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BDS Italia - sezione italiana per il movimento a guida palestinese per il boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele

CONFERENZA STAMPA ALLA CAMERA DEI DEPUTATI PRESENTAZIONE DOSSIER LEONARDO S.P.A.
9 DICEMBRE 2025 – CONFERENZA STAMPA ALLA CAMERA DEI DEPUTATI PER LA PRESENTAZIONE DEL DOSSIER SU LEONARDO S.P.A.: PIOVONO EURO SULL’INDUSTRIA “NECESSARIA” DI CROSETTO E LEONARDO S.P.A.   Martedì 9 dicembre, su invito della deputata Stefania Ascari (M5S, Presidente dell'Intergruppo per la Pace tra la Palestina e Israele), BDS ITALIA presenterà un dossier sulle complicità di Leonardo S.p.A. nei crimini di guerra commessi in Palestina. Interverranno: Stefania Ascari (Deputata M5S), Arnaldo Lomuti (Commissione Difesa), Anthony Aguilar (ex contractor Gaza Humanitaria Foundation), Stefania Maurizi (giornalista d’inchiesta), Michela Arricale (avvocata), Rossana De Simone (attivista Peacelink), Raffaele Spiga (attivista BDS Italia). Diretta streaming sulla Web TV della Camera dei Deputati. Negli ultimi decenni l’Italia è diventata uno dei partner europei più fedeli a Israele. Con Leonardo in prima fila, la nostra industria è parte integrante del circuito che alimenta i crimini contro l’umanità e legittima il colonialismo. Il dossier denuncia tali complicità, evidenziando come le scelte politiche e industriali italiane non siano neutrali ma contribuiscano concretamente a rafforzare il regime israeliano di apartheid e occupazione. Leonardo S.p.A. intrattiene da oltre un decennio una cooperazione strutturale con il settore militare israeliano. Nel 2012 Israele ha acquistato 30 aerei M-346, oggi impiegabili con oltre dieci tipologie di armamenti, mentre l’Italia ha acquisito 1 satellite Optsat-3000 e 2 velivoli radar G550 CAEW nell’ambito dello stesso accordo. La presenza industriale diretta di Leonardo in Israele comprende tre sedi della controllata DRS RADA Technologies e una partecipazione del 12% nella società Radsee Technology. Il dossier rileva inoltre che Israele può rivendere a terzi i M-346 ricevuti, come avvenuto con la Grecia tramite Elbit Systems. Leonardo ricopre un ruolo significativo anche nel programma internazionale F-35, di cui l’Italia ospita la linea di assemblaggio e produzioni critiche. Tali elementi delineano un quadro di integrazione industriale e tecnologica che contribuisce alla disponibilità operativa dei sistemi in uso nelle forze armate israeliane. Il movimento globale BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni), che rappresenta la più grande coalizione della società civile palestinese richiama l’Italia ai propri obblighi derivanti dalle sentenze della Corte internazionale di giustizia, tra cui l’imposizione di un embargo militare totale a Israele compreso il commercio bilaterale, il trasferimento e il transito di materiale militare e a duplice uso, i partenariati, la formazione congiunta, la ricerca accademica e altre forme di cooperazione militare. Questo tipo di sanzioni è tra gli obiettivi a cui il movimento BDS si pone di arrivare attraverso campagne d’informazione, pressione pubblica  e denuncia delle complicità.  DOSSIER DA SCARICARE: Piovono euro sull'industria “necessaria” di Crosetto e Leonardo SpA Le relazioni con Israele.   DETTAGLI Conferenza Stampa di presentazione dossier Piovono euro sull’industria ‘necessaria’ di Crosetto e Leonardo S.p.A. Martedì 9 dicembre 2025 – ore 13:00 Sala stampa Camera dei Deputati  Via della Missione 4, Roma Interverranno: * Stefania Ascari - Parlamentare della Camera dei deputati e Presidente Intergruppo per la Pace tra la Palestina e Israele (M5S) * Arnaldo Lomuti – Parlamentare della Camera dei deputati e Segretario Commissione Difesa (M5S) * Anthony Aguilar – ex-contractor (UG Solutions) che ha rivelato ruolo della Gaza Humanitarian Foundation (in collegamento alle 13:30) * Stefania Maurizi – Giornalista d'inchiesta, collabora con "Il Fatto Quotidiano", dopo aver lavorato per Repubblica e l'Espresso. Ha lavorato a tutti i documenti segreti di WikiLeaks * Michela Arricale - Avvocata, attivista e giurista impegnata nei settori del diritto e delle relazioni internazionali, dei diritti umani e della giustizia globale. * Rossana De Simone – Autrice del dossier, attivista antimilitarista. Ha promosso la nascita nel 1991 dell'agenzia per la riconversione dell'industria bellica in Lombardia. Fa parte della redazione di "PeaceLink" * Raffaele Spiga – Attivista per i diritti umani in BDS Italia (Boicottaggio, Disinvestimenti, Sanzioni). Campagna Embargo Militare contro Israele Diretta streaming sulla Web TV della Camera dei Deputati alle ore 13. La registrazione della conferenza stampa sarà disponibile sul sito nei quindici giorni successivi. Saranno distribuite copie stampate del dossier ai presenti. Si invitano giornalisti e giornaliste che volessero partecipare in presenza ad inoltrare  richiesta con proprio nome e cognome a bdscomunicazione@gmail.com
Farmaci TEVA: sempre più comuni dicono “No, grazie!”
"Il nostro potere d'acquisto sarà la chiave che deciderà il futuro, che deciderà il nostro destino in questo Paese" (Mkhuseli "Khusta" Jack, politico e attivista sud africano) Laddove i governi si mostrano ciechi e muti di fronte al mancato rispetto del Diritto Internazionale e della dignità umana, calpestati da un genocidio e da un opprimente stato di apartheid, i cittadini e le amministrazioni locali possono fare il primo passo mostrando la via possibile da percorrere per agire concretamente contro uno Stato, quello di Israele, che sembra godere della totale impunità a livello internazionale. Lo dimostrano le azioni intraprese in questi mesi da diverse amministrazioni locali, riguardanti l’interruzione dei rapporti commerciali con aziende israeliane e, in particolare, con la multinazionale farmaceutica TEVA, leader mondiale nella produzione di farmaci generici. TEVA é da tempo oggetto di una specifica campagna di boicottaggio da parte di BDS Italia e Rete Sanitari per Gaza (Campagna “Teva? No grazie!”), in quanto rea di trarre profitto dal sistema di occupazione israeliano contribuendo allo stesso tempo al finanziamento e al mantenimento della situazione illegale nei territori palestinesi occupati[1]. La disamina di quanto fatto da alcune amministrazioni locali italiane da un lato può essere utile per chi vorrà intraprendere un percorso simile, avendo a disposizione esempi e possibili modalità attuative[2], dall’altro mostra come nel corso del 2025 ci sia stata una pulsante mobilitazione dal basso innescata dall’evidenza drammatica dell’inoperosità degli organi statali e anzi della loro sostanziale complicità nei confronti delle azioni genocidiarie dello stato di Israele. Uno dei primi Comuni a mobilitarsi è stato quello di Sesto Fiorentino, con l’approvazione a fine giugno di una delibera[3] per l’interruzione di ogni forma di relazione istituzionale con governo, enti e istituzioni israeliane o collegate al governo israeliano. Con la delibera il Comune invitava, altresì, le società e gli enti partecipati, di cui il Comune è socio, a valutare l’applicazione di misure analoghe anche con l’adesione a campagne di boicottaggio di prodotti realizzati da aziende israeliane o a capitale israeliano. Una delle conseguenze che ha avuto più eco nei mass media è stata la sospensione degli accordi commerciali con l’azienda TEVA. In pratica, nelle otto farmacie comunali di Sesto Fiorentino, i farmaci da banco di aziende israeliane non sono più oggetto di promozione e non vengono messi in vista, ma possono comunque essere richiesti, così come continuano ad essere forniti alcuni farmaci non sostituibili o che fanno parte di terapie già avviate. Successivamente anche altre amministrazioni comunali hanno fatto scelte analoghe, aderendo, nelle modalità a loro disponibili, o invitando al boicottaggio di prodotti israeliani tra cui i farmaci a marchio TEVA. È il caso, ad esempio, dei comuni di Poggibonsi[4], di Calenzano, di Corinaldo e di Rosignano Marittimo[5]. Quest’ultimo, nello specifico, con una delibera di luglio ha rivolto un atto di indirizzo alla società controllata che gestisce le farmacie comunali del territorio disponendo di interrompere gli acquisti di farmaci, parafarmaci e cosmetici israeliani fino a quando non sarà ripristinato il rispetto del diritto internazionale; lo stesso è stato disposto dagli altri Comuni soci della società, Castellina e Montescudaio. In questo caso la delibera ricordava nelle premesse le numerose risoluzioni ONU (dal 1947 in poi) esplicitanti i diritti dei palestinesi all’autodeterminazione, all’indipendenza e al ritorno. Diritti che il popolo palestinese, è bene ricordare, non vede neanche lontanamente applicati. Il rispetto del diritto internazionale viene richiamato anche nella delibera del Comune di Campi Bisenzio[6] con cui l'amministrazione ha disposto “l’interruzione di ogni forma di relazione istituzionale ed economica con i rappresentanti del Governo israeliano, nonché con enti e istituzioni direttamente riconducibili allo Stato di Israele, fino a quando non sarà ripristinato il rispetto del diritto internazionale". È di agosto, invece, un’analoga delibera del Comune di Barberino Tavarnelle[7]. Da sottolineare come in questo caso il comune invitasse all’azione concreta anche lo Stato Italiano indirizzando ad esso la necessità di sospendere i rapporti economici e commerciali con Israele. Il sindaco stesso ha ribadito, inoltre, l’importanza di utilizzare la strategia della spesa critica, ovvero del boicottaggio mirato, per esercitare pressione economica sul governo israeliano. Il Comune di Rovereto[8] ha, invece, assunto un diverso approccio. A seguito di una raccolta firme promossa da un gruppo di cittadini, il Comune ha previsto di adottare le seguenti iniziative tramite Società Multiservizi Rovereto: utilizzo di materiale informativo sulla disponibilità nelle farmacie comunali di farmaci equivalenti  alternativi a quelli di origine israeliana, lasciando in tal modo all’utente la discrezionalità di scelta, e l’organizzazione di una raccolta farmaci o fondi da donare ad una associazione umanitaria operante nel territorio di Gaza. A settembre il Comune di Jesi[9] con una delibera di giunta ha chiesto alle società che hanno in gestione le farmacie comunali di interrompere la vendita di farmaci a marchio TEVA sostituendoli con farmaci equivalenti, esplicitando di aver accolto la proposta della campagna nazionale “Teva? No, grazie!”. Il Consiglio Comunale di Castelnuovo Rangone[10] ha approvato una mozione che chiede di adottare le stesse misure, di nuovo citando la campagna nazionale di boicottaggio di TEVA. Da sottolineare, infine, che anche alcune farmacie private si sono mosse negli ultimi mesi aderendo al boicottaggio dei farmaci TEVA. E’ il caso, ad esempio, della farmacia Salustri di Loreto e della farmacia Usai di Bari Sardo che ha preso la decisione di non vendere più i farmaci del marchio TEVA per “una collettiva presa di posizione etica”[11]. Dopo questa esposizione, non esaustiva, di diversi casi di amministrazioni comunali impegnate nel concretizzare il loro impegno al rispetto del diritto internazionale attraverso azioni di boicottaggio, ovvero di pressione economica, è il momento di considerare alcuni importanti aspetti pratici. In primis è importante leggere con accortezza quanto riportato dai giornali: alcune semplificazioni giornalistiche possono indurre in inganno facendo credere che il Comune abbia deciso di eliminare tout court tutti i farmaci a marchio TEVA dalle farmacie comunali senza evidenziare correttamente l’iter seguito che contempla, invece, l’approvazione di mozioni di indirizzo dei Consigli Comunali, e/o di delibere di Giunta indirizzate alle aziende partecipate o controllate che gestiscono le farmacie comunali, a cui viene richiesto di accogliere delle indicazioni che non si configurano come imposizioni, in quanto le decisioni sugli approvvigionamenti rimangono di competenza degli amministratori delle aziende, le quali sono soggetti a parziale (o totale, a seconda dei casi) controllo pubblico che operano in un mercato privato in regime di libera concorrenza. Analogamente, nessuna delibera di Giunta ha imposto di recedere dai contratti di fornitura in essere, né ha chiesto di privare i cittadini di farmaci essenziali: qualora dei farmaci a marchio TEVA non siano sostituibili, le aziende continuano a fornirli, nel rispetto del diritto alla salute. In tutti i casi esposti un ruolo centrale viene assunto dall’esigenza del rispetto del Diritto Internazionale, richiamato da diverse giunte comunali. Così una consigliera del Comune di Castelnuovo risponde ai vari commenti di critica: “La mozione segue il parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia del 19 luglio 2024. Non è ideologia, ma una responsabilità legale. Non si tratta di un’opinione, ma di un dovere istituzionale: non finanziare ciò che il diritto internazionale condanna». In questo momento storico in cui il Diritto, assieme all’umanità, sembra non avere più importanza, proiettandoci in una realtà distopica, è dal basso, dalla società, dalle amministrazioni locali, che sembra arrivare un richiamo per il ripristino di un ordine morale e legislativo necessario per la tutela di tutti. E questo richiamo non deve essere momentaneo, dato dall’urgenza di fermare il genocidio nella Striscia di Gaza, ma deve avere eco fino a quando tutti i diritti dei palestinesi non verranno attuati. Come ha sottolineato il Sindaco di Sesto Fiorentino, “la campagna di boicottaggio [...] finirà quando sarà ripristinato il diritto internazionale, quando smetteranno di uccidere le persone e occupare i territori.”  [1] Si veda Dossier Campagna “TEVA: no grazie!” [2] Per ulteriori informazioni per gli enti territoriali, tra cui facsimili di atti, si veda: https://www.entiterritorialiperlapalestina.it/ [3]  https://www.comune.sesto-fiorentino.fi.it/novita/comunicati/sesto-fiorentino-stop-alla-vendita-di-prodotti-israeliani-tutte-le-farmacie [4] http://radiosienatv.it/poggibonsi-farmacia-comunale-dice-no-a-prodotti-di-aziende-israeliane-legate-ai-conflitti/ [5] https://www.comune.rosignano.livorno.it/Novita/Comunicati/BOICOTTAGGIO-COMMERCIALE-NO-ALL-ACQUISTO-DI-FARMACI-PARAFARMACI-E-COSMETICI-PRODOTTI-DA-AZIENDE-ISRAELIANE-FINO-A-QUANDO-NON-SARA-RIPRISTINATO-IL-RISPETTO-DEL-DIRITTO-INTERNAZIONALE [6] https://www.lanazione.it/firenze/cronaca/campi-bisenzio-rompe-con-israele-961f7d44 [7] https://drive.google.com/file/d/1uEl0-hPe5n8RekC96B_TRjySNEMhUDm_/view?usp=drive_link [8] https://www.iltquotidiano.it/articoli/a-rovereto-le-farmacie-comunali-segnaleranno-i-prodotti-israeliani-ai-clienti/ [9] https://www.centropagina.it/jesi/attualita-farmacie-comunali-prodotti-teva/ [10] https://www.gazzettadimodena.it/modena/cronaca/2025/10/02/news/caso-teva-paradisi-frena-il-pd-farmaci-israeliani-garantiti-1.100769237  [11] https://www.italiachecambia.org/2025/07/boicottare-israele-ogliastra/
Linee guida del PACBI relative ai film israeliani complici
In risposta alla crescente richiesta da parte dei lavoratori del settore cinematografico e degli attivisti del BDS a livello globale, la Campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele (PACBI) illustra di seguito come le linee guida del BDS si applicano ai film (e alle produzioni televisive) israeliani complici *. Dall'inizio del genocidio in corso da parte di Israele contro 2,3 milioni di palestinesi a Gaza, il PACBI, membro fondatore della grande coalizione palestinese che guida il movimento globale BDS, ha ricevuto molte richieste di informazioni sui film israeliani. Speriamo che questo articolo possa aiutare a rispondere a queste domande. Incoraggiamo i programmatori, i produttori, i distributori e tutti gli altri a verificare attentamente le complicità dei film israeliani, a leggere questo articolo e a contattarci se e quando incontreranno zone d'ombra. Più di 5.000 operatori cinematografici internazionali, tra cui figure di spicco di Hollywood, si sono impegnati a rifiutare di lavorare con società e istituzioni cinematografiche israeliane complici. Un numero crescente di festival e istituti cinematografici internazionali ha avvallato il boicottaggio culturale di Israele, tra cui l'IDFA, il più grande festival di documentari del mondo, e il BlackStar, anche noto come il "Black Sundance". Apprezziamo vivamente questa significativa solidarietà! Il PACBI propone questo articolo come ulteriore riferimento. * D'ora in poi, per "film" intendiamo lungometraggi, documentari, cortometraggi e tutti gli altri film, nonché le produzioni televisive. Quindi useremo solo il termine "film" per indicare tutti i prodotti cinematografici e televisivi. 1. Importante background (da leggere per primo) La maggior parte dei film israeliani oggi sono finanziati e prodotti in condizioni di inconfutabile complicità nel mascherare o giustificare il regime di oppressione di Israele contro il popolo palestinese. Questa complicità comprende l'accettazione di finanziamenti con condizioni politiche o da parte di entità israeliane profondamente complici che traggono profitto dall'operare in insediamenti illegali o dall'apartheid. La stragrande maggioranza delle case di produzione israeliane non ha mai preso provvedimenti significativi per affrontare la propria persistente colpevolezza, anche nel contesto del genocidio di Israele a Gaza. Tuttavia, le due condizioni per cui le istituzioni culturali israeliane - comprese le società di produzione cinematografica e televisiva, le fondazioni, i distributori e altri - possono essere esentate dal boicottaggio sono chiare e sono riportate di seguito. Il PACBI sostiene il diritto universale alla libertà di espressione come indicato nel diritto internazionale. Queste condizioni sono state in parte ispirate dalla lotta contro l'apartheid in Sudafrica. Come espresso nelle linee guida del BDS per il boicottaggio culturale internazionale di Israele: "Per porre fine alla loro collusione con il regime di occupazione, colonialismo e apartheid di Israele e non essere boicottabili, le istituzioni culturali israeliane devono soddisfare due condizioni fondamentali: a. Riconoscere pubblicamente i diritti inalienabili del popolo palestinese sanciti dal diritto internazionale (compresi i tre diritti fondamentali contenuti nell'appello BDS del 2005) e b. Porre fine a tutte le forme di complicità nella violazione dei diritti dei palestinesi, come stabilito dal diritto internazionale, comprese le politiche e le pratiche discriminatorie e i vari ruoli nell'oscurare o giustificare le violazioni di Israele del diritto internazionale e dei diritti umani dei palestinesi". Queste condizioni saranno citate di seguito, quindi vi invitiamo a tenerle a mente. A prescindere dalle posizioni personali che i registi possono esprimere o sviluppare in seguito al sostegno dei diritti dei palestinesi, queste posizioni possono essere accolte con favore, ma se i loro film sono stati realizzati in condizioni di complicità nel mascherare l'oppressione, ciò non può essere annullato. I film rimarranno boicottabili secondo le linee guida del BDS. Le opinioni personali del regista, in ogni caso, non sono strettamente rilevanti per la questione in oggetto. Il BDS, compreso il PACBI, prende di mira le istituzioni complici, non gli individui in base alla loro identità o alle loro convinzioni [†]. Il contenuto di qualsiasi prodotto culturale, compresi i film, non è strettamente rilevante per determinare se è boicottabile secondo le linee guida BDS [‡]. Questo fattore deve essere preso in considerazione soprattutto dagli operatori del settore cinematografico. Anche in questo caso, il PACBI si attiene alle definizioni di libertà di espressione accettate a livello internazionale. Detto questo, qualsiasi film chiaramente propagandistico proveniente da qualsiasi Stato sarebbe sicuramente rifiutato dai festival progressisti e da altri per motivi di buon senso. Il PACBI riconosce e comprende tali boicottaggi di buon senso. Sebbene alcune società e istituzioni cinematografiche e televisive internazionali possano affermare di basare le loro decisioni di programmazione interamente sul merito artistico, in realtà questo è raramente, se non mai, il caso. Le condizioni di finanziamento e di produzione etica di un particolare prodotto non possono essere ignorate in una valutazione complessiva. Quando queste condizioni possono costituire una complicità nel mascherare il genocidio, l'apartheid e l'occupazione militare, l'approccio eticamente coerente è quello di insistere nel fare indagini concrete su questa complicità. † Nel contesto della normalizzazione, la questione può essere più sfumata (vedi parte 8). ‡ Come sopra. 2. I film israeliani sono da boicottare se sono prodotti da aziende di produzione israeliane complici Linee guida del BDS (enfasi aggiunta): "Come regola generale, le istituzioni culturali israeliane, fino a prova contraria, sono complici del mantenimento dell'occupazione israeliana e della negazione dei diritti fondamentali dei palestinesi, sia attraverso il loro silenzio che attraverso il loro effettivo coinvolgimento nel giustificare, mascherare o comunque deviare deliberatamente l'attenzione dalle violazioni israeliane del diritto internazionale e dei diritti umani. Di conseguenza, queste istituzioni, tutti i loro prodotti e tutte le attività che sponsorizzano o sostengono devono essere boicottate dalle organizzazioni culturali e dagli operatori culturali di tutto il mondo". In altre parole, i film prodotti o co-prodotti da una società di produzione israeliana complice sono boicottabili secondo le linee guida del BDS. Per fare un caso ipotetico: se un singolo regista israeliano realizza un film attraverso la propria casa di produzione, o un'altra casa di produzione israeliana, e se questa casa di produzione non ha soddisfatto le due condizioni di cui sopra, allora questo film è complice, poiché viola le linee guida del BDS. Dovrebbe essere boicottato. 3. I film israeliani sono da boicottare se sono prodotti con fondi provenienti da enti statali/pubblici condizionati politicamente Linee guide del BDS: "I prodotti culturali israeliani che ricevono finanziamenti statali come parte dei diritti del singolo operatore culturale in quanto cittadino che paga le tasse, senza che questi sia tenuto a servire gli interessi politici e propagandistici dello Stato, non sono boicottabili [solo su questa base]. Accettare tali vincoli politici, invece, trasformerebbe chiaramente il prodotto culturale in una forma di complicità, contribuendo agli sforzi di Israele di mascherare o oscurare la sua realtà coloniale e di apartheid, e lo renderebbe di conseguenza boicottabile". La Fondazione Rabinovich, il più grande fondo cinematografico israeliano, ha effettivamente posto tali condizioni politiche su tutti i suoi finanziamenti almeno tra il 2017 e il 2023. Per saperne di più, si può leggere qui e qui. Pertanto, tutti i film finanziati dalla Rabinovich realizzati in questo periodo sono boicottabili su questa base, secondo le linee guida del PACBI. Un altro fondo, il Nuovo Fondo per il Cinema e la Televisione (NFCT), ha analogamente aggiunto condizioni politiche ai finanziamenti almeno tra il 2022-23 e pertanto tutti i suoi film realizzati in questo periodo sono boicottabili su questa base. Gli altri tre principali fondi cinematografici pubblici/statali israeliani sono l'Israel Film Fund, il Gesher Multicultural Film Fund e la Makor Foundation for Israeli Film and Television. Tutti i film realizzati con il sostegno di questi tre fondi pubblici/statali (così come i film finanziati dalla Fondazione Rabinovich o dalla NFCT al di fuori del periodo in cui le condizioni politiche erano esplicitamente legate ai finanziamenti) devono essere valutati caso per caso, in relazione a tutti gli altri criteri elencati in questo articolo. Anche la Lotteria nazionale israeliana (Mifal HaPais) finanzia spesso film ed è un ente pubblico. Tuttavia, non è finanziata dalle tasse e l'iscrizione alla lotteria è volontaria, a differenza delle tasse. Pertanto, il PACBI non può ragionevolmente considerare i suoi fondi un diritto del contribuente. Per questo motivo, i film finanziati dalla Lotteria nazionale israeliana - un'entità profondamente complice - sono boicottabili secondo le linee guida del BDS. Un ulteriore contesto importante è il fatto, ben documentato, che i registi israeliani si autocensurano sistematicamente, omettendo qualsiasi critica significativa al sistema di oppressione israeliano, al fine di accedere ai fondi pubblici/statali, indipendentemente dal fatto che le condizioni politiche siano esplicitamente collegate o meno. Tale autocensura costituisce chiaramente una complicità nell'imbiancare l'oppressione di Israele contro i palestinesi, sebbene sia difficile da dimostrare in casi specifici. Il PACBI incoraggia un'indagine approfondita su tutti gli aspetti della complicità. 4. I film israeliani sono da boicottare se sono prodotti con fondi provenienti da soggetti privati complici Questi soggetti privati israeliani complici includono le emittenti televisive Hot (Hot Telecommunication Systems Ltd.) e yes. (Bezeq; ex D.B.S. Satellite Services Ltd.). Queste società sono citate nel database delle Nazioni Unite delle società che traggono profitto dagli insediamenti illegali di Israele perché questo costituisce un crimine di guerra. Tutti i film finanziati, prodotti o altrimenti creati da questi soggetti privati israeliani complici e dalle loro filiali sono essi stessi complici e dovrebbero essere boicottati secondo le linee guida del BDS. Va notato che alcuni film israeliani sono realizzati con un misto di fondi pubblici e privati e quindi devono essere attentamente valutati secondo tutti i criteri di questo articolo. 5. I film commissionati da Israele e dai suoi gruppi di pressione sono da boicottare Il PACBI fa una distinzione tra prodotti finanziati e prodotti commissionati. I due punti precedenti hanno riguardato i progetti che hanno ricevuto un finanziamento, ad esempio attraverso un processo di candidatura. Questo punto riguarda i prodotti commissionati. Nelle linee guide del BDS leggiamo: “Un prodotto culturale è boicottabile se è commissionato da un ente ufficiale israeliano o da un'istituzione non israeliana che serve il marchio Israele o scopi propagandistici simili... consideriamo tutti i prodotti culturali non israeliani (ad esempio, internazionali, palestinesi) che sono finanziati da enti ufficiali israeliani o da organizzazioni internazionali del “Brand Israel” (Marchio Israele) come commissionati e a sfondo politico, quindi soggetti a boicottaggio". I film commissionati dall’Israele genocida o dai suoi gruppi di pressione sono intrinsecamente motivati politicamente e quindi boicottabili. Ciò si distingue dal fatto di essere finanziati o prodotti da enti pubblici o privati, di cui si parla nelle parti 3 e 4. Anche i film non israeliani finanziati da Israele o da gruppi di pressione sono intrinsecamente motivati politicamente. Li consideriamo non diversi dai prodotti commissionati e quindi boicottabili. Per non israeliani non intendiamo i film realizzati da palestinesi indigeni con cittadinanza israeliana, per i quali esistono linee guida dipendenti dal contesto. 6. I film che violano le linee guida anti-normalizzazione sono da boicottare Linee guida del BDS: "Le attività, i progetti, gli eventi e i prodotti culturali che coinvolgono i palestinesi e/o altri arabi da una parte e gli israeliani dall'altra (siano essi bi o multi laterali) che si basano sulla falsa premessa della simmetria/parità tra oppressori e oppressi o che presuppongono che sia i colonizzatori che i colonizzati siano ugualmente responsabili del “conflitto” sono forme intellettualmente disoneste e moralmente riprovevoli di normalizzazione che dovrebbero essere boicottate". Questo vale per qualsiasi film, israeliano o meno (compresi quelli con cast e troupe israeliani e palestinesi) che violi le linee guida anti-normalizzazione del movimento BDS. Resistere alla normalizzazione è una componente essenziale della lotta per la liberazione della Palestina nel contesto più ampio della regione araba. Per saperne di più, consultare le Linee guida anti-normalizzazione del Movimento BDS. 7. I film di registi o attori che agiscono volontariamente come ambasciatori dell’Israele genocida sono da boicottare Alcuni registi e attori israeliani, tra altri artisti, hanno assunto con entusiasmo il ruolo di ambasciatori culturali di Israele. Tra questi Gal Gadot, che ha organizzato proiezioni di propaganda genocida e giustificativa prodotta dall'esercito israeliano, e Shira Haas, che ha prestato la voce fuori campo per la propaganda razzista e genocida del governo israeliano. Di conseguenza, poiché agiscono come ambasciatori del genocidio e dell'apartheid, piuttosto che come semplici individui, i loro film, israeliani o meno, sono boicottabili secondo i criteri istituzionali del BDS. Il PACBI ha una soglia elevata per determinare se un particolare individuo sia effettivamente un ambasciatore culturale dell'apartheid israeliano. Contattateci se non siete sicuri. 8. Le proiezioni internazionali di film israeliani sono boicottabile se sponsorizzate dai suoi gruppi di pressione o da istituzioni complici Linee guida del BDS: "Un EVENTO/INIZIATIVA culturale è boicottabile se è parzialmente o totalmente sponsorizzata da un ente ufficiale israeliano o da un'istituzione complice... un evento/iniziativa pubblica svolta sotto la sponsorizzazione/egida di o in affiliazione con un ente ufficiale israeliano o un'istituzione complice costituisce complicità e quindi deve essere boicottata. Lo stesso può valere per il sostegno o la sponsorizzazione da parte di istituzioni non israeliane che servono a scopi di branding/propaganda di Israele". Se l'ambasciata israeliana, i gruppi di pressione israeliani o le istituzioni israeliane complici sponsorizzano o sostengono in altro modo la proiezione di un film, allora tale proiezione è boicottabile, indipendentemente dal fatto che il film stesso sia boicottabile secondo le linee guida del BDS. 9. Le attività di una figura del mondo cinematografico israeliano sono boicottabili se l'individuo in questione rappresenta un'istituzione israeliana complice Il PACBI distingue la semplice affiliazione dalla rappresentanza. Per esempio: se il presidente del Forum complice dei documentaristi israeliani interviene a un panel durante un festival cinematografico internazionale, questo panel all'interno del festival cinematografico dovrebbe essere cancellato e, in caso contrario, boicottato, perché l'individuo rappresenta un'istituzione israeliana complice e quindi rientra nei criteri istituzionali del movimento BDS. Allo stesso modo, se il capo di una fondazione cinematografica pubblica israeliana rappresenta l'istituzione in un evento cinematografico internazionale, il PACBI chiede di boicottare l'evento. D'altra parte, la semplice affiliazione a un'istituzione israeliana complice non è un motivo sufficiente per il PACBI per chiedere il boicottaggio di un evento. 10. I registi, gli attori, le troupe ecc. che sono ragionevolmente sospettati di aver commesso crimini internazionali o li hanno incitati, devono essere indagati e, se giustificato, perseguiti dalle autorità competenti Nel 2024, il PACBI ha espresso una posizione sui sospetti criminali di guerra israeliani. Ciò ha rilevanza per determinare se programmare o mettere in piattaforma un film o un regista israeliano. Il PACBI chiede che le istituzioni internazionali che non svolgono la due diligence sui sospetti criminali di guerra israeliani siano pubblicamente ritenute responsabili di aver condonato le violazioni del diritto internazionale. "Data la gravità del genocidio israeliano a Gaza, in particolare, e il sostegno quasi unanime ad esso tra gli ebrei israeliani, e dati i decenni di crimini di guerra e crimini contro l'umanità perpetrati da Israele contro i palestinesi indigeni, gli accademici israeliani, gli scienziati, i programmatori, gli studenti universitari, gli artisti, scrittori, atleti, tra gli altri, che rientrano in una delle seguenti categorie, devono essere indagati e, se giustificato, perseguiti da tutti gli Stati - come parte dell'obbligo legale di tali Stati di, tra l'altro, prevenire il genocidio e garantire la responsabilità per le gravi violazioni del diritto internazionale umanitario: 1. Chiunque abbia prestato servizio dal 7 ottobre 2023 nell'esercito israeliano (comprese le unità logistiche e di intelligence). 2. Chiunque sia ragionevolmente sospettato di aver aiutato, assistito o cospirato nella commissione di crimini di guerra, crimini contro l'umanità o genocidio in qualsiasi momento, durante il servizio militare o meno. 3. Chiunque sia ragionevolmente sospettato di essere coinvolto nell'incitamento pubblico a commettere crimini di guerra, crimini contro l'umanità o genocidio, in qualsiasi momento, durante il servizio militare o meno. Inoltre, qualsiasi israeliano che risieda o lavori in un insediamento coloniale israeliano illegale nei Territori Palestinesi Occupati (TPO), compresa Gerusalemme Est, o nelle alture occupate del Golan siriano, e qualsiasi israeliano o internazionale che fornisca supporto materiale a tale insediamento, partecipa consapevolmente a un crimine di guerra e deve quindi essere ritenuto responsabile... Di conseguenza, qualsiasi entità (pubblica o privata) che inizi relazioni con tali israeliani senza condurre un'appropriata, significativa ed efficace verifica di due diligence volta a garantire che il suo impegno non faccia nulla per mantenere, espandere o riconoscere gli insediamenti e la continua presenza illegale di Israele negli OPT o altri crimini internazionali, deve essere ritenuta pubblicamente responsabile per aver condonato e sostenuto le violazioni del diritto internazionale (compresi i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità e il genocidio) e per non aver rispettato i propri obblighi di non riconoscere o assistere in alcun modo tali violazioni". Fonte: Comitato nazionale palestinese per il BDS
Partita Italia-Israele: continuiamo a chiedere giustizia con la fine dell’occupazione israeliana
CONTINUIAMO A CHIEDERE GIUSTIZIA: LA MOBILITAZIONE FINIRÀ CON LA FINE DELL’OCCUPAZIONE ISRAELIANA Le immagini di festa che arrivano da Gaza non possono che essere accolte con grande gioia e invitare tutti a festeggiare l’attuale cessate il fuoco e la riduzione delle violenze di Israele. Tuttavia, la fine dei bombardamenti non può essere considerata una garanzia di pace e giustizia. Il piano di Donald Trump per Gaza presenta come generose concessioni quelle che in realtà sono garanzie imposte dal diritto internazionale (il rilascio dei prigionieri palestinesi, l’assistenza umanitaria ai palestinesi e gli impegni israeliani a smettere sfollamenti forzati e annessioni). Inoltre, secondo 36 esperti legali e per i diritti umani delle Nazioni Unite, gli elementi chiave della proposta sono incompatibili con il parere della Corte internazionale di giustizia (Cig), che esorta Israele a porre fine all’occupazione illegale dei territori palestinesi. Vengono infatti violati i principi fondamentali del diritto internazionale per 15 ragioni principali: dalla condizionalità del diritto all’autodeterminazione palestinese, alla sostituzione dell’occupazione con un controllo straniero mascherato, fino all’assenza di meccanismi di responsabilità per i crimini israeliani e al rischio di indebito sfruttamento economico di Gaza. PER QUESTO, LA CAMPAGNA DI BOICOTTAGGIO DELLA PARTITA ITALIA-ISRAELE CONTINUA. CONSIDERIAMO INACCETTABILE CHE LA FIGC E IL GOVERNO ITALIANO NORMALIZZINO LE POLITICHE DI UN PAESE CHE PRATICA DA DECENNI, IN MANIERA CONTINUATIVA E STRUTTURALE, VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI.
Lasciamo a terra i caccia F-35 usati nel genocidio compiuto da Israele
COSA SONO E COSA FANNO I CACCIA F35 I caccia F-35 sono fondamentali per Israele per portare avanti il genocidio contro i 2,3 milioni di palestinesi a Gaza. I numerosi paesi coinvolti nella costruzione e nell'acquisto dei caccia F-35 prodotti dagli Stati Uniti sono complici del genocidio, dell'apartheid e dell'occupazione illegale da parte di Israele. Il Comitato Nazionale Palestinese BDS (BNC), la più grande coalizione della società civile palestinese che guida il movimento globale BDS, invita i movimenti di base e le persone di coscienza di tutto il mondo a intensificare la pressione, comprese azioni pacifiche di disturbo, contro gli Stati, le aziende e le istituzioni complici del programma F-35, partecipando alla SETTIMANA DI AZIONE CONTRO GLI F-35 DAL 13 AL 18 OTTOBRE. Nel giugno 2024, un rapporto delle Nazioni Unite ha identificato l’uso di F-35, prodotti da Lockheed Martin come casi “emblematici” di attacchi indiscriminati e sproporzionati su Gaza che “hanno causato un elevato numero di vittime civili e la distruzione diffusa di beni civili”. Il 2 settembre 2024, l'ONG danese Danwatch ha rivelato che le forze israeliane hanno utilizzato un F-35 nel mese di luglio per sganciare tre bombe da 900 chilogrammi in un attacco contro una cosiddetta “zona sicura” ad Al-Mawasi, Khan Younis, uccidendo 90 palestinesi. Gli F-35 sono stati utilizzati da Israele anche per commettere gravi violazioni dei diritti umani in massa in Cisgiordania per diversi anni e, più recentemente, per attaccare altri Stati come il Qatar e lo Yemen. Gli Stati partner del programma F-35 non hanno rispettato il diritto internazionale fornendo e acquistando da Israele e dalla sua industria militare. Interrompiamo la catena globale di complicità che rende possibili questi crimini israeliani. IL RUOLO DELL’ITALIA Leonardo S.p.A., principale azienda italiana nel settore della difesa e dell’aerospazio di proprietà statale al 30,2%, svolge un ruolo chiave nel programma dei caccia F-35. Presso la base militare di Cameri (Novara) si trova la FACO (Final Assembly and Check Out), l’unico stabilimento di assemblaggio e collaudo degli F-35 presente in Europa, realizzato in collaborazione con la statunitense Lockheed Martin. Qui vengono prodotti e assemblati gli F-35 destinati all’Aeronautica e alla Marina Militare italiane, oltre a quelli commissionati dai Paesi Bassi. La FACO di Cameri ospita anche il centro europeo di manutenzione, riparazione e aggiornamento (MRO&U) dei velivoli, consolidando il ruolo dell’Italia come secondo partner internazionale del programma dopo il Regno Unito. Leonardo è inoltre responsabile della produzione delle ali dell’F-35, con un impegno stimato di circa 800 esemplari tra il 2014 e il 2028. L’azienda cura anche la formazione dei piloti militari attraverso l’International Flight Training School di Galatina (Lecce), centro di addestramento avanzato riconosciuto a livello mondiale. Queste attività legano Leonardo e il governo italiano alla filiera internazionale degli armamenti impiegati utilizzati da Israele nei bombardamenti su Gaza e in altre operazioni militari contro la popolazione palestinese, e rappresentano un esempio concreto delle complicità (in)dirette dell’industria bellica italiana nel genocidio e nei crimini di guerra commessi con queste tecnologie. La produzione e il supporto logistico forniti da Leonardo contribuiscono inoltre al mantenimento di un sistema militare globale che alimenta violenze e violazioni del diritto internazionale. LE COMPLICITÀ GLOBALI Tredici stati producono componenti specifici per questi jet F-35: Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Canada, Norvegia, Paesi Bassi, Italia, Giappone, Danimarca, Belgio, Lussemburgo, Germania e Israele. Le principali aziende partner nella produzione sono: BAE Systems, Raytheon, Northrop Grumman, Collins Aerospace e molti altri fornitori minori. I componenti che producono vengono poi inviati agli stabilimenti Lockheed Martin e Pratt & Whitney negli Stati Uniti e nel Regno Unito, dove vengono assemblati e da lì gli F-35I, realizzati appositamente per Israele, vengono inviati allo stato genocida. Finora nessun fornitore ha ottemperato all'obbligo previsto dal diritto internazionale di garantire che i propri componenti non vengano utilizzati nel genocidio in corso. Questi componenti fanno parte dei jet F-35I che consentono a Israele di uccidere quotidianamente donne, uomini e bambini palestinesi e di distruggere le loro case, gli ospedali, le scuole e altre infrastrutture vitali. La conformità dell'utente finale è un obbligo per tutti i produttori di parti dell'F-35, come per tutti gli altri materiali militari utilizzati per commettere gravi violazioni dei diritti umani, in particolare crimini di atrocità. Inoltre, almeno 19 stati utilizzano attualmente i caccia F-35 e diversi stati hanno recentemente firmato accordi per acquistarli. Tra questi figurano Stati Uniti, Belgio, Repubblica Ceca, Finlandia, Grecia, Germania, Corea del Sud, Singapore, Polonia, Romania e Svizzera. Questi stati non possono garantire che i caccia che acquistano non contengano componenti fabbricati in Israele e quindi testati su civili palestinesi e altri civili arabi. Ogni stato che acquista un F-35 e ogni stato o azienda che produce parti e assembla un F-35 è fondamentale per mantenere la produzione di questi caccia. Ai sensi della Convenzione sul genocidio e del Trattato sul commercio delle armi (ATT), gli stati hanno l’obbligo di impedire il trasferimento diretto e indiretto di attrezzature e tecnologie militari, comprese parti, componenti e articoli a duplice uso, laddove sussista un rischio prevalente che tali attrezzature e tecnologie possano essere utilizzate per commettere o facilitare una grave violazione del diritto internazionale. L'anno scorso, adottando la sentenza della Corte internazionale di giustizia sull'illegalità dell'occupazione israeliana di Gaza e della Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, gli stati hanno votato a stragrande maggioranza a favore della risoluzione A/ES-10/L.31 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite che chiede agli stati di “adottino misure volte a cessare [...] la fornitura o il trasferimento di armi, munizioni e attrezzature correlate a Israele, la potenza occupante, in tutti i casi in cui vi siano motivi ragionevoli per sospettare che possano essere utilizzate nel territorio palestinese occupato”. Dobbiamo fare in modo che gli stati, le aziende produttrici di armi e l'intera catena di fornitura dell'F-35 siano chiamati a rispondere del loro ruolo nel genocidio perpetrato da Israele a Gaza. È una questione di vita o di morte, per cui vi chiediamo con urgenza di ostacolare questa complicità e di adoperarvi affinché vengano interrotti e non continuino come se nulla fosse i rapporti commerciali con uno stato canaglia che pratica l'apartheid e il genocidio in diretta streaming. CHIEDIAMO CHE VENGA ESERCITATA PRESSIONE SUGLI STATI AFFINCHÉ PONGANO FINE ALLA LORO COMPLICITÀ NEL RUOLO DI ISRAELE NEL PROGRAMMA F-35. Ciò significa: * Le aziende e gli stati che forniscono componenti per gli F-35 smettano di vendere queste parti alle aziende che assemblano o manutengono i jet fino a quando non potranno garantire che nessun componente finisca nei jet F-35 di Israele e che Israele sia completamente escluso dal progetto F-35. * Le aziende e gli stati che assemblano gli F-35 smettano di vendere questi jet a Israele. * Gli stati smettano di acquistare gli F-35 se non possono garantire che non includano componenti di fabbricazione israeliana. CHIEDIAMO AI MOVIMENTI DI BASE, AI SINDACATI E ALLE ALTRE ORGANIZZAZIONI DELLA SOCIETÀ CIVILE DI INTENSIFICARE LA PRESSIONE PACIFICA, ANCHE ATTRAVERSO AZIONI DI DISTURBO PACIFICHE E PROTESTE DI MASSA, RIVOLTE A MINISTERI, PARLAMENTI E AZIENDE MANIFATTURIERE COMPLICI. A TAL FINE, CHIEDIAMO DI ORGANIZZARE SCIOPERI E INTERRUZIONI DEL LAVORO, OVE POSSIBILE E RAGIONEVOLE, E DI LANCIARE E SOSTENERE CAMPAGNE INTERSEZIONALI, SPINGENDO LE UNIVERSITÀ, I SINDACATI, GLI OSPEDALI E I CONSIGLI COMUNALI A DISINVESTIRE DALLE AZIENDE CHE TRAGGONO PROFITTO DALLA GUERRA. Il movimento BDS, con i suoi decine di milioni di sostenitori in oltre 120 paesi in tutto il mondo, non si fermerà finché non porremo fine al genocidio perpetrato da Israele e finché i palestinesi ovunque non potranno esercitare il diritto all'autodeterminazione e godere di libertà, giustizia e uguaglianza. Per ulteriori informazioni o per partecipare, contattare bdsitalia@gmail.com e ilham@bdsmovement.net
DOSSIER: Piovono euro sull’industria ‘necessaria’ di Crosetto e Leonardo S.p.A
Negli ultimi decenni l’Italia si è distinta come uno dei partner europei più fedeli a Israele, avallandone politiche di aggressione e intensificando i legami industriali e militari. Mentre Israele è impegnato in un genocidio contro la popolazione palestinese, l’industria italiana, con Leonardo in prima fila, diventa così parte integrante del circuito che alimenta i crimini contro l’umanità e legittima la repressione. Questo dossier intende denunciare tali complicità, mostrando come le scelte politiche e industriali italiane non siano neutrali, ma contribuiscano concretamente a rafforzare un regime di apartheid e occupazione. Mentre il governo parla di sicurezza e di innovazione tecnologica, ciò che si consolida è un modello di guerra permanente, in cui l’Italia non è spettatrice, ma attore pienamente coinvolto. SCARICA DOSSIER   IL DOSSIER Rossana de Simone, insieme a BDS Italia, ci offre il dossier Piovono euro sull’industria ‘necessaria’ di Crosetto e Leonardo S.p.A. Le relazioni con Israele che indaga il legame crescente tra l’industria bellica europea e quella israeliana, con un focus specifico sul ruolo dell’Italia e di Leonardo. L’analisi mette in evidenza come, dietro la retorica della difesa e della sicurezza globale, si consolidi una rete di complicità politica, industriale e tecnologica che alimenta guerre e violazioni sistematiche del diritto internazionale. In particolare, Leonardo S.p.A. risulta partner di primo piano delle aziende militari israeliane, collaborando su droni armati, radar, cyber-sicurezza, sistemi missilistici e infrastrutture digitali di sorveglianza. Queste cooperazioni non si fermano al livello commerciale, ma si strutturano in joint venture e progetti condivisi che trasferiscono know-how e rafforzano la capacità militare di Israele, impegnato nella guerra permanente contro la popolazione palestinese. Il dossier evidenzia come governi italiani e vertici industriali non solo avallino tali relazioni, ma le incoraggino, presentandole come parte integrante della strategia di “global security”. La definizione di industria della difesa come “necessaria”, promossa dal ministro Crosetto e dagli stessi vertici di Leonardo, diventa così lo strumento retorico con cui giustificare investimenti miliardari e accordi con attori implicati in crimini di guerra e pratiche di apartheid. Dietro il rilancio del riarmo europeo e italiano si nasconde quindi un paradosso: la promessa di sicurezza viene costruita grazie alla complicità con un sistema di occupazione e violenza, che non solo mette a rischio la pace in Medio Oriente, ma consolida un modello globale fondato sulla guerra preventiva e sulla militarizzazione della società.   SCARICA DOSSIER  
Gruppi locali e associazioni aderenti a BDS Italia
BDS ITALIA BDS ITALIA bdsitalia@gmail.com  per info generali GDL COMUNICAZIONE bdscomunicazione@gmail.com per contatti stampa -------------------------------------------------------------------------------- GRUPPI BDS LOCALI BDS Bologna info.bdsbologna@gmail.com instagram.com/bdsbologna BDS Bergamo bergamobds2024@hotmail.com instagram.com/bergamo.bds BDS Lanciano bdslanciano@gmail.com instagram.com/bds_lanciano BDS Marche bdsmarche@gmail.com instagram.com/bds_marche BDS Milano bdsmilanoedintorni@gmail.com instagram.com/bds_milano BDS Modena bdsmodena@libero.it instagram.com/bds_modena BDS Messina messina.bds@gmail.com fb.com/share/16rhmfxZtt BDS Pinerolo bdspinerolo@gmail.com instagram.com/bds_pinerolo  BDS Pisa toscana@unponteper.it instagram.com/boicottaisraele.pisa BDS Ravenna coordinamentobdsravenna@gmail.com fb.com/profile.php?id=100089055455685  BDS Reggio Emilia   bdsreggioemilia@gmail.com instagram.com/bdsreggioemilia BDS Roma bdsroma0@gmail.com instagram.com/bds_roma  BDS Torino torinobds@gmail.com instagram.com/bds_torino  BDS Vicenza bdsvicenza@gmail.com REALTÀ ADERENTI A BDS AssoPace Palestina instagram.com/assopacepalestina Coordinamento stop al genocidio  stopalgenocidio@gmail.com instagram.com/stop_al_genocidio_palestinese Forum per la Pace Lucca  forumpacelucca@gmail.com facebook.com/groups/2019832915076126 Pax Christi unponteperbetlemme@gmail.com instagram.com/bocche.scucite Salaam ragazzi dell' olivo Trieste salaam.trieste@gmail.com instagram.com/salaam_rdo Salerno Palestina Salerno_Palestina@proton.me instagram.com/salerno_palestina/h  Un Ponte Per info@unponteper.it instagram.com/unponteper GRUPPI DI LAVORO SULLE CAMPAGNE NAZIONALI GDL EMBARGO bdsitalia.embargomilitare@gmail.com GDL SPLAI bdsitalia.splai@gmail.com GDL TEVA bdsitalia.teva@gmail.com GDL CARREFOUR gdl.carrefour.bdsitalia@gmail.com  GDL BOICOT SPORTIVO bdsitalia.boicottaggiosport@gmail.com
Weekend di azione globale 18-21 settembre
La società civile palestinese chiede un'escalation delle azioni di disturbo del BDS contro gli Stati, le aziende e le istituzioni complici, fino ad arrivare a un'azione di disturbo di massa dal 18 al 21 settembre, data fissata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite come termine ultimo in cui Israele deve porre fine all’occupazione illegale e all’apartheid. Palestina occupata, 28 agosto 2025 – L'iniziativa Integrated Food Security Phase Classification (IPC), sostenuta dall'ONU, ha infine confermato lo stato di carestia in cui versano centinaia di migliaia di palestinesi che vivono nel nord di Gaza. La carestia, conseguenza diretta della politica israeliana sostenuta dagli Stati Uniti di usare la fame come arma, colpirà molte più persone nel sud di Gaza entro la fine del prossimo mese, afferma l'IPC. Nessuno può affermare di non esserne a conoscenza. Persino il complice Segretario Generale delle Nazioni Unite, che in più di 22 mesi di genocidio ha espresso solo “preoccupazione”, è stato costretto a menzionare finalmente Israele come responsabile di questa carestia indotta. Poiché si tratta di una questione di vita o di morte, chiediamo la formazione di ampie coalizioni e l'organizzazione, ove possibile, di potenti azioni di disturbo di massa, adeguate al contesto, pacifiche e strategiche, che prendano di mira le entità complici e chiedano la fine della complicità e l'imposizione di sanzioni legali, in particolare embarghi militari ed energetici completi, in qualsiasi giorno durante il Disrupt Complicity Weekend, dal 18 al 21 settembre. Alcuni esempi¹: * Bloccare, occupare o comunque interrompere il funzionamento di autostrade strategiche, ponti, porti, strutture di aziende complici nel settore delle armi, della tecnologia, dei media, della finanza e altro; * Proteste di massa e azioni pacifiche di disturbo presso sedi governative (ad esempio ministeri del commercio, dei trasporti o degli affari esteri) o parlamenti, chiedendo che rispettino i loro obblighi legali ai sensi del diritto internazionale. Come richiesto da decine di esperti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani, queste includono: * L’imposizione di “un embargo totale sulle armi a Israele, interrompendo tutti gli accordi, le importazioni, le esportazioni e i trasferimenti di armi, compresi i beni a duplice uso”. * L’annullamento o la sospensione “delle relazioni economiche, degli accordi commerciali e dei rapporti accademici con Israele che possono contribuire alla sua presenza illegale e al regime di apartheid nei territori palestinesi occupati”. * L’adesione al Gruppo dell'Aia, finora l'iniziativa interstatale più promettente volta a promuovere sanzioni concrete e misure di responsabilità significative e consequenziali, e l’approvazione e l’attuazione della Dichiarazione di Bogotá del Gruppo.  * L’espulsione di Israele, stato che pratica l'apartheid, dall'ONU, revoca del suo accreditamento all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e pressione per sanzioni legali contro di esso simili a quelle imposte al Sudafrica dell'apartheid.  * Scioperi², ove possibile, e obiezione di coscienza alla complicità nel genocidio nelle istituzioni e nei luoghi di lavoro, comprese le università, i consigli comunali e altri; * Intensificazione delle campagne di boicottaggio contro gli obiettivi prioritari del movimento BDS, compresi disturbi pacifici nei negozi e nelle sedi delle aziende, nonché azioni sui social media; * Lancio di ampie campagne intersezionali per costringere le istituzioni, compresi i consigli comunali, le università, i sindacati, gli ospedali, ecc., ad adottare politiche di approvvigionamento e di investimento etiche, ove applicabile, che escludano le aziende consapevolmente e persistentemente coinvolte in gravi violazioni dei diritti umani, in particolare crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio. Nel settembre 2024 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA) ha votato a stragrande maggioranza a favore di sanzioni contro Israele, per la prima volta in decenni, confermando la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia del luglio 2024 secondo cui la presenza di Israele nei territori palestinesi occupati è assolutamente illegale, costituisce apartheid e deve essere portata a termine. L'UNGA ha inoltre dato a Israele un ultimatum con scadenza al 18 settembre 2025 per porre fine alla sua occupazione illegale di Gaza e della Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est. Non solo Israele non ha per nulla posto fine all'occupazione, ma ha anche intensificato la sua depravata violenza genocida a Gaza, anche contro il personale e le strutture delle Nazioni Unite, e ha aumentato drasticamente il furto di terre, l'espansione delle colonie e gli attacchi contro i palestinesi in Cisgiordania. Ora più che mai, Israele rappresenta una minaccia mortale non solo per i palestinesi, ma anche per l'umanità intera. Già un anno fa, i relatori speciali delle Nazioni Unite avevano avvertito: “Il mondo è sul filo del rasoio: o ci incamminiamo collettivamente verso un futuro di pace e legalità, oppure precipitiamo verso l'anarchia e la distopia, in un mondo in cui conta solo la legge della forza”.  Nonostante lo slogan “Mai più” che ha seguito l'Olocausto, il mondo non è riuscito a fermare i genocidi, dal Ruanda all'ex Jugoslavia al Myanmar. Ora, tutti gli Stati e gli organismi interstatali, così come tutte le istituzioni, hanno l'obbligo legale, e non solo etico, di fermare il primo genocidio al mondo trasmesso in diretta streaming: i crimini atroci di stampo nazista commessi da Stati Uniti e Israele contro 2,3 milioni di palestinesi nella Striscia di Gaza occupata illegalmente. Il regime israeliano di colonialismo d’insediamento e apartheid, che dura da 77 anni, sta ora cercando di “portare a termine il lavoro” di sterminio dei sopravvissuti alla sua Nakba continua  di espropriazione e pulizia etnica. In questa fase più terribile del genocidio, la società civile palestinese è unita nel ribadire l'appello alle persone di coscienza di tutto il mondo affinché canalizzino il loro immenso dolore e la loro rabbia per recidere i legami di complicità di stati, aziende e istituzioni con questo regime genocida e con tutte le istituzioni e le aziende che ne rendono possibili i crimini. Il più alto obbligo morale è innanzitutto quello di non nuocere, di porre fine alla complicità.  Non siamo mai stati così vicini come ora all'imposizione di un regime di sanzioni completo ed efficace. Sempre più stati e municipalità stanno procedendo all'imposizione di sanzioni parziali e alla revisione dei legami e dei contratti. La maggioranza globale oggi è chiaramente a favore della liberazione della Palestina, e anche negli stati che sono partner di Israele nel genocidio, come gli Stati Uniti, la Germania, il Regno Unito, i Paesi Bassi e altri, la maggioranza delle persone oggi ha un’opinione negativa di Israele e sostiene i diritti dei palestinesi, e sta procedendo a un isolamento informale, ma non per questo meno incisivo, di Israele. Dobbiamo incanalare questa energia potenziale nella costruzione di una massa critica di potere popolare in grado di costringere i governi, le aziende e le istituzioni complici a porre fine alla loro complicità.  Mai più è davvero ora. Insieme, possiamo e dobbiamo interrompere ogni complicità nella “soluzione finale” di Israele per il popolo indigeno della Palestina. Insieme possiamo sostenere lo smantellamento dell'apartheid israeliano proprio come è stato smantellato l'apartheid sudafricano. * Palestinian General Federation of Trade Unions (PGFTU - Gaza) * Council of National and Islamic Forces in Palestine * Palestinian BDS National Committee (BNC)  * Global Palestine Right of Return Coalition * General Union of Palestinian Workers * Palestinian Federation of New Unions * General Union of Palestinian Teachers (GUPT) * Palestinian Federation of Unions of University Professors and Employees (PFUUPE) * General Union of Palestinian Women * General Union of Palestinian Writers * Engineers Association - Jerusalem Center * Palestinian Bar Association * General Union of Palestinian Peasants * Palestinian Union of Postal, IT & Telecommunications Workers * Union of Professional Associations * Palestinian NGO Network (PNGO) * Palestinian National Institute for NGOs * Federation of Independent Trade Unions * Veterinarians Syndicate - Jerusalem Center * Occupied Palestine and Syrian Golan Heights Initiative (OPGAI) * Union of Palestinian Farmers * Grassroots Palestinian Anti-Apartheid Wall Campaign (STW) * Palestinian Campaign for the Academic & Cultural Boycott of Israel (PACBI) * Popular Struggle Coordination Committee (PSCC) * Civic Coalition for the Defense of Palestinian Rights in Jerusalem * Coalition for Jerusalem * Union of Palestinian Communities’ Institutions and Activities in Europe (IGMAH) * Palestinian Youth Movement (PYM) * Palestine Community in Belgium and Luxembourg * Palestinian Community of Catalonia * Union of Palestinian Charitable Organizations * Women's Campaign to Boycott Israeli Products * Agricultural Cooperatives Union * National Committee for Grassroots Resistance * Southern Electricity Company Employees Union * Association of Employees of The Financial Sector, Palestine  * Health Services Employees’ Association * Union of Workers in Kindergartens and Private Schools * Jawwal Employee Association * Union of Workers' Unions in Local Authorities - Hebron * Palestinian Electricians Union - Hebron ¹ Per ridurre al minimo i rischi legali, raccomandiamo sempre di consultare prima gli avvocati del movimento. ² Laddove uno sciopero potrebbe causare danni significativi ai lavoratori, è preferibile “darsi malati”: malati a causa del genocidio e della fame usata come arma da Israele e malati a causa della complicità dell’istituzione di cui si fa parte in entrambe queste cose.
Weekend di azione globale 18-21 settembre
La società civile palestinese chiede un'escalation delle azioni di disturbo del BDS contro gli Stati, le aziende e le istituzioni complici, fino ad arrivare a un'azione di disturbo di massa dal 18 al 21 settembre, data fissata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite come termine ultimo in cui Israele deve porre fine all’occupazione illegale e all’apartheid. Palestina occupata, 28 agosto 2025 – L'iniziativa Integrated Food Security Phase Classification (IPC), sostenuta dall'ONU, ha infine confermato lo stato di carestia in cui versano centinaia di migliaia di palestinesi che vivono nel nord di Gaza. La carestia, conseguenza diretta della politica israeliana sostenuta dagli Stati Uniti di usare la fame come arma, colpirà molte più persone nel sud di Gaza entro la fine del prossimo mese, afferma l'IPC. Nessuno può affermare di non esserne a conoscenza. Persino il complice Segretario Generale delle Nazioni Unite, che in più di 22 mesi di genocidio ha espresso solo “preoccupazione”, è stato costretto a menzionare finalmente Israele come responsabile di questa carestia indotta. Poiché si tratta di una questione di vita o di morte, chiediamo la formazione di ampie coalizioni e l'organizzazione, ove possibile, di potenti azioni di disturbo di massa, adeguate al contesto, pacifiche e strategiche, che prendano di mira le entità complici e chiedano la fine della complicità e l'imposizione di sanzioni legali, in particolare embarghi militari ed energetici completi, in qualsiasi giorno durante il Disrupt Complicity Weekend, dal 18 al 21 settembre. Alcuni esempi¹: * Bloccare, occupare o comunque interrompere il funzionamento di autostrade strategiche, ponti, porti, strutture di aziende complici nel settore delle armi, della tecnologia, dei media, della finanza e altro; * Proteste di massa e azioni pacifiche di disturbo presso sedi governative (ad esempio ministeri del commercio, dei trasporti o degli affari esteri) o parlamenti, chiedendo che rispettino i loro obblighi legali ai sensi del diritto internazionale. Come richiesto da decine di esperti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani, queste includono: * L’imposizione di “un embargo totale sulle armi a Israele, interrompendo tutti gli accordi, le importazioni, le esportazioni e i trasferimenti di armi, compresi i beni a duplice uso”. * L’annullamento o la sospensione “delle relazioni economiche, degli accordi commerciali e dei rapporti accademici con Israele che possono contribuire alla sua presenza illegale e al regime di apartheid nei territori palestinesi occupati”. * L’adesione al Gruppo dell'Aia, finora l'iniziativa interstatale più promettente volta a promuovere sanzioni concrete e misure di responsabilità significative e consequenziali, e l’approvazione e l’attuazione della Dichiarazione di Bogotá del Gruppo.  * L’espulsione di Israele, stato che pratica l'apartheid, dall'ONU, revoca del suo accreditamento all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e pressione per sanzioni legali contro di esso simili a quelle imposte al Sudafrica dell'apartheid.  * Scioperi², ove possibile, e obiezione di coscienza alla complicità nel genocidio nelle istituzioni e nei luoghi di lavoro, comprese le università, i consigli comunali e altri; * Intensificazione delle campagne di boicottaggio contro gli obiettivi prioritari del movimento BDS, compresi disturbi pacifici nei negozi e nelle sedi delle aziende, nonché azioni sui social media; * Lancio di ampie campagne intersezionali per costringere le istituzioni, compresi i consigli comunali, le università, i sindacati, gli ospedali, ecc., ad adottare politiche di approvvigionamento e di investimento etiche, ove applicabile, che escludano le aziende consapevolmente e persistentemente coinvolte in gravi violazioni dei diritti umani, in particolare crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio. Nel settembre 2024 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA) ha votato a stragrande maggioranza a favore di sanzioni contro Israele, per la prima volta in decenni, confermando la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia del luglio 2024 secondo cui la presenza di Israele nei territori palestinesi occupati è assolutamente illegale, costituisce apartheid e deve essere portata a termine. L'UNGA ha inoltre dato a Israele un ultimatum con scadenza al 18 settembre 2025 per porre fine alla sua occupazione illegale di Gaza e della Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est. Non solo Israele non ha per nulla posto fine all'occupazione, ma ha anche intensificato la sua depravata violenza genocida a Gaza, anche contro il personale e le strutture delle Nazioni Unite, e ha aumentato drasticamente il furto di terre, l'espansione delle colonie e gli attacchi contro i palestinesi in Cisgiordania. Ora più che mai, Israele rappresenta una minaccia mortale non solo per i palestinesi, ma anche per l'umanità intera. Già un anno fa, i relatori speciali delle Nazioni Unite avevano avvertito: “Il mondo è sul filo del rasoio: o ci incamminiamo collettivamente verso un futuro di pace e legalità, oppure precipitiamo verso l'anarchia e la distopia, in un mondo in cui conta solo la legge della forza”.  Nonostante lo slogan “Mai più” che ha seguito l'Olocausto, il mondo non è riuscito a fermare i genocidi, dal Ruanda all'ex Jugoslavia al Myanmar. Ora, tutti gli Stati e gli organismi interstatali, così come tutte le istituzioni, hanno l'obbligo legale, e non solo etico, di fermare il primo genocidio al mondo trasmesso in diretta streaming: i crimini atroci di stampo nazista commessi da Stati Uniti e Israele contro 2,3 milioni di palestinesi nella Striscia di Gaza occupata illegalmente. Il regime israeliano di colonialismo d’insediamento e apartheid, che dura da 77 anni, sta ora cercando di “portare a termine il lavoro” di sterminio dei sopravvissuti alla sua Nakba continua  di espropriazione e pulizia etnica. In questa fase più terribile del genocidio, la società civile palestinese è unita nel ribadire l'appello alle persone di coscienza di tutto il mondo affinché canalizzino il loro immenso dolore e la loro rabbia per recidere i legami di complicità di stati, aziende e istituzioni con questo regime genocida e con tutte le istituzioni e le aziende che ne rendono possibili i crimini. Il più alto obbligo morale è innanzitutto quello di non nuocere, di porre fine alla complicità.  Non siamo mai stati così vicini come ora all'imposizione di un regime di sanzioni completo ed efficace. Sempre più stati e municipalità stanno procedendo all'imposizione di sanzioni parziali e alla revisione dei legami e dei contratti. La maggioranza globale oggi è chiaramente a favore della liberazione della Palestina, e anche negli stati che sono partner di Israele nel genocidio, come gli Stati Uniti, la Germania, il Regno Unito, i Paesi Bassi e altri, la maggioranza delle persone oggi ha un’opinione negativa di Israele e sostiene i diritti dei palestinesi, e sta procedendo a un isolamento informale, ma non per questo meno incisivo, di Israele. Dobbiamo incanalare questa energia potenziale nella costruzione di una massa critica di potere popolare in grado di costringere i governi, le aziende e le istituzioni complici a porre fine alla loro complicità.  Mai più è davvero ora. Insieme, possiamo e dobbiamo interrompere ogni complicità nella “soluzione finale” di Israele per il popolo indigeno della Palestina. Insieme possiamo sostenere lo smantellamento dell'apartheid israeliano proprio come è stato smantellato l'apartheid sudafricano. * Palestinian General Federation of Trade Unions (PGFTU - Gaza) * Council of National and Islamic Forces in Palestine * Palestinian BDS National Committee (BNC)  * Global Palestine Right of Return Coalition * General Union of Palestinian Workers * Palestinian Federation of New Unions * General Union of Palestinian Teachers (GUPT) * Palestinian Federation of Unions of University Professors and Employees (PFUUPE) * General Union of Palestinian Women * General Union of Palestinian Writers * Engineers Association - Jerusalem Center * Palestinian Bar Association * General Union of Palestinian Peasants * Palestinian Union of Postal, IT & Telecommunications Workers * Union of Professional Associations * Palestinian NGO Network (PNGO) * Palestinian National Institute for NGOs * Federation of Independent Trade Unions * Veterinarians Syndicate - Jerusalem Center * Occupied Palestine and Syrian Golan Heights Initiative (OPGAI) * Union of Palestinian Farmers * Grassroots Palestinian Anti-Apartheid Wall Campaign (STW) * Palestinian Campaign for the Academic & Cultural Boycott of Israel (PACBI) * Popular Struggle Coordination Committee (PSCC) * Civic Coalition for the Defense of Palestinian Rights in Jerusalem * Coalition for Jerusalem * Union of Palestinian Communities’ Institutions and Activities in Europe (IGMAH) * Palestinian Youth Movement (PYM) * Palestine Community in Belgium and Luxembourg * Palestinian Community of Catalonia * Union of Palestinian Charitable Organizations * Women's Campaign to Boycott Israeli Products * Agricultural Cooperatives Union * National Committee for Grassroots Resistance * Southern Electricity Company Employees Union * Association of Employees of The Financial Sector, Palestine  * Health Services Employees’ Association * Union of Workers in Kindergartens and Private Schools * Jawwal Employee Association * Union of Workers' Unions in Local Authorities - Hebron * Palestinian Electricians Union - Hebron ¹ Per ridurre al minimo i rischi legali, raccomandiamo sempre di consultare prima gli avvocati del movimento. ² Laddove uno sciopero potrebbe causare danni significativi ai lavoratori, è preferibile “darsi malati”: malati a causa del genocidio e della fame usata come arma da Israele e malati a causa della complicità dell’istituzione di cui si fa parte in entrambe queste cose.
Fermiamo il materiale militare diretto in Israele in transito per il porto di Ravenna
Il porto italiano di Ravenna, una volta usato principalmente per la gestione di carichi di granaglie e generi alimentari, un po’ alla volta è diventato un centro del traffico illegale di armi ed esplosivi diretti in Israele durante il genocidio in corso dei palestinesi a Gaza, come rivelato da The Weapon Watch, un’iniziativa della società civile che monitora la produzione e la logistica delle armi. The Weapon Watch ha dichiarato: “I lavoratori portuali di Ravenna stanno assistendo al passaggio di container di munizioni destinati all'IDF”. Queste merci letali vengono caricate su navi container dirette ad Haifa e Ashdod, gestite principalmente dalla compagnia di navigazione israeliana ZIM. Una delle ultime denunce da parte di un lavoratore portuale anonimo risale al 30 giugno, quando diversi container etichettati come “esplosivi” di classe 1.4 (cioè munizioni) sono stati caricati a bordo della “ZIM New Zealand”, partita per Haifa, dove è arrivata regolarmente il 4 luglio. Martedì 8 luglio, durante una conferenza stampa a Roma (ospitata in una sala del Senato italiano), alcuni giornalisti della rivista finanziaria italiana Altreconomia hanno presentato gli importanti risultati di un’inchiesta, riguardanti anche il porto di Ravenna. La giornalista investigativa Linda Maggiori ha riferito in merito alle indagini giudiziarie sul traffico di componenti per cannoni da carro armato, destinati a Israele, che sono stati spacciati per manufatti civili e sono stati sequestrati il 4 febbraio 2025 nel porto di Ravenna, grazie alla segnalazione di un coraggioso lavoratore della compagnia di navigazione. “L'indagine iniziale su un carico di componenti militari destinati a Israele, camuffati da merci per uso civile, sta portando alla luce un vero e proprio vaso di Pandora: non solo attraverso il porto di Ravenna, il transito non autorizzato di armi verso Israele è molto più diffuso di quanto pensassimo”, ha affermato Linda Maggiori. Il destinatario di queste tredici tonnellate di pezzi forgiati era IMI Systems, un'importante azienda militare israeliana di proprietà di Elbit Systems. Questo traffico mirava ad aggirare il divieto imposto dalla legge italiana 185/90 sulle nuove autorizzazioni di armi a Israele, in vigore dal 7 ottobre 2023, come affermato dal primo ministro italiano Giorgia Meloni. Non potendo ottenere nuove licenze di esportazione, le aziende italiane hanno escogitato soluzioni per continuare a spedire illegalmente questi componenti. Valforge di Cortenova, azienda che produce prodotti destinati all’uso civile, ha agito da intermediario per la spedizione di componenti di cannoni fabbricati da altre due aziende italiane (Stamperia Mazzetti e Riganti), autorizzate alla produzione e all’esportazione di componenti militari e iscritte al Registro Nazionale delle Imprese (RNI) per gli armamenti fino al presunto blocco imposto dal governo a partire dall’ottobre 2023. Perché inviarli tramite un’azienda civile? Presumibilmente per evitare di destare sospetti sul carico in dogana. Quanto è stato scoperto è solo la punta dell’iceberg. L’indagine ha rivelato altre quattro spedizioni precedenti, che hanno aggirato i controlli di tre uffici doganali (Milano 1, Milano 2 e Bologna) nel 2024 e sono arrivate in Israele. In questo caso, il cliente era Ashot Ashkelon, un’altra grande azienda militare israeliana, che fornisce all’esercito israeliano componenti per i carri armati Merkava e i veicoli blindati Namer, entrambi attivamente utilizzati nel genocidio israeliano contro 2,3 milioni di palestinesi a Gaza. Questa operazione illegale si basava sulla supervisione della dogana, che controlla le merci solo a campione. La seconda inchiesta della giornalista Elisa Brunelli riguarda il traffico di componenti a duplice uso verso Israele, come il nitrato di ammonio e il trizio. Il primo, utilizzato come fertilizzante agricolo, è un noto precursore di esplosivi, particolarmente ricercato dall’esercito israeliano per distruggere le case di Gaza dal basso. L’Italia è diventata uno dei principali esportatori verso Israele dopo ottobre 2023. Nell’ultimo anno e mezzo, l’Italia ha anche aumentato le esportazioni di trizio, un isotopo radioattivo utilizzato in settori civili (medicina), ma anche nella produzione di armi nucleari, comeha rivelato Altreconomia. Israele è l’unico paese della regione a possedere armi nucleari, e oggi l’unico paese al mondo in cui un ministro del governo ha minacciato di usarle contro una popolazione civile. Autorevoli esperti legali e di diritti umani delle Nazioni Unite concordano: trasferire materiale militare, compresi i prodotti a duplice uso, a uno stato che impone un sistema di apartheid e occupazione illegale, commette plausibilmente un genocidio, come stabilito dalla Corte Internazionale di Giustizia, e conduce guerre di aggressione contro Stati sovrani nella regione, è illegale secondo il diritto internazionale. Gli stati e le aziende che consapevolmente consentono o effettuano tali trasferimenti, o gli stati che non agiscono quando sono coinvolte aziende sotto la loro giurisdizione, sono essi stessi complici. Il Comitato Nazionale Palestinese per il BDS e BDS Italia chiedono di fare pressione sulle autorità portuali italiane e su tutte le altre autorità portuali competenti affinché agiscano immediatamente e fermino il trasferimento di forniture militari illegali destinate ad essere utilizzate nella violenza genocida di Israele e indaghino e perseguano ZIM e l’azienda italiana Valforge per la loro complicità. Lo scorso giugno, BDS Italia ha lanciato una petizione per chiedere la fine del trasporto di armi attraverso porti e aeroporti italiani. La petizione ha già raggiunto oltre 10.000 firme. Chiediamo di esercitare pressioni sulle autorità italiane e sulle agenzie di verifica affinché controllino immediatamente tutti i container sospetti, rifiutino di rilasciare licenze e blocchino tutte le navi appartenenti alla flotta genocida, implicata nel trasferimento e nella consegna di rifornimenti militari all’Israele dell’apartheid, per commettere crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio contro i nativi palestinesi. Chiediamo di esercitare pressioni sul governo italiano affinché imponga un embargo militare totale. Come affermano gli esperti delle Nazioni Unite per i diritti umani, tutti gli stati hanno l’obbligo giuridico di conformarsi alla pronunciamento della Corte penale internazionale (CIG). Tra le altre azioni, gli esperti invitano gli Stati a “imporre un embargo militare totale a Israele, bloccando tutti gli accordi, le importazioni, le esportazioni e i trasferimenti di armi, compresi quelli di prodotti a duplice uso che potrebbero essere utilizzati contro la popolazione palestinese sotto occupazione”. Fonte: BNC 
No Room for Genocide!
Come le aziende del settore dell’ospitalità e del turismo possono impegnarsi per sostenere la causa palestinese e far sì che Israele risponda del genocidio commesso a Gaza.   Scaricare il toolkit    Il BNC (Comitato nazionale palestinese per il BDS) ha lanciato la campagna NO ROOM FOR GENOCIDE (“nessuna stanza / nessuno spazio per il genocidio") che invita la società civile globale a fare pressione sui governi affinché modifichino le politiche sull'immigrazione e sui visti per allinearsi agli standard e agli obblighi legali internazionali. In tutto il mondo cresce la richiesta di porre fine al genocidio a Gaza da parte di Israele e di fare in modo che risponda dei suoi crimini di atrocità. Il diritto internazionale è chiaro sugli obblighi giuridici degli Stati terzi di porre fine a tutte le forme di complicità nella commissione di crimini di guerra, di crimini contro l'umanità (compreso l'apartheid) e del genocidio "plausibile" di Israele. Tra questi, la responsabilità di garantire che ai criminali di guerra sia negato il passaggio o l’asilo da parte di Stati terzi e che siano perseguiti per i loro crimini. Per contrastare la deliberata negligenza degli Stati nel sostenere questa responsabilità e rispondere all'appello della società civile palestinese affinché non ci sia spazio per il genocidio, le piccole imprese del settore dell'ospitalità e del turismo e i gruppi di solidarietà stanno intraprendendo azioni coraggiose. Appoggiando l’appello della società civile palestinese e contrastando l’incapacità degli Stati di fare in modo che Israele sia ritenuto responsabile del genocidio, i proprietari di piccole aziende del settore hanno chiesto agli ospiti di firmare un impegno di non coinvolgimento in crimini di guerra o dichiarato che “i criminali di guerra non sono i benvenuti”. Queste azioni coraggiose difendono i pilastri del sistema di diritto internazionale, mentre Israele, con il sostegno degli Stati Uniti e dell'Europa, lo sta smantellando. Per amplificare questa campagna e sostenere le aziende del settore dell’ospitalità, i movimenti del turismo etico e i gruppi di solidarietà nell'intraprendere azioni efficaci, il movimento BDS ha prodotto nell'espansione e nel rafforzamento della campagna il Toolkit No Room for Genocide. Questo Toolkit offre una serie di strumenti e misure che B&B, hotel, agenzie di viaggio, ristoranti, bar e altre strutture turistiche possono adottare per: * Scoraggiare i presunti criminali di guerra israeliani dal prenotare o visitare strutture turistiche che si oppongono al genocidio perpetrato da Israele a Gaza. * Disincentivare l'offerta di prodotti o servizi ai presunti criminali di guerra israeliani. * Contestare la complicità di piattaforme turistiche come Booking, Airbnb ecc. * Chiedere agli Stati di imporre l'obbligo del visto (compreso un efficace processo di screening) ai cittadini israeliani e ad altri cittadini provenienti da stati in cui vengono commessi crimini internazionali su larga scala. Inoltre le aziende dell’ospitalità e del turismo etico possono unirsi a centinaia di bar, ristoranti, spazi culturali e altre strutture che si sono dichiarati Spazi Liberi dall’Apartheid Israeliana (SPLAI). Questi spazi si impegnano a non acquistare o vendere prodotti/servizi ad aziende israeliane o internazionali implicate in violazioni dei diritti umani dei palestinesi. Questi sforzi sono importanti anche per difendere l’impegno di queste imprese a favore dei diritti umani, della pace, della giustizia, dell’apertura, dell’inclusività, della sicurezza e della responsabilità sociale. Il Toolkit fornisce una breve panoramica giuridica e mira a mettere in contatto imprenditori, organizzazioni e movimenti incentrati sul turismo etico, in modo da poter essere più forti insieme. Il movimento BDS invita i suoi sostenitori in tutto il mondo a intensificare subito la campagna No Room for Genocide e a fare pressione sul loro governo affinché modifichi le politiche sull'immigrazione e sui visti per allinearle agli standard e agli obblighi giuridici internazionali. In particolare, vengono richieste ai governi le seguenti azioni: 1. Porre fine a tutti gli accordi di esenzione dal visto con Israele. 2. Istituire controlli alle frontiere per verificare l'eventuale coinvolgimento di persone di nazionalità israeliana o di altre nazionalità in crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidi, anche contro i palestinesi. Chiunque sia credibilmente sospettato di essere responsabile del coinvolgimento in tali crimini di atrocità dovrebbe essere sottoposto a misure di responsabilità, tra cui il rifiuto dell'ingresso e, ove possibile, un'azione legale. 3. Se individui sospettati di essere coinvolti in crimini internazionali sfuggono o eludono in qualche modo il processo di screening e vengono trovati all'interno dei confini dello Stato terzo, le autorità competenti devono indagare e, se giustificato, perseguirli nella massima misura consentita dalla legge. Queste misure sono in linea con gli obblighi legali previsti dal diritto internazionale, tra cui il dovere di non commettere, non essere complici, nonché di prevenire, perseguire e punire il genocidio, l'apartheid e altri crimini di atrocità. Questo appello si concentra sulla complicità, non sull'identità, e raccomanda i seguenti criteri di selezione: 1. Chiunque, indipendentemente dal possesso della cittadinanza israeliana o altro, abbia prestato servizio nelle forze armate israeliane (comprese le unità logistiche e di intelligence) dal 7 ottobre 2023. 2. Chiunque sia ragionevolmente sospettato di aver aiutato, assistito o cospirato nella commissione di crimini di guerra, crimini contro l'umanità o genocidio in qualsiasi momento, durante il servizio militare o meno. 3. Chiunque sia ragionevolmente sospettato di essere coinvolto in un pubblico incitamento a commettere crimini di guerra, crimini contro l'umanità o genocidio, in qualsiasi momento, sia durante il servizio militare che non. Inoltre, qualsiasi israeliano che risieda o lavori in un insediamento coloniale israeliano illegale nei Territori palestinesi occupati (TPO), compresa Gerusalemme Est, o nelle alture occupate del Golan siriano, e qualsiasi israeliano o internazionale che fornisca sostegno materiale a tale insediamento, partecipa consapevolmente a un crimine di guerra e deve pertanto essere ritenuto responsabile. Attraverso questo appello, il movimento BDS chiede che venga chiesto di rispondere delle responsabilità in conformità con le principali risoluzioni dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, con le ordinanze provvisorie e i pareri consultivi della Corte internazionale di giustizia, con le indagini in corso della Corte penale internazionale e con i rapporti/raccomandazioni degli esperti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani e delle organizzazioni per i diritti palestinesi e internazionali riguardanti il genocidio in corso a Gaza da parte di Israele e il suo regime illegale di occupazione militare e di apartheid. L’attuazione di controlli per crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio prima di concedere visti a sospetti criminali di guerra e coloni illegali israeliani è il primo passo nella direzione di chiedere conto delle loro responsabilità. Ciò va al di là di pochi individui ai vertici. Centinaia di migliaia di uomini e donne israeliani hanno prestato servizio nell’esercito durante il genocidio in corso, e la probabilità di un loro coinvolgimento nella commissione di crimini di atrocità è estremamente elevata. Tutti devono essere indagati e, se giustificato, perseguiti nella misura massima consentita dalla legge. Senza tali misure concrete, non vi è alcuna deterrenza contro la commissione di tali crimini.   Scaricare il toolkit 
Azione urgente necessaria prima della Conferenza sul Trattato sul commercio delle armi.
Dal 25 al 29 agosto 2025 si terrà a Ginevra, in Svizzera, la Conferenza sul Trattato sul commercio delle armi (2025 Arms Trade Treaty, ATT). Israele, firmatario dell'ATT, sta commettendo un genocidio contro  2,3 milioni di palestinesi a Gaza da oltre 22 mesi, utilizzando forniture militari acquistate da e trasferite da/attraverso gli Stati parti del trattato. Gli Stati che aderiscono al trattato e forniscono a Israele materiale militare, compresi articoli a duplice uso, stanno violando palesemente le norme dell'ATT che si sono impegnati a rispettare.  In quanto documento delle Nazioni Unite giuridicamente vincolante, l'ATT deve essere rispettato al di là della mera retorica e il comportamento degli Stati aderenti non deve essere preso alla leggera. Gli Stati aderenti non solo non hanno adottato misure per scoraggiare, porre fine e punire i crimini di Israele, ma sono stati anche complici nell'armarli, finanziarli e in altro modo renderli possibili.   Firma e invia la seguente lettera Per smartphone, clicca su questo link automatico. Se hai problemi con il link sopra indicato o stai utilizzando un laptop/desktop, copia e incolla questo modello.   Chiediamo ai nostri sostenitori di appoggiare la dichiarazione del movimento globale BDS che invita i rappresentanti degli Stati a rispettare i loro obblighi legali e morali, come esplicitamente specificato nel Trattato, che gli Stati membri hanno costantemente violato. Chiediamo che venga esercitata pressione sugli Stati affinché pongano fine alla loro complicità nel genocidio perpetrato da Israele, almeno attraverso le seguenti misure:  1. Applicare il meccanismo dell'ATT vietando efficacemente tutti i trasferimenti, compresi l'esportazione, l'importazione, il transito, il trasbordo e l'intermediazione, da e verso Israele di armi, munizioni o loro parti e componenti, nonché di prodotti a duplice uso.  2. Garantire che i sistemi di controllo nazionali siano efficaci e che le violazioni dell'ATT da parte degli Stati membri siano soggette a sanzioni adeguate e a misure di responsabilità; 3. Revocare qualsiasi privilegio diplomatico concesso a Israele in qualità di firmatario dell'ATT. Fonte: Comitato nazionale palestinese per il BDS