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Genocidio antinegro, quello che il potere non vuole nominare
Federico Pita Il massacro di Río de Janeiro ha rivelato una verità che il mondo si rifiuta di nominare: il genocidio antinegro. Dal Sudan fino al Chocó, dal Congo fino all’Argentina, il razzismo strutturale continua ad organizzare coloro che possono vivere e coloro che devono morire. Non sono tragedie isolate, sono capitoli di un medesimo […]
Militarizzazione e arroganza coloniale: il Regno Unito sfida nuovamente la pace nelle Falkland
> Alla fine di ottobre 2025, il Regno Unito ha condotto l’operazione Ex Cape > Sword, una nuova esercitazione militare nelle Isole Falkland (Isole Malvine in > spagnolo, Ndt.) che ha incluso prove con munizioni vere, simulazioni di difesa > aerea e dispiegamento di truppe in zone vicine a Puerto Argentino (in inglese > Stanley, capoluogo e unica città delle Isole, Ndt.). Con il pretesto dell’addestramento, Londra consolida una presenza militare permanente che sfida le risoluzioni delle Nazioni Unite, le quali esortano le parti a evitare atti unilaterali che alterino la situazione nell’Atlantico meridionale o approfondiscano le ferite aperte durante la guerra delle Malvinas nel 1982. Lungi dall’essere semplici manovre di routine, queste operazioni riflettono una strategia di potere coloniale che cerca di riaffermare il controllo britannico su un territorio che continua ad essere oggetto di dispute di sovranità tra il Regno Unito e la Repubblica Argentina. Durante le esercitazioni è stato nuovamente testato il sistema antiaereo Sky Sabre, una delle armi più moderne dell’arsenale militare britannico, in grado di intercettare più obiettivi contemporaneamente. L’uso di questo sistema nel territorio occupato non è casuale: le isole fungono da piattaforma strategica di proiezione militare nell’Atlantico meridionale, un punto chiave nella sorveglianza delle rotte marittime e nella presenza della NATO nell’emisfero sud. A questo quadro si aggiunge il costante e storico sostegno degli Stati Uniti a Londra, sia nella guerra del 1982 che nell’attuale architettura di sicurezza atlantica. Tale sostegno – logistico, politico e tecnologico – viene mantenuto in un contesto in cui Washington, la NATO e il Regno Unito cercano di riaffermare la loro influenza militare di fronte a un continente che tenta di costruire un’autonomia regionale. In questo contesto, desta preoccupazione anche l’avvicinamento politico e militare tra Cile e Regno Unito, che si è manifestato in accordi di cooperazione e recenti visite ufficiali. Tale alleanza non solo mette a disagio l’Argentina, ma solleva interrogativi sul ruolo del Cile in uno scenario in cui il militarismo britannico si normalizza e la sovranità latinoamericana viene relativizzata. A questo si aggiunga che il giornalista argentino Horacio Verbitsky ha rivelato nel programma radio El Cohete a la Luna  del 2 novembre che in ambienti vicini al governo di Javier Milei si sarebbe discusso di una possibile negoziazione con gli Stati Uniti e Donald Trump affinché il Regno Unito trasferisca la sovranità delle Isole Malvinas all’Argentina, in cambio della possibilità di installare una base militare statunitense a Port Stanley (Puerto Argentino). Secondo Verbitsky, questa operazione sarebbe stata presentata come un “recupero della sovranità”, anche se in pratica avrebbe comportato una nuova forma di dipendenza strategica da Washington. Ripetere esercitazioni militari in un territorio conteso non contribuisce né alla sicurezza né alla pace. Al contrario, costituisce una dimostrazione di potere coloniale – che non è mai finito – un messaggio di dominio nel pieno XXI secolo. Le Malvinas continuano a essere una ferita aperta nella storia latinoamericana, e ogni missile testato sul loro suolo lo ricorda nuovamente. Normalizzare le manovre militari nell’arcipelago significa accettare l’occupazione come un fatto compiuto. Per questo motivo, la comunità internazionale deve condannare con fermezza e urgenza questo nuovo atto di militarizzazione britannica, che non solo offende l’Argentina, ma minaccia la pace e la sovranità di tutta l’America Latina. FONTI: https://agendamalvinas.com.ar/noticia/milei-negociaria-la-recuperacion-de-malvinas-a-cambio-de-una-base-de-eeuu-en-las-propias-islas https://www.cronista.com/informacion-gral/tension-en-malvinas-como-es-el-polemico-ejercicio-militar-que-reino-unido-hara-en-las-islas/ https://www.escenariomundial.com/2025/11/03/documentos-secretos-confirman-el-apoyo-militar-de-estados-unidos-al-reino-unido-durante-la-guerra-de-malvinas/ https://www.defensa.com/otan-y-europa/reino-unido-prueba-malvinas-sistema-defensa-antiaerea-sky-sabre https://www.elobservador.com.uy/60-anos-la-resolucion-naciones-unidas-las-malvinas-el-rol-clave-que-tuvo-un-diplomatico-uruguayo-el-apoyo-argentina-n6023423 https://www.bbc.com/mundo/articles/ce37pr2pg62o https://www.canal26.com/internacionales/2025/10/01/reino-unido-y-chile-socios-cada-vez-mas-cercanos-la-alianza-que-incomoda-a-la-argentina-por-las-islas-malvinas/ https://www.cronista.com/internacionales/reino-unido-destaco-la-relacion-con-argentina-pero-advirtio-por-malvinas-la-soberania-no-esta-para-ser-discutida/ https://www.escenariomundial.com/2025/10/01/reino-unido-y-chile-la-alianza-estrategica-en-torno-a-malvinas-y-el-atlantico-sur/#google_vignette -------------------------------------------------------------------------------- Traduzione dallo spagnolo di Thomas Schmid con l’ausilio di traduttore automatico. Félix Madariaga Leiva
La motosega avanza
La domenica 26 ottobre si sono svolte in Argentina le elezioni parlamentari che hanno visto la vittoria, con più dei 40% dei voti, di La Libertad Avanza, il partito del presidente Javier Milei, trionfando in 15 dei 24 distretti eletorali e ottenendo un 90% in più dei seggi parlamentari rispetto a quanti ne aveva prima. Questa vittoria si da in un contesto di crisi economica, accuse di corruzione, candidati con rapporti con il narcotraffico e l'incidenza degli Stati Uniti. Nonostante questi fattori, e la vittoria del peronismo a settembre durante le elezioni parlamentari della provincia di Buenos Aires -il principale distretto eletorale-, Milei è riuscito a consolidare un blocco parlamentare proprio che gli può assicurare capacità di veto nella camera. In questo redazionale abbiamo provato a dare degli elementi di annalisi per capire un risultato del genere. In questo tentativo ci ha aiutato Belén Tenaglia, giornalista di FM En Trànsito (radio cooperativa della città di Castelar nella provincia di Buenos Aires) con alcuni audio che ci ha mandato annalizando il contesto, i numeri dell'elezione, i perché del voto e cosa si può aspettare con la conformazione del nuovo parlamento.  
Argentina: Milei-Trump hanno vinto e si sono tenuti la colonia
Felipe Yapur Il governo libertario ha imposto la paura della debacle e ha vinto nelle elezioni legislative. La Libertad Avanza si è imposta in 16 distretti. Il Presidente ha promesso una riforma del lavoro, delle pensioni e dell’educazione. Il peronismo ha raccolto il 34,8 per cento. L’esperimento Province Unite è stato un totale fallimento. Nessuno […]
L’Argentina non si è stancata del liberismo: Milei vince le elezioni di metà mandato
«Oggi è una giornata storica»: così il presidente argentino Javier Milei ha celebrato la sorprendente vittoria alle elezioni legislative di metà mandato di domenica 26 ottobre. Con la promessa all’elettorato di proseguire con le riforme economiche intraprese, ha inoltre annunciato che l’Argentina avrà il parlamento «più riformista della storia». Si votava per rinnovare circa la metà dei seggi della Camera dei Deputati e un terzo di quelli del Senato: il partito di Milei, La Libertad Avanza (LLA), ha ottenuto quasi il 41% dei voti e ha vinto nelle sei più grandi province del Paese, tra cui quella di Buenos Aires, dove aveva subito una pesante sconfitta nelle elezioni provinciali del 7 settembre scorso. La principale forza di opposizione, la coalizione peronista di centrosinistra, si è fermata al 31%. L’affluenza è stata del 67,85%, un dato record dal ritorno della democrazia nel 1983, che conferma un calo della partecipazione degli elettori. La vittoria, che ribalta tutti i pronostici, è stata celebrata sui social dal presidente statunitense Donald Trump, che è intervenuto direttamente nella campagna elettorale con un piano di aiuti all’economia argentina e ha più volte minacciato di interromperlo nel caso in cui il suo alleato Milei fosse uscito sconfitto dalle urne. L’Argentina, invece di archiviare la stagione delle ricette ultraliberiste, sembra volerla rilanciare, come se il dolore economico fosse solo un effetto collaterale necessario della “cura Milei”. Una cura che molti economisti definiscono “tossica”, ma che l’elettorato ha deciso di confermare, scommettendo ancora una volta sul presidente argentino, nonostante il calo di popolarità. Alcuni scandali, infatti, lo hanno coinvolto personalmente, a partire dal caso del meme-coin “Libra”, una cripto-moneta che Milei aveva promosso sui social, poi tracollata in borsa rovinando centinaia di investitori. Negli ultimi sei mesi, era sembrato che La Libertad Avanza dovesse ridimensionare i suoi obiettivi in queste elezioni, abbandonando le speranze di cambiare radicalmente la situazione in parlamento, controllato dalle opposizioni. Nell’ultimo comizio che si è tenuto giovedì nella città di Rosario, Milei già non brandiva più l’iconica motosega e ha chiamato gli elettori a «non arrendersi» e a «cambiare l’Argentina sul serio», promettendo per la seconda parte del mandato «le riforme di cui il Paese ha bisogno». Dietro la narrazione trionfalista, l’Argentina resta un Paese lacerato. Dal suo insediamento nel dicembre 2023, Javier Milei ha promesso una “rivoluzione libertaria” fondata su drastici tagli allo Stato, deregolamentazione e più potere al mercato. Con il decreto urgente 70/2023 ha smantellato numerose leggi sociali e liberalizzato settori strategici come affitti, sanità, commercio estero e ambiente. In pochi mesi, l’inflazione – pur ridottasi rispetto ai picchi del 2023 – ha continuato a erodere i redditi, mentre i salari pubblici sono stati congelati e le sovvenzioni energetiche cancellate. Il deficit ha superato i tre miliardi di dollari nel secondo trimestre del 2025, aggravando la crisi sociale. Le classi medie si sono impoverite, i ceti popolari sono precipitati nella precarietà e le proteste sono tornate a moltiplicarsi nelle strade di Buenos Aires e nelle province. In questo scenario, gli Stati Uniti sono intervenuti con una linea di credito da 20 miliardi di dollari per sostenere le riserve della banca centrale argentina, un salvataggio politico che somiglia a un guinzaglio: l’Argentina, ancora una volta, si ritrova legata agli interessi geopolitici e finanziari degli Stati Uniti, che non regalano denaro, ma comprano influenza. Il prestito prevede nuove privatizzazioni, ulteriori tagli e un’apertura ancora più ampia al capitale straniero, accentuando la dipendenza del Paese da interessi esterni e riducendo la sua autonomia politica. L’appoggio plateale di Donald Trump alla campagna di Milei, culminato in un endorsement entusiasta, è il segnale più chiaro di questa convergenza: due populismi, due volti dello stesso capitalismo selvaggio. Eppure, molti argentini hanno visto in Milei l’unico uomo disposto a “fare piazza pulita”. Il linguaggio della rottura, della rabbia contro “la casta”, ha funzionato meglio di qualsiasi programma economico. Le sue comparsate in televisione, i discorsi infuocati, il richiamo all’ordine e alla libertà assoluta hanno sedotto un elettorato esasperato, disposto a sacrificare persino le tutele sociali pur di punire il sistema politico tradizionale. Oggi, l’Argentina si risveglia con un governo più forte e un popolo più fragile. Milei può vantarsi di aver vinto la battaglia politica, ma la guerra economica è tutt’altro che conclusa: la sua “motosega” non ha tagliato gli sprechi, ha tagliato semmai il tessuto sociale. Dietro i sorrisi delle piazze e i tweet di congratulazioni americani, si intravede una nazione che rischia di essere svenduta a pezzi, tra shock economico e dipendenza estera. La sua vittoria non è la prova che l’Argentina crede nel neoliberismo: è la prova che non riesce più a immaginare un’alternativa. Milei potrà contare ora su un Parlamento più favorevole, ma il suo programma resta divisivo e incerto nei risultati. Il prezzo della fedeltà dell’Argentina al liberismo rischia di essere altissimo: un Paese più disciplinato nei conti, ma più diseguale, più vulnerabile e meno sovrano. E finché la libertà verrà confusa con la legge del più forte, la motosega continuerà a ronzare, scavando solchi sempre più profondi tra chi ha tutto e chi non ha più nulla.   L'Indipendente
ARGENTINA: MILEI VINCE A SORPRESA LE ELEZIONI DI MIDTERM, “IN ASSENZA DI UN PROGETTO ALTERNATIVO DELLA SINISTRA”
La Libertà Avanza, vince le elezioni di metà mandato in Argentina con il 40,84% e conquista terreno nella provincia di Buenos Aires, tradizionale bastione dei peronisti progressisti, che solo un mese fa avevano messo ko la formazione dei conservatori. Il partito ultraliberista di Javier Milei avrà 101 deputati invece di 37 e 20 senatori invece di 6. Record negativo di affluenza, che si è attestata al 67,85%, la più bassa da quando è tornata la democrazia nel 1983. Smentite le previsioni che parlavano di testa a testa tra La Libertà Avanza e l’opposizione di Sinistra Fuerza Patria. A inizio settembre, alle elezioni del consiglio provinciale di Buenos Aires, venne eletto il peronista Alex Kicillof, che aveva superato di 13 punti il partito di Milei. Una vittoria che lasciava pensare ad una nuova sconfitta per Milei a queste elezioni di metà mandato, che invece lo hanno visto trionfare. Un voto che rafforzerebbe le relazioni con gli Stati Uniti di Donald Trump che si apprestano a varare un nuovo pacchetto di prestiti a Buenos Aires, in cambio di concessioni per favorire le esportazioni di materie prime quali minerali e idrocarburi. L’analisi del voto in Argentina con il giornalista Martino Mazzonis. Ascolta o scarica
Milei alle elezioni col rischio del Mada
Articolo di Delfina Rossi Durante la recente paralisi del governo statunitense dovuta a carenze di bilancio, il presidente Donald Trump ha annunciato un salvataggio da 20 miliardi di dollari per l’Argentina. L’accordo sembra essere un favore personale al presidente argentino Javier Milei e rappresenta un tentativo di internazionalizzare il movimento Maga (Make America Great Again) piuttosto che un accordo economico convenzionale. Lungi dallo stabilizzare la fragile economia argentina, il salvataggio rischia di aggravare la dipendenza del paese dai capitali stranieri e di aumentare la probabilità di un altro default sovrano nei prossimi anni. La crisi argentina, caratterizzata da inflazione, fuga di capitali e ripetuti cicli di debito, riflette debolezze strutturali che si protraggono da decenni. Questo salvataggio rafforza il controllo finanziario e politico di Washington sul paese e sottolinea la necessità di un’alleanza internazionale progressista in grado di arrestare questi cicli distruttivi e di difendere le esigenze dei lavoratori oltre confine. LA MALATTIA DEL DOLLARO Molto tempo fa, gli economisti hanno iniziato a studiare le fluttuazioni del tasso di cambio causate da shock esogeni. Il termine «malattia olandese» è stato coniato per riferirsi al fenomeno per cui l’improvvisa scoperta di risorse naturali porta a un apprezzamento del tasso di cambio reale, che indebolisce la competitività del resto dell’economia. Altri studiosi hanno esteso questo concetto nell’era della globalizzazione finanziaria. L’articolo di Alberto Botta del 2015, The Macroeconomics of a Financial Dutch Disease, evidenzia come gli investimenti diretti esteri nelle risorse naturali possano aumentare l’apprezzamento del tasso di cambio attraverso afflussi di capitali a breve termine, generando spesso volatilità del tasso di cambio e instabilità macroeconomica. Il libro di José Ocampo del 2020 applica questo concetto all’America latina e analizza le conseguenze della «dominanza esterna», in cui le dinamiche macroeconomiche a breve termine sono determinate da shock esterni, positivi o negativi, come le oscillazioni dei prezzi delle materie prime o le fluttuazioni dei tassi di interesse della Federal Reserve statunitense. Non sorprende che questi cicli a breve termine mettano a repentaglio le dinamiche a lungo termine. In Argentina, il recente boom degli investimenti in petrolio e gas non convenzionali a Vaca Muerta, insieme alla crescita del litio e di altri minerali essenziali, ha riacceso il dibattito sulla possibilità di uno scenario di Depressione olandese. Sebbene questo non sembri ancora essersi materializzato, si osserva una marcata dominanza esterna, accompagnata da una forte preferenza tra gli agenti economici per le attività denominate in valuta estera (spesso definita «dominanza finanziaria»). Chiamiamo questo fenomeno semplicemente «malattia del dollaro», o MD. La svalutazione del dollaro è un fenomeno economico in cui la valuta nazionale perde la fiducia del pubblico come riserva di valore a causa di ricorrenti e gravi periodi di inflazione. Di conseguenza, la domanda di dollari statunitensi rimane elevata ed è altamente sensibile a qualsiasi sviluppo economico o politico. Nel dopoguerra, economisti come Raúl Prebisch, Celso Furtado, Fernando Henrique Cardoso, Marcelo Diamand e altri svilupparono la «teoria strutturalista». Cercarono di spiegare perché le economie latinoamericane si trovassero regolarmente ad affrontare problemi di bilancia dei pagamenti: i tassi di crescita delle importazioni tendevano a essere più elevati di quelli delle esportazioni a causa della limitata diversificazione industriale e della dipendenza dai beni intermedi importati. Il Washington Consensus degli anni Novanta ha accelerato la finanziarizzazione di queste economie, caratterizzate da elevati livelli di debito estero. La crisi finanziaria internazionale del 2008 ha reso i mercati emergenti molto più sensibili alle azioni della grande finanza: movimenti di fuga verso la qualità (quando gli investitori fuggono dagli asset rischiosi alla ricerca di asset più sicuri durante le turbolenze dei mercati), volatilità dei mercati azionari, guerre valutarie e maggiore incertezza sui mercati globali. Di conseguenza, la debolezza strutturale delle economie periferiche è peggiorata nell’era della finanza globale. Sebbene l’Argentina condividesse questa dinamica con il resto della regione, ha anche sviluppato caratteristiche specifiche che giustificano il termine «malattia del dollaro». Negli anni Novanta, il paese ha adottato un tasso di cambio fisso ancorato al dollaro statunitense, una politica che ha portato alla grave crisi finanziaria, economica e sociale nel 2001. Di conseguenza, il settore finanziario argentino è rimasto stabile, ma con una debole capacità di erogare credito al settore privato. Nonostante i successivi anni di crescita, la preferenza per il risparmio e gli investimenti in attività denominate in dollari statunitensi è persistita. Si stima, infatti, che i residenti argentini detengano 20 miliardi di dollari statunitensi in conti esteri. Per affrontare la crisi economica è necessario un ampio consenso politico e sociale per preservare e ricostruire la moneta nazionale, cosa che in Argentina è mancata negli ultimi venticinque anni. I governi progressisti rispondono alla crisi economica implementando normative valutarie e limitando l’accesso al dollaro statunitense, implementando al contempo strategie di sostituzione delle importazioni. I governi neoliberisti, d’altro canto, preferiscono aprire i mercati valutari e finanziare la domanda di dollari statunitensi con debito estero. Nel frattempo, milioni di argentini subiscono le periodiche svalutazioni del peso, che innescano inflazione e recessione, colpendo più duramente i più vulnerabili. Inoltre, il debito estero è spesso accompagnato da misure di austerità e programmi di deregolamentazione, limitando ulteriormente l’accesso all’alloggio, all’istruzione e all’assistenza sanitaria per la maggioranza della popolazione. MOTOSEGA Nel 2018, sotto la presidenza di Mauricio Macri, l’Argentina ha firmato un prestito di 57 miliardi di dollari con il Fondo monetario internazionale (Fmi), pari al 1.277% della quota del paese nell’organizzazione, in quello che si è rivelato il prestito più grande nella storia del Fmi. Alla fine, sono stati erogati solo 44,5 miliardi di dollari, poiché il programma ha finanziato una massiccia fuga di capitali ed è stato sospeso dopo la sconfitta elettorale di Macri. Durante il governo neoliberista dal 2015 al 2019, il debito pubblico è salito dal 50% al 90% del Pil, trasferendo in gran parte la sua quota dai creditori locali a quelli esteri. Nella sua valutazione ex post del 2021, il Fmi ha riconosciuto che il programma in Argentina non è riuscito a ripristinare la fiducia fiscale ed esterna né a promuovere la crescita economica. La pandemia di Covid-19 ha costretto il governo peronista a sostenere famiglie e imprese, aumentando il deficit fiscale, coperto attraverso una forma di allentamento quantitativo, resasi necessaria dal limitato accesso ai mercati internazionali. L’elevato debito estero, i persistenti deficit fiscali e commerciali – aggravati da una significativa siccità – e il crescente divario dei tassi di cambio tra mercati ufficiali e finanziari hanno spinto il tasso di inflazione annuo dell’Argentina oltre il 200% nel 2023. L’elevata inflazione ha garantito la vittoria di Milei alle elezioni presidenziali del 2023, durante le quali si è candidato con un programma populista incentrato su rigide misure di austerità, che l’allora candidato definiva «motosega», che a suo dire avrebbero portato l’inflazione sotto controllo. Milei è entrato in carica il 10 dicembre 2023 e tre giorni dopo ha implementato una mega-svalutazione, abbassando il tasso di cambio da 366,50 pesos a 799,98 pesos per dollaro. L’effetto della svalutazione sui prezzi al consumo è stato assorbito dai salari nominali in pesos, causando una forte perdita di reddito reale. La conseguente recessione ha contribuito al calo dell’inflazione. Tuttavia, dopo l’impennata iniziale, il governo ha adottato un sistema di cambio fisso con aggiustamento graduale, in cui la Banca centrale consentiva alla valuta di deprezzarsi lentamente ma costantemente, anziché attraverso forti svalutazioni una tantum. Ciò aveva lo scopo di modellare le aspettative di inflazione e ridurre le perturbazioni del mercato, garantendo la fiducia e stabilizzando l’inflazione mensile intorno al 2%. Il modello economico della motosega va oltre l’austerità. Potremmo riassumerne le caratteristiche principali in cinque punti chiave: liberalizzazione economica e significativa riduzione del ruolo dello Stato; dipendenza dal tasso di cambio e dai tassi di interesse come stabilizzatori finanziari; valorizzazione finanziaria; concentrazione del mercato; e consolidamento fiscale, ottenuto attraverso tagli a salari, pensioni e trasferimenti sociali. Tuttavia, come illustra la MD, questo modello richiede più dollari Usa per rilanciare l’economia. Nel 2024, il governo ha implementato un regime che ha consentito ai residenti argentini di rimpatriare oltre 32 miliardi di dollari da attività precedentemente non dichiarate. Nel 2025, il governo ha richiesto fondi aggiuntivi al Fmi (altri 20 miliardi di dollari, di cui oltre 14 miliardi già erogati). Di conseguenza, l’Argentina deve attualmente all’organizzazione una somma straordinaria di circa 57,2 miliardi di dollari. Nel frattempo, la posizione politica di Milei si è indebolita, minando un modello economico basato sulla fiducia e sulle aspettative. Alle elezioni legislative provinciali di Buenos Aires del 7 settembre, il partito di Milei ha perso con oltre 14 punti percentuali. E alle prossime elezioni legislative nazionali [previste domenica 26 ottobre, ndt] si prevede che il governo vincerà al massimo cinque dei ventiquattro distretti, perdendo i restanti a favore dei governatori dell’opposizione che mettono sempre più in dubbio la capacità di governo del presidente. Da parte sua, il Congresso ha respinto molte delle proposte del governo nazionale. Ha recentemente approvato quattro importanti leggi che dichiarano emergenze fiscali per le persone con disabilità e i servizi sanitari pediatrici, insieme a un bonus pensionistico e a uno stimolo fiscale per le università. Il governo ha posto il veto su tutte e quattro le proposte in nome del suo impegno per un surplus fiscale e dell’agenda «motosega». Il Congresso ha superato con successo i veti sui finanziamenti universitari e sull’assistenza pediatrica a larga maggioranza, e in precedenza aveva anche annullato il veto sui sussidi per le persone con disabilità; tuttavia, il tentativo di superare il veto presidenziale sul bonus pensionistico non ha avuto successo alla Camera bassa. Milei deve inoltre affrontare una serie di gravi accuse di corruzione. Tra queste, la corruzione all’interno dell’Agenzia Nazionale per la Disabilità (Andis), dove una fuga di notizie audio ha coinvolto alti funzionari, tra cui la sorella di Milei, Karina, in tangenti illegali per contratti farmaceutici. Quasi 100 decessi sono stati collegati al fentanyl contaminato, tra accuse di ritardi da parte delle autorità sanitarie. Martín Menem, presidente della Camera dei Deputati, ha visto la sua azienda di famiglia ricevere un controverso contratto multimilionario dal Banco Nación, sollevando sospetti di nepotismo. Milei ha anche pubblicamente appoggiato la truffa della criptovaluta $LIBRA, aggiungendosi a diversi altri scandali, tra cui l’arrivo di bagagli non registrati nel paese su voli privati e i contributi salariali obbligatori dei dipendenti pubblici agli operatori politici. Uno dei casi più eclatanti riguarda José Luis Espert, alleato di Milei e candidato di punta nella provincia di Buenos Aires, accusato di riciclaggio di denaro legato a una rete di narcotraffico. MADA: MADE ARGENTINA DEFAULT AGAIN  Tra scandali politici e un sostegno sempre più debole a Milei, il denaro ha iniziato a defluire rapidamente dai titoli e dai mercati argentini. Di conseguenza, il tasso di cambio ha cominciato a deprezzarsi, spingendo il governo a vendere riserve internazionali per stabilizzare il peso. Il motivo era semplice: con le elezioni alle porte, l’unica possibilità di Milei di ottenere risultati accettabili era mantenere bassa l’inflazione. Ma con la MD, anche il più piccolo movimento del tasso di cambio genera panico. Gli agenti economici si affrettano ad acquistare più dollari, importare beni e ritardare le esportazioni. In questo contesto il team economico guidato da Luis Toto Caputo si è rivolto al suo amico Scott Bessent per chiedere aiuto. Ci sono almeno cinque ragioni per cui, senza supporto politico, questa manovra potrebbe sfociare in un altro default sovrano per l’Argentina. In primo luogo, l’Argentina ha riserve internazionali limitate. All’inizio del 2025, la Banca centrale argentina (Bcra) deteneva riserve nette pari a circa -6 miliardi di dollari, che da allora sono scese a circa -9 miliardi di dollari. Sebbene le riserve lorde siano leggermente migliorate, sono ancora insufficienti a soddisfare gli obblighi esteri. Il governo non è riuscito a ricostituire le riserve a causa delle pressioni derivanti dal carry trade (afflussi speculativi a breve termine alla ricerca di rendimenti elevati), dall’aumento del debito in peso indicizzato al dollaro e dalla sua decisione di evitare di acquistare dollari durante le vendite all’esportazione per contenere il tasso di cambio e l’inflazione in vista delle elezioni. Il regime di bande di cambio introdotto nell’aprile 2025 consente al peso di oscillare tra 900 e 1.500 pesos per dollaro Usa, con aggiustamenti mensili. Tuttavia, questo sistema limita la capacità della Banca centrale di acquistare dollari a tassi favorevoli, soprattutto quando il peso è vicino al suo picco, il che limita la sua capacità di rafforzare le riserve durante i periodi di apprezzamento della valuta. In secondo luogo, l’Argentina si trova ad affrontare significativi rischi di rifinanziamento del debito. Se il Tesoro e la Banca centrale non riuscissero a rifinanziare i propri obblighi, potrebbero trovarsi a dover pagare decine di miliardi di dollari in capitale e interessi prima della fine del mandato di Milei, un importo che potrebbe facilmente innescare un altro default. Allo stesso tempo, il surplus commerciale è stato compromesso a causa del tasso di cambio artificialmente basso, che scoraggia le esportazioni e incentiva le importazioni. In terzo luogo, l’Argentina è sull’orlo di una grave crisi sociale alimentata da misure di austerità, licenziamenti di massa e tagli alle pensioni. I sindacati, in particolare la Confederazione Generale del Lavoro (Cgt), rimangono altamente organizzati e influenti. Con tassi di povertà superiori al 50%, è probabile che si verifichino ulteriori disordini se il governo proseguirà con la sua aggressiva politica di consolidamento fiscale. In quarto luogo, l’accordo di swap valutario da 20 miliardi di dollari tra Stati uniti e Argentina fornisce liquidità a breve termine e contribuisce a stabilizzare il peso, ma manca del sostegno bipartisan in entrambi i paesi. In Argentina, i critici lo vedono come un’ancora di salvezza politica per il presidente Milei in vista delle imminenti elezioni di medio termine. Negli Stati uniti, i deputati Democratici hanno condannato la misura come favoritismo politico. In quinto luogo, il programma economico di Milei, caratterizzato da recessione, licenziamenti e dipendenza dal dollaro, rischia di minare la bilancia commerciale dell’Argentina. Nonostante un surplus commerciale nominale, il saldo corrente rimane in deficit a causa degli ingenti obblighi di servizio del debito. La recessione riduce la capacità di esportazione e i consumi interni, limitando i dollari che l’Argentina può guadagnare. Ciò riecheggia l’avvertimento del defunto ex presidente Néstor Kirchner: senza crescita e stabilità sociale, il rimborso del debito diventa insostenibile. Inoltre, la preferenza per il risparmio in dollari statunitensi, caratteristica distintiva dell’ED, potrebbe accelerare il percorso verso il default . In altre parole, prestare più denaro a un debitore in difficoltà finanziarie potrebbe solo aumentare la probabilità di default. La domanda è se questo salvataggio rappresenti un autentico sforzo per aiutare il paese o semplicemente un’opportunità per i fondi privati di trasferire a basso costo i propri capitali fuori dall’Argentina, lasciando che gli investitori istituzionali (Fmi e Tesoro Usa) all’interno del Paese impongano la propria agenda economica e geopolitica. UN’ALTERNATIVA PROGRESSISTA Il rischio di un’altra bancarotta sovrana in meno di 25 anni sarebbe catastrofico per l’economia argentina, danneggiando famiglie, imprese nazionali e persino investitori internazionali. Evitare un simile esito dovrebbe essere un obiettivo comune. Il popolo argentino non dovrebbe sostenere il costo della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina e la politica nazionale non dovrebbe essere subordinata agli interessi dei mercati finanziari. Esistono alternative, ma richiedono di riportare la politica nelle mani del popolo argentino e di tenere a bada gli interessi di Wall Street. L’evidenza di altri casi di crisi debitoria – in cui il debito si avvicina al 100% del Pil, gli obblighi esteri sono elevati e le riserve delle banche centrali sono esaurite – dimostra che la ristrutturazione del debito è necessaria. L’alleggerimento del debito potrebbe seguire l’esempio del taglio del debito sovrano della Grecia nel 2010. Tuttavia, prima che ciò accada, le istituzioni finanziarie internazionali, e in questo caso il denaro dei contribuenti statunitensi, devono smettere di essere utilizzate per garantire i rendimenti dei fondi di investimento di Wall Street e del capitale avvoltoio nel mercato argentino. Un’alternativa progressista si baserebbe sui seguenti principi. In primo luogo, i fondi del Tesoro statunitense non possono essere utilizzati per acquistare obbligazioni argentine o per fornire dollari a basso costo ai ricchi argentini che cercano di trasferire il loro denaro all’estero. Un deprezzamento controllato della valuta potrebbe essere inevitabile. In secondo luogo, è necessaria una significativa riduzione del debito e il Fmi deve riconoscere i propri errori accettando una riduzione sia del capitale che degli interessi. L’Argentina dovrebbe pagare solo l’importo compatibile con la sua quota al Fmi, ovvero non più di 25 miliardi di dollari. In terzo luogo, gli Stati Uniti dovrebbero sostenere l’Argentina nella lotta al riciclaggio di denaro e all’evasione fiscale. In quarto luogo, gli investimenti cinesi nel paese non dovrebbero essere vietati, ma una maggiore trasparenza e cooperazione regionale in tutto il continente americano sono essenziali. In quinto luogo, gli Stati uniti potrebbero aiutare i produttori argentini riducendo i dazi doganali e impegnandosi nel trasferimento di tecnologia in settori di interesse comune come gas, petrolio, minerali, energia e infrastrutture digitali. Infine, gli Stati uniti potrebbero promuovere un’unione monetaria a livello di Mercosur per contribuire a porre fine alla crisi economica e rafforzare il ruolo del Brasile nello sviluppo regionale. L’Argentina ha bisogno di investimenti esteri, scambi tecnologici e accesso a nuovi mercati. Ma questi obiettivi devono essere perseguiti nel rispetto della sovranità nazionale e del benessere del suo popolo. *Delfina Rossi è un’economista e fa parte del Consiglio nazionale del Partito giustizialista. Questo articolo è uscito su Jacobin America latina, la traduzione è a cura della redazione. L'articolo Milei alle elezioni col rischio del Mada proviene da Jacobin Italia.
“LATINOAMERICA”: NUOVA TRASMISSIONE SU RADIO ONDA D’URTO. PRIMA PUNTATA: CHIAPAS, ARGENTINA E ECUADOR
LatinoAmerica è la nuova trasmissione quindicinale di Radio Onda d’Urto. Ogni due settimane, 30 minuti in volo libero e ribelle…tra il border di Tijuana e gli orizzonti sconfinati della Patagonia. 30 minuti su Radio Onda d’Urto, dentro il ciclo della “Cassetta degli Attrezzi”: appuntamento ogni due lunedì, alle ore 18.45, e in replica il giorno dopo, il martedì, alle ore 6.30. La prima puntata della stagione 2025-2026, in onda su Radio Onda d’Urto lunedì 6 ottobre, ci porta in Messico, Argentina ed Ecuador. * Messico: in Chiapas l’Elzn denuncia nuove violenze contro l’autogoverno. Ne parliamo con Andrea Cegna, de “Il Finestrino” e nostro collaboratore; * Argentina: il 26 ottobre si tengono le elezioni di midterm. Milei in forte difficoltà, dopo la scoppola delle provinciali di settembre. Da La Plata Federico Larsen, giornalista italoargentino e nostro collaboratore; * Ecuador: paro nacional, proteste di massa contro il conservatore Noboa…e lo zampino dell’Italia. Da Quito Davide Martone, giornalista e docente universitario. Ascolta LatinoAmerica di lunedì 6 ottobre. Ascolta o scarica Prossima puntata: lunedì 20 ottobre, ore 18.45.
Argentina: Feroce repressione sui pensionati davanti al Congresso ha fatto 20 feriti
Miguel Carrasco I manifestanti stavano sul marciapiede quando le forze di sicurezza federali sono passate all’attacco. Denunciano l’uso di un nuovo gas irritante, più potente di quelli precedenti. Una selvaggia repressione delle forze di sicurezza federali, con l’uso di un nuovo gas irritante, ha fatto più di 20 feriti nella zona del Congresso Nazionale quando […]
Difendere le imprese recuperate, anche contro Milei
Articolo di Andrés Ruggeri Le imprese recuperate dai lavoratori argentini (Ert) rappresentano il movimento contemporaneo più emblematico di autogestione del lavoro, non solo in America latina ma a livello globale. Nate negli anni Novanta durante il boom del neoliberismo, hanno acquisito visibilità mondiale a partire dalla crisi argentina del 2001, con oltre un centinaio di occupazioni di fabbriche e imprese di ogni tipo. Attualmente, il movimento conta 400 cooperative di lavoratori in tutto il territorio argentino, dalle fabbriche industriali alle aziende alimentari e ai fornitori di servizi di ogni tipo, comprese scuole e ospedali. Circa 13.200 lavoratori e lavoratrici vivono del lavoro autogestito di queste aziende fallite e abbandonate dal capitale e rimesse in funzione grazie alla lotta, alla volontà e alla creatività dei loro operai e operaie. La comparsa delle imprese recuperate ha riportato al centro del dibattito della classe operaia e dei movimenti sociali argentini l’esperienza storica dell’autogestione, al di là del cooperativismo istituzionale e, grazie alla rilevanza internazionale del movimento, anche in molte altre parti del mondo. Questa esperienza è a rischio sotto il governo di estrema destra e ultraliberista di Javier Milei, che governa l’Argentina dal dicembre 2023. Le imprese recuperate rappresentano tutto ciò che Milei e il suo governo attaccano: un’esperienza collettiva, di gestione comunitaria e solidale, l’esatto contrario della giungla del mercato dominato dalle multinazionali che egli propone e in cui sta trasformando il paese. Il governo di Milei è un laboratorio di un progetto di «fascismo di mercato», che distrugge ogni tipo di regolamentazione pubblica che favorisce i diritti del popolo, attaccando in particolare la sanità, l’istruzione e i diritti dei lavoratori, portando l’industria locale al collasso e i redditi dei lavoratori al limite della sussistenza, mentre reprime ogni opposizione e allinea incondizionatamente l’Argentina ai governi di Donald Trump e Benjamin Netanyahu. Sebbene non sia l’unico paese al mondo governato da questa variante dell’estrema destra, è un pericoloso esempio da imitare, che cerca di dimostrare la fattibilità di un simile progetto attraverso un eventuale successo in un paese caratterizzato da un forte movimento sociale.  In particolare, l’esperienza delle imprese recuperate è messa a dura prova dalla distruzione economica che porta al calo della produzione e al crollo dei consumi, insieme all’aggressività del governo, dei giudici, dei media e all’avanzata della repressione. Una ventina di cooperative hanno chiuso a causa di questa situazione, mentre altre hanno registrato un calo dell’attività compreso tra il 20 e l’80% della loro capacità, con una media del 40% di calo produttivo, la perdita di circa mille posti di lavoro e una significativa perdita di reddito per il resto dei lavoratori. Preservare il meglio dell’esperienza autogestita mondiale, crediamo, non è solo una lotta valida in Argentina ma è molto importante per il movimento sociale mondiale.  LA SITUAZIONE DELLE IMPRESE RECUPERATE SOTTO IL GOVERNO MILEI Dall’insediamento del presidente Javier Milei e del suo partito La Libertad Avanza (Lla) nel dicembre 2023, l’Argentina sta attraversando un aggressivo processo di regressione sociale, politica ed economica che mira a ridurre lo Stato argentino a un’espressione minima che garantisca le regole economiche dell’ultraliberalismo, il controllo sociale e la repressione di ogni opposizione, la sottomissione alle politiche e agli interessi delle grandi multinazionali e l’allineamento incondizionato ai dettami delle potenze egemoniche occidentali. Le conseguenze di questo programma di governo sono evidenti nelle nuove regolamentazioni economiche (deregolamentazioni che favoriscono il capitale); nella riconfigurazione dello Stato nazionale; nel dominio dei mercati finanziari della speculazione basata sul debito estero; nell’apertura delle importazioni e nella conseguente accelerata distruzione dell’apparato industriale; nella promozione di attività estrattive per l’esportazione di risorse naturali ed energetiche nelle mani del capitale corporativo; l’abbandono della maggior parte dei programmi di protezione sociale e delle politiche pubbliche, in particolare in materia di sanità, alloggi e istruzione; e, infine, l’aggressività nei confronti della classe lavoratrice, con la perdita del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni e l’aumento della disoccupazione.  La propaganda attraverso i media e i social network, ipertrofica nello schema politico dominante, cerca di contrastare questa situazione con il presunto calo dell’inflazione (sfruttando il ricordo del processo inflazionistico negli ultimi tempi del governo precedente e in altre fasi della storia recente dell’Argentina, e il confronto manipolato con l’esplosione inflazionistica provocata da questo stesso governo al momento dell’insediamento) e il dollaro a basso costo che favorisce i consumi dei settori ad alto reddito ed è parte essenziale del sistema di valorizzazione finanziaria basato sul debito estero.  Le imprese recuperate, in quanto processi di autogestione del lavoro emersi negli anni Novanta, si sono diffuse durante la crisi del 2001 e si sono consolidate durante i governi kirchneristi (2003-2015), rappresentando sin dalla loro nascita una manifestazione di resistenza alle politiche neoliberiste e alle loro conseguenze per la classe lavoratrice. Tuttavia, nella fase attuale si trovano in una situazione difficile, caratterizzata dalla crisi produttiva e dalla diminuzione della forza lavoro e, mentre, al contrario, la comparsa di nuove imprese recuperate è molto limitata ed estremamente difficile, segnando una grande differenza rispetto alle fasi di contrazione economica dei periodi precedenti.  Come in altre occasioni, le Ert sono, oltre alla loro situazione specifica, una finestra sul mondo produttivo che mostra caratteristiche a volte difficili da comprendere con altri mezzi, come è stato evidente durante il governo di Mauricio Macri (2015-2019), quando sono state proprio queste imprese autogestite le prime a mostrare la portata degli aumenti eccessivi delle tariffe dei servizi pubblici indispensabili per l’attività industriale. In questa occasione, le Ert ci mostrano in tutta la loro crudezza la distruzione delle catene produttive e il peggioramento delle condizioni del mondo del lavoro, ma soprattutto l’impatto dell’assenza di regole in economia attraverso la deregolamentazione promossa dal governo e l’irruzione della tecnologia digitale del capitalismo delle piattaforme.  Questa situazione influisce sul processo di recupero delle aziende fallite o in crisi da parte dei loro lavoratori in due modi. Da un lato, generando un impatto sulla produttività delle Ert attraverso la diversità dei lavori complementari che molti lavoratori (in misura variabile a seconda dei casi) sono costretti a svolgere per integrare i redditi ridotti ricevuti dalle cooperative a causa del calo dell’attività produttiva, e, dall’altro, scoraggiando la formazione di nuovi processi di recupero delle imprese, poiché offre una soluzione (reale o presunta) più rapida alla improvvisa mancanza di reddito causata dalla cessazione di un’unità produttiva, provocando in tal modo lo smantellamento dei collettivi di lavoro preesistenti nell’impresa in crisi. Questa situazione, che colpisce gran parte della classe lavoratrice argentina (sia quella che ancora gode di salari formali e diritti lavorativi, sia quella informale e precaria), conferisce a questo momento storico una caratteristica distintiva che non era presente nelle fasi precedenti.  Si tratta di una crisi dalle molteplici cause, provocata dalle politiche del governo di estrema destra, ma con radici nelle fasi precedenti. Sebbene esista un programma economico che distrugge la struttura produttiva legata al mercato interno e, in particolare, alla produzione industriale, a una velocità maggiore rispetto ai precedenti processi neoliberisti, esistono anche ragioni endogene che rendono insufficiente la risposta di molte delle Ert a tale situazione.  Le politiche portate avanti nei quattro anni del precedente governo peronista sono state, in questo senso, contraddittorie: mentre alcune iniziative tendevano a rafforzare la capacità produttiva delle imprese recuperate, altre aumentavano la dipendenza dei lavoratori dall’assistenza permanente dello Stato in termini di reddito personale, incoraggiando indirettamente il deterioramento delle condizioni di produzione (o, in altre parole, sostituendo in questo modo l’incentivo e il sostegno in termini di risorse al miglioramento dei processi produttivi e all’inserimento nelle reti di commercializzazione). Il governo di Milei, erroneamente definito «libertario», ha cancellato tutte queste politiche, insieme alla distruzione della maggior parte delle azioni statali destinate alla protezione sociale e alla garanzia dei diritti della classe lavoratrice. L’impatto di questa riformulazione dello Stato argentino è stato enorme e ha generato un effetto di mancanza di protezione in quelle fabbriche che avevano problemi produttivi o tecnologici per affrontare la concorrenza delle imprese capitalistiche tradizionali, o che avevano contratti con lo Stato per la fornitura di servizi o materiali. Allo stesso tempo, si sta delineando una situazione che riguarda l’intera classe lavoratrice. L’emergere di modi alternativi di generare reddito attraverso il capitalismo delle piattaforme o il commercio digitale, tra gli altri lavori temporanei, fa sì che la lotta per recuperare le imprese appaia come un mezzo meno necessario (e senza risultati garantiti o tempi prevedibili) per la sopravvivenza quotidiana, o persino per il mantenimento di un’attività economica autogestita. Il risultato della combinazione di queste percezioni e situazioni specifiche nella vita della classe lavoratrice è eterogeneo e si ripercuote sia sulla vita interna delle Ert (con la ricerca di opportunità di lavoro complementari o la perdita di lavoratori), generando difficoltà produttive e gestionali, sia scoraggiando la possibilità di nuove esperienze di recupero, verificatesi solo raramente dal dicembre 2023 e con enormi difficoltà. Nonostante tutto ciò, l’adesione dei settori popolari al governo della «motosega», cruciale per la sua ascesa al potere, sta mostrando segni di frattura, come dimostrano i recenti risultati elettorali nella provincia di Buenos Aires (che concentra il 40% della popolazione e il grosso dell’attività industriale), con una sconfitta catastrofica per il governo, insieme alla crescita di proteste, scioperi e occupazioni. Il governo di estrema destra sta iniziando a entrare nella zona di incertezza in cui si scontra con i limiti della tolleranza sociale per le proprie politiche e deve scegliere tra rafforzare il suo percorso autoritario o prepararsi alla ritirata. Questo è il momento più delicato, in cui la crisi sociale e persino umanitaria si aggraverà, la repressione aumenterà, e così anche la solidarietà, l’organizzazione e la lotta della popolazione. Per le aziende recuperate, si tratta da un lato di lottare per la sopravvivenza e, dall’altro, di sostenere i nuovi processi di autogestione che senza dubbio inizieranno a emergere man mano che le speranze intorno a Milei e alle sue politiche svaniranno. IL RUOLO DELLA SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE Per tutte queste ragioni, crediamo che la situazione delle imprese recuperate e autogestite debba essere portata in primo piano e attirare maggiore attenzione da parte delle organizzazioni di base, sia all’interno che all’esterno dell’Argentina. Il ruolo della solidarietà internazionale deve essere rilanciato per preservare un movimento che genera non solo lotta, ma anche speranza che un altro modo di produrre e vivere sia possibile e auspicabile, in un mondo sempre più carente di esempi da difendere e seguire. Le imprese recuperate sono importanti per riflettere una realtà che richiede la sopravvivenza dell’autogestione come strumento per la classe operaia, sia per combattere la disoccupazione e la chiusura delle fonti di produzione, sia per formulare relazioni di lavoro più umane e trasformative rispetto alle convenzionali relazioni capitale-lavoro nell’economia capitalista. Ma anche perché le imprese autogestite, in quanto rappresentanti ultime dell’essenza collettiva del lavoro e della produzione, sono forse la manifestazione ultima di ciò che il presidente ha ripetutamente definito «collettivismo maledetto». Per queste ragioni, a nostro avviso, la situazione delle Ert è di enorme importanza. Per questo, diverse organizzazioni e personalità di diversi paesi, in gran parte – ma non esclusivamente – partecipanti alla rete Economia Internazionale dei Lavoratori e Lavoratori, hanno deciso di allinearsi al Comitato Internazionale di Solidarietà con l’Autogestione in Argentina, con l’obiettivo di collaborare a sostegno del movimento, tanto nella diffusione delle sue azioni e nelle campagne di solidarietà attive per aiutare l’organizzazione dell’Argentina quanto nella circolazione dei suoi prodotti, come forma di visibilità e di aiuto economico, in diversi paesi del mondo, veicolando l’esempio del lavoro e della produzione senza padroni. In questo comitato ci sono già rappresentanti di organizzazioni autogestionarie e operaie di vari paesi europei (come Spagna, Italia, Francia, Germania e Grecia), dell’America del Nord (Canada e Stati Uniti) e, ovviamente, dell’America Latina.  Questo sostegno è fondamentale e ogni volta più importante quanto più si avvicina il momento difficile e inevitabile dell’esplosione di un modello invivibile per i popoli, quando, più che mai, l’incoraggiamento e la solidarietà internazionale diventano una carta fondamentale, come è stato in molti altri momenti della storia della classe mondiale.  Per ulteriori adesioni all’appello: solidaridadERT@proton.me. Per maggiori Info: https://solidaridadautiogestion.noblogs.org. Per aderire e proporre azioni alle realtà italiane si può scrivere a 1871internazionale@gmail.com.  *Andrés Ruggeri è antropologo presso la Facoltà di Filosofia e lettere dell’università di Buenos Aires. Promotore degli incontri internazionali dell’Economia dei lavoratori e delle lavoratrici è autore tra l’altro di Le fabbriche recuperate (Alegre, 2014). La traduzione è a cura della redazione. L'articolo Difendere le imprese recuperate, anche contro Milei proviene da Jacobin Italia.