
Gaza, la solidarietà dei college non si è spenta
Jacobin Italia - Tuesday, July 8, 2025
Fin dalla primavera del 2025, molti avevano dichiarato morto il movimento studentesco di solidarietà con la Palestina. Dall’elezione di Donald Trump, la repressione è stata rapida e spietata: Mahmoud Khalil, che era diventato il volto dell’accampamento di solidarietà con Gaza di Columbia, è stato arrestato dagli agenti dell’Ice a marzo e trattenuto per 104 giorni in un centro di detenzione della Louisiana. Rümeysa Öztürk, una dottoranda turca alla Tufts, è stata rapita in una strada di Somerville da agenti federali mascherati per aver contribuito a scrivere un testo che chiedeva di tagliare gli investimenti bellici. Alla New York University, undici studenti sono stati sospesi per un anno dopo un sit-in non violento in biblioteca. All’Università del Minnesota, sette studenti hanno rischiato fino a due anni e mezzo di sospensione e una penale di 5.000 dollari per presunti danni.
Il Dipartimento dell’istruzione di Trump ha avviato indagini su sessanta università, lo scopo dichiarato è «combattere l’antisemitismo», quello largamente riconosciuto è mettere a tacere il sostegno alla Palestina. Un campus dopo l’altro ha adottato politiche di «neutralità istituzionale», eufemismo per reprimere il dissenso. Il messaggio è stato chiaro: parlate a favore della Palestina, e perderete la vostra istruzione, il vostro futuro.
Ma alla mia cerimonia di laurea, a maggio di quest’anno, io e i miei compagni di corso non eravamo pronti ad arrenderci. Mentre Chris Canavan, presidente del consiglio di amministrazione dell’Oberlin College, saliva sul podio, mi sono messa in piedi con centinaia di miei coetanei, abbiamo girato le spalle alla cerimonia e abbiamo urlato «Palestina libera». La maggior parte dei laureandi ha partecipato a questo atto di protesta.
Gli studenti hanno utilizzato le cerimonie di laurea come piattaforma di dissenso negli istituti di tutto il paese. Nonostante la profonda repressione dell’attivismo solidale con la Palestina nei campus americani, molti di noi continuano a chiedere che le nostre istituzioni smettano di investire in aziende che traggono profitto dalla campagna genocida di violenza di Israele a Gaza.
In qualità di presidente del consiglio di amministrazione, Chris Canavan svolge un ruolo centrale nella supervisione della gestione del fondo di dotazione di un milione di dollari da parte dell’università. Canavan definisce il tono e l’agenda di ciò che il resto del consiglio di amministrazione definisci importante. Come in molte università, il bilancio di dotazione dell’Oberlin è investito in fondi indicizzati ad ampio spettro, che vincolano l’università a società che traggono profitto dall’assedio incessante della popolazione civile di Gaza da parte di Israele.
Sebbene l’Oberlin non abbia pubblicato l’elenco completo dei suoi investimenti, i modelli di comportamento nei campus e le campagne di disinvestimento degli studenti suggeriscono un’alta probabilità che il college investa in aziende con pratiche condannabili. Tra queste potrebbero esserci appaltatori militari come Lockheed Martin e Northrop Grumman, che forniscono armi e tecnologie utilizzate dall’esercito israeliano, o aziende legate alla costruzione di insediamenti, come Caterpillar Inc. ed Elbit Systems. L’università investe il suo patrimonio in Palantir, l’azienda statunitense di big data il cui software di intelligenza artificiale Israele ha utilizzato per colpire e uccidere civili palestinesi? Non lo sappiamo, perché si rifiutano di rendere pubblici gli investimenti, nascondendosi dietro la poca trasparenza e la complessità dei portafogli preconfezionati.
Da quando le campagne studentesche di solidarietà con la Palestina hanno iniziato a intensificarsi nel 2023, le università hanno risposto alle richieste di disinvestimento degli studenti sostenendo di non scegliere direttamente gli investimenti, mantenendo invece i propri soldi in fondi indicizzati come l’S&P 500 o l’Msci All Country World Index. Gli attivisti studenteschi rifiutano questa passività e la finta mancanza di controllo. Si tratta di un’evasione deliberata che protegge le istituzioni dalle responsabilità, mentre il loro denaro alimenta l’apartheid e la violenza. Utilizzando strumenti finanziari di mercato ampi senza supervisione o screening etico, le istituzioni universitarie si stanno ancora di fatto legando ad aziende come Boeing e Palantir e a tutto ciò che queste aziende rappresentano: come ha dimostrato la nostra protesta durante la laurea, a tutto ciò si oppone la maggior parte degli studenti e delle studentesse.
Alcune associazioni studentesche hanno avuto più successo di noi dell’Oberlin nel rintracciare gli investimenti istituzionali. Un’analisi della Harvard Management Company ha rilevato che l’Hmc ha oltre 194 milioni di dollari investiti in Booking Holdings, che le Nazioni unite collegano direttamente alla costruzione di insediamenti israeliani illegali in Palestina. Gli attivisti hanno costretto l’Università della California a svelare i 32 miliardi di dollari investiti in attività sospette, tra cui produttori di armi che vendono direttamente a Israele. Dalla George Washington University a Cambridge, gli studenti che sono riusciti a denunciare gli investimenti istituzionali stanno confermando che le università sono profondamente coinvolte finanziariamente nell’apartheid, nell’occupazione e nella violenza israeliana.
All’Oberlin, la nostra protesta il giorno della cerimonia di laurea affonda le sue radici nelle nostre richieste di lunga data di trasparenza finanziaria. Vogliamo report periodici sugli investimenti che rivelino quali società gestiscono il denaro dell’università e monitorino nel tempo l’evoluzione delle partecipazioni. Ma la trasparenza è solo l’inizio: in definitiva, chiediamo il completo disinvestimento dalle aziende che forniscono armi, tecnologia e servizi per sostenere la violenza israeliana. Chiediamo che le nostre università incarichino i dirigenti di selezionare pacchetti che eliminino le aziende complici di apartheid, sorveglianza o aggressione militare.
Disinvestire può essere difficile, ma non è un’utopia. L’Oberlin stesso ha recentemente annunciato di essere diventato carbon neutral. Ciò significa che il college non detiene più investimenti in società di combustibili fossili, un risultato ottenuto grazie alla selezione di pacchetti di investimento che escludono le aziende non in linea con gli obiettivi climatici dell’università. Esiste anche un precedente all’Oberlin per l’applicazione di filtri di investimento etici alle preoccupazioni di politica estera: dopo un decennio di attivismo studentesco negli anni Ottanta, l’università ha disinvestito da aziende che facevano affari con il Sudafrica dell’apartheid. A seguito di proteste importanti, tra cui un’occupazione di tre giorni del Cox Administrative Building nel 1987, il consiglio di amministrazione ha finalmente approvato il disinvestimento totale.
La nostra protesta non ha niente a che fare con l’attivismo performativo o con il caos fine a sé stesso. Si trattava di forzare la trasparenza dei conti. Ci siamo rifiutati di celebrare gli amministratori senza mettere in discussione ciò che rappresentano. In un momento in cui studenti in tutto il paese rischiano sospensioni, arresti ed espulsioni per aver espresso il loro dissenso, abbiamo utilizzato la più grande piattaforma a nostra disposizione per esprimere la nostra opposizione.
Da quando, all’inizio di quest’anno, si è intensificata la repressione dell’attivismo universitario in solidarietà con la Palestina, gli amministratori hanno sperato che punizioni severe avrebbero messo a tacere il movimento e che gli studenti si sarebbero infine dedicati ad altre cause. Si sbagliavano. Nonostante ogni tentativo di reprimere il dissenso, gli studenti e le studentesse continuano a mettere in discussione e denunciare la complicità delle loro istituzioni nell’attacco israeliano a Gaza. Non ci lasceremo intimidire e non riusciranno a ridurre al silenzio il ruolo delle nostre università nel finanziamento dell’apartheid e delle stragi.
*Nikki Keating è stata caporedattrice dell’Oberlin Review. Questo articolo è uscito su JacobinMag. La traduzione è a cura della redazione.
L'articolo Gaza, la solidarietà dei college non si è spenta proviene da Jacobin Italia.