Omar Barghouti: “Sta arrivando il nostro ‘momento Sudafrica’”

Pressenza - Sunday, September 28, 2025

“Prima di esporre la bandiera palestinese smettete di sostenere le società che contribuiscono a distruggere il nostro popolo”: intervista al co-fondatore del movimento Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni, che accusa la maggioranza dei governi occidentali di “camuffare” la complicità con Israele attraverso il riconoscimento dello Stato di Palestina. Ai sindacati chiede di essere uniti nel chiedere l’embargo militare.

“Quando pianti semi non sai quando raccoglierai le olive. Ma i palestinesi sono molto pazienti”: così l’intellettuale palestinese Omar Barghouti, parla del movimento Bds (Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) che ha contribuito a fondare 20 anni fa per fermare l’occupazione illegale e l’apartheid in Israele ed è immensamente cresciuto “al costo indescrivibile” del genocidio in diretta streaming a Gaza -dalle università a Hollywood- grazie a un metodo basato sulla collaborazione con altre organizzazioni, da quelle ambientaliste a quelle antirazziste e per l’uguaglianza di genere.

Per sicurezza, l’organizzazione non vuole diffondere l’indirizzo dove alloggia, quindi lo incontriamo in un locale vicino alla stazione Termini il 22 settembre, giorno in cui Roma è bloccata dallo sciopero generale per Gaza e in cui diversi Stati hanno dichiarato all’Onu di riconoscere la nazione palestinese.

Barghouti, che cosa significa oggi riconoscere la Palestina?
OB Qualcuno chiama questo gesto “solidarietà performativa” per il suo valore simbolico. Ma ritengo che non meriti neanche questo nome: è un camuffamento della complicità. Regno Unito, Canada, Portogallo e Australia stanno continuando a mandare beni anche militari a Israele. Stanno riconoscendo qualcosa di assolutamente teorico, come una torta nel cielo, mentre continuano ad aiutare Israele a distruggere i palestinesi. Kafka si rivolterebbe nella tomba. La Convenzione sul genocidio prevede che questi rapporti di collaborazione economica e militare si fermino anche nel caso questo sia solo una possibilità, per poterlo prevenire: dopo che una commissione indipendente dell’Onu ha affermato che si tratta effettivamente di genocidio, il dovere è ancora maggiore. Ma anche la società civile ha responsabilità: se un sindacato ha accordi con aziende che producono e trasportano armi verso Israele, è complice.

Il Comune di Roma ha esposto nei giorni scorsi una bandiera palestinese in Campidoglio.
OB Prima del tuo atto simbolico devi smettere di essere complice. Se il Comune di Roma espone una bandiera palestinese è una cosa carina ma non necessaria. Piuttosto, che cosa fa il Comune con il memorandum firmato nel 2003 con la società israeliana dell’acqua Mekorot e con le farmacie comunali che acquistano i farmaci Teva? Sono soldi dei contribuenti usati per sostenere aziende che, anche prima del genocidio, erano nella lista delle Nazioni Unite perché sostengono l’occupazione illegale. L’unico dovere delle istituzioni italiane è porre fine a questa complicità. Il resto è volontario (il 18 settembre una mozione del Consiglio comunale ha invitato l’amministrazione guidata da Roberto Gualtieri a rompere i rapporti con Mekorot ma non ha menzionato quelli con Teva, ndr).

Perché oggi è prioritario il boicottaggio accademico?
OB La collaborazione accademica con Israele si attua soprattutto nell’area della Difesa e nei progetti “dual use”, con scopi sia civili sia militari. I media israeliani parlano spesso del boicottaggio accademico perché le élite ne sono terrorizzate. Ad esempio, Israele è il Paese con la più alta percentuale di progetti approvati dal programma europeo di ricerca Horizon fino al 2024. Ma nei primi sei mesi del 2025 la percentuale di fondi ricevuti si è ridotta, rispetto al 2022, del 68%. Ciò non è certo avvenuto perché l’Unione europea abbia escluso Tel Aviv ma perché gli accademici si sono rifiutati di presentare progetti con le università israeliane. Abbiamo bisogno che gli accademici italiani facciano questo. Se non possiamo obbligare l’Università Sapienza a tagliare i legami con le università israeliane, i singoli ricercatori e docenti possono agire rompendo questi legami da soli.

Il primo ministro israeliano Netanyahu ha recentemente detto che Israele diventerà una “super Sparta”, prospettando un’economia autarchica.
OB È un momento storico. Il governo più fascista che Israele abbia mai avuto non dice che Bds funzionerà ma che sta funzionando. Molti nel mondo stanno tagliando i legami anche se silenziosamente, perché in Occidente è ancora un tabù dire “ci stiamo staccando da Israele”. C’è inoltre una “fuga di cervelli” senza precedenti. Netanyahu ammette l’isolamento ma invece di fermare il genocidio rilancia: “Diventeremo più aggressivi e autonomi nell’industria delle armi”, perché Israele ha la tecnologia militare ma la maggior parte delle armi vengono prodotte da Stati Uniti e Germania (anche se ci sono pure il Regno Unito e l’Italia). Ma come potrebbe Israele produrre autonomamente un F-35 o un F-16? Neanche l’Unione europea da sola riesce a farlo. Netanyahu è delirante, come Hitler nell’ultimo periodo.

Sempre di più centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo manifestano in solidarietà con Gaza. Quanto impatto avranno sulle decisioni dei governi?
OB Da ragazzo quando studiavo a New York facevo parte dell’occupazione della Columbia e ci facevamo la stessa domanda: gli Stati Uniti sanzioneranno mai il Sudafrica? Io credevo che fosse impossibile ma partecipavo alla lotta per dovere morale. Poi ho visto il collasso dell’apartheid sudafricana. Le misure richieste dal Bds nel 2005 vengono oggi adottate da Spagna, Slovenia, Colombia, Malesia, Turchia e altri Paesi. Tra le aziende indicate da Bds come complici di occupazione illegale e genocidio, McDonald’s e Coca-Cola hanno subito danni pesanti. Carrefour ha chiuso in Giordania, Oman, Bahrain e Kuwait. Intel, azienda americana produttrice di chip che pianificava di investire 25 miliardi di dollari in Israele non l’ha più fatto: il Bds ha avuto un ruolo importante nel far ritirare l’investimento. La Malesia durante il genocidio è stato il primo Paese ad annunciare che le navi dirette a Israele non sarebbero più passate dai suoi porti, soprattutto quelle con carichi militari. Negli Stati Uniti i portuali non possono agire attraverso lo sciopero ma la comunità li supporta bloccando i porti per non farli lavorare. Sta avvenendo nonostante la repressione di Trump.

L’Olanda, nonostante riceva la più alta quota di investimenti israeliani in Ue, è favorevole a sanzioni commerciali. Come mai?
OB Perché negli ultimi sei mesi il cambiamento dell’opinione pubblica è stato drastico. All’Aia hanno manifestato 150mila persone, in un Paese così piccolo. Due anni fa sarebbe stato impossibile: l’Olanda non è la Spagna o la Slovenia, era molto pro-Israele, oggi invece il Bds è molto popolare nelle università, nella cultura e nei media mainstream.

Che cosa direbbe agli italiani che vogliono fermare il genocidio?
OB L’azienda produttrice di armamenti Leonardo appartiene per un terzo allo Stato italiano, quindi ai cittadini. Come le inchieste di Altreconomia hanno mostrato, ci sono molte armi italiane che ancora continuano a essere inviate in Israele, tra cui quelle a duplice uso. Dovete fare pressione sul vostro governo perché la complicità cessi. Altrimenti dov’è la democrazia? Tutti i sindacalisti dovrebbero essere uniti nel chiedere l’embargo militare totale -compresi i beni dual use– come chiedono le norme internazionali. Invece gli slogan ora chiedono solo lo stop al genocidio. Dovete capire che fermare la complicità non è un atto di carità ma un profondo dovere etico e legale.

 

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