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Scuole di Massa Carrara e La Spezia per i diritti umani e contro il genocidio a Gaza
COMUNICATO STAMPA DELL’OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITA’, A SEGUITO DELLE SEGNALAZIONI PERVENUTECI DA NUMEROSE SCUOLE DELLE PROVINCE DI MASSA CARRARA E LA SPEZIA Anche nelle province di Massa Carrara e La Spezia la drammatica situazione a Gaza ha spinto il mondo della scuola a mobilitarsi, esprimendo un forte dissenso contro le atrocità in corso, soprattutto a Gaza. Docenti di diverse scuole si sono uniti per sottoscrivere una mozione che chiede azioni concrete e la fine dei bombardamenti. In cinque istituti (“Meucci” e “Barsanti” a Massa Carrara; “ISA 1”, “ISA 2” e Liceo “Mazzini” a La Spezia) la mozione è stata presentata e approvata dal collegio docenti, dimostrando una chiara presa di posizione. In altre scuole, invece, come “Minuto“, “Montessori-Repetti“, “Zaccagna-Galilei” a Massa) è stata avviata una raccolta firme che ha riscosso l’adesione della grande maggioranza del personale, a testimonianza della crescente consapevolezza e del profondo senso di urgenza tra gli/le educatori/trici. L’iniziativa è nata dal bisogno di non restare indifferenti di fronte alla catastrofe umanitaria e al genocidio. La mozione, redatta  inizialmente da una scuola di Pisa, è stata inviata a tutti i Dirigenti scolastici delle province di La Spezia e Massa Carrara. L’obiettivo è sensibilizzare il più ampio numero possibile di persone e istituzioni, affinché la scuola non rimanga in silenzio di fronte a ciò che è stato definito come un “massacro insostenibile” a Gaza. I docenti hanno sentito il dovere di condannare lo sterminio e di difendere i diritti umani, promuovendo nei propri studenti una coscienza critica e solidale. La mozione chiede al Governo italiano un’azione decisa in politica estera per la fine dei bombardamenti, la distribuzione immediata di aiuti umanitari e il ritiro dell’esercito israeliano dalla Striscia di Gaza. Si sollecitano inoltre azioni concrete, come l’interruzione di ogni collaborazione, la cessazione della vendita di armi e la revoca del memorandum d’intesa sulla cooperazione militare con Israele. Un’ulteriore richiesta è che il governo non conceda l’utilizzo delle basi NATO in Italia a sostegno di Israele. Questo appello, pur nascendo da un senso di impotenza di fronte a una tragedia così vasta, è animato dalla ferma volontà di non tacere. I bambini e le bambine palestinesi sono visti come “nostri/e alunni/e, nostre/i figli/e” e la scuola, in quanto luogo di educazione e formazione, ha il compito preciso di occuparsi del presente e di non rimanere inerte davanti a questo orrore. La diffusione di questa presa di posizione alla cittadinanza tutta è un passo fondamentale per sensibilizzare e mobilitare l’opinione pubblica.
Ricordo della strage di Viareggio: appello alla mobilitazione con ferrovieri e Osservatorio
Come ogni anno si è svolta il 29 giugno la manifestazione in ricordo della strage ferroviaria di Viareggio; è stata una giornata piena di dolore e insieme di tenacia e spinta verso la costruzione di un mondo diverso. Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università abbiamo partecipato al dibattito del pomeriggio, durante il quale abbiamo presentato il fenomeno della militarizzazione delle scuole, mentre i ferrovieri hanno portato un loro contributo sulla crescente militarizzazione delle ferrovie. Abbiamo poi partecipato alla manifestazione serale insieme a moltissimi cittadini e cittadine, associazioni, collettivi. La giornata si è chiusa a fianco dei binari con interventi di varie realtà e il fischio di tutti i treni che transitavano dalla stazione. Il comitato dei parenti delle vittime ha espresso il desiderio di continuare a lavorare con noi e con i ferrovieri sulla questione della guerra e della militarizzazione della società, per cui ci incontreremo a breve per progettare iniziative future di contrasto e di lotta. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Toscana
Repressione in Egitto sulla Global March to Gaza. Il racconto del rappresentante dell’Osservatorio
Il nostro “rappresentante” al Cairo, referente per il folto gruppo laziale della Global March to Gaza, riepiloga qui di seguito sia l’organizzazione complessiva e l’unicità di questa iniziativa dal basso a livello mondiale sia la forte, ma non feroce, repressione del governo egiziano stretto tra due fuochi: il primo rappresentato dal legame indissolubile col Governo statunitense che, finanziando quello egiziano, tiene quest’ultimo in vita e sotto ricatto, il secondo da una popolazione ampiamente pro Palestina tragicamente povera e oggi impoverita dalla situazione economica generale e sempre pronta a sollevarsi. Proprio per questo la repressione poliziesca e militaresca portata avanti spesso da soldati-ragazzini non addestrati alla situazione da ordine pubblico, è gioco forza portata avanti anche per non indispettire troppo ampie fette di popolazione che non vedrebbero di buon occhio l’uomo bianco che viene a manifestare proprio a casa loro indisturbato. Proprio per questo motivo militari e poliziotti sono coadiuvati da gruppi speciali di giovani e giovanissimi presi dai bassifondi cui venne data una sorta di libertà a patto di seminare lo scompiglio tra i manifestanti e fornire in ogni situazione un casus belli per intervenire così come è avvenuto durante i fatti di Ismailia, in cui un folto gruppo di attivisti ha deciso di compiere almeno un passo anche se piccolo, ma altamente simbolico, verso la strada per Rafah. La Global March to Gaza, la convergenza pacifica di oltre cinquanta delegazioni di gruppi di persone da altrettanti paesi da tutto il mondo, per mettere pressione al governo sionista affinché apra il valico di Rafah agli aiuti umanitari, rappresenta un unicum nel suo genere. Un movimento genuinamente popolare, a-partitico che voleva avvicinarsi a quel valico che una volta aperto, potrebbe, già da domani, dare un po’ di respiro ai palestinesi, perseguitati e martoriati da oltre un anno e mezzo di massacri indiscriminati guidati da un unico obiettivo: la costituzione della “Grande Israele” un’idea nata verso la fine dell”800 in Europa all’interno del movimento nazionalista, ebreo ortodosso, che vide l’anomala convergenza di movimenti cristiano-evangelici che avevano tutto l’interesse a far convergere la diaspora su un territorio chiamato da secoli Palestina dove da sempre convivevano pacificamente popolazioni di religione ebraica e mussulmana ed altre comunità. Quello di fine ‘800 fu un periodo caratterizzato da un’impennata dell’antisemitismo in tutta Europa, dei movimenti nazionalisti, suprematisti bianchi e cristiani che portò ad una nuova fase dell’imperialismo occidentale e ad espansioni coloniali senza precedenti. Venne quindi “inventato” lo Stato di Israele, prima come forma di presidio imperialista dell’impero britannico, sulle ceneri del nemico turco sconfitto e poi, di quello nascente nordamericano. Questi interessi “occidentali” in Medioriente non sono finiti, tanto che quel lembo di terra con la sindrome, più che comprensibile, dell’accerchiamento, si sono palesati in modo violento, proprio contro il movimento popolare, inedito, chiamato Global March to Gaza che tra l’altro ha anche un’altra particolarità, di cui i governanti occidentali filo-israrliani e le lobby sioniste, in seno alle istituzioni europee, dovrebbero tener conto. Innanzitutto si tratta di una “triade”, via terra e via mare, composta dalla marcia stessa, promossa da diverse associazioni, collettivi, sanitari e medici palestinesi, alcuni dei quali reduci da esperienze sul posto a contatto col genocidio in corso, il convoglio Al-Soumud, una carovana di decine di mezzi, compresi pullman stracolmi di attivisti provenienti da Algeria, Tunisia e Libia e poi la Freedom Flottilla. Quest’ultima, dopo il quasi affondamento di fronte a Malta, della nave Conscience, battente bandiera (poi tolta su ordine di USA/ISRAELE) dell’isolotto di Palau, nel pacifico, ex colonia yankee nel bel mezzo Pacifico, è stata vittima di un’azione bellica gravissima: Barcarole, ribattezzata Madleen dalla Freedom Flottilla, un ketch a vela di 18 mt. è stata raggiunta, ad oltre 120 miglia dal porto israeliano più vicino, da quattro droni che hanno circondato ed irrorato con dei gas urticanti l’imbarcazione che poi è stata abbordata da militari israeliani che ne hanno sequestrato l’equipaggio e rimorchiato la barca, a tutta velocità, fino al porto di Ashdod: un autentico atto di guerra gravissimo in “territorio” inglese, non “apolide” come, appunto, la Conscience che non è stato stigmatizzato a dovere da nessun paese, a cominciare proprio dall’ ex-potenza mandataria di Palestina, il Regno Unito. D’altra parte, ottant’anni di vita militarizzata per chi si illudeva di recarsi, quale “popolo senza terra in una terra senza popolo”, col fucile in mano per imporre un colonialismo di insediamento feroce non sono trascorsi senza fratture interne: via terra, infatti, c’è anche la pressione di alcune minoranze dissidenti israeliane che da est si sono incamminate verso Gaza partendo appunto dal territorio dell'”invasore”. Questo clima militarizzato soffocante è stato mirabilmente descritto da un docufilm “scomodo” come Innocence, del regista ebreo-israeliano Guy Davidi, la cui proiezione è stata recentemente rifiutata da una nota sala “parrocchiale” di Roma a conferma di questa perdurante convergenza tra alcune “sensibilità” cristiane tendenzialmente sioniste, soprattutto in una città in cui la comunità ebraica, così come l’apparato del Vaticano, sono entrambe molto influenti. Nel lavoro di Davidi si trovano tutte le ragioni dei suicidi tra i disertori israeliani e dei sempre più numerosi rimpatri di ebrei da Israele, una sorta di nuova diaspora. Tornando alla “fastidiosa” Global March to Gaza, una serie di circostanze, tra le quali lo scoppio a poca distanza del conflitto armato con scambi reciproci di missili tra Iran e Israele, l’impetuoso avvicinarsi della carovana Sumoud composta da qualche migliaio di commoventi ma scalmanati algerini e tunisini ha fatto saltare i nervi al governo egiziano. Questo da anni si ritrova sempre in bilico tra rapporti di amicizia con gli USA e l’Europa e un rapporto con gli altri paesi arabi del nord Africa sempre molto articolato e complesso. Al-Sisi è al potere anche grazie ai fondi USA, ma tenere a bada una popolazione, ampiamente pro-Palestina sotto scacco di una dittatura che sempre meno è in grado di redistribuire adeguatamente le ricchezze, non è affatto facile: oltre 5mila persone da tutto il mondo e qualche migliaio da ovest via terra, in perfetta coincidenza coi primi missili che si incrociavano nelle vicinanze proprio del valico di Rafah, con accanto numerosi potenziali bersagli militari dell’Iran, hanno rappresentato una variabile semplicemente da accantonare, con le buone (poche) o con le cattive (molte). Ciò che rimane, però, è la consapevolezza di dover fare di più, anche e soprattutto con i propri corpi nei rispettivi paesi complici, per opporsi, proprio come hanno fatto, con i metodi della non violenza, gli oltre mille attivisti ad Ismailia: un passo, non una marcia ma pur sempre verso Gaza. Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
“Europa a mano armata”, il libro contro il riarmo curato da Futura D’Aprile per Sbilanciamoci.info
È uscito oggi, 16 giugno 2025, l’ebook curato da Futura D’Aprile per Sbilanciamoci.info sul riarmo dell’Europa, in cui si focalizza l’attenzione sulle spese in UE dal 2017 ad oggi, un tema che come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università cerchiamo di approfondire, giacché è da lì che scaturisce l’investimento italiano in armi, ma anche in termini di reclutamento esperto e giovane per l’utilizzo di quelle sofisticate e moderne armi di distruzione di massa. Scrive, infatti, Futura D’Aprile della presentazione del volume: «Maggiori spese militari, tuttavia, alimentano la corsa al riarmo e i conflitti regionali e, sul piano interno, sottraggono risorse ad altre voci di spese nazionali e comunitarie, mettendo in secondo piano il welfare e il benessere dei cittadini», comprese tutte le risorse che servirebbero al funzionamento della scuola e della sanità, come sosteniamo da tempo. L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, del resto, ha già avuto modo di apprezzare il lavoro di inchiesta di Futura D’Aprile durante il convegno nazionale del 16 maggio a Roma presso Spin Time Lab e qui riportiamo il suo intervento video incentrato proprio sugli investimenti dell’Italia in armi in ottemperanza alle indicazione che giungono dall’Unione Europea e della NATO, l’alleanza militare a direzione USA. Futura D’Aprile è una giornalista freelance iscritta all’O.d.g. Puglia, collabora con Il Fatto Quotidiano, Domani, Altraeconomia ed è autrice di Crisi globali e affari di piombo, Seb27, 2022. Clicca qui per scaricare gratuitamente il libro curato da Futura D’Aprile.
Pisa, 14 giugno, Scelte Disarmanti: Lotte e Percorsi per un’Europa di Pace
SABATO, 14 GIUGNO 2025 DALLE 16, PISA PRESSO SMS IN VIALE DELLE PIAGGE CONVEGNO SU ECONOMIA DI GUERRA,  IL PIANO DI RIARMO EUROPEO E GLI INVESTIMENTI NELLE INFRASTRUTTURE MILITARI La logica di investimento in caserme verdi, aeroporti azzurri e porti blu, non riesce a mascherare l’opera di devastazione ambientale e sociale che la militarizzazione dei territori comporta.  In un momento in cui sale la mobilitazione contro il riarmo globale, non solo per la questione delle spese militari, ma anche e soprattutto contro  l’opera genocidiaria e devastante per l’ambiente e per le persone che i governi del mondo stanno portando avanti, riteniamo sia fondamentale approfondire le dinamiche che alimentano l’economia di guerra, ma soprattutto quali sono le possibili strade alternative che possiamo e dobbiamo scegliere  La retorica della cultura della difesa e della continua propaganda allarmista sulla necessità di sicurezza mostra in maniera sempre più evidente che la logica perseguita  è la difesa dei confini, la difesa dello status quo,  la sicurezza volta a proteggere solo gli  interessi economici dei potentati mondiali.   A questo si contrappone la necessità di garantire alla popolazione la sicurezza di una casa, di un lavoro, di un sistema sanitario e scolastico universale e funzionante. La domanda dello scorso autunno. “Cosa  faresti a Pisa con 520 milioni di euro?” oggi diventa “Cosa ci faresti in Europa con 800 miliardi di euro ?”  Il 14 Giugno dalle 16 presso il centro espositivo di San Michele degli Scalzi, a Pisa,  il Movimento No Base organizza un convegno su economia di guerra, il piano di riarmo europeo e gli investimenti nelle infrastrutture militari. Il tema delle risorse economiche, investite dal Governo per alimentare le spese belliche invece di sostenere il benessere della cittadinanza e incentivare un’economia di pace, è stato da subito portante nell’analisi e nella spinta all’agire contro la nuova base militare. Ci proponiamo di indagare i meccanismi che stanno alla base dell’economia di guerra, dall’utilizzo del risparmio privato del singolo cittadino all’indebitamento pubblico a livello di Comunità Europea. Si può quantificare l’impatto negativo sui nostri territori di un’economia che finanzia strumenti di morte e distruzione ? Quali strategie e pratiche di resistenza possiamo mettere in campo per evitare che le nostre città diventino caserme a cielo aperto? Infine quali sono le possibili alternative per investire sulla salute e il benessere della cittadinanza? Abbiamo coinvolto docenti universitari, studiosi della società civile, giornalisti ed espressioni dei movimenti e reti europee pacifiste e antimilitariste, per una giornata di formazione e divulgazione che sia aperta a tutta la cittadinanza e che possa avere un respiro di interesse globale. Un momento di riflessione necessario anche in vista della mobilitazioni che si terranno  il 21 giugno, in concomitanza con il vertice della Nato, in tutta Europa ed in particolare a Roma, ma anche e soprattutto in preparazione dell’Estate di lotta No Base. L’iniziativa sarà trasmessa in streaming sui canali del movimento No Base, ma sarà contornata in presenza da momenti di socialità e da una mostra sulla storia del movimento stesso. Pillola Rossa. Focus locale: Territori e Strategie di Lotta * Movimento No Base Desecretare la guerra: un territorio da tutelare. * Simone Siliani (Direttore Fondazione Finanza Etica) Come si finanzia la guerra: il ruolo delle banche. * Antonio De Lellis (Centro studi economico sociali per la pace di Pax Christi) Costruire la pace attraverso l’economia * Valentina Mangano (Centro Interdisciplinare Scienze per la Pace) Pratiche di resistenza: il ruolo della ricerca scientifica e dell’università nella promozione della pace Pillola Blu. Piano Inclinato Europeo: il Riarmo da fermare. * Simone D’Alessandro (Docente di Economia Politica, Università di Pisa) Rearm Europe. Un piano di difesa o di espansione imperialista. * Nicoletta Dentico (Responsabile salute globale – Society for International Development) Warfare VS Welfare: salute o militarizzazione in Europa * Duccio Facchini (Direttore Altraeconomia) Il Ruolo dell’Industria Bellica Italiana nello scenario Europeo e Internazionale * Heidi Meinzolt (Women’s International League for Peace and Freedom) Reti Europee contro la guerra. Prospettive per una mobilitazione transnazionale. Promosso da:  Movimento No Base,  GIT Banca Etica Pisa e Livorno, Pax Christi, Un Ponte Per, Fondazione Finanza Etica,  Altreconomia, Chicco di Senape – Bottega Mondo. Per condividere evento fb: https://www.facebook.com/events/1598828180788424/ instagram: https://www.instagram.com/p/DKckyYGoAah/ In allegato la locandina web A conclusione del Convegno verrà presentato il piano di lotta dell’Estate No Base Saluti disarmanti Movimento No Base
Appello per il 21 giugno ad una sola manifestazione a Roma contro la guerra
PUBBLICHIAMO QUESTO APPELLO LANCIATO DA CATANESI SOLIDALI CON IL POPOLO PALESTINESE CHE L’OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ FA PROPRIO IN VISTA DELLA COSTITUZIONE DI UN GRANDE MOVIMENTO DAL BASSO CHE CONTRASTI IL PARTITO DELLE GUERRA E TUTTO IL COMPLESSO MILITAR-INDUSTRIALE. Contro lo sterminio di Gaza, contro la folle corsa alla guerra in tante parti della terra e contro il piano di riarmo della UE sono state convocate due manifestazioni a Roma, in occasione del vertice NATO che si terrà all’Aja dal 24 al 26 giugno, per l’approvazione definitiva di un piano di riarmo generalizzato degli Stati aderenti, con l’obiettivo di incrementare le risorse per gli armamenti oltre l’asticella del 3% del PIL: una promossa dalla Rete Stop Rearm Europe, con l’adesione di centinaia di forze culturali, politiche, sindacali, sociali; l’altra da Pap, Usb, Cambiare rotta e da una cinquantina di collettivi e di movimenti. Come Catanesi solidali con il popolo palestinese, esprimiamo una fortissima preoccupazione qualora venisse mantenuto un atteggiamento rigido dalle organizzazioni promotrici. Siamo, infatti, convinti che due cortei separati avrebbero un impatto negativo sull’insieme delle realtà impegnate contro la guerra e per la pace, che non aiuterebbe concretamente la causa palestinese, e non favorirebbe la costruzione di un grande movimento di massa capace di fronteggiare nell’immaginario collettivo e concretamente “il partito internazionale e trasversale della guerra”. Solo un grande movimento di lotta e di solidarietà può fermare la corsa al riarmo, la militarizzazione dei territori e del sapere, il disegno criminale di una uscita dalla crisi dell’Occidente attraverso la destinazione di enormi risorse, sottratte alla sanita, alla formazione, alla ricerca, al diritto all’abitare, alla sostenibilità ambientale, in direzione del welfare militare e di un modello di sicurezza fondato sulla repressione delle lotte sociali, ambientaliste, pacifiste e per l’autodeterminazione dei popoli. Facciamo appello alle/agli organizzatori dei due eventi simultanei del 21 giugno, in sintonia con le altre realtà che numerose si stanno muovendo con le medesime finalità, affinché si apra da subito un dialogo e un tavolo operativo finalizzati alla confluenza di tutte le iniziative per una unica e unitaria manifestazione nazionale a sostegno del popolo palestinese, contro il genocidio, per l’isolamento di Israele, contro il piano di riarmo, le spese militari, la militarizzazione dei territori, nella quale ogni soggettività possa portare i propri contenuti,  i propri simboli, le proprie parole d’ordine. Già nel novembre 2024 sembrava non modificabile la scelta di due manifestazioni separate a Roma, per bloccare l’invasione israeliana di Gaza. A partire dall’Assemblea del 9 novembre, assieme ad altre/i, riuscimmo nell’intento di costruire un unico corteo, dislocato su due spezzoni, e tuttavia unito nella condanna unanime del genocidio portato avanti da Israele con la complicità dei governi occidentali e nell’appoggio alla Resistenza palestinese. Noi Catanesi solidali con il popolo palestinese, chiediamo che quella modalità sia riproposta. Lo facciamo a partire dalle nostre pratiche unitarie portate avanti da anni, e che hanno visto manifestare, Domenica 25 maggio a Catania, oltre 5000 persone su una piattaforma che, ha sottolineato le gravissime responsabilità del governo Meloni, della coalizione Von der Leyen, della quasi totalità dei governi occidentali, e ha chiesto, un immediato cessate il fuoco, il ritiro di Israele dai territori occupati, lo sblocco degli aiuti umanitari, la liberazione dei prigionieri palestinesi e degli ostaggi israeliani, il blocco delle esportazioni di armi in Israele, l’avvio dello smantellamento delle basi NATO e USA in Italia, la smilitarizzazione della Sicilia e dei percorsi formativi, il boicottaggio dell’economia di guerra israeliana e della collaborazione con essa di tutte le istituzioni del nostro Paese. Lo facciamo, anche, a partire dalla grande mobilitazione cittadina che, per tre giorni, ha accolto e sostenuto la partenza da Catania (1 giugno) verso Gaza della barca Madleen della Freedom Flotilla. Catanesi solidali con il popolo palestinese ANPI; ARCI; Associazione Comunista Olga Benario; Carovane Migranti; Circoli ARCI: CULT APS, Associazione Salmastra e Giustizia Climatica Ora! Catania APS; La Città Felice; CSA Officina Rebelde; Cobas; Collettivo di inchiesta Gabriele Centineo; Generazioni Future; I Siciliani Giovani; La Ragnatela; Le ragioni del sindacato CGIL; LHIVE; Manifesta; Nessuno è Straniero; PCL; Potere al Popolo; Rifondazione Comunista; Risorgimento socialista; Sinistra Italiana; SUNIA Sicilia; Tavolo No AD Sicilia. Chi volesse sottoscrivere può inviare una mail a: catanesisolidali@tiscali.it
Lettera aperta ai Dirigenti e ai Presidenti dei Consigli d’Istituto: MASSACRO DI GAZA, PRENDERE PAROLA
PUBBLICHIAMO CON L’AUSPICIO CHE VENGA EMULATA IN ALTRE SCUOLE LA LETTERA APERTA RIVOLTA DA GIUSTO CATANIA, DIRIGENTE SCOLASTICO, E STEFANIA TRANCHINA, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO D’ISTITUTO DELL’I.C. “GIULIANA SALADINO” DI PALERMO, AI DIRIGENTI SCOLASTICI E AI PRESIDENTI DEI CONSIGLI D’ISTITUTO DELLA SCUOLA ITALIANA: “SUL MASSACRO DI GAZA DOBBIAMO PRENDERE PAROLA”. Care colleghe e cari colleghi, il dramma della popolazione di Gaza non può lasciare indifferente il mondo della scuola. I numeri del massacro sono impressionanti: 54.000 morti, tra cui 15.000 bambine e bambini; 14.000 bambini orfani; 130.000 feriti; oltre un milione di minori necessita di sostegno psico-sociale; un’intera popolazione rischia di morire di fame e di sete. Sono stati distrutti oltre 2.300 spazi educativi, tra edifici scolastici ed aule universitarie. Siamo davanti ad una catastrofe umanitaria che avrà ripercussioni gravi anche nel futuro. Il Collegio dei docenti e il Consiglio d’istituto dell’Istituto Comprensivo Giuliana Saladino di Palermo hanno sentito l’urgenza di prendere parola, di esprimere la propria voglia di pace, di mobilitarsi perché non si può rimanere inermi davanti all’orrore di questi mesi. Abbiamo esposto un lenzuolo sulla facciata della nostra scuola per chiedere la fine del bombardamento su Gaza; abbiamo organizzato un girotondo rumoroso attorno ai nostri plessi scolastici perché riteniamo necessario rompere il silenzio; abbiamo chiesto agli abitanti del quartiere di esporre un lenzuolo sui balconi per condividere l’impegno della scuola. Il lenzuolo è bianco è un simbolo di pace e di riscatto, anche per la nostra scuola. Fu proprio Giuliana Saladino, dopo la strage di Capaci del 1992, a far diventare il lenzuolo bianco simbolo della mobilitazione popolare contro la mafia. Chiediamo al mondo della scuola di prendere parola, di urlare lo sdegno per il massacro della popolazione palestinese, di chiedere la fine dei bombardamenti su Gaza, di riprendere in mano la bandiera della pace. Questo è compito della scuola che, se non si occupa del presente, rischia di rendere inutile lo studio della Storia. I bambini e le bambine palestinesi sono nostri alunni, sono nostri figli e non vogliamo sentirci colpevoli del reato di indifferenza. La Storia ricorderà chi ha parlato e chi è rimasto in silenzio. Questo nostro impegno è perfettamente inscritto nella missione educativa della scuola della Repubblica, in ottemperanza agli obiettivi prioritari delle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, secondo i quali bisogna: “Diffondere la consapevolezza che i grandi problemi dell’attuale condizione umana (…) possono essere affrontati e risolti attraverso una stretta collaborazione non solo tra le nazioni, ma anche fra le discipline e fra le culture.” Prendiamo parola, è il compito principale che ha la scuola italiana. Presidente del Consiglio d’Istituto Stefania Tranchina Dirigente scolastico Giusto Catania
La Spezia, 31 maggio, Manifestazione antimilitarista “Restiamo umani”
SABATO, 31 MAGGIO 2025, ORE 15:30, PIAZZA BRIN – LA SPEZIA CONTRO TUTTE LE GUERRE E CHI LE ARMA. A FIANCO DEL POPOLO PALESTINESE E DI TUTTI I POPOLI OPPRESSI. PER LA RICONVERSIONE CIVILE DELL’INDUSTRIA BELLICA L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ha aderito e parteciperà sabato prossimo alla manifestazione organizzata a La Spezia. La Spezia, città simbolo della produzione militare italiana, diventa protagonista di una mobilitazione per la pace e la riconversione civile. Il 31 maggio, in Piazza Brin, si terrà la manifestazione “Restiamo Umani”, organizzata da persone attive nella società civile, attiviste e attivisti per i diritti umani, associazioni antimilitariste, per dire NO a tutte le guerre e a chi le finanzia, a partire dalla multinazionale Leonardo, il cui stabilimento spezzino esporta armamenti in conflitti in tutto il mondo. Perché La Spezia? La città è un nodo cruciale dell’industria bellica nazionale, con lo stabilimento Leonardo che produce sistemi d’arma venduti a Paesi coinvolti in guerre e repressioni. Parallelamente, il governo spinge per una sempre maggiore militarizzazione del territorio, soffocando lo sviluppo di alternative civili ed ecologiche. La manifestazione rilancia invece la necessità di una riconversione produttiva che orienti risorse e competenze verso settori socialmente utili: energie rinnovabili, trasporti sostenibili, beni pubblici. Perchè “Restiamo Umani”? È una frase semplice ma potentissima. In due parole esprime un intero manifesto etico, una presa di posizione radicale che si oppone alla disumanizzazione. È una frase che ha avuto una forte risonanza pubblica, in particolare come lascito morale e politico di Vittorio Arrigoni, attivista italiano ucciso a Gaza nel 2011, che la usava come firma nei suoi reportage. Proprio per questo, usarla oggi non è neutrale: è un atto di memoria, di continuità e di resistenza. È un invito a non perdere il contatto con l’umano in questo tempo in cui tutto spinge verso la violenza, la separazione, l’indifferenza. Un invito a resistere all’assuefazione alla guerra, alla propaganda, alla crudeltà presentata come normalità. È una scelta di solidarietà come forma di risposta alla disumanizzazione. “Restare umani” non è solo un’esortazione morale individuale, ma una scelta politica. In contesti di guerra, colonialismo, apartheid, genocidio (come quello che molti riconoscono in Gaza), restare umani significa prendere posizione contro le strutture che negano l’umanità altrui, riconoscere l’altro come essere umano, anche quando il discorso dominante lo disumanizza (profugo arabo senza terra, terrorista, semplice danno collaterale). Significa rifiutare la complicità passiva, anche solo tramite il silenzio. Nel momento in cui Gaza è chiusa, bombardata, ridotta alla fame, “restare umani” significa romperne l’isolamento narrativo, non solo fisico, rifiutare la narrazione binaria che divide i popoli in vittime degne e indegne, ricordare che la neutralità, di fronte all’ingiustizia, è complicità. “Restiamo Umani!” è un grido contro la normalizzazione della guerra e dei suoi profitti, ma anche una proposta concreta: investire in lavoro e innovazione al servizio della vita, non della morte. Un messaggio che risuona con forza in una città storicamente legata alla difesa, ma oggi chiamata a reinventarsi. Quella del 31 maggio è una mobilitazione aperta e inclusiva, perché la pace non è solo assenza di guerra, ma giustizia, diritti e un’economia che metta al centro le persone. Restiamo umani, costruiamo la pace. Info e adesioni: manifestazione.noarmi@gmail.com
L’Osservatorio contro la militarizzazione aderisce e parte per la Global March to Gaza
Il 12 giugno prossimo anche l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università dopo aver dato la propria adesione all’iniziativa mondiale, sarà in cammino verso il valico di Rafah prendendo parte alla Global March to Gaza attraverso il nostro collaboratore, Stefano Bertoldi, attivista per i diritti umani delle persone migranti e antimilitarista membro dell’Osservatorio. Come referente per il Lazio, Bertoldi raccoglie, come i suoi compagni di viaggio per le varie regioni d’Italia, le domande e i dubbi sia di coloro che ancora non hanno deciso di partire sia di coloro che hanno già il biglietto aereo in mano ma già sentono, a due settimane dalla partenza, quel mix di ansia, gioia, esaltazione ma anche preoccupazione. Una di queste, ricorrenti, ruota intorno all’obiettivo del viaggio, quei 50km di strada a piedi nel deserto del Sinai che separa l’ultima tappa del percorso in autobus fino ad Al Arish dal valico e soprattutto, sulle azioni che verranno fatte sul posto. «In un’organizzazione spontanea nata dal basso – ci spiega Stefano – con diverse sensibilità, gruppi di persone appartenenti a decine di collettivi e associazioni ma anche individui singoli, serpeggia sempre il timore per l’assenza di una “guida”: non siamo abituati all’auto-organizzazione, siamo sempre alla ricerca di un leader salvo poi lamentarci successivamente, se questo leader poi prende anche una sola decisione per tutti. In realtà il coordinamento c’è sia in Italia, con una fitta ramificazione di gruppi e sottogruppi su Telegram ed altre piattaforme sia in Egitto, dove diverse organizzazioni non governative offriranno un supporto organizzativo e logistico. I gruppi di coloro che effettivamente partiranno e non si sono limitati  ad aprire ampi dibattiti su questa tragica situazione, peraltro in un contesto geopolitico tra i più a rischio di conflitto bellico su larga scala degli ultimi 80 anni, si vedranno anche di persona prima della partenza». «Per tornare all’obiettivo, dunque – conclude Stefano – io rispondo a  tutti questi interrogativi sottolineando proprio l’importanza dei corpi in movimento spontaneo, il popolo che fisicamente esprime il proprio dissenso e la propria dissociazione dai vari poteri istituzionalizzati , complici di un genocidio. Gruppi di persone che appunto si auto-organizzano, coordinatori  o meglio referenti e non “leader” e una portavoce nazionale, Antonietta Chiodo che tira le fila dando tutta sé stessa facilitando il dialogo ed arginando le  voci demotivate e demotivanti  che puntualmente si imbucano succhiando energie preziose per fare gruppo». L’Osservatorio, quindi, sarà sul posto, per dare voce a chi non ha voce, a quel 90% della popolazione mondiale che avrà alcuni dei loro rappresentanti, tutte persone “comuni” e senza bandiere di partito, lungo quei 50Km di strada polverosa e assolata in cammino verso quella porta chiusa sull’inferno di Gaza. Un inferno voluto e finanziato dal restante 10% della popolazione. Nel frattempo le delegazioni partecipanti sono arrivate a 32 e la lista italiana di chi materialmente o idealmente aderisce si allunga di giorno in giorno, al 27 maggio erano le seguenti: * – Dimensioni Diverse * – Spazio di Relazione e di Pensiero Odv * – Porti Aperti e Frontiere Aperte * – Parolechefunzionano Odv * – I pri-ccp ( istituto italiano ricerche per la Pace-rete corpi civili di Pace) * – Aamod * – Associazione di Solidarietà con il popolo palestinese * – Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle Università * – Sentiero di Pace Odv Boves * – Parole che funzionano.it * – New Weapons Research Group * – Dimensioni Diverse * – Spazio di Relazione e di Pensiero Odv * – Porti Aperti e Frontiere Aperte * – Ipri-ccp ( istituto italiano ricerche per la Pace-rete corpi civili di Pace) * – Tarantula Rubra ( Progect with Palestinian people) * – Rete No Bavaglio * – Forum Della Pace Rifiutiamo La Guerra di Lucca * – Collettivo Registi Opponiamoci Per approfondire tutti i dettagli di questo evento straordinario e trovare  anche tutti i riferimenti web, rimandiamo all’esaustivo articolo di Massimiliano Cangelosi pubblicato su Comune-Info.net > Global march to Gaza Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Francesco Ravelli al Collegio docenti dell’IPSEOA “G. Pastore” di Varallo-Gattinara contro le iniziative promosse dalle Forze Armate e Polizia
LE/I DOCENTI PRENDONO PAROLA PUBBLICHIAMO QUI DI SEGUITO L’INTERVENTO DI FRANCESCO RAVELLI, DOCENTE ADERENTE ALLA RETE DELLA SCUOLA PER LA PACE TORINO E PIEMONTE, PROPOSTO AL COLLEGIO DEI DOCENTI DELL’IPSEOA “G. PASTORE” DI VARALLO-GATTINARA IL GIORNO 14 MAGGIO 2025. LE SUE PAROLE, DI CARATTERE INFORMATIVO E GENERALE, SONO STATE UNA BUONA OCCASIONE PER PROBLEMATIZZARE INSIEME ALLE COLLEGHE E AI COLLEGHI LA PRESENZA DELLE FORZE ARMATE E DI POLIZIA NELLE NOSTRE SCUOLE. Il mio intervento riguarda una tematica di interesse generale: la partecipazione delle studentesse e degli studenti ad iniziative di formazione e orientamento promosse dalle Forze Armate e di Polizia. Molto semplicemente, vorrei esternare al Collegio la mia contrarietà, derivante dalla convinzione che l’intervento “formativo” di militari e poliziotti sia da collegare all’ormai esplicito tentativo di allargare il potenziale bacino delle future donne e dei futuri uomini in divisa. Richiamo subito tre recenti passaggi. Comincio dalle dichiarazioni del capo della Polizia, Vittorio Pisani, che in un’intervista ha annunciato un piano di reclutamento straordinario per i prossimi quattro anni destinato a 20mila giovani, con l’obiettivo di invertire il trend di “crisi delle vocazioni” attraverso percorsi formativi specifici a partire dalle scuole superiori. (Piano reclutamento Polizia nelle scuole: 20.000 giovani fino al 2028) Le sue parole fanno il paio con quelle espresse dal capo di stato maggiore dell’Esercito, gen. Carmine Masiello, che in Commissione Difesa della Camera dei Deputati ha stimato la necessità di un incremento delle dotazioni organiche fra le 40-45mila unità rispetto alle previsioni normative vigenti. (Masiello alla commissione Difesa: l’Esercito ha bisogno di 40 mila militari in più – Analisi Difesa) Cito anche la recente Risoluzione del Parlamento Europeo che invita gli Stati membri a mettere a punto programmi educativi e di sensibilizzazione, in particolare per i giovani, volti a migliorare le conoscenze e a facilitare i dibattiti sulla sicurezza, la difesa e l’importanza delle Forze Armate. (Testi approvati – Attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune – relazione annuale 2024 – Mercoledì 2 aprile 2025) Queste fonti ci restituiscono il quadro complessivo che secondo me dovremmo avere presente quando poliziotti e militari entrano in contatto con le classi per tenere lezioni al posto nostro su diverse tematiche. Qui pure a mio avviso dovremmo allargare l’orizzonte. Io ritengo che nelle scuole i fenomeni di bullismo e cyberbullismo, o i vari tipi di dipendenza, possano essere molto più efficacemente trattati da educatori e psicologi. I valori del rispetto, della solidarietà, della convivenza, sono il sottotesto del dialogo educativo quotidiano in quanto appartengono a una dimensione sociale ed etica che non può essere rubricata nelle categorie di “legalità e regole”, di “reato e repressione”. Tavole rotonde con studiosi, avvocati, associazioni, collettivi di ricerca, avrebbero a mio parere un più alto valore didattico. E poi, perché no, si potrebbe valutare di coinvolgere anche le vittime, ad esempio della violenza di genere.  La direzione dovrebbe essere quella di differenziare i profili degli esperti esterni; di aprirsi a competenze che travalicano quelle delle Forze Armate e di Polizia; di raccogliere testimonianze umane che lascino un segno nelle studentesse e negli studenti. Innanzitutto dobbiamo riprenderci i Consigli di Classe, per discutere e decidere. Scarni comunicati riguardanti attività su cui noi non abbiamo potuto dire la nostra o almeno fare una riflessione, finiscono per disabituarci al libero confronto, che invece potrebbe ancora essere istruttivo. Grazie.