Sciopero della fame per Gaza
Roma, 20 settembre 2025
Questa mattina tre persone supportate da Ultima Generazione – Beatrice (32
anni), Alina (36 anni) e Serena (39 anni) – hanno iniziato uno sciopero della
fame a oltranza. Si sono presentate alle 9.45 davanti alla Camera dei Deputati
in piazza di Montecitorio con una richiesta chiara: il Governo Meloni deve
riconoscere ufficialmente il genocidio in corso in Palestina da parte di Israele
e deve garantire protezione e ritorno in sicurezza per le persone italiane
imbarcate nella Flotilla.
Queste richieste sono in linea con quelle del grande sciopero nazionale del 22
settembre, a cui Ultima Generazione dà sostegno. Subito sono arrivate le forze
dell’ordine che hanno sequestrato i cartelli delle tre persone con scritto
“Meloni riconosca il genocidio. Sciopero della fame 1°giorno”, per poi
restituirli.
L’inizio dello sciopero era stato programmato nel momento in cui la Global Sumud
Flotilla fosse stata bloccata dalla marina israeliana. Tuttavia, l’accelerazione
del genocidio con l’invasione di terra a Gaza, unita alla vigliaccheria del
governo italiano, che dopo due anni di stragi inizia timidamente a contestare i
piani israeliani senza alcun atto concreto, hanno spinto le attiviste ad agire
subito. Piani che sono chiari, come dichiarato dallo stesso ministro israeliano
Smotrich: massacrare quanti più palestinesi possibile, cacciare i sopravvissuti,
radere al suolo Gaza e speculare sui suoi terreni.
“Ho deciso di unirmi allo sciopero e di privarmi del cibo, perché non riesco più
a tollerare ciò che sta succedendo a Gaza – dichiara Alina, madre di tre figli.
Ora basta! Non continuerò la mia vita come se nulla fosse, metto il mio corpo a
disposizione e andrò avanti con lo sciopero della fame a oltranza, il mio
impegno è per la Flotilla e per la Palestina, affinché riesca nella sua missione
e affinché le persone partite tornino a casa senza un graffio e che il governo
riconosca che le atrocità che stanno succedendo a Gaza sono un genocidio! Invito
chiunque lo desideri ad unirsi: c’è ancora speranza, possiamo e dobbiamo ancora
agire.”
IL GOVERNO MELONI DEVE RICONOSCERE IL GENOCIDIO
Il genocidio in corso a Gaza è già stato riconosciuto da diversi organismi
internazionali: la Commissione indipendente d’inchiesta delle Nazioni Unite ha
pubblicato un’analisi legale di 72 pagine che definisce inequivocabilmente
genocidaria la guerra condotta da Israele. Eppure il governo Meloni non ha
ancora compiuto un atto formale di riconoscimento. Non è solo una mancanza di
coraggio politico: è una scelta che implica complicità diretta. Perché è
importante chiamarlo genocidio? Usare la parola genocidio non è retorica. È una
categoria giuridica precisa che ha conseguenze enormi:
Sul piano internazionale, la Convenzione ONU sul genocidio obbliga tutti gli
Stati firmatari a prevenire il genocidio e a non esserne complici. La Corte
Internazionale di Giustizia ha già riconosciuto un “rischio plausibile” di
genocidio a Gaza, imponendo quindi obblighi anche all’Italia.
Sul piano nazionale, la Legge italiana n. 962 del 1967 (“Punizione del crimine
di genocidio”) recepisce questi principi nel nostro ordinamento: anche la
complicità in genocidio è punita dal nostro codice penale.
Voi che avete pronunciato la parola genocidio — Meloni, Tajani — non potete
limitarvi alla retorica. Non accettiamo plausi verbali né usi strumentali del
termine. Se lo avete detto, dimostrate di crederci: agite ora, perché la parola
genocidio non è uno slogan ma un dovere giuridico e morale che impone
responsabilità e interventi immediati.
LE ULTIME CONFERME DI COMPLICITÀ DI QUESTO GOVERNO
Il governo italiano non è un osservatore neutrale. La Camera ha appena rinnovato
il memorandum di cooperazione militare con Israele, mentre i deputati di
Fratelli d’Italia si sono astenuti e la Lega ha persino votato contro una
risoluzione europea – già timidissima – di condanna. Arianna Meloni ha
addirittura accusato la Flotilla di “strumentalizzare” il dolore di Gaza. In
tutto questo, non riconoscere formalmente il genocidio equivale a mantenere e
consolidare la complicità italiana: politica, economica e militare.
La Flotilla esiste proprio perché i nostri governi sono marci. Alina, Beatrice e
Serena, con i loro corpi e il loro sacrificio, sono lì a ricordarcelo e non si
fermeranno fino a quando il governo italiano non avrà riconosciuto il genocidio
in Palestina, agendo di conseguenza, e fino a quando le persone italiane
presenti sulle imbarcazioni non saranno tornate sane e salve. Ultima Generazione
sosterrà tutte le persone che sceglieranno lo sciopero della fame come forma di
resistenza nonviolenta e di pressione sul governo italiano.
BASTA SEPARARE IL BUSINESS DALLA POLITICA: BOICOTTIAMO
Siamo già 53.000 ad aver scelto questa forma di resistenza attiva, unendoci in
una mobilitazione che va oltre gli aiuti umanitari – pur necessari – e mira a
compiere un atto politico concreto contro il genocidio in corso. Il boicottaggio
colpisce direttamente le aziende italiane che continuano a esportare in Israele,
scegliendo il profitto invece di assumersi la responsabilità di non essere
complici. Continuare a commerciare significa sostenere, anche indirettamente, un
sistema di violenza e oppressione: ecco perché la complicità economica non può
più essere tollerata.
L’obiettivo è duplice: incidere sugli interessi economici che alimentano
l’occupazione e tentare di forzare il blocco navale imposto da Israele – a bordo
delle barche ci sono anche persone di Ultima Generazione. Gli Stati europei
restano legati a interessi militari ed energetici e non intervengono: spetta a
noi cittadini agire, anche da casa propria, attraverso il boicottaggio. Come
ricorda Francesca Albanese, in Quando il mondo dorme: “Il sistema che reprime i
Palestinesi è lo stesso a cui apparteniamo noi.” Questo passa attraverso i
supermercati, che vendono prodotti coltivati su terre sottratte ai palestinesi,
mentre in Italia comprimono i piccoli agricoltori, trasformando la spesa
quotidiana in un lusso.
Siamo già in 53.000. Unisciti anche tu: https://vai.ug/boicottaggio?f=cs
Ultima Generazione