Papa Francesco, Papa Leone XIV, la Chiesa cattolica e noi

Pressenza - Wednesday, May 14, 2025

Occuparsi di cosa accade nella Chiesa cattolica come istituzione, come potere, gerarchia e struttura millenarie non è perdere tempo. Interessa noi, di sinistra sociale e politica alternativa. Perché da come si muove questa entità dipendono molti destini, molta politica, molto assetto geopolitico e anche molta cultura.

In un mondo per più versi abbondantemente secolarizzato, soprattutto in Occidente, Usa ed Europa, il bisogno religioso sopravvive. Nella secolarizzazione imperfetta qui si esprime con altri mezzi, in forme anche non-religiose. In gioco è la sempre umana ricerca di identità e di appartenenza, anche in forme alienate. E questo avviene in sette esoteriche, nei consumi, nel tifo sportivo, nella cosiddetta New Age, in maghi e maghe, cartomanti, santoni, nella cultura del corpo, nella cultura del narcisismo ecc.  Soprattutto in ciò che rimane del mondo rurale del Nord Globale, nelle forme tradizionali, la Chiesa cattolica come seguito di fedeli, resiste, ma molto resiste nelle periferie del mondo.

La Chiesa è un’organizzazione piramidale nata come religione di Stato nel 380 d. C. con Teodosio e dal disfacimento dell’Impero Romano, ereditandone pertanto struttura e monarchia assoluta, anche nel solo titolo del capo come Pontefice Massimo. Struttura complessa e molto articolata non solo in cardinali, vescovi, presbiteri, preti, diaconi ecc, bensì soprattutto in ordini religiosi, congregazioni, uffici, settori ecc., a loro volta con le proprie gerarchie e articolazioni.

La Chiesa comprende tutto. Dall’Inquisizione, dalle torture e dai roghi per eretici e per le cosiddette streghe, ai vescovi feudatari, ai papi capi di eserciti combattenti, ai feroci colonizzatori e oppressori nei vari continenti, alle gerarchie ecclesiastiche benedicenti i fascisti italiani, i franchisti in Spagna, le bandiere naziste in Germania, a Marcinkus e allo Ior, alla finanza cattolica, a Calvi ecc. Ma comprende anche preti e gerarchie  coinvolte nelle eresie, nel francescanesimo, nel solidarismo cattolico, nei movimenti di liberazione, fino alla Teologia della Liberazione.  Comprende Opus Dei, Legionari di Cristo, Comunione e Liberazione, Cammino neocatecumenale, ma anche Focolarini, Comunità di Sant’Egidio ecc.

Naturalmente, è banale dirlo, un conto è il gaudente abusatore Alessandro VI (papa Borgia), il gaudente Marcinkus, l’anticomunista fanatico Wojtyla e un conto sono Francesco, Thomas Müntzer, don Milani, dom Franzoni, Gustavo Gutierrez, Leonardo Boff e via elencando.

Jorge Mario Bergoglio

Lo spettacolo di ipocrisia dispiegato dai potenti, dai governanti, dai media in occasione della morte e delle esequie di Papa Francesco rimane come marchio indelebile a futura memoria.

La vicenda di Jorge Bergoglio è esemplare. Viene dal potente processo inaugurato dal Concilio Vaticano II, voluto da Giovanni XXIII e proseguito da Paolo VI con la pietra miliare dell’enciclica Populorum Progressio nel senso della necessaria e purificatrice “decolonizzazione” e della liberazione dei popoli oppressi. Viene dopo il reazionario Wojtyla e dopo il curiale e conservatore Ratzinger. Viene dalle periferie del mondo.

Ancor prima di essere il massimo esponente di un’istituzione così compromessa qual è stata ed è la Chiesa cattolica, Bergoglio-Francesco è stato ed è un essere umano. Un essere umano è la sua storia. Quello che riceve dal suo contesto, dai suoi familiari, dalla sua comunità, dal contesto sociale in cui si viene a trovare, dalle sue esperienze, dallo spirito del suo tempo.

La Teologia della Liberazione ha sempre sostenuto che il prete, oltre a evangelizzare, oltre a dare testimonianza del sovversivo messaggio evangelico, è evangelizzato a sua volta. I poveri, gli oppressi, gli ultimi lo convertono, lo evangelizzano. Se si attarda a vivere nei privilegi, invece di servire, invece di essere al servizio, viene servito e cooptato dalle infinite sfumature del Potere.

Jorge Bergoglio nasce nel contesto argentino, in un ambiente sociale al confine tra élite dominante e classi sociali dominate. Discende da immigrati italiani, conosce la condizione del migrante, diviene gesuita. È gesuita. Poi le periferie, le favelas di Buenos Aires, i diseredati di quel mondo così abbandonato lo costringono a fare la scelta definitiva. Al momento giusto, quando viene scelto come Papa, diviene Francesco.

Essere gesuita nella seconda metà del Novecento significa ricevere la lezione di padre Pedro Arrupe e poi in seguito del cardinale Carlo Maria Martini, he ha costituito la figura esemplare del “teologo” e del “pastore”, uniti e non disgiunti, capace di scardinare molti blocchi della Chiesa. La vicinanza ai lavoratori e alle lavoratrici, alle donne (il primo della gerarchia che ha parlato di sacerdozio delle donne…), il suo appello alla “collegialità” (oggi si dice “sinodalità”) per farla finita una buona volta con la monarchia assoluta, retaggio dell’Impero.

Essere uomo. Bergoglio vuole essere Francesco come simbolo della semplicità, dell’umiltà e della povertà e ciò aggiunge molto al suo essere gesuita. La scelta radicale per la pace, contro la guerra e contro i fabbricanti di armi, per i migranti, per gli omosessuali, per i carcerati, per il dialogo interreligioso, per la giustizia sociale e per la giustizia ambientale, per le periferie del mondo ecc. gli hanno procurato tanto consenso, tanta simpatia, da credenti e da non credenti, da uomini e da donne di buona volontà.

La profetica enciclica “Laudato si’” del 2015 rimane come documento fondativo di una radicale visione e pratica del mondo, quasi da “altermondialista”. Contro la logica del capitalismo e del neoliberismo, contro l’imperialismo, per la giustizia sociale e per la giustizia ecologico-climatica, per la fratellanza universale, tra esseri umani e tra esseri umani e la natura. Un documento “divisivo” accolto con entusiasmo da sinistra, da chi lotta per la giustizia sociale, per la protezione del bene comune, dagli ambientalisti, da chi lotta contro il cambiamento climatico. Il clerico-fascismo, i reazionari, le gerarchie irriformabili, in primo luogo della Curia romana, invece, si sono dati da fare per non far circolare tra i fedeli e far discutere nelle parrocchie l’enciclica.

Francesco è stato “divisivo”. Parola e contenuto così avversate dagli ipocriti del politically correct, dai contemporanei scribi e farisei. Egli ha separato. Inevitabilmente. Tutti i residui, oltremodo attivi entro il cattolicesimo, del clerico-fascismo, tutti i benpensanti liberali lo hanno avversato. I guerrafondai lo hanno deriso, lo hanno anche odiato. Tanti cardinali e tanti vescovi statunitensi, ambienti della curia romana, il Potere per eccellenza, sionisti e massacratori israeliani, con la solita accusa di antisemitismo, atlantisti che non gli perdonano le sue parole, soprattutto all’inizio della guerra, la sua equidistanza nella stessa guerra in Ucraina. La Nato che abbaia alle porte della Russia…

Ha reso omaggio nel 2017 a don Lorenzo Milani in occasione dei 50 anni dalla sua morte e da Lettera a una professoressa, salendo a Barbiana e, solitario, pregando sulla sua tomba.

Certo, anche i profeti hanno i loro limiti di tempo e di spazio. Chiedere a Bergoglio di respingere tutte le sirene dei “falsi difensori della vita”, di pronunciarsi su aborto, su eutanasia e su fine vita, sul sacerdozio delle donne, sulle finanze, palesi e occulte, del Vaticano, sui dossier di Emanuela Orlandi, l’andare fino in fondo sugli abusi sessuali di esponenti della Chiesa ecc. è chiedere un po’ troppo. L’inerzia storica della Chiesa-istituzione è un blocco, un macigno troppo grande. I tempi della Chiesa-istituzione non sono tempi umani. Bergoglio, rivoluzionario quanto basta.

Bergoglio-Francesco ha scardinato molto. Troppo, dicono i liberali benpensanti alla Paolo Mieli, alla Massimo Franco del Corsera. Con la ridicola svalorizzazione di Bergoglio quale “pastore” con poca cultura, non “teologo” alla Ratzinger. Francesco al contrario è stato “pastore” e colto, fine teologo della Chiesa nel mondo, nel secolo, nel cammino di Liberazione.

Robert Francis Prevost

Di contro ai fiumi di parole, a tutte le analisi dispiegate attorno alla figura di Robert Francis Prevost, oggi Papa Leone XIV, un poco di sobrietà.

Occorre sempre capire quali trattative e quali scambi sono intercorsi prima nelle Congregazioni e poi dentro il Conclave, ma non lo sapremo mai. Alla fine, con sorpresa, viene eletto questo cardinale. Il primo statunitense (basta, una buona volta, con “americano”…), ma anche il primo peruviano come seconda nazionalità.

La doppia natura di Leone XIV. Sembra che sia stato designato dallo stesso Francesco, anch’egli con l’esperienza delle favelas e dei diseredati nel suo essere missionario in Perù. Agostiniano, e quindi molto vicino alla semplicità e alla povertà dei francescani. Ma secondo taluni, liberali benpensanti, il partito dell’ordine, Prevost è incaricato di riportare tutto alla Chiesa-istituzione, con tutti i suoi riti, tutti i suoi simboli, dopo l’“avventura” di Francesco. Di aprirsi al mondo e ai suoi problemi (extra muros), certo, ma con un’attenzione particolare alla vita interna della Chiesa (intra muros). Teologia e non pastoralità.

Ha parlato da subito di pace, di sinodalità, di continuità rispetto a Francesco, ma lo attendiamo alla prova dei fatti. Pace e guerra, Palestina, le sfide geopolitiche, la povertà della Chiesa, l’ascolto del popolo dei fedeli, il dialogo interreligioso, il dialogo col mondo, con i tanti non-credenti, ma alla ricerca di spiritualità, di giustizia in un mondo senza cuore e senz’anima, pericolosamente alla deriva.

Il Vangelo del Gesù storico, delle strade e dei villaggi della Galilea povera, di un povero tra i poveri e gli emarginati contro il Tempio dei Sadducei e degli scribi e farisei. La teologia come atto secondo rispetto a un pastore militante “che ha lo stesso odore del suo gregge” (come diceva Francesco). Il potente messaggio del Vangelo reso vivo e operante nel mondo contemporaneo.

Giorgio Riolo