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Un’Europa accogliente contro la paura. Incontro al Parlamento Europeo
Parlamento Europeo  Padiglione Spinelli 1G2, Bruxelles Mercoledì 19 novembre 2025, 15:00 – 18:00   Questo vuole essere un momento di discussione aperto tra organizzazioni non governative, forze politiche progressiste, esperti, associazioni e movimenti impegnati nell’accoglienza dei migranti e contro il razzismo. La nostra discussione si concentrerà su due assi principali: * L’Europa che respinge: gli effetti del nuovo Patto europeo sulla migrazione e l’asilo, le pratiche di esternalizzazione delle frontiere, la costruzione di paure, la diffusione di ideologie e pratiche razziste, la necessità di decolonizzare la nostra prospettiva; * L’Europa che accoglie: mentre l’estrema destra promuove lo slogan della rimigrazione, noi crediamo nell’accoglienza non solo come modello di inclusione sociale, ma anche come opportunità di sviluppo economico e sociale, soprattutto per le zone interne che stanno attraversando una crisi demografica. Superare la paura e costruire la speranza di giustizia sociale significa anche sviluppare pratiche di accoglienza come modello di sviluppo locale. 14:30 – Accreditamento 15:00 – 15:15 – Apertura generale  Martin Gunter o Estrella Galan  15:15 – 15:45 – Rifiutare l’Europa Estrella Galan o Martin Gunter introducono e moderano  * Luigi Ferrajoli, giurista, filosofo del diritto ed ex magistrato * Khadija Ainani, vicepresidente dell’Association Marocaine des Droits Humains (AMDH) e membro di EuroMed Droits. * Selma Benkhelifa, Progress Lawyers Network Bruxelles dal settembre 2001. * Emmanuel Achiri, Rete europea contro il razzismo 15:45 – 16:00 Domande e risposte 16:00 – 16:15 Pausa caffè 16:15 – 16:45 Proiezione di “Il volo” di Wim Wenders 16:45-17:45 Mimmo Lucano presenta e modera  * Giovanna Procacci, sociologa e storica, docente presso l’Università degli Studi di Milano * Silvia Carta, responsabile advocacy per i diritti dei lavoratori e la migrazione lavorativa PICUM * Daniel Stahl, membro del consiglio di amministrazione del Flüchtlingsrat Thüringen (Consiglio per i rifugiati) * Agazio Loiero, ex presidente della Regione Calabria 17:45-18:00 Domande e risposte 18:00 – Conclusioni finali  (online) Alex Zanotelli, missionario comboniano e attivista sociale Luigi Manconi, sociologo, giornalista e politico, difensore dei diritti umani e della giustizia sociale Redazione Italia
PERUGIA–ASSISI: “Imagine all the people, living life in peace”
Le parole di John Lennon risuonano tra le colline umbre come un inno universale mentre migliaia e migliaia di persone marciano da Perugia ad Assisi per chiedere pace, giustizia e verità. Partita alle 9 dai Giardini del Frontone, la Marcia Perugi-Assisi della Pace e della Fraternità si è trasformata ancora una volta in un grande abbraccio collettivo lungo più di 20 chilometri di marciatrici e marciatori, il più grande di sempre. “Costruire la pace è abbandonare il colonialismo, la supremazia dei bianchi, il patriarcato”, ha dichiarato con forza Tomaso Montanari, rettore dell’Università per Stranieri di Siena, davanti alla folla raccolta sotto la Rocca Maggiore di Assisi. Il cuore della manifestazione batte per Gaza, per i diritti umani calpestati e per la dignità negata dei popoli. “Avete lasciato morire il diritto internazionale sotto le macerie di Gaza. Dobbiamo riappropriarci della nostra vera casa, dell’ONU”, ha ammonito Yousef Hamdouna, operatore di EducAid nella Striscia. Anche la voce di Francesca Albanese, relatrice speciale dell’ONU, si è levata chiara: “Per un popolo indigeno, la terra non è solo un luogo da abitare, ma parte stessa della propria identità. Spero che questa marcia significhi per il popolo palestinese: ti vedo e non ti abbandono finché non sarai libero.” E ancora “Il tuo dolore è il mio, perché siamo una cosa sola”. “Credo che non ci sia alcun problema che non si risolva con amore: è il collante che tiene uniti tutti gli esseri umani.” “In questo momento storico, io non sono mia e non mi importa di quello che si dice di me. Il dolore grande che porto è il dolore del popolo palestinese.” “Palestina Libera, Palestina liberaci.” La giornata si era aperta all’alba con la messa alla Basilica di San Pietro, celebrata da Mons. Giovanni Ricchiuti e padre Alex Zanotelli. Poi i saluti delle istituzioni: la sindaca Vittoria Ferdinandi, la presidente regionale Stefania Proietti, il presidente di Legacoop Simone Gamberini, insieme ai racconti dei rifugiati Snizhana Shaluhin, Monicah Malith e Lam Magok. Un momento intenso è stato quello della Marcia delle bambine e dei bambini per la pace, che ha colorato le strade di Bastia Umbra con striscioni, canti e disegni. Accanto a loro, il contributo delle Giovani Costruttrici e Costruttori di Pace e dei ragazzi e delle ragazze del servizio civile, che con entusiasmo e impegno hanno accompagnato il corteo garantendo accoglienza, sicurezza e partecipazione lungo tutto il percorso. Sotto lo striscione “Fraternità!”, il corteo ha raggiunto Assisi nel primo pomeriggio. Sul palco, tra gli altri, si sono susseguiti gli interventi di Maher Nicola Canawati, sindaco di Betlemme, dell’attivista Mohammad Hureini e dell’ambasciatrice palestinese in Italia Mona Abuamara, che – benché non fosse in programma – ha avuto la parola per raccontare la sua storia, una storia “uguale alla storia di tutti i palestinesi”, usufruendo del tempo offerto da Anna Foglietta, presidente di Every Child is My Child, e da Francesca Albanese. La musica ha intrecciato le voci del Coro dell’Università Popolare di Treviso, dell’Orchestra della Pace di Umbertide e degli artisti Erica Mou, Dutch Nazari e Lorenzo Monguzzi. La marcia si è conclusa sulle note di Bella Ciao, cantata in più lingue, simbolo di resistenza e rinascita. Poi, la domanda che chiude e apre insieme la giornata: “Che cosa faremo domani?” ha lanciato Flavio Lotti, presidente della Fondazione PerugiAssisi. La risposta è nell’impegno di ogni singola persona. “Costruire una politica della pace – ha aggiunto Lotti – significa prendersi cura delle altre persone, rifiutare il dominio e il possesso, riconoscere che ciascuna e ciascuno di noi conta. E dobbiamo essere sempre più contagiosi.” Più di 20 chilometri di persone, più di 200 mila voci, unite da una sola convinzione: la pace non si delega, si costruisce. Redazione Italia
Eirenefest Napoli: una tavola rotonda sul disarmo nucleare
Tavola Rotonda a IoCiSto È gremita la Sala intitolata a Giancarlo Siani nella Libreria IoCiSto che ha ospitato l’Eirenefest, il Festival del libro per la pace e la nonviolenza, per la prima volta a Napoli. Incontri, dibattiti, laboratori, presentazioni di libri, la parola condivisa, l’impegno che cercano di spezzare le sbarre dell’indifferenza. Giorni pieni, intensi, ricchi di emozioni, di confronto e consapevolezza. La partecipazione è altissima anche per la Tavola Rotonda sul disarmo nucleare nel Medioriente, sul punto delle campagne che chiedono l’abolizione delle armi nucleari e sull’impegno profuso in questa direzione negli anni. Ci sono i grandi protagonisti di queste campagne, Emanuela Bavazzano, padre Alex Zanotelli e Giorgio Ferrari che hanno presentato la Petizione “Medioriente senza armi nucleari” e hanno dato vita a un incontro che ha coinvolto i presenti con la narrazione attraverso gli anni delle battaglie condotte per la denuclearizzazione del Medioriente. Il racconto ha attraversato tanti passaggi storici e politici fornendo una visione ampia e chiarificatrice che giunge fino all’attuale situazione drammatica, all’azione genocidaria che Israele sta compiendo sotto gli occhi atterriti e sgomenti del mondo intero, o almeno della società civile del mondo intero. Un’analisi lucida e corredata da riferimenti e documenti ha svelato tanti aspetti sconosciuti alla gente comune, inquietanti per la portata del rischio che implicano ma giustificati e legittimati dal potere, dal profitto e dalle lobby industriali e militari. Emanuela Bavazzano, psicologa, psicoterapeuta, vicepresidente di Medicina Democratica, collaboratrice in progetti per il welfare, attivista nei movimenti per la pace e co-promotrice insieme con Giorgio Ferrari della campagna “Medioriente senza armi nucleari” , apre la Tavola Rotonda ricordando l’impegno di Angelo Baracca, fisico, attivista, impegnato nelle campagne contro le guerre e per il disarmo nucleare, che ha tracciato con i suoi numerosi scritti le linee guida dell’impegno antinucleare. L’informazione deve essere collettiva, portare all’azione, deve diventare Movimento” afferma la dottoressa Bavazzano, “per chiedere che l’Italia aderisca al Trattato per l’abrogazione del nucleare (TPNW). Pensando alla situazione in Palestina, alla sistematica violazione dei diritti più elementari, Angelo Baracca aveva lanciato negli ultimi suoi anni un appello oggi più che mai attuale e urgente: “Fermare la guerra e imporre la pace. Si sta correndo verso l’Apocalisse, solo l’eliminazione delle armi nucleari può evitarla.” Ma cos’è la Petizione? È un appello promosso da 26 associazioni italiane affinché l’Italia sia attiva nel processo di definizione di un Trattato ONU che istituisca nel Medioriente un’area libera da armi nucleari e da armi di distruzione di massa chimiche e biologiche. La Petizione è stata rivolta nel novembre 2024 alle massime istituzioni italiane: al Presidente della Repubblica, ai Presidenti del Senato e della Camera, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro degli Affari Esteri e ai gruppi parlamentari di Camera e Senato. Hanno aderito realtà associative, Ong, gruppi per la pace, movimenti civici. Lo spiega Giorgio Ferrari, esperto nucleare e sostenitore attivo di questo progetto, tra i primi firmatari degli appelli che chiedono all’Italia di non astenersi nelle votazioni ONU su questi temi. È l’anima promotrice della campagna per la Conferenza Permanente ONU per istituire una zona franca da armi nucleari nel Medioriente e che si terrà a novembre prossimo nella sesta sessione: “Bisogna chiedere che il Governo appoggi la Conferenza.” Ma cosa chiede la petizione? Creare urgentemente una zona libera da armi nucleari nel Medioriente, che tutti gli Stati della regione firmino e ratifichino il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW). Chiede che Israele dichiari e smantelli il suo arsenale nucleare mai dichiarato. “È il segreto di Pulcinella, lo conosciamo tutti” ha detto Ferrari. “Israele ha circa 80 testate nucleari, ma non lo ha mai riconosciuto ufficiale e non ha mai firmato il TPNW. Come ha potuto costruire l’arsenale che possiede? – si chiede il dott. Ferrari – sicuramente ci sono colpe gravissime dell’Occidente. Israele non fa parte del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari e dunque non si sente obbligato a un controllo internazionale, facendo riferimento al fatto che non c’è in Medioriente un contesto in cui la sua sicurezza sia garantita. Dunque, posizione ambigua ma inattaccabile.” Ferrari poi la posizione dell’Italia che analizza, pur dichiarandosi d’accordo con il TPNW, non lo ha firmato né ratificato, probabilmente a causa degli impegni nei confronti della NATO. Nel prossimo novembre 2025 a New York ci sarà la sesta sessione della Conferenza permanente per il disarmo nucleare, che dovrà, come da mandato ONU, dare seguito a quello che è un impegno ormai vecchio della diplomazia internazionale. Cosa ci si aspetta realisticamente da questa ennesima sessione? Un avanzamento, un documento più vincolante che impone impegni legali per gli Stati, incluso Israele, e che introduce misure concrete di trasparenza affinché l’impegno dichiarato presso l’ONU non resti solo dichiarativo. L’obiettivo della creazione di una zona libera da armi nucleari e di armi chimiche e biologiche di distruzione di massa in Medioriente risale alla risoluzione ONU del 2018 che ha dato vita alla Conferenza permanente, che in un contesto geopolitico altamente instabile assume una visione coraggiosa volta a coinvolgere tutti gli Stati della regione in un processo di disarmo multilaterale e trasparente. Lo spiega in modo chiaro Giorgio Ferrari che, anche per le sue specifiche conoscenze e competenze in campo nucleare, conosce i rischi ad esso collegati. Non ha mai smesso di spendersi per la campagna di denuclearizzazione e si batte in ogni contesto in un’opera di sensibilizzazione civile per focalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica sul fatto che bisogna chiedere al Governo italiano che appoggi la Conferenza di novembre e non si astenga nelle votazioni ONU. “Il disarmo non è solo una questione di politica internazionale, ma un imperativo etico” – non ha dubbi Ferrari – “una Conferenza permanente per il Medioriente che lavori verso un trattato vincolante per rendere tutta l’area libera da armi nucleari, ma anche da quelle chimiche e biologiche di distruzione di massa, è senza dubbio da considerarsi esempio di diplomazia preventiva.” Nel 2018 l’ONU convocò per l’anno successivo la conferenza per l’istituzione di questa zona libera da armi nucleari e da altre armi di distruzione di massa , ma il processo di disarmo si è arenato e addirittura si è invertito perché tutti i Paesi hanno intrapreso programmi plurimiliardari di modernizzazione del sistema e degli armamenti nucleari. E così la Conferenza non ha trovato ancora attuazione anche per la mancanza di trasparenza di alcuni Stati e per i rifiuti di ispezioni. Ferrari denuncia la distanza tra le dichiarazioni e le attuazioni delle numerose risoluzioni ONU, che fanno fatica a tradursi in trattati vincolanti. La Petizione chiede fermamente un mutamento di questo atteggiamento, che il Governo italiano voti a favore del trattato e non si limiti ad astenersi. Tra i promotori della Petizione c’è, ancora una volta, padre Alex Zanotelli, voce storica del pacifismo italiano, simbolo instancabile di un impegno che non conosce tregua. E mentre il mondo torna a parlare di arsenali lui rilancia con forza la sua battaglia per abolire tutte le armi nucleari. Missionario delle periferie globali, attraversa i confini della politica e della fede e da anni chiede all’Italia e al mondo di voltare pagina: “Basta con le minacce atomiche.” Sembra un gigante la cui voce si staglia solitaria e spesso scomoda, oggi in particolare in un mondo segnato dai conflitti. Coerente con il suo pensiero antinucleare e radicato in una visione profondamente etica, testimone del Vangelo, ha denunciato la follia della deterrenza nucleare e l’ipocrisia delle potenze mondiali: “La deterrenza non può giustificare il possesso del nucleare”. È una denuncia che si sostiene di spiritualità e di impegno civile. “Il nucleare è l’espressione di un potere che mette a rischio la vita umana e la Terra stessa.” Ha spiegato infatti come sia falsa la narrazione del nucleare positivo per l’uso energetico, per i grandi rischi ambientali impliciti, per l’impatto sociale delle centrali che richiedono forti investimenti e sottraggono risorse alle energie rinnovabili, le uniche sostenibili. “Il complesso militare-industriale è il vero potere che comanda il mondo e la politica.” E con il pensiero rivolto alla Palestina e al dolore per la sorte dei palestinesi, si è dichiarato “scioccato” e non ha nascosto il dispiacere per la latitanza, il silenzio delle comunità cristiane che non reagiscono con fermezza di fronte all’orrore del genocidio, al fatto che la negazione della vita a Gaza è in netto contrasto con l’insegnamento e lo spirito del Vangelo, che è religione della Vita e della continua rinascita alla Vita. Ha voluto ricordare le parole di papa Francesco sulla questione della presunta “giustificazione” di una guerra e quando questa possa ritenersi giusta e legittima. E non si può scomodore Sant’Agostino stravolgendone il pensiero, contestualizzato in altra epoca, per trovarne un riferimento che legittima la guerra come male a volte necessario anche sul piano della fede. Padre Zanotelli rigetta questa tesi e ribadisce che mai la guerra può essere legittimata. “Bisogna capire bene il problema del nucleare: Israele possiede 70 bombe atomiche, la fine, il suicidio di Israele sarebbe il suicidio di tutto l’Occidente. Oggi davvero siamo sull’orlo dell’abisso, dominati dal paradigma: più armi, più guerre, più surriscaldamento globale del pianeta. Eppure, paradossalmente, l’Umanità ha un potere immenso su se stessa, sulla sua stessa possibilità di sopravvivenza, ma sta camminando verso il baratro. Se si continua sulla strada scelta si rischia di finire in un inverno nucleare o in un’estate infuocata.” E concludo, in piena sintonia con il pensiero di papa Francesco, che “non solo l’uso, ma perfino il possesso del nucleare è immorale”. Il dibattito che ne è seguito è stato partecipazione molto sia perché molte domande erano sconosciute a gran parte dei partecipanti, sia perché la conoscenza genera la consapevolezza che molti aspetti delle nostre vite non sono nelle nostre mani, ma in mani altrui che decidono per il nostro futuro senza che se ne abbia la percezione. “Diamoci da fare perché vinca la Vita” – ha esortato padre Zanotelli. La Tavola Rotonda ha aperto una prospettiva di conoscenza che non si esaurisce con la fine dell’incontro, ma si protrae con l’impegno: altri momenti ci saranno, ed è anche questo l’obiettivo dei relatori e del loro impegno civico, favorendo l’emergere di una coscienza civile che diventi sempre più consapevole e si riappropri dei diritti. Redazione Napoli
Eirenefest Napoli 2025 – Festival del Libro per la Pace e la Nonviolenza
Locandina Eirenefest Napoli, 19 – 20 – 26 settembre 2025 La Libreria IoCiSto e il Presidio Permanente di Pace ospitano per la prima volta a Napoli l’edizione locale di Eirenefest, il Festival del Libro per la Pace e la Nonviolenza, nato a Roma e oggi diffuso in diverse città italiane. Tre giornate – 19, 20 e 26 settembre – per riflettere insieme sul valore della parola e del libro come strumenti di dialogo, costruzione e disarmo, in un tempo segnato da guerre, conflitti e violenze. La pace è un cantiere aperto: Eirenefest porta a Napoli scrittori, attivisti, psicoanalisti, docenti, giornalisti e religiosi che, attraverso incontri, presentazioni e tavole rotonde, apriranno uno spazio comune di confronto. Il programma Si parte venerdì 19 settembre alla Libreria IoCiSto (via Cimarosa 20, Vomero) con un laboratorio sull’educazione alla cittadinanza globale curato da Pietro Varriale e Serena Correro, seguito da un incontro sulla spiritualità nei tempi contemporanei con Andrea Billau, Vincenzo Musolino e Olivier Turquet. Sempre nella stessa giornata, una tavola rotonda promossa dall’Istituto Italiano di Cultura esplorerà il rapporto tra inconscio, guerra e pace con Roberto Pasanisi e altri ospiti. Nel pomeriggio a uscite nuove editoriali: Con Nome e Cognome di Maria La Bianca (Multimage, 2025) e Con loro come loro di Angela Iantosca (Paoline, 2024). Sabato 20 settembre, sempre alla Libreria IoCiSto, il tema centrale sarà il disarmo nucleare e le campagne civili per la pace in Medio Oriente, con la partecipazione di Alex Zanotelli, Emanuela Bavazzano e Giorgio Ferrari. Seguirà una riflessione sulla nonviolenza attiva tra teoria e Vangelo con Giuliana Martirani e padre Zanotelli. La giornata si chiuderà con la presentazione del romanzo Dugo e le stelle di Francesco Troccoli (L’Asino d’Oro, 2025), introdotto dalla docente Valentina Ripa. Venerdì 26 settembre il festival si sposterà alla Libreria Dante & Descartes (piazza del Gesù Nuovo, 14), con un focus sull’obiezione alla leva militare e sul valore educativo della nonviolenza come antidoto al dominio. Tra gli ospiti Annabella Coiro, Cesare Moreno e Aristide Donadio. In chiusura, la presentazione del libro Logiche del bene contro le guerre (Prospettiva edizioni, 2023) e un aperitivo conviviale presso lo Studio ZEN @arte e benessere. Un festival diffuso Eirenefest Napoli nasce grazie alla collaborazione tra la Libreria IoCiSto, il Presidio Permanente di Pace, il Comitato Pace e Disarmo e numerose realtà locali, con il sostegno del network nazionale di Eirenefest. L’obiettivo è trasformare Napoli in un luogo di incontro e confronto, dove i libri diventano semi di pace piantati nel tessuto della città. Info L’ingresso agli eventi è libero fino a esaurimento posti. Per informazioni: Libreria IoCiSto – via Cimarosa 20, Napoli. Redazione Napoli
Non riesco a stare zitto, Napoli in piazza per la Palestina
Ieri, in Largo Berlinguer, si è tenuto un presidio promosso da Padre Alex Zanotelli dal titolo “Non riesco a stare in silenzio”. Centinaia di persone hanno risposto all’appello, unendosi in corteo lungo via Toledo fino a Piazza Municipio e Piazza Trieste e Trento, per chiedere la fine del genocidio in Palestina. «Non riesco a stare zitto» era scritto a caratteri cubitali sulla bandiera palestinese che guidava il corteo, simbolo del messaggio forte che arriva a ciascuno di noi: nessuno può rimanere in silenzio davanti all’orrore che si sta consumando. Il grido che si è levato, ancora una volta forte e chiaro, è stato: No al genocidio, no al genocidio dell’umanità. La Palestina siamo noi. Free Palestine, Palestina libera. Napoli non desiste, continua a dire basta e a fare la propria parte in ogni modo possibile. Padre Zanotelli lo ha ribadito con forza e con passione davanti ai tanti che hanno raccolto il suo appello: «L’umanità, noi tutti, stiamo morendo a Gaza insieme al popolo palestinese. Dov’è l’Occidente civile e democratico? Siamo alla resa della democrazia, alla morte di ogni sentimento di umanità». Ha invitato tutti a uscire dall’indifferenza che rende complici, ad ascoltare l’urlo disperato del popolo palestinese, a gridare nelle strade e nelle piazze di ogni città d’Italia e del mondo. Ha ricordato i presidi e lo sciopero della fame dei medici, e ha citato la più grande iniziativa umanitaria mai organizzata: la Flottiglia di civili che il 31 agosto salperà per rompere l’assedio di Gaza. «Bisogna fermare a tutti i costi questa follia» ha concluso. Il corteo, numeroso e composto, si è snodato lungo via Toledo intonando Bella Ciao, tra le bandiere della pace e della Palestina, e centinaia di cartelli con immagini della sofferenza del popolo palestinese. La marcia si è fermata prima a Palazzo San Giacomo, dove Zanotelli si è rivolto al sindaco Gaetano Manfredi: «Queste porte sono chiuse, ma dovrebbero aprirsi per accogliere noi e il nostro grido. Non siamo pericolosi, siamo per la pace immediata. Napoli, città che ha nel suo DNA l’accoglienza e il rispetto dei diritti umani, deve garantire aiuti concreti, accogliere bambini che possano essere curati nei nostri ospedali e famiglie profughe in cerca di protezione». Successivamente il presidio ha raggiunto la Prefettura, chiedendo al Prefetto di farsi portavoce dell’indignazione dei napoletani e di trasmettere le richieste al Governo italiano, perché non resti più silente di fronte alla carneficina e non si renda complice nell’armare la mano di Netanyahu. Padre Zanotelli ha ricordato anche i giornalisti uccisi a Gaza dall’inizio della guerra, costretti a lavorare senza protezione, in un mondo che ha scelto di voltarsi dall’altra parte. «Questo niente pesa come un macigno. Mentre si attua un progetto di sterminio, come possiamo ancora affermare che Israele sia l’unica democrazia in Medio Oriente?» Il presidio si è concluso con l’impegno a proseguire la mobilitazione. «Il silenzio deve diventare rumore. Il grido di no alla distruzione deve diventare permanente. Possiamo e dobbiamo farcela». Foto di Roberto Malfatti A cura di Gina Esposito Redazione Napoli
MosaicodiPace.it: La scuola non va militarizzata
DI GIANCARLA CODRIGNANI SU WWW.MOSAICODIPACE.IT DEL 22 MAGGIO 2025 Ospitiamo con piacere sul nostro sito l’interessante contributo scritto da Giancarla Codrignani, pubblicato su Mosaico di Pace, la rivista diretta da Alex Zanotelli, il 22 maggio 2025 in cui viene ribadito quanto l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università denuncia da due anni a questa parte, vale a dire un pericolosissimo processo di occupazione degli spazi del sapere e della formazione da parte delle Forze Armate e di strutture di controllo. «Compromesso anche il Ministero dell’Istruzione che, non da ora, tacitamente promuove l’intrusione della cultura militare nelle scuole. Non si tratta della vecchia circolare che commemorava il 4 novembre celebrativo di una “vittoria” così poco vittoriosa da aver prodotto la crisi che portò al fascismo. Infatti, Domani citava il clamoroso Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università che, da qualche anno, denuncia la casistica…continua a leggere su www.mosaicodipace.it.
Il silenzio è complicità: Napoli risponde con la piazza
Il 6 maggio oltre mille persone in Piazza Municipio per esprimere solidarietà con il popolo palestinese e sostegno a Nives Monda. Una Napoli che si scopre ancora una volta città di resistenza, evocando le Quattro Giornate. Napoli, 6 maggio 2025 – In meno di quarantott’ore, oltre mille persone si sono radunate in Piazza Municipio. Erano insegnanti, impiegati, studenti, artisti, famiglie intere. A unirli, la volontà di non restare in silenzio. La vicenda che ha coinvolto Nives Monda, titolare della Taverna Santa Chiara, e una coppia di turisti israeliani ha fatto il giro del web in poche ore. Un diverbio, una ripresa video diventata virale, accuse reciproche. Ma Napoli ha capito che dietro quella scintilla si nascondeva un incendio più vasto. L’episodio è stato il pretesto, non il centro. Al cuore, la guerra in corso nella Striscia di Gaza, la sofferenza di un popolo, la necessità di rompere un silenzio che altrove è complicità. La manifestazione, nata come flash mob, si è trasformata in un momento di intensa partecipazione civile. Il clima era teso, a tratti apertamente ostile verso l’amministrazione comunale, con rabbia e indignazione espresse a voce alta. La percezione diffusa era quella di una presa di posizione istituzionale sbilanciata, che ha offeso la sensibilità di chi da mesi osserva e denuncia la catastrofe umanitaria in Palestina. La rabbia si è trasformata in una domanda collettiva di giustizia. Non una giustizia giudiziaria, ma umana, politica, simbolica. Napoli, città della pace e della resistenza, ha scelto di schierarsi. E proprio la parola “resistenza” è risuonata più volte dal palco. Gli attivisti hanno ricordato che questa è la città delle Quattro Giornate, la città che nel 1943 si liberò da sola dall’occupazione nazifascista. Una memoria viva, che si rinnova oggi nel gesto di chi scende in piazza contro l’ingiustizia e la guerra. Una Napoli che non dimentica e che non accetta di restare spettatrice. FOTO DI GIULIA Tra gli interventi più intensi, quello di Giulia, studentessa palestinese di seconda generazione e attivista del Centro Culturale Handala Ali. La sua voce, ferma e vibrante, ha attraversato la piazza come un richiamo alla coscienza collettiva. Rivolgendosi al balcone del Comune, ha interpellato direttamente il primo cittadino: “Perché, caro sindaco, mentre noi oggi siamo in piazza, il nostro popolo viene sterminato! Viene lasciato morire di fame. I nostri giornalisti vengono uccisi per raccontare ciò che lei non vuole raccontare. Netanyahu ha dichiarato l’assedio totale della nostra terra, Gaza, alla vigilia di un’invasione che impedisce la sopravvivenza e la vita del nostro popolo. E lei, sindaco, è arrivato solo dopo, solo dopo che abbiamo detto che Netanyahu è un criminale di guerra.” Poi, con forza, ha concluso tra gli applausi: “Chi tocca Nives tocca tutti noi. E chi oggi resta in silenzio è complice.” Padre Alex Zanotelli ha aperto il suo intervento con un ringraziamento sentito alla piazza: “Prima di tutto, un grazie a tutti voi che siete scesi in piazza: guardate che le cose non cambiano se noi non ci diamo da fare, se non protestiamo per quello che sta avvenendo.” Poi ha parlato di Gaza con voce angosciata e parole chiare: “Io sono molto angosciato per quello che sta avvenendo a Gaza. Siamo davanti a un genocidio, è inutile che lo neghiamo. C’è ormai la chiara idea di far morire la popolazione.” Con forza, ha denunciato anche il silenzio della memoria europea: “È assurdo che i sopravvissuti dei regimi nazifascisti non abbiano detto nulla.” E ha concluso: “Questa città ha un cuore che batte forte per la pace, e oggi lo dimostra.”  Omar Suleiman, presidente della comunità palestinese napoletana, ha pronunciato un discorso appassionato e senza mezzi termini. Ha ricordato i bombardamenti che hanno devastato Sama, le centrali elettriche, gli aeroporti, e Damasco: “Oggi quei criminali occupano già più della metà della Siria, parte del Libano. Domani toccherà alla Giordania, all’Egitto, perché vogliono la Grande Israele: dal Mediterraneo al Nilo.” Ma ha aggiunto con fermezza: “La resistenza del popolo palestinese impedirà che questo piano venga realizzato.” E ha alzato il tono, trasformando la bandiera palestinese in un simbolo universale: “La bandiera della Palestina oggi rappresenta una rivendicazione per una vita migliore, per un lavoro giusto, per un’università che insegna, per un futuro per tutti i popoli. E allora la Palestina continuerà a lottare.” Con indignazione ha domandato: “Dove è finita l’umanità? Dove sono i valori della democrazia e della libertà? Dove sono i valori occidentali del diritto alla vita?” E ha denunciato: “Sotto i nostri occhi si compie un genocidio da due anni. E siamo tutti complici con la nostra indifferenza.” Ha chiesto con forza il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dell’Italia e della comunità internazionale. Poi ha evocato la storia della città che lo ospita: “Napoli è la città delle Quattro Giornate, che ha mandato a calci nel culo i nazifascisti!” Il suo appello finale è risuonato come un’esortazione urgente: “Scendete per le strade subito, cittadini di Napoli! Non restate in silenzio come fanno troppi capi di Stato. Noi ci aspettiamo tanto dal popolo, perché noi non ci fermeremo finché non si liberi l’ultimo pezzo della nostra terra.”  Claudio De Magistris era presente in rappresentanza del fratello Luigi. Poi è arrivato il momento di Nives Monda. Salita sul palco con la voce spezzata dall’emozione, ha rivolto un chiaro messaggio al sindaco e all’assessora Armato: “Non ho ricevuto alcuna solidarietà da parte vostra.” Dalla folla si è subito levato un grido corale: “Vergogna! Vergogna!” Nives ha raccontato i fatti, ricordando le minacce ricevute e lo straordinario abbraccio umano che l’ha sostenuta: “Da sabato la mia vita è cambiata. Ho ricevuto insulti, minacce, ma anche tanto affetto. E questo affetto oggi è qui, grazie a tutte e tutti voi. È nato in modo spontaneo e sincero.” Poi, con determinazione, ha chiarito: “Io non ho paura. L’unica verità è che io non ho offeso né cacciato nessuno. Ho soltanto preso una posizione all’interno della campagna Spazi Liberi dall’Apartheid Israeliana, che prevede naturalmente l’immediato boicottaggio delle politiche sioniste.” Un intervento lucido, netto, che ha saputo unire la testimonianza personale alla battaglia collettiva per i diritti e la giustizia.  Accanto agli interventi, numerose associazioni hanno partecipato attivamente alla manifestazione: tra queste l’ANPI, il Centro Culturale Handala Ali, reti per i diritti umani e altre realtà di base. Molti i giovani, moltissimi i cartelli scritti a mano, un tappeto di voci diverse unite da un messaggio condiviso: fermare il massacro, rompere il silenzio. Nel frattempo, mentre Napoli gridava la sua vicinanza al popolo palestinese, la guerra nella Striscia continuava a mietere vittime. Secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari, aggiornati al 6 maggio 2025, oltre 52.000 palestinesi sono stati uccisi, in gran parte civili, tra cui migliaia di bambini. L’operazione militare israeliana su Rafah ha visto più di 50 bombardamenti nelle ultime 24 ore. L’accesso agli aiuti umanitari è quasi del tutto bloccato, e oltre 1,7 milioni di persone – il 75% della popolazione di Gaza – è sfollato. Gli ospedali non funzionano, le ambulanze vengono colpite, le scuole sono diventate obitori. La Corte Internazionale di Giustizia ha emesso misure urgenti chiedendo a Israele di prevenire atti che possano configurare un genocidio, ma Tel Aviv ha proseguito l’offensiva. Egitto e Qatar continuano una fragile mediazione. L’ONU è paralizzata da veti incrociati, mentre milioni di persone nel mondo scendono in piazza. A Napoli come a New York, a Londra come a Città del Messico, la parola d’ordine è una: cessate il fuoco. In questo scenario, l’episodio della Taverna Santa Chiara, con tutta la sua complessità, con le sue ombre e le sue voci è diventato simbolo. Simbolo di un’Italia che non vuole chiudere gli occhi. Di una Napoli che sa guardare oltre il fatto di cronaca, per toccare la carne viva della storia. Una città che non ha paura di parlare, di esporsi, di mettere in discussione anche le sue istituzioni quando serve. E oggi, serve. Il flash mob si è concluso con un lungo applauso. Non era di rito. Era un applauso sentito, per chi prende posizione, per chi rischia di essere travolto dall’odio per un gesto di coscienza. E per chi, come Nives Monda, ha scelto di non tacere. In mezzo alle bandiere palestinesi, ai canti, alle lacrime, spiccava un cartellone sorretto da due mani ferme: “Art.11: l’Italia ripudia la guerra”. Poco dopo, dalla folla, si è levato un coro spontaneo e potente: Bella ciao. Un canto di resistenza. Ieri come oggi. E Napoli continua a rispondere. Accoglie quelle urla, le fa proprie, e rilancia. Un nuovo appuntamento è già stato annunciato: “Tutti giù per terra”, flash mob contro il genocidio del popolo palestinese, in programma il 21 giugno sul lungomare partenopeo. Un gesto simbolico, un grido corale, per dire ancora una volta: non nel nostro nome.   Altre foto  di Lucia Montanaro   Fonti principali: ONU – UN OCHA Gaza Humanitarian Reports, maggio 2025 Ministero della Salute di Gaza (via Al Jazeera, Reuters, AP) Corte Internazionale di Giustizia – Misure provvisorie, gennaio-marzo 2025 Lucia Montanaro