Milei alle elezioni col rischio del Mada

Jacobin Italia - Saturday, October 25, 2025
Articolo di Delfina Rossi

Durante la recente paralisi del governo statunitense dovuta a carenze di bilancio, il presidente Donald Trump ha annunciato un salvataggio da 20 miliardi di dollari per l’Argentina. L’accordo sembra essere un favore personale al presidente argentino Javier Milei e rappresenta un tentativo di internazionalizzare il movimento Maga (Make America Great Again) piuttosto che un accordo economico convenzionale.

Lungi dallo stabilizzare la fragile economia argentina, il salvataggio rischia di aggravare la dipendenza del paese dai capitali stranieri e di aumentare la probabilità di un altro default sovrano nei prossimi anni. La crisi argentina, caratterizzata da inflazione, fuga di capitali e ripetuti cicli di debito, riflette debolezze strutturali che si protraggono da decenni. Questo salvataggio rafforza il controllo finanziario e politico di Washington sul paese e sottolinea la necessità di un’alleanza internazionale progressista in grado di arrestare questi cicli distruttivi e di difendere le esigenze dei lavoratori oltre confine.

La malattia del dollaro

Molto tempo fa, gli economisti hanno iniziato a studiare le fluttuazioni del tasso di cambio causate da shock esogeni. Il termine «malattia olandese» è stato coniato per riferirsi al fenomeno per cui l’improvvisa scoperta di risorse naturali porta a un apprezzamento del tasso di cambio reale, che indebolisce la competitività del resto dell’economia.

Altri studiosi hanno esteso questo concetto nell’era della globalizzazione finanziaria. L’articolo di Alberto Botta del 2015, The Macroeconomics of a Financial Dutch Disease, evidenzia come gli investimenti diretti esteri nelle risorse naturali possano aumentare l’apprezzamento del tasso di cambio attraverso afflussi di capitali a breve termine, generando spesso volatilità del tasso di cambio e instabilità macroeconomica. Il libro di José Ocampo del 2020 applica questo concetto all’America latina e analizza le conseguenze della «dominanza esterna», in cui le dinamiche macroeconomiche a breve termine sono determinate da shock esterni, positivi o negativi, come le oscillazioni dei prezzi delle materie prime o le fluttuazioni dei tassi di interesse della Federal Reserve statunitense. Non sorprende che questi cicli a breve termine mettano a repentaglio le dinamiche a lungo termine.

In Argentina, il recente boom degli investimenti in petrolio e gas non convenzionali a Vaca Muerta, insieme alla crescita del litio e di altri minerali essenziali, ha riacceso il dibattito sulla possibilità di uno scenario di Depressione olandese. Sebbene questo non sembri ancora essersi materializzato, si osserva una marcata dominanza esterna, accompagnata da una forte preferenza tra gli agenti economici per le attività denominate in valuta estera (spesso definita «dominanza finanziaria»). Chiamiamo questo fenomeno semplicemente «malattia del dollaro», o MD.

La svalutazione del dollaro è un fenomeno economico in cui la valuta nazionale perde la fiducia del pubblico come riserva di valore a causa di ricorrenti e gravi periodi di inflazione. Di conseguenza, la domanda di dollari statunitensi rimane elevata ed è altamente sensibile a qualsiasi sviluppo economico o politico.

Nel dopoguerra, economisti come Raúl Prebisch, Celso Furtado, Fernando Henrique Cardoso, Marcelo Diamand e altri svilupparono la «teoria strutturalista». Cercarono di spiegare perché le economie latinoamericane si trovassero regolarmente ad affrontare problemi di bilancia dei pagamenti: i tassi di crescita delle importazioni tendevano a essere più elevati di quelli delle esportazioni a causa della limitata diversificazione industriale e della dipendenza dai beni intermedi importati.

Il Washington Consensus degli anni Novanta ha accelerato la finanziarizzazione di queste economie, caratterizzate da elevati livelli di debito estero. La crisi finanziaria internazionale del 2008 ha reso i mercati emergenti molto più sensibili alle azioni della grande finanza: movimenti di fuga verso la qualità (quando gli investitori fuggono dagli asset rischiosi alla ricerca di asset più sicuri durante le turbolenze dei mercati), volatilità dei mercati azionari, guerre valutarie e maggiore incertezza sui mercati globali. Di conseguenza, la debolezza strutturale delle economie periferiche è peggiorata nell’era della finanza globale.

Sebbene l’Argentina condividesse questa dinamica con il resto della regione, ha anche sviluppato caratteristiche specifiche che giustificano il termine «malattia del dollaro». Negli anni Novanta, il paese ha adottato un tasso di cambio fisso ancorato al dollaro statunitense, una politica che ha portato alla grave crisi finanziaria, economica e sociale nel 2001. Di conseguenza, il settore finanziario argentino è rimasto stabile, ma con una debole capacità di erogare credito al settore privato. Nonostante i successivi anni di crescita, la preferenza per il risparmio e gli investimenti in attività denominate in dollari statunitensi è persistita. Si stima, infatti, che i residenti argentini detengano 20 miliardi di dollari statunitensi in conti esteri.

Per affrontare la crisi economica è necessario un ampio consenso politico e sociale per preservare e ricostruire la moneta nazionale, cosa che in Argentina è mancata negli ultimi venticinque anni. I governi progressisti rispondono alla crisi economica implementando normative valutarie e limitando l’accesso al dollaro statunitense, implementando al contempo strategie di sostituzione delle importazioni. I governi neoliberisti, d’altro canto, preferiscono aprire i mercati valutari e finanziare la domanda di dollari statunitensi con debito estero.

Nel frattempo, milioni di argentini subiscono le periodiche svalutazioni del peso, che innescano inflazione e recessione, colpendo più duramente i più vulnerabili. Inoltre, il debito estero è spesso accompagnato da misure di austerità e programmi di deregolamentazione, limitando ulteriormente l’accesso all’alloggio, all’istruzione e all’assistenza sanitaria per la maggioranza della popolazione.

Motosega

Nel 2018, sotto la presidenza di Mauricio Macri, l’Argentina ha firmato un prestito di 57 miliardi di dollari con il Fondo monetario internazionale (Fmi), pari al 1.277% della quota del paese nell’organizzazione, in quello che si è rivelato il prestito più grande nella storia del Fmi. Alla fine, sono stati erogati solo 44,5 miliardi di dollari, poiché il programma ha finanziato una massiccia fuga di capitali ed è stato sospeso dopo la sconfitta elettorale di Macri. Durante il governo neoliberista dal 2015 al 2019, il debito pubblico è salito dal 50% al 90% del Pil, trasferendo in gran parte la sua quota dai creditori locali a quelli esteri. Nella sua valutazione ex post del 2021, il Fmi ha riconosciuto che il programma in Argentina non è riuscito a ripristinare la fiducia fiscale ed esterna né a promuovere la crescita economica.

La pandemia di Covid-19 ha costretto il governo peronista a sostenere famiglie e imprese, aumentando il deficit fiscale, coperto attraverso una forma di allentamento quantitativo, resasi necessaria dal limitato accesso ai mercati internazionali. L’elevato debito estero, i persistenti deficit fiscali e commerciali – aggravati da una significativa siccità – e il crescente divario dei tassi di cambio tra mercati ufficiali e finanziari hanno spinto il tasso di inflazione annuo dell’Argentina oltre il 200% nel 2023.

L’elevata inflazione ha garantito la vittoria di Milei alle elezioni presidenziali del 2023, durante le quali si è candidato con un programma populista incentrato su rigide misure di austerità, che l’allora candidato definiva «motosega», che a suo dire avrebbero portato l’inflazione sotto controllo.

Milei è entrato in carica il 10 dicembre 2023 e tre giorni dopo ha implementato una mega-svalutazione, abbassando il tasso di cambio da 366,50 pesos a 799,98 pesos per dollaro. L’effetto della svalutazione sui prezzi al consumo è stato assorbito dai salari nominali in pesos, causando una forte perdita di reddito reale. La conseguente recessione ha contribuito al calo dell’inflazione. Tuttavia, dopo l’impennata iniziale, il governo ha adottato un sistema di cambio fisso con aggiustamento graduale, in cui la Banca centrale consentiva alla valuta di deprezzarsi lentamente ma costantemente, anziché attraverso forti svalutazioni una tantum. Ciò aveva lo scopo di modellare le aspettative di inflazione e ridurre le perturbazioni del mercato, garantendo la fiducia e stabilizzando l’inflazione mensile intorno al 2%.

Il modello economico della motosega va oltre l’austerità. Potremmo riassumerne le caratteristiche principali in cinque punti chiave: liberalizzazione economica e significativa riduzione del ruolo dello Stato; dipendenza dal tasso di cambio e dai tassi di interesse come stabilizzatori finanziari; valorizzazione finanziaria; concentrazione del mercato; e consolidamento fiscale, ottenuto attraverso tagli a salari, pensioni e trasferimenti sociali.

Tuttavia, come illustra la MD, questo modello richiede più dollari Usa per rilanciare l’economia. Nel 2024, il governo ha implementato un regime che ha consentito ai residenti argentini di rimpatriare oltre 32 miliardi di dollari da attività precedentemente non dichiarate. Nel 2025, il governo ha richiesto fondi aggiuntivi al Fmi (altri 20 miliardi di dollari, di cui oltre 14 miliardi già erogati). Di conseguenza, l’Argentina deve attualmente all’organizzazione una somma straordinaria di circa 57,2 miliardi di dollari.

Nel frattempo, la posizione politica di Milei si è indebolita, minando un modello economico basato sulla fiducia e sulle aspettative. Alle elezioni legislative provinciali di Buenos Aires del 7 settembre, il partito di Milei ha perso con oltre 14 punti percentuali. E alle prossime elezioni legislative nazionali [previste domenica 26 ottobre, ndt] si prevede che il governo vincerà al massimo cinque dei ventiquattro distretti, perdendo i restanti a favore dei governatori dell’opposizione che mettono sempre più in dubbio la capacità di governo del presidente.

Da parte sua, il Congresso ha respinto molte delle proposte del governo nazionale. Ha recentemente approvato quattro importanti leggi che dichiarano emergenze fiscali per le persone con disabilità e i servizi sanitari pediatrici, insieme a un bonus pensionistico e a uno stimolo fiscale per le università. Il governo ha posto il veto su tutte e quattro le proposte in nome del suo impegno per un surplus fiscale e dell’agenda «motosega». Il Congresso ha superato con successo i veti sui finanziamenti universitari e sull’assistenza pediatrica a larga maggioranza, e in precedenza aveva anche annullato il veto sui sussidi per le persone con disabilità; tuttavia, il tentativo di superare il veto presidenziale sul bonus pensionistico non ha avuto successo alla Camera bassa.

Milei deve inoltre affrontare una serie di gravi accuse di corruzione. Tra queste, la corruzione all’interno dell’Agenzia Nazionale per la Disabilità (Andis), dove una fuga di notizie audio ha coinvolto alti funzionari, tra cui la sorella di Milei, Karina, in tangenti illegali per contratti farmaceutici. Quasi 100 decessi sono stati collegati al fentanyl contaminato, tra accuse di ritardi da parte delle autorità sanitarie.

Martín Menem, presidente della Camera dei Deputati, ha visto la sua azienda di famiglia ricevere un controverso contratto multimilionario dal Banco Nación, sollevando sospetti di nepotismo. Milei ha anche pubblicamente appoggiato la truffa della criptovaluta $LIBRA, aggiungendosi a diversi altri scandali, tra cui l’arrivo di bagagli non registrati nel paese su voli privati ​​e i contributi salariali obbligatori dei dipendenti pubblici agli operatori politici. Uno dei casi più eclatanti riguarda José Luis Espert, alleato di Milei e candidato di punta nella provincia di Buenos Aires, accusato di riciclaggio di denaro legato a una rete di narcotraffico.

Mada: Made Argentina Default Again 

Tra scandali politici e un sostegno sempre più debole a Milei, il denaro ha iniziato a defluire rapidamente dai titoli e dai mercati argentini. Di conseguenza, il tasso di cambio ha cominciato a deprezzarsi, spingendo il governo a vendere riserve internazionali per stabilizzare il peso. Il motivo era semplice: con le elezioni alle porte, l’unica possibilità di Milei di ottenere risultati accettabili era mantenere bassa l’inflazione. Ma con la MD, anche il più piccolo movimento del tasso di cambio genera panico. Gli agenti economici si affrettano ad acquistare più dollari, importare beni e ritardare le esportazioni.

In questo contesto il team economico guidato da Luis Toto Caputo si è rivolto al suo amico Scott Bessent per chiedere aiuto. Ci sono almeno cinque ragioni per cui, senza supporto politico, questa manovra potrebbe sfociare in un altro default sovrano per l’Argentina.

In primo luogo, l’Argentina ha riserve internazionali limitate. All’inizio del 2025, la Banca centrale argentina (Bcra) deteneva riserve nette pari a circa -6 miliardi di dollari, che da allora sono scese a circa -9 miliardi di dollari. Sebbene le riserve lorde siano leggermente migliorate, sono ancora insufficienti a soddisfare gli obblighi esteri. Il governo non è riuscito a ricostituire le riserve a causa delle pressioni derivanti dal carry trade (afflussi speculativi a breve termine alla ricerca di rendimenti elevati), dall’aumento del debito in peso indicizzato al dollaro e dalla sua decisione di evitare di acquistare dollari durante le vendite all’esportazione per contenere il tasso di cambio e l’inflazione in vista delle elezioni. Il regime di bande di cambio introdotto nell’aprile 2025 consente al peso di oscillare tra 900 e 1.500 pesos per dollaro Usa, con aggiustamenti mensili. Tuttavia, questo sistema limita la capacità della Banca centrale di acquistare dollari a tassi favorevoli, soprattutto quando il peso è vicino al suo picco, il che limita la sua capacità di rafforzare le riserve durante i periodi di apprezzamento della valuta.

In secondo luogo, l’Argentina si trova ad affrontare significativi rischi di rifinanziamento del debito. Se il Tesoro e la Banca centrale non riuscissero a rifinanziare i propri obblighi, potrebbero trovarsi a dover pagare decine di miliardi di dollari in capitale e interessi prima della fine del mandato di Milei, un importo che potrebbe facilmente innescare un altro default. Allo stesso tempo, il surplus commerciale è stato compromesso a causa del tasso di cambio artificialmente basso, che scoraggia le esportazioni e incentiva le importazioni.

In terzo luogo, l’Argentina è sull’orlo di una grave crisi sociale alimentata da misure di austerità, licenziamenti di massa e tagli alle pensioni. I sindacati, in particolare la Confederazione Generale del Lavoro (Cgt), rimangono altamente organizzati e influenti. Con tassi di povertà superiori al 50%, è probabile che si verifichino ulteriori disordini se il governo proseguirà con la sua aggressiva politica di consolidamento fiscale.

In quarto luogo, l’accordo di swap valutario da 20 miliardi di dollari tra Stati uniti e Argentina fornisce liquidità a breve termine e contribuisce a stabilizzare il peso, ma manca del sostegno bipartisan in entrambi i paesi. In Argentina, i critici lo vedono come un’ancora di salvezza politica per il presidente Milei in vista delle imminenti elezioni di medio termine. Negli Stati uniti, i deputati Democratici hanno condannato la misura come favoritismo politico.

In quinto luogo, il programma economico di Milei, caratterizzato da recessione, licenziamenti e dipendenza dal dollaro, rischia di minare la bilancia commerciale dell’Argentina. Nonostante un surplus commerciale nominale, il saldo corrente rimane in deficit a causa degli ingenti obblighi di servizio del debito. La recessione riduce la capacità di esportazione e i consumi interni, limitando i dollari che l’Argentina può guadagnare. Ciò riecheggia l’avvertimento del defunto ex presidente Néstor Kirchner: senza crescita e stabilità sociale, il rimborso del debito diventa insostenibile.

Inoltre, la preferenza per il risparmio in dollari statunitensi, caratteristica distintiva dell’ED, potrebbe accelerare il percorso verso il default . In altre parole, prestare più denaro a un debitore in difficoltà finanziarie potrebbe solo aumentare la probabilità di default. La domanda è se questo salvataggio rappresenti un autentico sforzo per aiutare il paese o semplicemente un’opportunità per i fondi privati ​​di trasferire a basso costo i propri capitali fuori dall’Argentina, lasciando che gli investitori istituzionali (Fmi e Tesoro Usa) all’interno del Paese impongano la propria agenda economica e geopolitica.

Un’alternativa progressista

Il rischio di un’altra bancarotta sovrana in meno di 25 anni sarebbe catastrofico per l’economia argentina, danneggiando famiglie, imprese nazionali e persino investitori internazionali. Evitare un simile esito dovrebbe essere un obiettivo comune. Il popolo argentino non dovrebbe sostenere il costo della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina e la politica nazionale non dovrebbe essere subordinata agli interessi dei mercati finanziari. Esistono alternative, ma richiedono di riportare la politica nelle mani del popolo argentino e di tenere a bada gli interessi di Wall Street.

L’evidenza di altri casi di crisi debitoria – in cui il debito si avvicina al 100% del Pil, gli obblighi esteri sono elevati e le riserve delle banche centrali sono esaurite – dimostra che la ristrutturazione del debito è necessaria. L’alleggerimento del debito potrebbe seguire l’esempio del taglio del debito sovrano della Grecia nel 2010. Tuttavia, prima che ciò accada, le istituzioni finanziarie internazionali, e in questo caso il denaro dei contribuenti statunitensi, devono smettere di essere utilizzate per garantire i rendimenti dei fondi di investimento di Wall Street e del capitale avvoltoio nel mercato argentino.

Un’alternativa progressista si baserebbe sui seguenti principi. In primo luogo, i fondi del Tesoro statunitense non possono essere utilizzati per acquistare obbligazioni argentine o per fornire dollari a basso costo ai ricchi argentini che cercano di trasferire il loro denaro all’estero. Un deprezzamento controllato della valuta potrebbe essere inevitabile. In secondo luogo, è necessaria una significativa riduzione del debito e il Fmi deve riconoscere i propri errori accettando una riduzione sia del capitale che degli interessi. L’Argentina dovrebbe pagare solo l’importo compatibile con la sua quota al Fmi, ovvero non più di 25 miliardi di dollari. In terzo luogo, gli Stati Uniti dovrebbero sostenere l’Argentina nella lotta al riciclaggio di denaro e all’evasione fiscale.

In quarto luogo, gli investimenti cinesi nel paese non dovrebbero essere vietati, ma una maggiore trasparenza e cooperazione regionale in tutto il continente americano sono essenziali. In quinto luogo, gli Stati uniti potrebbero aiutare i produttori argentini riducendo i dazi doganali e impegnandosi nel trasferimento di tecnologia in settori di interesse comune come gas, petrolio, minerali, energia e infrastrutture digitali. Infine, gli Stati uniti potrebbero promuovere un’unione monetaria a livello di Mercosur per contribuire a porre fine alla crisi economica e rafforzare il ruolo del Brasile nello sviluppo regionale.

L’Argentina ha bisogno di investimenti esteri, scambi tecnologici e accesso a nuovi mercati. Ma questi obiettivi devono essere perseguiti nel rispetto della sovranità nazionale e del benessere del suo popolo.

*Delfina Rossi è un’economista e fa parte del Consiglio nazionale del Partito giustizialista. Questo articolo è uscito su Jacobin America latina, la traduzione è a cura della redazione.

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