25 anni dalla Guerra dell’acqua

Comune-info - Friday, May 2, 2025

Quando la sensazione di angoscia e impotenza per i tempi che viviamo sembra soffocante dovremmo ricordare quello che è accaduto nell’aprile del 2000 e che nessuno aveva previsto. Il neoliberismo fu delegittimato da migliaia di persone comuni: la Guerra dell’Acqua ha avuto il suo epicentro in un paese ignorato da quelli che sono in alto, la Bolivia, e ha riunito i contadini irrigatori, i quartieri di Cochabamba che avevano creato i propri sistemi idrici e i minatori con la loro cultura sindacale. Questa alleanza è stata capace di dimostrare tutta la sua potenza nello spiegamento di mobilitazioni di massa che hanno neutralizzato la repressione e costretto il governo a sospendere la privatizzazione del servizio di acqua potabile, affidata alla multinazionale Bechtel con il sostegno della Banca Mondiale. “Hanno dimostrato soprattutto che è possibile combattere senza leader o partiti – scrive Raúl Zibechi – e che un popolo organizzato è capace di grandi trionfi da solo…”

Foto di Massimo Tennenini

Fu uno dei più grandi punti di svolta della nostra storia recente. Con epicentro a Cochabamba, in Bolivia, la Guerra dell’Acqua inaugurò una nuova fase nelle lotte popolari in America Latina. Non solo è riuscito a delegittimare il neoliberismo, ma, ponendo al centro l’orizzontalità e l’obbedienza dei leader alla base, ha segnato profondamente il ciclo di lotte iniziato nel 2000 e culminato nella caduta dei governi privatizzatori.

La Guerra dell’Acqua riunì i contadini irrigatori, i quartieri di Cochabamba che avevano creato i propri sistemi idrici e i sindacati più importanti della città. Questa alleanza, pressoché irripetibile, è stata capace di dimostrare tutta la sua potenza nello spiegamento di mobilitazioni di massa che hanno neutralizzato la repressione e costretto il governo a sospendere la privatizzazione del servizio di acqua potabile, affidata alla multinazionale Bechtel con il sostegno della Banca Mondiale.

Nella parte meridionale della città, i migranti provenienti dalla regione andina, che avevano già costruito le loro case, aperto le loro strade e iniziato a costruire servizi, cominciarono a organizzarsi nei sistemi idrici. Grazie al contributo della comunità, costruirono le loro fonti di acqua sotterranea (pozzi di perforazione), i loro serbatoi di stoccaggio e le loro reti di distribuzione. Facevano tutto con spirito di solidarietà, senza fini di lucro e prendendo decisioni che venivano poi verbalizzate.

I membri della comunità si fecero carico della gestione dei sistemi idrici e si fecero carico degli aspetti tecnici, sia formandoli sia chiedendo aiuto agli specialisti. La rotazione era una pratica costante, poiché la popolazione della parte meridionale della città proveniva dalle regioni rurali e dai minatori trasferiti, entrambi settori profondamente radicati nelle tradizioni e nelle pratiche della comunità. Mentre i minatori contribuivano con la loro antica e combattiva cultura sindacale, i contadini contribuivano con la loro visione del mondo andina basata sulla solidarietà.

Il primo sistema urbano di acqua potabile fu realizzato nel 1990. Ho potuto conoscere Fabián Condori, uno dei suoi fondatori, grazie a Óscar Olivera, che all’epoca dirigeva il sindacato degli operai della fabbrica e da lì ebbe un ruolo di primo piano nella rivolta contadina, operaia e popolare. “Ogni famiglia contribuiva con un boliviano al mese per esplosivi, attrezzi e spazio per l’ufficio. Ogni famiglia doveva scavare sei metri al mese a una profondità di mezzo metro, il tutto in terreno roccioso, un lavoro molto duro e lento che richiedeva tre anni di sforzi”, ha spiegato Don Fabián.

Durante i tre anni che hanno richiesto il lavoro, si tennero 105 assemblee, una ogni 10 giorni. “Il problema era che la gente non aveva tregua. Tornavano a casa dal lavoro per lavorare. Ogni famiglia doveva contribuire per 35 giornate lavorative di otto ore. Qualsiasi membro della famiglia poteva lavorare, ma erano soprattutto le donne a lavorare. Tutti avevano le vesciche ed erano molto stanchi. Piccone, pala, carriola, setacciare il terreno, compattare: era tanto, tanto lavoro. Mi sono reso conto che le donne sono più laboriose”, ha ricordato Fabián quando aveva quasi 80 anni.

L’altro ramo, quello degli irrigatori, è costituito da contadini che possiedono fonti d’acqua proprie, come fiumi, laghi e pozzi, che gestiscono da prima dell’arrivo degli spagnoli. Per superare la frammentazione dovettero organizzarsi su scala regionale. Per quattro anni, tra il 1994 e il 1998, le associazioni locali di irrigazione hanno condotto una “guerra dei pozzi” in difesa delle loro fonti, che ha portato a un rafforzamento delle associazioni e a un aumento del coordinamento regionale.

Mentre si avvicinava la privatizzazione di tutto ciò che avevano costruito per decenni, contadini e quartieri urbani formarono la “Coordinadora en Defensa del Agua y la Vida”, una convergenza di due culture organizzative e di lotta molto simili, ancorate all’autonomia di ogni collettivo locale e al coordinamento per la lotta con livelli molto bassi di burocratizzazione o, se preferite, dove la democrazia diretta giocava un ruolo importante.

La Coordinadora guidò i blocchi, le manifestazioni e la serie di lotte che portarono a una schiacciante vittoria nell’aprile del 2000, dimostrando al mondo che “sì, ce la possiamo fare” se ci sono organizzazione collettiva e determinazione. Quell’anno si verificò la rivolta delle comunità Aymara dell’altopiano boliviano (su cui nel 2007 Raúl Zibechi ha scritto il libro Disperdere il potere, ed. Intra Moenia/Carta, ndr) e l’anno successivo si verificò la rivolta del popolo argentino, il 19 e 20 dicembre 2001: una vera e propria ondata di vittorie dal basso.

I guerrieri dell’acqua si resero presto conto che non si trovavano di fronte alla tradizionale alternativa tra stato e privato, che era sempre stata limitata e confusa. Proposero la proprietà “comunitaria” per la gestione del servizio idrico, in modo da non dipendere dallo Stato ma dalla popolazione organizzata. Non è pubblico, anche se secondo la legislazione e alcuni gruppi di sinistra sarebbe “privato”; come tutto ciò che non è di proprietà statale in questa visione del mondo.

Soprattutto, hanno dimostrato che è possibile combattere senza leader o partiti e che un popolo organizzato è capace di grandi trionfi da solo.

Pubblicato anche su La Jornada (traduzione di Comune)

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