Genocidio a Gaza e dintorni
Un fiume di fuoco su Gaza città. Bombe incendiarie sulle case e i ruderi
abitati; robot esplosivi operano per cancellare ogni forma di vita. “Un inferno,
ci ha raccontato ieri notte una volontaria di Al-Najdah, Israele vuol imporre la
deportazione della popolazione con la forza militare”.
L’esercito israeliano ha dichiarato Gaza città “zona militare pericolosa” ed ha
annunciato l’interruzione delle cosiddette “pause umanitarie”, che in realtà non
erano mai state rispettate. Ma servivano alla propaganda del criminale di guerra
ricercato.
Una buona parte del milione di abitanti di Gaza ha sfollato verso ovest, sulla
spiaggia, ma l’affollamento è tale che non ci sono posti per stendere un
lenzuolo e dormire. “Una situazione drammatica e anche qui ci raggiungono le
bombe”, ha detto una donna scappata da Zaitoun con i suoi 5 figli.
L’esercito occupante ha dichiarato di aver ritirato le truppe da Zeitoun e
Sabra. La stampa israeliana scrive che un attacco della resistenza palestinese
si è concluso con la cattura di 4 soldati. Il governo ha imposto la censura
sull’accaduto. Si parla solo di 4 soldati dispersi. Non vengono forniti i nomi.
Nessuna dichiarazione da parte di Hamas. L’opposizione politica in Israele
sfrutta l’accaduto per accusare Netanyahu di aver fallito nel riportare gli
ostaggi e di aver provocato la cattura di altri prigionieri di guerra
israeliani. Il criminale di guerra si è nascosto dietro il segreto miliare.
Il rapporto del ministero della sanità palestinese parla di 59 corpi di uccisi
arrivati negli ospedali nella giornata di ieri e di 324 feriti. Il totale degli
uccisi a Gaza sotto i bombardamenti israeliani indiscriminati ha superato i 63
mila. I feriti arrivati negli ospedali sono poco meno di 160 mila. A loro vanno
aggiunti i dispersi sotto le macerie.
L’Onu ha dichiarato che resterà a Gaza City nonostante le operazioni militari
israeliane. “Noi e i nostri partner – ha detto il portavoce, Stephane Dujarric –
restiamo a Gaza City per fornire supporto salvavita, con l’impegno di servire le
persone ovunque esse si trovino. Ci aspettiamo che il nostro lavoro – ha
aggiunto – sia pienamente facilitato dalla forza occupante e ricordiamo che i
civili, compresi gli operatori umanitari, devono essere protetti in ogni
momento. Le strutture umanitarie e le altre infrastrutture civili devono essere
ugualmente salvaguardate”.
Dujarric afferma che la decisione di Israele di interrompere le pause tattiche
giornaliere a Gaza City, ora dichiarata “zona di combattimento pericolosa”,
minaccia sia la vita delle persone che la capacità degli operatori umanitari di
agire. I team delle Nazioni Unite hanno riferito che, sebbene le pause avessero
lasciato spazio all’azione umanitaria, “sono stati comunque registrati
bombardamenti nelle aree e nei momenti in cui tali pause erano state
dichiarate”.
L’Ufficio per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA) ha sottolineato che
“le operazioni di soccorso salvavita devono essere rese possibili, non
annullate”. Dujarric ha avvertito che costringere le persone a spostarsi più a
sud rischia di essere “la ricetta per il disastro” ed equivale ad una
deportazione forzata.
Una casa vicina alla Guest House di Emergency è stata bombardata da Israele a
Deir Balah. Sono state uccise 6 persone, un’intera famiglia con 4 bambini. Gli
operatori internazionali sono salvi, ma la struttura ha subito danni. “Lo staff
dell’ong sta provvedendo a rimuovere le macerie cadute durante il bombardamento
nell’ingresso esterno della guest house, macerie che stanno bloccando l’uscita
di veicoli e persone. Non abbiamo ricevuto dalle autorità israeliane nessun
avviso dell’imminente attacco” – ha detto Francesco Sacchi, capo progetto di
Emergency a Gaza, aggiungendo che “Nessuno è al sicuro all’interno della
Striscia di Gaza. Come Ong continuiamo a chiedere il rispetto dei civili e un
cessate il fuoco definitivo”.
Intanto in Cisgiordania proseguono le violenze dei coloni insediatisi
illegalmente, mentre truppe israeliane invadono diverse città palestinesi che
ricadono sotto l’amministrazione dell’ANP. A el-Bira, el-Khalil, Jenin e
Tulkarem i soldati israeliani hanno proceduto ad attività di devastazione delle
infrastrutture urbane con bulldozer e dinamite, per poi passare a rastrellamenti
per l’arresto di militanti e attivisti.
L’esercito israeliano opera da padrone incontrastato del territorio anche a sud
di Damasco, dove non ci sono truppe dell’esercito siriano. Il nuovo governo di
Damasco continua a emettere proclami alla comunità internazionale, che guarda
dall’altra parte.
Il ministro della guerra di Tel Aviv insiste sulla necessità di una
normalizzazione dei rapporti diplomatici con il riconoscimento da parte siriana
dell’annessione del Golan occupato nel 1967 e la costituzione di una fascia
smilitarizzata di sicurezza per Israele su tutta la zona a sud di Damasco. Un
protettorato di fatto sulla Siria che garantirà ad Israele il dominio totale
sulla regione, nella prospettiva del Grande Israele.
Sanzioni turche contro Israele
Il governo di Ankara ha deciso di interrompere le relazioni commerciali con
Israele, vietare alle navi turche di attraccare nei porti israeliani e chiudere
lo spazio aereo turco agli aerei di Tel Aviv. La decisione comunicata dal
ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan. Tra i due paesi gli scambi commerciali
avevano fruttato nel 2023 un valore di 7 miliardi di dollari.
Divieto USA: nessun palestinese all’ONU
Il ministro degli esteri Usa, Rubio, ha annunciato che non saranno rilasciati
visti per la delegazione palestinese in vista dell’Assemblea generale dell’Onu
di settembre che ha all’ordine del giorno la discussione sul riconoscimento
dello Stato di Palestina. Il diniego riguarderà anche il presidente Abbas. Una
misura di prepotenza che viola gli accordi internazionali che regolano l’accesso
ai lavori delle Nazioni Unite.
ANBAMED