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Report dei morti per infortuni sul lavoro dal 1 gennaio al 31 luglio 2025
Ogni 6 ore muore un lavoratore. Il 2025 è l’anno più tragico da quando esiste l’Osservatorio (18 anni) Dati aggiornati al 31 luglio 2025 Dall’inizio dell’anno sono morti 873 lavoratori, di cui 621 sui luoghi di lavoro (esclusi gli incidenti in itinere). Il ritmo delle morti è spaventoso: ogni 6 ore e pochi minuti un lavoratore perde la vita. Se si considerano solo i dati INAIL, che escludono migliaia di lavoratori non assicurati o assicurati con altri enti, le denunce (comprensive di itinere) al 30 maggio 2025 sono appena 389. Un’enorme sottostima della realtà. Regioni italiane con più morti sul lavoro (rapportate alla popolazione) e senza i morti in itinere che è opportuno mettere a parte per non creare confusione. INAIL li diffonde insieme Regione (dalla peggiore) Morti Popolazione Morti/milione (senza itinere) 1 Abruzzo 31 1.280.000 24,2 2 Basilicata 10 540.000 18,5 3 Trentino-Alto Adige 15 1.080.000 13,9 4 Toscana 50 3.660.000 13,7 5 Umbria 11 860.000 12,8 6 Emilia-Romagna 56 4.460.000 12,6 7 Liguria 18 1.490.000 12,1 8 Veneto 56 4.850.000 11,5 9 Calabria 19 1.820.000 10,4 10 Campania 58 5.580.000 10,4 11 Puglia 40 3.860.000 10,4 12 Sardegna 16 1.550.000 10,3 13 Marche 15 1.500.000 10,0 14 Friuli Venezia Giulia 12 1.200.000 10,0 15 Sicilia 46 4.870.000 9,4 16 Valle d’Aosta 1 125.000 8,0 17 Piemonte 31 4.250.000 7,3 18 Lombardia 73 10.060.000 7,3 19 Lazio 38 5.630.000 6,7 20 Molise 1 290.000 3,4 Le responsabilità politiche e normative * Jobs Act: dall’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (2015), l’aumento dei morti è stato del 43%. * Appalti a cascata: la legge voluta dal ministro Salvini, entrata in vigore nel giugno 2023, ha provocato un aumento del 15% dei decessi, soprattutto in edilizia e appalti pubblici. Le grandi tragedie degli ultimi tempi * Brandizzo – Ferrovie dello Stato * Suviana – Enel * Calenzano – ENI * Esselunga di Firenze (16 febbraio 2024): 5 operai morti in un cantiere con ben 49 aziende subappaltatrici. * Napoli 3 morti Dati allarmanti del 2025 * Oltre il 30% dei morti sui luoghi di lavoro ha più di 60 anni. Di questi, il 17% ha più di 70 anni. * Il 32% delle vittime è costituito da lavoratori stranieri i. A loro andrebbe riconosciuta la cittadinanza italiana dopo 5 anni, non ai clandestini, * Molti lavoratori del Sud Italia muoiono in trasferta al Nord. * Le donne muoiono meno sui luoghi di lavoro, ma quasi quanto gli uomini in itinere, spesso per la fretta e la stanchezza nel conciliare lavoro e famiglia. Proposte per la sicurezza e l’equità sociale * Introdurre per legge la flessibilità in entrata e uscita dal lavoro, soprattutto per le madri lavoratrici. * Contrastare il crollo della natalità, causato dal “martirio quotidiano” delle donne con figli. * Lo Stato e gli enti locali dovrebbero riservare posti di lavoro alle madri, come forma concreta di sostegno alla genitorialità. Categorie più colpite * 94 morti per schiacciamento da trattori o mezzi agricoli (erano 143 nel 2024) * 88 autotrasportatori deceduti * 88 morti per fatica o stress da superlavoro (operai, braccianti, medici, infermieri, ecc.) * 48 morti per infortuni domestici * 11 morti durante potatura di alberi * Il 32,5% delle vittime ha più di 60 anni; il 17% oltre 70. * Gli stranieri sotto i 65 anni diventeranno presto la maggioranza delle vittime sui luoghi di lavoro. * Un lavoro quotidiano di memoria e denuncia L’Osservatorio Indipendente di Bologna Morti sul Lavoro è nato il 1° gennaio 2008, all’indomani della strage della Thyssenkrupp di Torino. È il primo e unico osservatorio italiano che monitora tutti i caduti sul lavoro, anche quelli non coperti da INAIL, lavoratori in nero o con assicurazioni diverse. Ogni vittima è registrata con nome, età, professione, nazionalità e luogo della tragedia. Una voce fuori dal coro che rifiuta ogni minimizzazione di fronte a una carneficina  Carlo Soricelli è curatore dell’Osservatorio Nazionale di Bologna Morti sul Lavoro  cadutisullavoro.blogspot.it La Bottega del Barbieri
Strage di Stato, sul lavoro
Tre operai sono stati uccisi a Napoli. Sono precipitati da una impalcatura all’ottavo piano, che improvvisamente si è disfatta come neve al sole. Una cosa inconcepibile in un paese che si vanta di essere tra i più avanzati al mondo. Invece gli operai che precipitano dai tetti e dai ponteggi […] L'articolo Strage di Stato, sul lavoro su Contropiano.
I mandanti degli omicidi bianchi
Negli ultimi 10 anni le vittime sul lavoro sono state in media 1.200 l’anno. Un tempo dicevamo che si trattava di “omicidi bianchi” e il manifesto, agli inizi delle sue pubblicazioni, metteva in prima pagina un riquadro per segnalare ogni giorno morti e feriti. Ora li chiamano “incidenti sul lavoro” quasi a sottolineare che sono cose che possono succedere, fatalità. Secondo gli ultimi dati dell’Inail, nel 2023, a fronte di 585.356 denunce – ma sappiamo bene che molti datori di lavoro o operai non denunciano –  1.041 hanno riguardato infortuni mortali. Le denunce di infortunio da parte di persone con nazionalità italiana sono state l’anno scorso 388.876 e 101.849 quelle sporte da persone straniere. La fascia di età più colpita in contesto di lavoro e in itinere è quella che va dai 45 ai 54 anni con 130.010 denunce (il 22,1% del totale). Tra il 2015 e il 2024 ci sono stati 160 incidenti mortali plurimi, quelli in cui hanno perso la vita più lavoratori, che nel 2024 hanno provocato 39 vittime, cinque in più rispetto alle 34 dell’anno precedente. Esattamente dieci anni fa, ero consigliera regionale del Lazio e membro, tra l’altro, della Commissione “speciale” che si occupava dell’indagine conoscitiva sul fenomeno della sicurezza e prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro. La definizione di “speciale” era inversamente proporzionale alla importanza che ricopriva. Infatti, se non sbaglio, in cinque anni si riunì tre volte, tutte e tre per ascoltare lo statistico di turno che sciorinava tabelle e dati. Eppure, lo dico con enorme tristezza, a pochi mesi dal nostro insediamento, proprio nella sede del consiglio Regionale, in via della Pisana, ci fu un morto, un giardiniere che si rovesciò con il trattorino mentre tagliava l’erba e venne schiacciato. Andammo al funerale, facemmo una colletta. E tutto finì lì. > Ora c’è un referendum a ricordarci che tutto non finisce lì e che di Satnam > Singh, il bracciante con un braccio tranciato scaricato morente davanti casa, > ce ne sono tanti, troppi. Agli adulti, recentemente, si sono aggiunti anche le > e gli studenti della alternanza scuola lavoro: il dato provvisorio del 2024 è > di 77.883 denunce, in aumento del 10,9% rispetto alle 70.215 del 2023. Non che in Europa le cose vadano meglio: morti e feriti sono quasi ovunque ancora più che in Italia. Dagli ultimi dati Eurostat emerge che nel 2022 gli infortuni sul lavoro avvenuti nei 27 Paesi dell’Ue sono stati quasi tre milioni, in aumento del 3% rispetto al 2021, e i casi mortali 3.286, in calo dell’1,8% rispetto all’anno precedente. Il confronto a livello continentale è reso ancora difficile dalla grande disomogeneità dei sistemi di tutela e di rilevazione e delle differenti strutture economiche. C’è da dire che anche i salari affogano nel mare magnum della disomogeneità che vede però sempre il nostro Paese fanalino di coda. Per gli infortuni mortali del 2022, l’Italia ha un valore di 0,87 decessi per 100mila persone occupate, al di sotto di quello rilevato per la Francia (3,35), Spagna (1,53) e Ue-27 (1,26) e superiore a quello della Germania (0,61). Storicamente questo indicatore ha mostrato per il nostro Paese un valore sempre inferiore alla media Ue e a quello di molti altri Stati. Negli ultimi anni l’Italia ha registrato valori sempre al di sotto della media europea anche per gli infortuni non mortali: nel 2022 rispettivamente 968 contro 1.342 casi per 100mila persone occupate, notevolmente inferiori a quelli di Francia (2.454), Spagna (2.371) e Germania (1.535). Non è una consolazione, ma solo la presa d’atto, ancora una volta, che evitare le stragi sui luoghi di lavoro non è una questione che i singoli stati possono risolvere “a casa loro” ma che, al contrario, avrebbe bisogno urgentemente di un indirizzo comune. > A dare una sterzata alla palude di indifferenza, interessi e omertà che > avvolge, come in un sudario, gli omicidi bianchi può essere uno dei quattro > referendum sul lavoro sui quali tra pochi giorni tutta la cittadinanza > italiana maggiorenne sarà chiamata a esprimersi. Il quesito è, come sempre, sibillino: «Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici”?». > Detto così non si capisce niente. Comunque, lo si può decodificare più o meno > così: il referendum si propone di rafforzare i meccanismi di responsabilità > delle imprese committenti negli appalti, a tutela della salute dei dipendenti > degli appaltatori. Certo che il cosiddetto “servizio pubblico” cioè la Rai non sta facendo un buon servizio, sia perché cerca in ogni modo di “spiaggiare” (cioè di spingere ad andare al mare invece che al seggio elettorale) tutti e cinque i referendum non graditi dalla maggioranza, agli imprenditori, a un bel mucchio di economisti e a una certa quantità di Soloni nelle file dell’opposizione. Uno per tutti, prendiamo Tito Boeri, economista, docente, presidente dal 2014 al 2019 dell’Istituto nazionale di previdenza sociale, scuote la testa dicendo che sono sbagliati perché «aumentano l’incertezza sui costi effettivi dei licenziamenti». Quanto alle garanzie per limitare gli infortuni, non va bene nemmeno quello perché introdurrebbero «una norma che non ha precedenti al mondo». In altre parole. A decidere della vita e della morte delle lavoratrici e dei lavoratori è il mercato e ci sarà una ragione se nessun altro Paese ne vuole sentire parlare. L’immagine di copertina è di Filea Cgil SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress abbiamo attivato una nuova raccolta fondi diretta. Vi chiediamo di donare tramite paypal direttamente sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo I mandanti degli omicidi bianchi proviene da DINAMOpress.
Alpi apuane, morte sul lavoro e estrattivismo
Nella giornata per la sicurezza sul lavoro muore un operaio nelle cave di marmo nei pressi di Carrara, schiacciato da un mezzo pesante. Lunedì scorso ha infatti perso la vita Paolo Lambruschi, 59 anni, dipendente esperto della cooperativa Casalgrande: era alla guida di un dumper (un mezzo pesante utilizzato nelle cave) che si è ribaltato […]
Violenza nel mondo del lavoro – INFORTUNI E FEMMINICIDI
Perché accostare morti sul lavoro e femminicidi? Oltre ad essere fenomeni tristemente sempre più emergenti, sono fenomeni che vedono implicati rapporti di debolezza e subalternità. Si muore a casa per mano di chi ti sta accanto. Ma in genere un femminicidio, lesbicidio, transcidio è sempre l’ultimo di una sequenza di atti, l’esito della sottomissione psicologica ed economica della donna, l’episodio terminale di ripetute sopraffazioni fisiche attestate spesso da regolari denunce che non producono effetti. Troppo spesso una donna che lascia o minaccia di farlo è percepita dall’uomo come una proprietà, da uccidere prima di perderne il controllo e di accettarne l’autonomia. Intorno alle vittime, l’esiguità dei servizi sociali territoriali esistenti, e dei Centri Antiviolenza (CAV) che non riescono a rispondere a tutte le richieste di supporto e protezione a causa dei pochi finanziamenti disponibili. Ci sono lavoratrici o lavoratori che muoiono svolgendo mansioni la cui contropartita sarà un salario spesso non adeguato e dignitoso, magari manovrando macchinari o misurandosi con processi produttivi i cui “ingranaggi” e dispositivi di sicurezza non funzionano o funzionano male. Si muore di lavoro per l’inadeguatezza o la totale mancanza delle misure di sicurezza, per lo “stato di necessità” che rende disposti a tutto pur di avere un reddito. La causa delle morti sul lavoro, o meglio degli omicidi sul lavoro è la cultura capitalista che considera il diritto alla salute e alla vita come un ostacolo al profitto, sempre di più indifferente rispetto a quelle vite, le vite di operai che continuano a essere sottoposte alla roulette russa del destino e del lavoro precario. Non solo una cabala di numeri (3 omicidi sul lavoro al giorno, ogni 3 giorni una donna uccisa) ma la necessità di sovvertire questa società che accomuna femminicidi e omicidi sul lavoro con un radicale cambio culturale. Numeri che ottengono visibilità quando sono casi eclatanti come è successo il 17 febbraio scorso a Firenze, o come quando a dicembre 2007 alla ThyssenKrupp di Torino morirono 8 operai . Nei femminicidi la donna uccisa ha una visibilità diversa se si tratta di una donna bianca, sposata e incinta, molto meno se è una persona LGBTQIA+ e se è sex-worker! E dietro a ogni persona vittima degli omicidi sul posto di lavoro causati da mancata sicurezza, dietro a ogni donna uccisa perché ha detto “no” ci sono affetti, progetti mancati, altre vite distrutte, figli rimasti orfani di cui pochi si fanno carico. Violenza economica che vede la connessione tra un lavoro produttivo fatto di bassi salari, lavoro intermittente, precario, sfruttato, sottopagato e povero, e un lavoro di cura gratuito che pesa, per oltre il 75%, sulle donne. Violenza economica sono i ricatti nell’accesso e per il mantenimento del posto di lavoro, il part time involontario, il disconoscimento delle norme sulla maternità (congedi, allattamento), il ricatto di turnazioni che rendono inconciliabile la funzione genitoriale e di cura, fino alle molestie sessuali vere e proprie che, una volta portate allo scoperto, sfociano in vero e proprio mobbing ai danni di chi denuncia. Problemi per avere congedi, permessi, e lo smartworking considerato una facilitazione per le lavoratrici che devono lavorare due volte a casa, usando le proprie utenze e facendo anche la casalinga Nei posti di lavoro pubblici e privati discriminazioni, molestie e ricatti contro le donne e violenza di genere avvengono quotidianamente e non dimentichiamoci che le molestie valgono anche se sei apprendista, precaria. Va denunciato e preteso che sia lui a lasciare il posto di lavoro. Gli uomini, in genere, occupano posti più importanti. Le donne sono più numerose nei lavori ad orario ridotto. Vi sono altre differenze dovute al genere nelle condizioni di lavoro che si ripercuotono anche sulla sicurezza e salute sul lavoro. Per esempio, si trovano più donne in attività precarie e mal retribuite, il che si ripercuote sulle loro condizioni di lavoro e sui rischi a cui sono esposte. In Italia l’esercito è schierato nelle principali città, mezzi da guerra presidiano musei e strade del centro delle grandi città, ai grandi eventi le persone vengono perquisite per fare prevenzione verso eventuali atti di terrorismo. Incutere la paura del delinquente comune o del migrante questo è quello che quotidianamente i media e il governo/ i vari governi ci propinano. I vari Governi e il Parlamento non varano alcuna legge speciale, non inviano eserciti di ispettori nelle officine, nei cantieri, nelle ditte manifatturiere e non “arringano” la popolazione sulla difesa della vita di chi lavora. Non vengono incrementati i finanziamenti ai CAV per i percorsi di fuoriuscita dalla violenza. Vengono invece incrementate le spese per le armi e per le guerre. D’altronde questa società si basa sullo sfruttamento, anche fino alla morte, per avere profitto. ABORTIAMO IL PATRIARCATO E IL CAPITALISMO #8marzo #lottomarzo #scioperoperché NUDM Livorno Share Post Share L'articolo Violenza nel mondo del lavoro – INFORTUNI E FEMMINICIDI proviene da Osservatorio nazionale NUDM.