Il cacciatore uccide sempre per giocare

Comune-info - Friday, June 6, 2025

Il 31 maggio, Danilo Baldini, referente LAC Marche (Lega Anticaccia), e da anni attivista animalista, ha trovato nel campo adiacente la sua abitazione a Matelica (MC), la carcassa di una capriola con la testa mozzata. “In un primo momento si era pensato a un incidente – osserva la Lac in una nota – visto che in questo periodo si svolgono le falciature del fieno e dell’erba e siccome i piccoli dei caprioli, per non farli localizzare dai predatori, vengono lasciati dalle loro madri in mezzo all’erba alta, spesso purtroppo finiscono maciullati dalle falciatrici. Ma questa ipotesi è stata subito scartata, sia perché la carcassa della povera bestiola si trovava in un punto dove non vi era stato il taglio dell’erba, sia perché le falciature nei terreni vicini erano avvenute molti giorni prima, mentre la povera capriola era stata uccisa da poche ore, visto che ancora sanguinava e non presentava nessuna altra ferita nel resto del corpo e del tutto priva di morsicature o strappi che potrebbero far pensare ad una predazione da parte di un lupo, il quale non si sarebbe limitato a mangiare la testa.

La conferma ufficiale che la decapitazione della capriola fosse opera di mano “umana” è arrivata, poche ore dopo il ritrovamento, da parte del di Angelo Giuliani, responsabile scientifico ed operativo del CRAS Marche, che era stato subito allertato, insieme ai Carabinieri Forestali di Fabriano, poi intervenuti sul posto per un sopralluogo. Peraltro trattandosi di una femmina, è venuta meno anche l’idea che l’animale fosse stato decapitato con lo scopo di tenersi la testa come un “trofeo” di caccia visto che, a differenza del maschio, la femmina di capriolo è priva di corna. Quindi resta solo l’ipotesi dell’atto di intimidazione o di ‘avvertimento’”.

L’esame autoptico e le indagini dell’autorità giudiziaria, nei prossimi giorni stabiliranno con precisione la dinamica dei fatti. Danilo Baldini da anni è in prima linea su temi che riguardano la difesa degli ecosistemi, e non è la prima volta che si trova ad essere intimidito e minacciato. Per chi si espone come fa lui, quando si è vittima di certi fatti, non si ha certo bisogno della chiusura delle indagini per sapere chi possa essere stato. Anche perché se per la legge è molto probabile che alla fine si sarà trattato di ‘ignoti’, chi subisce sa ‘a pelle’ chi siano i ‘noti’.

Ma quanto è accaduto va letto in un clima generale che nelle Marche, e probabilmente non solo, si respira relativamente all’attività venatoria. Da quando la destra è al governo della Regione, per ragioni di ricerca o consolidamento del consenso, i partiti di governo hanno fatto della questione venatoria uno dei temi operativi e comunicativi principali. C’è quasi una sorta di competizione tra le componenti della coalizione, (FDI, Lega e FI) a chi ‘promette’ di più ai cacciatori. Non che il centrosinistra sia stato meglio negli anni passati, specie in casa Pd e in quel che resta del partito socialista, dove ai voti dei cacciatori ci si è sempre tenuto. Lo sa bene l’ex assessore alla caccia Moreno Pieroni, che fu il primo a inaugurare scambi epistolari diretti con i cacciatori. Ma dalla conquista Regione, avvenuta nel 2020, sarebbe stato difficile aspettarsi qualcosa di meglio, quando l’assessore regionale all’ambiente, Stefano Aguzzi, ex PCI ma da anni in FI, è un irriducibile cacciatore che non si dimentica di fare gli auguri istituzionali di buon anno ai suoi particolari elettori; o quando l’attuale presidente della commissione agricoltura alla Camera, ma assessore alla caccia in giunta regionale fino al 2022, il leghista Mirco Carloni, ha storici rapporti con le associazioni venatorie, e ha fondato l’attività politica grazie al consenso dei cacciatori; tra l’altro la rinomata e storica “Osteria della Peppa di Fano, della famiglia dell’onorevole Carloni, vanta una consolidata proposta gastronomica a base di cacciagione (cinghiale, capriolo, cervo). Una politica regionale spalleggiata e sostenuta da Coldiretti, che ha fatto del problema dei cinghiali la propria missione corporativa, dimenticando i veri e gravi problemi degli agricoltori di questa regione, dovuti alla crisi climatica: la mancanza d’acqua, siccità, ondate di calore a alluvioni.

Spiace molto che un sindacato agricolo, che ha fatto la storia del movimento contadino, sia divenuto in questi la claque del ministro Lollobrigida. L’azione  di lobbing politica, spesso trasversale,  quindi da anni soffia eccitando le associazioni venatorie, sempre più alla ricerca di fondi e di cacciatori: un’estrema minoranza di cittadini maschi adulti italiani che è capace di condizionare un governo nazionale, e unitamente a questo i governi regionali. Prendendo come riferimento le Marche, meno di un milione e mezzo di abitanti, i cacciatori sono meno di 17.000, l’1,14% della popolazione. La categoria di cittadini a cui ci stiamo riferendo, di cui oltre il 70% ha un età sopra i 65 anni e solo il 5% ha meno di 35, sono i cacciatori. Mentre, rispetto ai quasi 59 milioni abitanti del nostro Paese, stiamo parlando di circa 470.000 italiani, lo 0,79% della popolazione. Eppure questa corporazione, che si ostina ad uscire di casa all’alba per sparare a degli esseri viventi, a loro detta per passione e divertimento, e autodefinendosi ‘custodi delle biodiversità’, ha un forza di lobbing che difficilmente è riscontrabile in qualsiasi altra categoria. E la politica nazionale e regionale, di destra, centro e sinistra, è disposta a molto pur di ingraziarsi e fidelizzare il voto dei cacciatori e delle loro famiglie. Questo perché la caccia è un affare, un business che riguarda non solo l’attività venatoria in senso stretto, ma l’industria delle armi (non a caso ad esempio Fiocchi Fiocchi uno dei maggiori produttori di armi in Italia, è eurodeputato eletto con Fratelli d’Italia), e quella della ristorazione (dal cinghiale alle specie volatili).

Ma il “colpo di grazia”, per usare un’espressione in tema, agli ecosistemi naturali lo darà, se approvato, il disegno di legge presentato dal governo Meloni, che rischia di aggravare la macelleria italiana che ogni anno l’attività venatoria causa in Italia, senza contare l’inquinamento da piombo nell’ambiente (certificato da rapporti ISPRA) e le vittima umane collaterali. Infatti, purtroppo, oltre a sparare a specie animali senzienti, i cacciatori si sparano anche tra di loro, creando gravi incidenti anche a persone estranee. Complessivamente, nel periodo dal 1° settembre 2024 al 30 gennaio 2025, sono stati registrati 62 incidenti, di cui 14 mortali. Sul fronte dei feriti, nel 2024 si è registrato un calo, con 34 feriti rispetto ai 53 dell’anno precedente. 

La proposta di legge, che intende stravolgere la L. 157/92, prevede il prolungamento della stagione di caccia all’intero mese di febbraio (per alcune specie a oggi si interrompe a fine gennaio, per poche altre a metà febbraio), nel pieno della stagione di migrazione preriproduttiva di molte specie, mentre altre sono già in riproduzione. C’è la possibilità di cacciare anche in aree dove finora era in larga parte vietato, come le aree demaniali, (ad esempio spiagge, zone umide, praterie), mettendo i cacciatori negli stessi spazi di chi fa trekking, ciclismo, passeggiate, o raccolta funghi. Tra le novità c’è l’autorizzazione per nuovi appostamenti fissi, cioè nuove aree occupate in maniera permanente dai cacciatori, in cui si concentreranno enormi quantità di piombo nell’ambiente, o il fatto che si potrà cacciare anche dopo il tramonto, quando è impossibile distinguere un animale dall’altro (o accertarsi che non ci siano persone in giro). Il governo vuole riaprire gli impianti di cattura dei richiami vivi, cioè gli animali la cui condizione di vita verrà trasformata in modo permanente in esca, eliminando ogni limite nel possesso di uccelli da richiamo provenienti da allevamento. Si vuole riconoscere la licenza di caccia a cittadini stranieri, senza alcuna formazione sulle regole italiane, in un’idea di turismo distorta e coloniale. Si vuole consentire la braccata sui terreni innevati così da poter seguire le tracce degli animali. Insomma, si va verso un ritorno al più greve istinto umano paleolitico.

In questi giorni le associazioni ambientaliste e animaliste si stanno mobilitando, considerato che poi in Italia, i cacciatori sono invisi alla stragrande maggioranza della popolazione: dati Eurispes 2024 raccontano di un 73% degli italiani contrario alla caccia. Ma le lobby e il denaro che gira intorno a questo mondo continua a tenere sottomessa la politica. Ed è anche il motivo perché dall’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, ogni iniziativa referendaria per abrogare la L. 157/92 è naufragato, ed i migliori boicottatori furono i partiti di sinistra, dal PDS fino al PD. 

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