picco, il che limita la sua capacità di
rafforzare le riserve durante i periodi di apprezzamento della valuta.
In secondo luogo, l’Argentina si trova ad affrontare significativi rischi di
rifinanziamento del debito. Se il Tesoro e la Banca centrale non riuscissero a
rifinanziare i propri obblighi, potrebbero trovarsi a dover pagare decine di
miliardi di dollari in capitale e interessi prima della fine del mandato di
Milei, un importo che potrebbe facilmente innescare un altro default. Allo
stesso tempo, il surplus commerciale è stato compromesso a causa del tasso di
cambio artificialmente basso, che scoraggia le esportazioni e incentiva le
importazioni.
In terzo luogo, l’Argentina è sull’orlo di una grave crisi sociale alimentata da
misure di austerità, licenziamenti di massa e tagli alle pensioni. I sindacati,
in particolare la Confederazione Generale del Lavoro (Cgt), rimangono altamente
organizzati e influenti. Con tassi di povertà superiori al 50%, è probabile che
si verifichino ulteriori disordini se il governo proseguirà con la sua
aggressiva politica di consolidamento fiscale.
In quarto luogo, l’accordo di swap valutario da 20 miliardi di dollari tra Stati
uniti e Argentina fornisce liquidità a breve termine e contribuisce a
stabilizzare il peso, ma manca del sostegno bipartisan in entrambi i paesi. In
Argentina, i critici lo vedono come un’ancora di salvezza politica per il
presidente Milei in vista delle imminenti elezioni di medio termine. Negli Stati
uniti, i deputati Democratici hanno condannato la misura come favoritismo
politico.
In quinto luogo, il programma economico di Milei, caratterizzato da recessione,
licenziamenti e dipendenza dal dollaro, rischia di minare la bilancia
commerciale dell’Argentina. Nonostante un surplus commerciale nominale, il saldo
corrente rimane in deficit a causa degli ingenti obblighi di servizio del
debito. La recessione riduce la capacità di esportazione e i consumi interni,
limitando i dollari che l’Argentina può guadagnare. Ciò riecheggia
l’avvertimento del defunto ex presidente Néstor Kirchner: senza crescita e
stabilità sociale, il rimborso del debito diventa insostenibile.
Inoltre, la preferenza per il risparmio in dollari statunitensi, caratteristica
distintiva dell’ED, potrebbe accelerare il percorso verso il default . In altre
parole, prestare più denaro a un debitore in difficoltà finanziarie potrebbe
solo aumentare la probabilità di default. La domanda è se questo salvataggio
rappresenti un autentico sforzo per aiutare il paese o semplicemente
un’opportunità per i fondi privati di trasferire a basso costo i propri capitali
fuori dall’Argentina, lasciando che gli investitori istituzionali (Fmi e Tesoro
Usa) all’interno del Paese impongano la propria agenda economica e geopolitica.
UN’ALTERNATIVA PROGRESSISTA
Il rischio di un’altra bancarotta sovrana in meno di 25 anni sarebbe
catastrofico per l’economia argentina, danneggiando famiglie, imprese nazionali
e persino investitori internazionali. Evitare un simile esito dovrebbe essere un
obiettivo comune. Il popolo argentino non dovrebbe sostenere il costo della
guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina e la politica nazionale non dovrebbe
essere subordinata agli interessi dei mercati finanziari. Esistono alternative,
ma richiedono di riportare la politica nelle mani del popolo argentino e di
tenere a bada gli interessi di Wall Street.
L’evidenza di altri casi di crisi debitoria – in cui il debito si avvicina al
100% del Pil, gli obblighi esteri sono elevati e le riserve delle banche
centrali sono esaurite – dimostra che la ristrutturazione del debito è
necessaria. L’alleggerimento del debito potrebbe seguire l’esempio del taglio
del debito sovrano della Grecia nel 2010. Tuttavia, prima che ciò accada, le
istituzioni finanziarie internazionali, e in questo caso il denaro dei
contribuenti statunitensi, devono smettere di essere utilizzate per garantire i
rendimenti dei fondi di investimento di Wall Street e del capitale avvoltoio nel
mercato argentino.
Un’alternativa progressista si baserebbe sui seguenti principi. In primo luogo,
i fondi del Tesoro statunitense non possono essere utilizzati per acquistare
obbligazioni argentine o per fornire dollari a basso costo ai ricchi argentini
che cercano di trasferire il loro denaro all’estero. Un deprezzamento
controllato della valuta potrebbe essere inevitabile. In secondo luogo, è
necessaria una significativa riduzione del debito e il Fmi deve riconoscere i
propri errori accettando una riduzione sia del capitale che degli interessi.
L’Argentina dovrebbe pagare solo l’importo compatibile con la sua quota al Fmi,
ovvero non più di 25 miliardi di dollari. In terzo luogo, gli Stati Uniti
dovrebbero sostenere l’Argentina nella lotta al riciclaggio di denaro e
all’evasione fiscale.
In quarto luogo, gli investimenti cinesi nel paese non dovrebbero essere
vietati, ma una maggiore trasparenza e cooperazione regionale in tutto il
continente americano sono essenziali. In quinto luogo, gli Stati uniti
potrebbero aiutare i produttori argentini riducendo i dazi doganali e
impegnandosi nel trasferimento di tecnologia in settori di interesse comune come
gas, petrolio, minerali, energia e infrastrutture digitali. Infine, gli Stati
uniti potrebbero promuovere un’unione monetaria a livello di Mercosur per
contribuire a porre fine alla crisi economica e rafforzare il ruolo del Brasile
nello sviluppo regionale.
L’Argentina ha bisogno di investimenti esteri, scambi tecnologici e accesso a
nuovi mercati. Ma questi obiettivi devono essere perseguiti nel rispetto della
sovranità nazionale e del benessere del suo popolo.
*Delfina Rossi è un’economista e fa parte del Consiglio nazionale del Partito
giustizialista. Questo articolo è uscito su Jacobin America latina, la
traduzione è a cura della redazione.
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