Cultura e sostegno per l’accoglienza

Comune-info - Monday, June 23, 2025
Foto Ciac

L’odissea dei rifugiati prosegue in un mare insidioso e ostile, in cui le difficoltà della fuga e dell’espatrio sono moltiplicate dai venti delle false narrazioni e delle politiche ostili. Vale la pena a questo riguardo di richiamare solo qualche aspetto del rapporto annuale che Unhcr ha appena pubblicato in occasione della giornata mondiale del rifugiato. Anzitutto, il 73% dei rifugiati, quasi tre su quattro, sono ospitati in Paesi a basso o medio reddito, non nei paesi “sviluppati” del Nord globale. La maggioranza sono sfollati interni: accolti cioè in una zona più sicura del loro stesso paese. Per esempio nel caso del Congo sconvolto dalla guerra (7,8 milioni di rifugiati), otto su dieci sono rimasti all’interno dei confini. Tra chi attraversa una frontiera, il 67% si ferma nei Paesi confinanti: non hanno né le risorse, né la preparazione, e spesso neppure la volontà di andare più lontano. Molti vogliono semplicemente rientrare nelle loro case. Anche una grave crisi come quella del Sudan (2,8 milioni di rifugiati) sta gravando sui paesi vicini: il poverissimo Ciad (1.1 milioni), l’Egitto (603.000), il Sud Sudan, a sua volta coinvolto in un’aspra guerra civile, oltre che agli ultimi posti nell’indice Onu dello sviluppo umano (488.000).

Quella dell’invasione dell’Europa o del mondo sviluppato è una delle tante fake news che alimentano paura e rifiuto.

In secondo luogo, quasi la metà dei rifugiati sono donne, il 40% minori. A fuggire sono intere famiglie, a volte donne sole con figli piccoli, altre volte minori non accompagnati. È un’umanità dolente e impaurita, non un’onda di rapaci conquistatori. In un panorama globalmente plumbeo (il conteggio è arrivato a 123,2 milioni, sette milioni in più del 2023) spunta anche qualche buona notizia. Quasi 10 milioni di rifugiati (9,8 milioni) sono rientrati nei luoghi di origine, tra cui 1,8 milioni di rifugiati internazionali, anche se non sempre volontariamente.

Il cambio di regime in Siria e le speranze di rinascita del paese hanno contribuito a questo risultato. Quasi 190.000 rifugiati hanno invece potuto reinsediarsi in un paese più sicuro, benché la nuova presidenza Trump metta ora in pericolo questo risultato, il più alto finora registrato. Da alcuni Paesi i flussi di profughi tendono a rallentare, come nel caso afghano: c’è da sperare che non sia solo l’esito di maggiore repressione e minore accoglienza.

In parallelo, Unhcr ha diffuso altro dati, ricavati da un sondaggio internazionale realizzato in collaborazione con Ipsos. Riguardano la disponibilità ad accogliere, e disegnano un quadro meno pregiudizievole di quanto il dibattito politico avrebbe fatto pensare: la maggioranza delle persone intervistate (22.000, in 29 paesi) pensa che i paesi più ricchi dovrebbero assumersi maggiori impegni nel sostenere i rifugiati. In particolare, lo pensa il 67% degli italiani, sia nei confronti di quelli accolti sul nostro territorio, sia verso quelli ospitati da altri paesi. Inoltre, il 49% degli italiani ritiene che la maggior parte dei rifugiati riusciranno a integrarsi con successo, superando i pessimisti (43%).

Altri dati tuttavia sono più contraddittori: il 49% degli intervistati a livello globale vorrebbe la chiusura totale delle frontiere del proprio paese per i rifugiati, anche se in Italia il dato scende a un pur preoccupante 40%. In sostanza, l’opinione pubblica non appare nettamente contraria ai profughi, e lo è tanto meno in Italia. Sembra piuttosto oscillante, contesa fra emozioni contrastanti, incline all’apertura ma indecisa, e quindi manipolabile.

Servono buona informazione, dati obiettivi, narrazioni positive, per sostenere quello spirito di accoglienza che tenacemente persiste nel corpo sociale, malgrado l’infiltrazione delle voci dei seminatori di paura e di arroccamento. Il terreno dell’ospitalità si coltiva con un lavoro culturale di cui si avverte più che mai il bisogno.

Pubblicato su “Avvenire” del 20 giugno 2025 (e qui con l’autorizzazione dell’autore).

Docente di Sociologia dei processi migratori e sociologia urbana all’Università degli Studi di Milano. Tra i suoi ultimi libri L’invasione immaginaria. L’immigrazione oltre i luoghi comuni (Laterza).

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