
I giovani e la carriera militare: riflessioni a margine di un sondaggio
Osservatorio contro militarizzazione di scuole e università - Monday, June 16, 2025Il 29 maggio 2025 veniva pubblicato su www.skuola.net un articolo intitolato Le crisi globali non sembrano spaventare i giovani: 1 su 4 si dice pronto a una carriera “in divisa”. Le ragazze puntano al comando, i ragazzi all’azione.
L’articolo riporta gli esiti di un sondaggio realizzato nell’ambito dell’Osservatorio “Professioni in divisa” da Skuola.net in collaborazione con Nissolino Corsi (si veda https://osservatorionomilscuola.com/2025/01/21/orientamento-scolastico-carriere-militari-italia-assorienta-nissolino/) su un campione di 2.700 ragazze e ragazzi dagli 11 ai 25 anni e di oltre 300 genitori.
Nell’introduzione all’articolo leggiamo che «nonostante i conflitti in corso e le tensioni internazionali, l’interesse dei giovani verso le Forze Armate e di Polizia resta alto. Per il 23% degli interessati a questi percorsi, gli investimenti in campo militare rappresentano una fonte di possibili opportunità». Il dato preoccupante però emerge dalle parole di Emanuele Buscarino, AD della Nissolino Corsi, il quale afferma che «valori, ordine, disciplina […], senso di appartenenza» sarebbero tra le principali motivazioni di questa scelta, legata anche alla ricerca di un “contesto di senso” in un momento storico caratterizzato da precarietà lavorativa ed esistenziale.
Questo passaggio mi ha riportata a una discussione avvenuta in classe alcuni giorni fa. Insegno storia e, parlando con la classe dei mutamenti della guerra nel corso dei secoli, quando siamo arrivati a toccare il tema del reclutamento ne ho approfittato per capire il loro orientamento circa la possibile reintroduzione della leva obbligatoria.
Innanzitutto nessuno sapeva (il che è normale, visto il livello dell’informazione mainstream) che la leva è stata sospesa, non abolita, e che potrebbe essere reintrodotta senza necessità di passaggi parlamentari. In secondo luogo sono emerse da parte degli studenti posizioni nettamente favorevoli al servizio militare, che qui riassumo toccando le loro principali affermazioni (attribuendole all’alliev* 1, all’alliev* 2 etc e all’insegnante):
– Alliev*1: “Prof, secondo me è giusto fare il servizio militare perché abbiamo bisogno di imparare l’obbedienza».
– Insegnante: «A parte che potremmo pensare, con Don Milani, che l’obbedienza non è più una virtù. Ma facciamo finta che lo sia: perché se i genitori o la scuola vi chiedono di essere obbedienti e rispettare le regole voi non lo accettate e andate invece a cercare un’autorità esterna che vi imponga delle regole?».
– Alliev*1: «Ma prof, i genitori e i professori non sono nessuno, cioè, noi vi rispettiamo come persone, ma non pensiamo di dovervi obbedire».
– Insegnante: «E perché no?».
– Alliev*1: «Perché il vostro compito è di farci stare bene».
– Insegnante: «E perché poi volete cercare qualcuno che vi faccia stare male o scegliere un percorso in cui potreste mettere a rischio la vostra vita?».
– Alliev*1: «Per crescere, per fare esperienze nuove, per confrontarci con il mondo».
– Insegnante: «Il mondo è là fuori che vi aspetta e noi lavoriamo per prepararvi ad affrontarlo con curiosità e voglia di conoscenza: andate!».
– Alliev*1: «No, perché se nessuno ci obbliga noi, a parte per le vacanze, non ci allontaniamo dalle nostre famiglie, però per crescere dovremmo farlo».
– Insegnante: «Sono d’accordo sulla necessità del distacco dalla famiglia, ma è anche vero che spesso l’uscita di casa è posticipata dall’assenza di lavoro o dalla sua precarietà, quindi forse la vostra generazione dovrebbe chiedere lavoro e rispetto dei diritti, non di partire per la guerra!».
– Alliev*1: «Noi giovani però non siamo abbastanza grati per quello che lo Stato ci dà e dovremmo imparare a diventare più rispettosi dello Stato e della bandiera, valori che si sono persi, come anche il senso dell’onore e del sacrificio».
– Insegnante: «Lo stato siamo noi, possiamo coltivare lo stesso il rispetto reciproco e a scuola facciamo proprio questo».
– Alliev*1: «No, io intendo una cosa più alta, dobbiamo dare qualcosa allo Stato».
– Alliev*2: «No, scusa, io non voglio dare proprio un bel niente allo Stato, perchè lo Stato non dà niente a me» (chi parla è migrante di seconda generazione, priv* di cittadinanza).
– Alliev*1: «Infatti a te non devono chiedere niente perché non sei nat* qui!».
– Insegnante: «Scusate, ma perché non possiamo fare qualcosa per la comunità senza che ci sia di mezzo l’esercito?».
– Alliev*1: «Perché poi non lo facciamo, perché non siamo obbligati, quindi è necessario che qualcuno ci obblighi».
– Insegnante: «Quindi avete una visione così negativa dell’essere umano da pensare che non possa fare nulla per gli altri se non obbligato?».
– Alliev*1: «Prof, bisogna essere realistici, le persone sono egoiste, la guerra esiste ed è sempre esistita, qualcuno dovrà pure difenderci in caso di attacco».
– Insegnante: «Anche a costo di entrare in un meccanismo che potrebbe metterci nelle condizioni di uccidere ed essere uccisi».
– Alliev*1: «Sì prof, perché se la mia famiglia e la mia patria sono attaccati da qualcuno, io mi sento in dovere di uccidere e quindi è giusto essere addestrati a farlo».
– Insegnante: «Ma percepite davvero una minaccia così forte da ritenere necessario tutto questo?».
– Alliev*1: «Forse nell’immediato no, però consideri che il servizio militare serve anche a migliorare tutta la società, per esempio saremmo tutti più disciplinati, più precisi, forse ci sarebbero anche meno femminicidi».
– Insegnante: «Cosa c’entrano i femminicidi?».
– Alliev*1: «C’entrano con il fatto che i maschi non sanno controllare i propri impulsi e che se fossero addestrati invece sarebbero in grado di farlo».
– Insegnante: «Ma siete consapevoli che una delle ragioni della sospensione della leva è stata l’indicibile quantità di violenze legate al nonnismo? Sapete che in un contesto in cui si viene addestrati alla violenza la disponibilità a essere violenti è maggiore, non minore?».
– Alliev*1: «Il nonnismo serve a farci sentire parte di un gruppo e questo è positivo perché noi come generazione siamo individualisti».
– Insegnante: «Ci sono ragazzi morti o traumatizzati a vita a causa del nonnismo!».
– Alliev*1: «Beh certo non bisogna esagerare, ma il principio non è sbagliato, e poi consideri che siccome le femmine hanno voluto la parità di diritti ci sarebbero anche loro e quindi forse ci sarebbe meno aggressività».
– Insegnante: «Non è detto: avete presente di che crimini sia siano macchiate le soldatesse presenti ad Abu Ghraib?».
L’insegnante spiega alla classe a cosa si faccia riferimento, visto che nessuno è a conoscenza dei fatti citati. La conversazione si perde a questo punto, fino a che non viene introdotto un nuovo tema, quello economico
– Alliev*3: «Io volevo dire che i soldati dovrebbero essere pagati più delle altre persone perché lavorano per la comunità».
– Insegnante: «Scusami, e io non lavoro per la comunità?».
– Alliev*3: «Sì ma è diverso, perché lei non salva vite».
– Alliev*2: «La prof no, ma i medici? Gli infermieri?».
– Alliev*3: «Loro sì, ma non rischiano la vita, quindi comunque i soldati dovrebbero avere dei privilegi».
– Insegnante: «Già li hanno: sia loro che le loro famiglie».
– Alliev*3: «Ed è giusto così».
Suona la campanella, il dibattito si conclude. Questo scambio è realmente avvenuto, nonostante la necessità di sintetizzarlo mi abbia indotta a riassumere le posizioni espresse.
Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università