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Per una strategia mondiale dell’acqua al servizio  dell’umanità e della comunità  globale della vita della Terra
 Il 28 luglio si celebra il  15° anniversario della storica Dichiarazione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 28 luglio 2010 che riconosce il diritto umano universale all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari. In questa occasione, ed anche in vista della nuova conferenza internazionale sull’acqua delle Nazioni Unite nel dicembre 2026, l’Agorà degli Abitanti della Terra ha trasmesso all’attenzione di Antonio Guterres, Segretario Generale dell’ONU, una lettera-memorandum (24 pagine) sul  tema Resilienza mondiale e l’acqua per la vita.   L’obiettivo è di presentare un  pacchetto di  cinque iniziative da prendere con forza e immediatamente allo  scopo di intervenire  sulle cause strutturali ,alle radici, della crisi mondiale della vita. Il cambiamento disastroso del clima e, conseguentemente, la crisi dell’acqua, in concomitanza con l’esplosione del sistema internazionale stravolto dalle proprie logiche di guerra,  di dominio e di esclusione (più di 4 miliardi di persone  prive di ogni protezione sanitaria),più Gaza, Sud Sudan, Congo, Trump… testimoniano   della gravità della crisi  n cui versa oggi la vita dell’Umanità e del Pianeta. Il  bloccaggio: i gruppi sociali forti che hanno il potere ed il controllo delle priorità, soprattutto quelli  USA (ed europei in sudditanza) non  vogliono e sono incapaci di realizzare i necessari cambiamenti strutturali del loro sistema. La convinzione alla base delle proposte contenute nella lettera-memorandum è che non solo è doveroso ma, soprattutto, è possibile arrestare il disastro climatico, come anche le guerre e le ineguaglianze, malgrado il  bloccaggio dei  dominanti. La convinzione è nutrita da tre evidenze su cui purtroppo  bisogna insistere per l’ennesima volta.  Primo. la stretta relazione esistente tra l’ aumento della temperatura media dell’atmosfera terrestre di più di 1,3°C  (dati del 2023) rispetto all’inizio dell’era industriale e  lo scombussolamento completo del clima.  Secondo, la principale causa (ma non la sola) del riscaldamento della Terra è costituito dall’immensa quantità di emissioni di gas a effetto serra superiore alla capacità di assorbimento da parte della Terra.  Terzo, il fattore principale di dette emissioni  specie negli ultimi  cento anni, è stato e resta la produzione e l’uso  di  energie fossili su cui  si è fondato lo “sviluppo” del sistema tecnologico ed economico  dominante occidentale, all’insegna della crescita  economica predatrice di tutte le risorse del pianeta. Un  insieme di  fattori e di interrelazioni di natura antropica. La natura non  c’entra un granché. Solo le società  umane potranno risolvere il problema  del cambio del sistema. Esse sono bloccate al livello degli obiettivi della  mitigazione degli effetti e dell’adattamento alle situazioni di crisi destinate  ad accentuarsi. Non sono  capaci, non vogliono, andare oltre, verso il cambio strutturale. Ciò  spiega il fallimento delle iniziative prese negli ultimi quarant’anni dette “contro” il cambiamento climatico: le due Agende dell’ONU  2000-2015  e 2015-2030 e le 30 COP-Clima,  le 16 COP-Biodiversità e le 15 COP-Deforestazione.   Tocca ai cittadini (di tutti i paesi)  ed ai popoli  della maggioranza degli Stati membri dell’ONU, che sono le vittime  della crisi globale del sistema, di battersi e creare  le condizioni per l’adozione di misure che mettono in movimento i processi d’inversione delle tendenze attuali e di liberazione della comunità globale di vita della Terra dalla predazione da parte dei gruppi  sociali dominanti.    Le cinque  iniziative proposte  Prima iniziativa. Anzitutto la sicurezza globale della vita: l’arresto immediato delle emissioni di gas serra senza alcuna eccezione, e dichiarare fuorilegge qualsiasi attività che vada nella direzione opposta. La maggioranza degli Stati dell’ONU deve proclamare che, di fronte all’imperativo della sicurezza collettiva planetaria, non esiste la sovranità della libertà delle imprese, dei mercati azionari, delle tecnologie, degli Stati. Seconda Iniziativa  Porre fine al diritto di appropriazione privata e commerciale della vita. È necessario abolire i brevetti sugli organismi viventi a titolo privato e a scopo di lucro.  La brevettabilità è stata una delle decisioni unilaterali della Corte Suprema degli Stati Uniti, diventata poi collettiva, più malsane degli ultimi 100 anni delle società occidentali. La brevettabilità del vivente ha contribuito ad accelerare la mercificazione e la privatizzazione generalizzata di ogni forma di vita. I brevetti sono alla base delle logiche di guerra e di dominio tecnologico ed economico-militare. È illusorio pensare di poter risolvere nell’interesse generale delle popolazioni i  problemi come il disastro climatico mondiale e la scarsità di acqua per la vita, senza liberare la vita del pianeta dal potere di appropriazione,  decisione e uso privato delle risorse materiali e immateriali . Terza iniziativa. “Liberare l’acqua del Pianeta dall’avvelenamento chimico. Ridare vita all’acqua”. I fiumi, i laghi, le zone umide, le falde acquifere – le “arterie della Terra” – si stanno prosciugando, morendo o la loro acqua non è più utilizzabile per uso umano perché avvelenata. La contaminazione chimica tossica  non risparmia nessun corpo idrico. E   I PFAS i TFA sono dappertutto. Nuociono gravemente  alla salute degli umani  e della natura. Generano paura e sfiducia. La contaminazione chimica costituisce un vero e proprio ecocidio del pianeta. L’eliminazione totale degli inquinanti eterni non può essere procrastinata per difendere gli interessi del mondo industriale, e  sacrificata sull’altare della competitività all’era della ri-industrializzazione dell’economia mondiale. La maggioranza degli Stati dell’ONU deve intervenire proclamando lo stato di emergenza delle acque del Pianeta e convocare un’Assemblea mondiale straordinaria degli abitanti della Terra per l’attuazione di un piano mondiale di disintossicazione del pianeta.  Quarta iniziativa. Rigenerare le acque della Terra. Smettere di soffocarle, La caratteristica vitale delle acque è  di scorrere.  Attualmente esistono più di 50.000 grandi dighe in tutto il mondo, di cui 19.000 di vecchia costruzione. I grandi fiumi sono tutti “tagliati” da decine di dighe. Uno degli effetti principali delle dighe e delle altre barriere di inquadramento dei fiumi è rappresentato dal loro “soffocamento”. Le dighe riducono la normale circolazione dell’acqua nel corpo della Terra. La crescente artificializzazione delle interruzioni dei flussi provoca numerose crisi di circolazione, embolie delle “arterie” della Terra. Nel corso degli anni, la portata si riduce, i fiumi si prosciugano, non portano più le loro acque al mare, la salinità dei loro delta aumenta pericolosamente, i pesci scompaiono. Inoltre, l’acqua “prelevata” è sempre più  fonte di forti tensioni tra popolazioni urbane e rurali, tra usi a fini lucrativi privati e usi di utilità collettiva e sociale per le popolazioni più deboli,  tra Stati a monte e  quelli a valle attraversati dallo stesso fiume. E’ in gioco l’esistenza, l’economia, la sicurezza delle popolazioni  aventi  tutte l’eguale diritto all’acqua per la vita.  I muri d’Israele costruiti nei territori occupati secondo  i bacini delle  falde sono un  esempio sconvolgente dell’uso micidiale del “soffocamento politico” delle acque. È necessario ampliare e rafforzare i processi di demolizione, ridimensionamento e riqualificazione delle grandi dighe con l’obiettivo di eliminare le 19.000 dighe obsolete e pericolose. E impedire la costruzione  di nuove   dighe sempre più gigantesche. Infine, quinta iniziativa.  Rifiutare  la trasformazione dell’acqua per la vita in una categoria dell’economia di mercato, ovvero in un «capitale naturale/avere finanziario». Occorre   una nuova risoluzione dell’ONU /al fine di aggiungere al  diritto universale all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari,  il riconoscimento dei diritti dell’acqua e della natura ad un buono stato ecologico. La Conferenza delle Nazioni Unite del 2026 dovrebbe essere l’occasione per la proposta della nuova risoluzione. Dovrebbe anche essere l’occasione propizia per una seconda importante aggiunta. Cioè,  conferire la personalità giuridica ai corpi idrici, ai fiumi, ai laghi e alle zone umide, in conformità con i nuovi sviluppi del diritto internazionale in materia di diritti della natura da proteggere sul piano della sua integrità ecosistemica. Alcuni paesi hanno già riconosciuto la personalità giuridica ai corpi idrici: la Nuova Zelanda  (Whanganui) il Québec (Magpie) la Spagna ((Mar intérior), l’India (Gange, Yamuna), gli Stati Uniti (fiume),  il Perù (Maranon). L’Ecuador, dal canto suo, ha persino inserito i diritti della natura nella sua Costituzione, primo paese a farlo.  PS Per consultare il testo integrale della lettera  memorandum, vedi agora-humanite.org Riccardo Petrella
Lettera aperta a Giani: “Acqua pubblica” sia davvero gestione senza profitti
È stata inviata oggi una lettera aperta al Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, in cui si chiede chiarezza sul vero significato di “acqua pubblica”, dopo le recenti dichiarazioni del Presidente che la indicano come uno dei pilastri della sua candidatura per le prossime elezioni regionali. “Acqua pubblica” non può ridursi al solo fatto che le società di gestione abbiano come soci esclusivamente i Comuni o altri enti pubblici. Secondo i promotori della lettera, questa è una condizione necessaria ma non sufficiente: non garantisce né l’interesse collettivo né la tutela dei cittadini, se la gestione rimane ancorata a logiche di mercato e di profitto. Nella lettera viene specificato che la vera gestione pubblica dell’acqua significa: assenza di scopo di lucro (né per i gestori, né per i Comuni soci), controllo diretto e “analogo” da parte degli enti pubblici, utilizzo delle risorse a beneficio esclusivo del servizio e degli utenti, governo democratico e partecipato (con voto capitario: una testa, un voto), massima trasparenza e controllo sociale. Solo la gestione in house providing, prevista dalla normativa nazionale ed europea per i servizi pubblici essenziali, è in grado di rispettare questi criteri, per questo si chiede a Giani una presa di posizione netta e trasparente: Lei intende promuovere e attuare un vero modello di gestione in house, che rispetti questi principi e riporti l’acqua fuori dalle logiche di mercato e di profitto, oppure si continuerà con il modello attuale, che è solo un paravento di “gestione pubblica” formale, dove i Comuni restano soci unici ma sfruttano le tariffe dei cittadini per ottenere utili e dividendi da reinvestire altrove? I promotori della lettera invitano il Presidente Giani a rispondere pubblicamente e ad assumere un impegno chiaro: l’acqua non è una fonte di profitto, ma un bene comune da tutelare e gestire senza alcun interesse di lucro! La Toscana – concludono – ha bisogno di una scelta trasparente: Governatore Giani, gestioni in house sì o no? Distinti saluti, Rete Toscana per la Tutela dei Beni Comuni (Forum Toscano Movimenti per l’Acqua, Acqua Bene Comune Pistoia, Acqua Bene Comune Valdarno, Comitato Acqua Pubblica Arezzo, Atto Primo salute ambiente e cultura, AdiC Associazione per i Diritti dei Cittadini, Trasparenza per Empoli, La Libellula – Gruppo per l’Ambiente, Valle del Serchio, Associazione Vivere in Valdisieve, Circolo Laudato Si’ Vicopisano Monte Pisano, GRASP The Future-AlterPiana Firenze Prato Pistoia, ARCI Comitato Territoriale Arezzo APS, Comitato Trasparenza Rosignano, Laboratorio per Unaltracittà – Firenze, Comitato dalla parte del cittadino, P.Arci Empolese Valdelsa, Associazione dei Fenicotteri Piana di Lecore APS, G.A.S. di Montagnana Val di Pesa, I’ Bercio, Valdelsa Attiva, Centro Studi per la Nuova Agricoltura Contadina e Artigiana, Comitato stop5g Empoli-Valdelsa, Comitato Viale IV Novembre EMPOLI, Mamme di News a tutto Gas, Movimento CLARA, Circolo di Legambiente di Lastra a Signa – Di la d’Arno, Associazione Il Paese che vogliamo di Montespertoli, Comitato per la chiusura della discarica di ex Cava Fornace, Liberamente le Signe, Movimento Municipalista Arezzo) Redazione Toscana
Gaza sotto assedio israeliano muore di sete
Tre secchi d’acqua grigia e una bacinella rotta. È tutto ciò che resta a una famiglia di dieci persone rifugiata in una tenda nel campo profughi di Nuseirat per lavarsi, lavare le stoviglie e – quando è possibile – i panni. «Sono tre mesi che non laviamo le coperte. Fa […] L'articolo Gaza sotto assedio israeliano muore di sete su Contropiano.
La “nuova” strategia europea per la resilienza nel campo dell’acqua
Documento per la manifestazione del 26 giugno 2025 a Bruxelles per la difesa del Patto Verde Europeo e la giustizia sociale, su invito di Rise for the Climate e altre organizzazioni. Il nuovo documento politico della Commissione (1) era molto atteso. L’entusiasmo suscitato dal Patto Verde Europeo del 2019 aveva alimentato forti speranze per la lotta contro il cambiamento climatico e per una nuova politica europea in materia di acqua. L’aggravarsi della crisi idrica mondiale , evidente in Europa soprattutto per la crescente scarsità qualitativa dell’acqua, ha contribuito a portare le questioni idriche tra le priorità principali dell’agenda politica dell’UE. Da qui la promessa della Presidente della Commissione, nel 2024, di proporre una nuova « Strategia europea per la resilienza nel campo dell’acqua» (« La strategia », di seguito). I punti chiave della politica europea in materia di acqua riguardano tre grandi sfide: * il posto dell’acqua nella visione globale della vita e del mondo: merce/bene economico/ bene finanziario vs bene comune, patrimonio collettivo, fonte di vita condivisa; diritto universale vs bisogno individuale accessibile a prezzo abbordabile; * disponibilità/accessibilità, salvaguardia, protezione, usi dell’acqua:. L’acqua è fonte di vita e benessere per tutti? Che dire dell’inquinamento chimico e dello sfruttamento industriale. Eccessivo? Perché è diventata soprattutto una risorsa naturale strategicamente importante per la crescita e la sicurezza economica cosiddetta “nazionale”? La competitività non favorisce maggiormente la sopravvivenza e il potere dei paesi più forti dal punto di vista finanziario e dello sviluppo tecnologico? In tutto questo, quale sarà il futuro dei fiumi, dei laghi, delle zone umide della Terra e qual è il significato della resilienza? * Il governo dell’acqua: regolamentazione politica, istituzionale e finanziaria delle attività idriche: regolamentazione pubblica, privata, mista; centralizzata o decentralizzata a livello locale? ; pianificazione/responsabilità collettiva pubblica da parte di imprese pubbliche e cooperative sociali e solidali o da parte di imprese private multi-utilities quotate in borsa e attive su mercati internazionali oligopolistici…..? ; sistema di finanziamento da parte dei poteri pubblici sulla base di una fiscalità progressiva e ridistributiva incentrata sulle imposte o altri sistemi cittadini vs il sistema “l’acqua finanzia l’acqua” basato sul pagamento da parte del consumatore di un prezzo di mercato in funzione della domanda?.. Il tutto nell’ambito di un sistema di regolamentazione e responsabilità condivisa e solidale di giustiziabilità o di un sistema di contabilità costi-benefici come quello basato sul principio “chi inquina paga”? Le scelte operate dalla “Strategia” sono il risultato di un’evoluzione iniziata negli anni ’90. Oggi l’allineamento è quasi totale, integrale, consolidato e tuttavia problematico. Nella presente nota ci occuperemo soprattutto delle prime due questioni. 1. Il nodo della visione dell’acqua Al momento dell’adozione della “Direttiva quadro europea sull’acqua del 2000”, prima grande legge europea in materia di acqua, (2) l’UE ha considerato l’acqua come una merce (” diversa dagli altri ») e che la sua gestione dovesse basarsi sulla fissazione di un prezzo di mercato fondato sul «full cost recovery principle», ovvero il recupero totale dei costi di produzione, compreso il rendimento del capitale investito, il profitto. (art. 9 della direttiva). Ciò è diverso dalla tariffazione di un servizio pubblico Questo principio elementare dell’economia capitalista di mercato, su cui si basa il principio dell’«acqua che finanzia l’acqua», fa sì che non si possa più parlare di diritto all’acqua, ma di accesso all’acquisto dell’acqua. (3) Per questo , a partire dall’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite “Obiettivi di sviluppo sostenibile 2015-2030 », l’ODD 6 relativo all’acqua si parfa formalmentea di « Accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari per tutti su basi eque e a prezzi accessibili », (4) che è il contrario di un « diritto universale all’acqua ». ( 5). Va inoltre notato che con l’approvazione della Direttiva europea sui servizi pubblici nel 2006 , l’UE ha introdotto due nuove categorie: i SIG (Servizi di Interesse Generale) e i SIEG (Servizi di Interesse Economico Generale). I servizi pubblici dell’acqua sono stati classificati tra i SIEG, confermando la visione economica industriale mercantile predominante dell’UE in materia di acqua e della sua politica. (6) Inoltre, i principi e le scelte sopra menzionati non sono stati modificati e costituiscono parte integrante delle basi concettuali della visione dell’acqua della «Strategia». In particolare il “principio del recupero totale dei costi”! Ciò ci porta ad affermare che il riferimento contenuto nella Strategia (pagina 1) a “L’accesso all’acqua pulita e a prezzi accessibili è un diritto umano e un bene pubblico” è semplicemente una mistificazione. Sono stati inoltre arricchiti da importanti aggiunte quali: – l’acqua e i suoi servizi sono considerati, a partire dal Secondo Vertice Mondiale della Terra dell’ONU del 2002 a Johannesburg, “risorse naturali in via di esaurimento di importanza strategica per l’economia” nonché oggetto di monetizzazione e bancarizzazione; – l’affermazione che la chiave di volta della “gestione” dell’acqua doveva diventare , secondo le proposte della Conferenza internazionale dell’ONU del 2023 a Monterrey (Messico) sul tema “Finanziare l’acqua” , la creazione di mercati finanziari mondiali adeguati, (7) che esprimessero il vero valore economico dell’acqua. Questa misura (alla quale si può far risalire l’inizio formale della finanziarizzazione dell’acqua) avrebbe permesso di porre fine alla cattiva gestione dell’acqua attribuita dal mondo degli affari e della finanza all’assenza di un prezzo corretto dell’acqua in un’economia di mercato come la nostra, oltre all’altra causa principale (le emissioni di gas serra 2. Il nodo degli obiettivi prioritari di azione Negli ultimi dieci anni, la resilienza è diventata l’obiettivo quadro di riferimento della politica generale in materia di sicurezza della vita, dal livello locale a quello planetario.(8) Secondo i gruppi sociali dominanti, le cause principali del cambiamento climatico, in particolare le emissioni di gas a effetto serra, avrebbero generato fenomeni “naturali” – shock – (quasi) inarrestabili. Di conseguenza, le società umane avrebbero solo – in tutti i settori della vita strutturalmente colpiti dal cambiamento climatico, come l’acqua e la sua crisi mondiale – due strategie realistiche di lotta contro il cambiamento climatico: la mitigazione e l’adattamento. La strategia della mitigazione, che mira a promuovere la capacità delle nostre società di resistere agli shock (ad esempio, siccità e inondazioni più frequenti e gravi…) riducendone gli effetti più dannosi, e la strategia dell’adattamento , che persegue l’obiettivo di rafforzare la capacità delle società di vivere in un contesto caratterizzato da un aumento della temperatura media dell’atmosfera terrestre superiore a 1,5° C (Accordo di Parigi) rispetto all’inizio dell’era industriale. In entrambi i casi, si ritiene impossibile eliminare le cause. In realtà, l’impossibilità di eliminare le cause è che la ragione principale del cambiamento climatico è il nostro stesso sistema economico di sfruttamento predatorio e iperconsumistico di tutte le risorse del Pianeta. È il nostro sistema che ha prodotto e continua a produrre le emissioni di gas serra. Lo si sa dall’inizio degli anni ’70, ma i dominanti non hanno voluto ammettere che la soluzione era possibile a condizione di “rovesciare” il nostro sistema economico. Non è sicuro che ci sia ancora tempo per farlo. Quello che sappiamo è che i dominanti hanno preferito inventare “la transizione” e lanciarsi in una fuga in avanti credendo di poter evitare l’estinzione della vita sulla Terra attraverso lo sviluppo rapido e massiccio delle tecnologie dell’intelligenza e delle biotecnologie e attraverso l’accumulo delle risorse finanziarie necessarie al loro finanziamento. Nel settore dell’acqua. La chiamano Water Resilience Smart Economy (9), per la quale il mondo degli affari e della finanza è chiaramente disposto a investire massicciamente in tutto il mondo, nell’ambito di un partenariato pubblico-privato (PPP) che, come è stato il caso negli ultimi 30 anni, è stata la pianificazione pubblica del profitto (PPP). La scelta della resilienza e dell’esclusione della terza strategia, quella del cambiamento di sistema, si traduce inevitabilmente nell’imprigionamento del futuro della vita sulla Terra nelle due scatole della mitigazione e dell’adattamento e nella totale dipendenza dalla tecnologia e dal denaro. Una dipendenza che, in ogni caso, non porterà frutti in modo uguale per tutte le classi sociali, le comunità , le regioni e i paesi. Le disuguaglianze nel diritto e nella sicurezza della vita sono destinate ad accentuarsi. La militarizzazione e l’autoritarismo del mondo sono alle porte . Anche la resistenza e la rivolta. Il caso più importante delle misure proposte dalla “Strategia” per combattere la contaminazione chimica del pianeta. Secondo la Strategia la contaminazione chimica del pianeta rappresenta, dopo le emissioni di gas serra, il problema più critico legato al cambiamento climatico. L’asfissia della vita sulla Terra causata dai gas serra ha come unico eguale l’avvelenamento della vita da parte delle sostanze tossiche con cui la chimica ha infettato il pianeta. La lotta contro la contaminazione chimica è una delle cinque priorità d’azione della Strategia . Pur segnalando la necessità di ridurre/eliminare la contaminazione chimica, in particolare dei pesticidi e degli “inquinanti eterni” (PFAS, TFA…), la Commissione europea osserva che è tuttavia opportuno procedere gradualmente con una regolamentazione meno rigida, per consentire all’industria di adeguarsi e adattarsi (la famosa “transizione”) senza traumi. A questo proposito, la Commissaria europea responsabile della resilienza e dell’acqua, Jessika Roswall,   ha affermato che “i PFAS sono ovunque e sono alla base della crescita e delle posizioni di forza conquistate dall’industria chimica europea sui mercati mondiali”. Imporre vincoli e oneri amministrativi comporterebbe una perdita di competitività, se non addirittura una crisi pericolosa. “L’industria chimica deve rimanere da noi”. (10) Questo passo indietro e questo esplicito allineamento dell’UE alle posizioni del mondo industriale e finanziario hanno trovato un forte impulso, probabilmente a seguito della Dichiarazione di Anversa dell’industria chimica europea del febbraio 2024, firmata dai rappresentanti di 90 aziende chimiche, con in testa il CEO di BASF, la più grande azienda chimica del mondo. (11) La Dichiarazione costituisce un vero e proprio attacco al Piano verde europeo e propone in alternativa di dare la priorità aad un i un Patto industriale europeo. Ciò, alla presenza consensuale della Presidente della Commissione europea, che ha colto l’occasione per annunciare ufficialmente la sua candidatura alla propria successione per il periodo 2024-2029. Le seguenti affermazioni della Dichiarazione non lasciano spazio ad ambiguità: «è necessario porre il Patto industriale al centro dell’Agenda strategica europea 2024-2029». «Chiediamo un piano d’azione completo per elevare la competitività a priorità strategica e creare le condizioni per un business case più forte in Europa». A tal fine chiedono «un nuovo spirito normativo», ovvero «lasciare che siano gli imprenditori a cercare le soluzioni migliori. La legislazione deve creare le condizioni favorevoli per incoraggiarli a investire». Un netto ritorno al credo dell’economia capitalista del «libero» mercato. ( 12 ) E di fatto, interrogata nel dicembre 2023 sulle sue opinioni riguardo all’elaborazione della «Strategia», Hildegarde Bentele , eurodeputata del gruppo PPE, all’epoca presidente del gruppo Acqua del Parlamento europeo, poi “relatrice ombra” sull’emendamento alla direttiva quadro europea sull’acqua, ha dichiarato: “La mia priorità assoluta è convincere le persone che dobbiamo smettere di pensare che la sostenibilità e la crescita economica si escludano a vicenda. (…) In qualità di responsabili politici, il nostro ruolo è chiaro: dobbiamo creare un quadro normativo che consenta alle imprese di innovare, salvaguardando al contempo i diritti e gli interessi dei cittadini. In questo modo, non solo affrontiamo le sfide idriche, ma rafforziamo anche la posizione dell’Europa sul mercato globale. Gli investimenti in tecnologie intelligenti e in sistemi idrici efficienti saranno fondamentali per plasmare un futuro in cui l’Europa rimanga un modello di resilienza e competitività». (13) Altro dato illuminante: tra le 10 proposte della Dichiarazione di Anversa, l’industria chimica ha auspicato l’approvazione di un regolamento europeo Omnibus, trasversale, volto a correggere tutte le normative europee pertinenti, non appena entrerà in carica la nuova Commissione. Ebbene, alla fine di febbraio scorso la nuova Commissione europea ha reso pubblica la prima delle tre proposte previste in materia: la proposta di regolamento Omnibus dell’UE relativa alla direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità delle imprese (CSRD), alla direttiva sulla due diligence in materia di sostenibilità delle imprese (CSDDD) e alla tassonomia dell’UE . La proposta riduce (fino all’80%!) il numero di imprese soggette all’obbligo di presentare relazioni sulla sostenibilità e sulla RS delle loro azioni, riduce le norme chiave della CSRD e della CSDDD e, eliminando la pubblicità delle relazioni, indebolisce le garanzie di trasparenza e affidabilità dei dati nel settore (14). Credo che queste molteplici evidenze dimostrino chiaramente il significato da attribuire a La Strategia: essa costituisce un allineamento chiaro e completo, in materia di resilienza e sicurezza europee nel settore chiave dell’acqua per la vita, alle scelte difese dal mondo industriale e finanziario dell’UE. (15) Note (1) https://environment.ec.europa.eu/publications/european-water-resilience-strategy_en?prefLang=fr .Vedi anche https://www.actu-environnement.com/ae/news/strategie-europeenne-resilience-eau-parlement-adopte-rapport-resolution-recommandations-46132.php4 (2) https://eur-lex.europa.eu/legal-content/FR/TXT/?uri=CELEX%3A32000L0060 (3) https://www.pressenza.com/it/2022/11/il-diritto-allacqua-in-via-di-demolizione/ (4) https://www.unwater.org/sites/default/files/2023-07/sdg6_synthesisreport2023_executivesummary_french.pdf (5) vedi nota 3 (6) https://economie.fgov.be/fr/legislation/directive-2006123ce-du (7) CAMDESSUS Michel | WINPENNY James, Finanziare l’acqua per tutti – Rapporto del Panel mondiale sul finanziamento delle infrastrutture idriche, pubblicato dal Consiglio mondiale dell’acqua; Partenariato mondiale per l’acqua – 2003 (8) https://www.meer.com/fr/60605-la-strategie-de-la-resilience (9 ) Il sito di Water Europe utilizza spesso espressioni con “Smart” : “Water Smart Management, Water Efficient Smart Europe”, “Water European Smart Society” (10) https://watereurope.eu/interview-with-jessika-roswall-european-commissioner-of-environment-and-water-resilience-2/ (11) https://antwerp-declaration.eu/ (12) Ibidem (13) Intervista a Hildegarde Bentele , MPE- Partito Popolare Europeo, dicembre 2023. (14)https://watereurope.eu/wp-content/uploads/2025/06/WE-Position-Paper-on-OMNIBUS-Sustainability-_-FINAL.pdf. Vedi anche https://pour.press/le-texte-omnibus-ou-la-boite-de-pandore-de-la-deregulation-verte/ (15) Solo a titolo informativo. Da poco è stata costituita una Water Resilience Coalition (WRC), composta da 40 aziende di rilevanza mondiale attive nel settore idrico. Un’organizzazione gemella, la National Capital Coalition (NCC), è stata all’origine della proposta di  riconoscere  l’acqua come “capitale naturale/bene finanziario” e che è stata approvata dalla COP15- Biodiversità a Montreal nel 2022. Riccardo Petrella
“ACQUA”- un dialogo sui cambiamenti climatici fra distopia ed e utopia: mercoledì sera presso EX ATR, Forlì
Che ruolo ha il corpo nel mondo che sta arrivando? Il discorso ecologico contemporaneo può rimanere sospeso tra i dati ed i fatti, prescindendo dai corpi?  In un mondo in cui aria e acqua hanno cambiato odore e sapore, luce e suoni invadono costantemente occhi e orecchie dentro giorni che sconfinano nelle notti, in un mondo in cui il ritmo della produzione ha schiacciato quello interiore degli animali umani, i nostri sensi possono aiutare il discorso ecologico ad entrare nelle nostre vite? A questi temi sarà dedicata una serata organizzata mercoledì 25 giugno dalla RETE 360 per la Romagna alluvionata e la resistenza climatica nell’ambito della rassegna “EXTRAterrestre 2025”, presso gli spazi di EXATR a Forlì. Attraverso il linguaggio cinematografico del cortometraggio “Acqua” (Italia 2024, 18’ 56’’, genere Sci-fi, teen drama), l’evento sarà un’occasione di riflessione e dialogo su cambiamento climatico e giustizia sociale, fra distopia, utopia, e ricerca di nuovi sistemi di vita.  La storia si svolge infatti in un futuro distopico in cui la catastrofe climatica è uno sfondo naturale ed emotivo costante che non può più essere ignorato, un mondo in cui un’Intelligenza Artificiale guida gli adolescenti attraverso le giornate e affronta assieme a loro i compiti più ardui della vita, come quello della ricerca di una stabile identità di genere.  Nuvole nere però si addensano all’orizzonte e in un crescendo di emozioni sempre più ingovernabili il ragazzo protagonista sente venir meno dentro di sé l’argine che separa il genere maschile da quello femminile. Protagonisti della serata saranno il regista Valerio Montemurro, Sara Golinucci, sceneggiatrice del film ed esperta in progettazione e gestione dell’intervento educativo nel disagio sociale, e Andrea Fantini, ricercatore universitario specializzato in agroecologia ed economia ecologica ed autore di “Un autunno caldo – Crisi ecologica, emergenza climatica ed altre catastrofi innaturali”. La proiezione del film sarà non solo lo spunto per un talk fra il regista e l’esperto di tematiche ambientali, ma si aprirà alle visioni del pubblico, costruendo uno spazio e un tempo per trovare insieme le parole e le immagini di una nuova utopia. L’appuntamento è quindi per mercoledì 25 giugno ore 20.30, presso EXATR – P.tta Savonarola, Forlì. Ingresso a offerta libera e consapevole. La RETE 360 PER LA ROMAGNA ALLUVIONATA E LA RESISTENZA CLIMATICA (360 come i mm di pioggia caduti nella terza alluvione, quella del 17-18 settembre 2024; 360 perché il problema dei disastri naturali va affrontato a 360 gradi nella sua complessità) nasce attraverso un percorso partecipativo nel 2024 e riunisce associazioni della società civile, comitati, realtà collettive e persone singole che vogliono mobilitarsi per chiedere risposte concrete all’emergenza climatica e alla situazione di fragilità del territorio, combattendo anche contro il negazionismo e la disinformazione. Per questo oltre a forme di mobilitazione vera e propria come manifestazioni, la Rete prevede nel suo programma l’organizzazione di eventi informativi e di eventi culturali di sensibilizzazione. VALERIO MONTEMURRO Valerio Montemurro, nato a Matera nel 1988. Nel corso della formazione universitaria ha approfondito gli studi di retorica, drammaturgia e sceneggiatura, in particolare attraverso un periodo di ricerca presso la Senate House Library di Londra e la Warwick University sul teatro e sul cinema politico del periodo thatcheriano. Si laurea in lettere a Bologna. È diplomato alla scuola di cinema Rosencranz & Guildestern di Bologna, esperienza dalla quale è nato “Totem”, il suo primo cortometraggio come regista. Regista e insegnante di liceo, ha firmato i corti “Totem” e “La buca”; è stato direttore artistico del Malatesta Short Film Festival. Dal 2021 tiene corsi di cinema a scuola e si occupa di formazione per videomaking per docenti. ANDREA FANTINI ha studiato Scienze Geografiche, Ambientali e Agroforestali alle Università di Bologna e Barcellona. Specializzato in Agroecologia ed Economia Ecologica, ha lavorato come ricercatore in Europa e America Latina. Attualmente è ricercatore presso il Dipartimento di Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Università di Bologna. A lato dell’attività di ricerca, si occupa di comunicazione e divulgazione scientifica.   Forlì, 21 giugno 2025   LA RETE 360 Redazione Romagna
No alla Multiutility, sì ai servizi pubblici essenziali sotto l’effettivo controllo dei comuni e delle popolazioni locali
L’operazione Multiutility, promossa nel 2021 dai sindaci PD dei Comuni di Firenze (Nardella), Prato (Biffoni) ed Empoli (Barnini) e tacitamente appoggiata dalla destra toscana, vorrebbe consegnare la gestione dei servizi pubblici essenziali (in primo luogo acqua e rifiuti) ai mercati … Leggi tutto L'articolo No alla Multiutility, sì ai servizi pubblici essenziali sotto l’effettivo controllo dei comuni e delle popolazioni locali sembra essere il primo su La Città invisibile | perUnaltracittà | Firenze.
Gestione del servizio idrico malnatese – Attac Malnate
Quella dello scorso 09 maggio è stata una serata pubblica partecipata sul tema acqua pubblica, convocata dal comitato di Malnate dove, alla presenza di membri dell’Amministrazione territoriale, sono stati illustrate e promosse proposte e principi per una gestione pubblica sull’Acqua Continua a leggere L'articolo Gestione del servizio idrico malnatese – Attac Malnate proviene da ATTAC Italia.
La giunta di Napoli in cattive acque
-------------------------------------------------------------------------------- Foto di Ferdinando Kaiser -------------------------------------------------------------------------------- Il coordinamento Campano dei comitati per l’acqua pubblica esprime la sua ferma e totale disapprovazione a ogni modifica dello statuto di Abc Napoli azienda speciale e agli aumenti delle tariffe. La prossima estate ci aspetta una siccità devastante che interesserà tutta la Regione causata da una riduzione delle portate di 2.200 litri al secondo delle sorgenti di Cassano Irpino e del Serino. Davanti ai processi di privatizzazione in atto in Italia ci saremmo aspettati il rafforzamento di Abc Napoli, l’unica città metropolitana che ha obbedito al referendum 2011, trasformando l’Arin spa in Acqua Bene Comune azienda speciale. E invece dobbiamo prendere atto di una volontà politica del Consiglio comunale di abbandonare il modello pubblico, efficiente e partecipato, eliminando alcuni degli elementi che lo caratterizzano. Mai ci saremmo aspettati il tradimento del sindaco Gaetano Manfredi che aveva garantito ai comitati e a padre Alex Zanotelli che non avrebbe toccato lo statuto, né tanto meno avremmo creduto che la proposta di delibera provenisse dal consigliere D’Angelo, il quale da Commissario dell’azienda speciale ne aveva sempre sostenuto le caratteristiche. Queste sono le modifiche che attaccano al cuore lo schema dell’azienda speciale. In primo luogo sparisce il bilancio ecologico e partecipato che garantiva la vocazione pubblica di ABC e la natura dell’acqua bene comune. Viene, poi, depotenziato il ruolo di controllo del Comitato di Sorveglianza, trasformato in un fantomatico Comitato di partecipazione, i cui membri passerebbero da 21 a 13, perdendo di fatto la possibilità di sorvegliare sul buon andamento dell’Ente. E infine è previsto che gli organi decidenti possono discostarsi dagli indirizzi espressi dal Comitato, senza nessun obbligo di motivazione. È chiaro che con queste modifiche s’intende mettere il bavaglio alle associazioni ambientaliste, stabilendo la possibilità di decidere qualsiasi cambiamento, senza tener conto degli indirizzi del Comitato. Manfredi imbocca la stessa strada di De Luca che, prima di procedere alla privatizzazione delle fonti regionali, ha l’abrogato l’art. 20 della L.15/2015, eliminando la partecipazione dei cittadini nelle decisioni per la tutela dell’acqua bene comune. Per questi motivi lunedì 5 maggio ci siamo ritrovati in piazza Municipio con cittadini, comitati, associazioni, partiti politici e sindacati – insieme anche a Alex Zanotelli e del professor Alberto Lucarelli – in un’assemblea pubblica per chiedere di non modificare lo Statuto di Abc. -------------------------------------------------------------------------------- LEGGI ANCHE QUESTO ARTICOLO DI RAUL ZIBECHI: > 25 anni dalla Guerra dell’acqua -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo La giunta di Napoli in cattive acque proviene da Comune-info.
25 anni dalla Guerra dell’acqua
QUANDO LA SENSAZIONE DI ANGOSCIA E IMPOTENZA PER I TEMPI CHE VIVIAMO SEMBRA SOFFOCANTE DOVREMMO RICORDARE QUELLO CHE È ACCADUTO NELL’APRILE DEL 2000 E CHE NESSUNO AVEVA PREVISTO. IL NEOLIBERISMO FU DELEGITTIMATO DA MIGLIAIA DI PERSONE COMUNI: LA GUERRA DELL’ACQUA HA AVUTO IL SUO EPICENTRO IN UN PAESE IGNORATO DA QUELLI CHE SONO IN ALTO, LA BOLIVIA, E HA RIUNITO I CONTADINI IRRIGATORI, I QUARTIERI DI COCHABAMBA CHE AVEVANO CREATO I PROPRI SISTEMI IDRICI E I MINATORI CON LA LORO CULTURA SINDACALE. QUESTA ALLEANZA È STATA CAPACE DI DIMOSTRARE TUTTA LA SUA POTENZA NELLO SPIEGAMENTO DI MOBILITAZIONI DI MASSA CHE HANNO NEUTRALIZZATO LA REPRESSIONE E COSTRETTO IL GOVERNO A SOSPENDERE LA PRIVATIZZAZIONE DEL SERVIZIO DI ACQUA POTABILE, AFFIDATA ALLA MULTINAZIONALE BECHTEL CON IL SOSTEGNO DELLA BANCA MONDIALE. “HANNO DIMOSTRATO SOPRATTUTTO CHE È POSSIBILE COMBATTERE SENZA LEADER O PARTITI – SCRIVE RAÚL ZIBECHI – E CHE UN POPOLO ORGANIZZATO È CAPACE DI GRANDI TRIONFI DA SOLO…” -------------------------------------------------------------------------------- Foto di Massimo Tennenini -------------------------------------------------------------------------------- Fu uno dei più grandi punti di svolta della nostra storia recente. Con epicentro a Cochabamba, in Bolivia, la Guerra dell’Acqua inaugurò una nuova fase nelle lotte popolari in America Latina. Non solo è riuscito a delegittimare il neoliberismo, ma, ponendo al centro l’orizzontalità e l’obbedienza dei leader alla base, ha segnato profondamente il ciclo di lotte iniziato nel 2000 e culminato nella caduta dei governi privatizzatori. La Guerra dell’Acqua riunì i contadini irrigatori, i quartieri di Cochabamba che avevano creato i propri sistemi idrici e i sindacati più importanti della città. Questa alleanza, pressoché irripetibile, è stata capace di dimostrare tutta la sua potenza nello spiegamento di mobilitazioni di massa che hanno neutralizzato la repressione e costretto il governo a sospendere la privatizzazione del servizio di acqua potabile, affidata alla multinazionale Bechtel con il sostegno della Banca Mondiale. Nella parte meridionale della città, i migranti provenienti dalla regione andina, che avevano già costruito le loro case, aperto le loro strade e iniziato a costruire servizi, cominciarono a organizzarsi nei sistemi idrici. Grazie al contributo della comunità, costruirono le loro fonti di acqua sotterranea (pozzi di perforazione), i loro serbatoi di stoccaggio e le loro reti di distribuzione. Facevano tutto con spirito di solidarietà, senza fini di lucro e prendendo decisioni che venivano poi verbalizzate. I membri della comunità si fecero carico della gestione dei sistemi idrici e si fecero carico degli aspetti tecnici, sia formandoli sia chiedendo aiuto agli specialisti. La rotazione era una pratica costante, poiché la popolazione della parte meridionale della città proveniva dalle regioni rurali e dai minatori trasferiti, entrambi settori profondamente radicati nelle tradizioni e nelle pratiche della comunità. Mentre i minatori contribuivano con la loro antica e combattiva cultura sindacale, i contadini contribuivano con la loro visione del mondo andina basata sulla solidarietà. Il primo sistema urbano di acqua potabile fu realizzato nel 1990. Ho potuto conoscere Fabián Condori, uno dei suoi fondatori, grazie a Óscar Olivera, che all’epoca dirigeva il sindacato degli operai della fabbrica e da lì ebbe un ruolo di primo piano nella rivolta contadina, operaia e popolare. “Ogni famiglia contribuiva con un boliviano al mese per esplosivi, attrezzi e spazio per l’ufficio. Ogni famiglia doveva scavare sei metri al mese a una profondità di mezzo metro, il tutto in terreno roccioso, un lavoro molto duro e lento che richiedeva tre anni di sforzi”, ha spiegato Don Fabián. Durante i tre anni che hanno richiesto il lavoro, si tennero 105 assemblee, una ogni 10 giorni. “Il problema era che la gente non aveva tregua. Tornavano a casa dal lavoro per lavorare. Ogni famiglia doveva contribuire per 35 giornate lavorative di otto ore. Qualsiasi membro della famiglia poteva lavorare, ma erano soprattutto le donne a lavorare. Tutti avevano le vesciche ed erano molto stanchi. Piccone, pala, carriola, setacciare il terreno, compattare: era tanto, tanto lavoro. Mi sono reso conto che le donne sono più laboriose”, ha ricordato Fabián quando aveva quasi 80 anni. L’altro ramo, quello degli irrigatori, è costituito da contadini che possiedono fonti d’acqua proprie, come fiumi, laghi e pozzi, che gestiscono da prima dell’arrivo degli spagnoli. Per superare la frammentazione dovettero organizzarsi su scala regionale. Per quattro anni, tra il 1994 e il 1998, le associazioni locali di irrigazione hanno condotto una “guerra dei pozzi” in difesa delle loro fonti, che ha portato a un rafforzamento delle associazioni e a un aumento del coordinamento regionale. Mentre si avvicinava la privatizzazione di tutto ciò che avevano costruito per decenni, contadini e quartieri urbani formarono la “Coordinadora en Defensa del Agua y la Vida”, una convergenza di due culture organizzative e di lotta molto simili, ancorate all’autonomia di ogni collettivo locale e al coordinamento per la lotta con livelli molto bassi di burocratizzazione o, se preferite, dove la democrazia diretta giocava un ruolo importante. La Coordinadora guidò i blocchi, le manifestazioni e la serie di lotte che portarono a una schiacciante vittoria nell’aprile del 2000, dimostrando al mondo che “sì, ce la possiamo fare” se ci sono organizzazione collettiva e determinazione. Quell’anno si verificò la rivolta delle comunità Aymara dell’altopiano boliviano (su cui nel 2007 Raúl Zibechi ha scritto il libro Disperdere il potere, ed. Intra Moenia/Carta, ndr) e l’anno successivo si verificò la rivolta del popolo argentino, il 19 e 20 dicembre 2001: una vera e propria ondata di vittorie dal basso. I guerrieri dell’acqua si resero presto conto che non si trovavano di fronte alla tradizionale alternativa tra stato e privato, che era sempre stata limitata e confusa. Proposero la proprietà “comunitaria” per la gestione del servizio idrico, in modo da non dipendere dallo Stato ma dalla popolazione organizzata. Non è pubblico, anche se secondo la legislazione e alcuni gruppi di sinistra sarebbe “privato”; come tutto ciò che non è di proprietà statale in questa visione del mondo. Soprattutto, hanno dimostrato che è possibile combattere senza leader o partiti e che un popolo organizzato è capace di grandi trionfi da solo. -------------------------------------------------------------------------------- Pubblicato anche su La Jornada (traduzione di Comune) -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo 25 anni dalla Guerra dell’acqua proviene da Comune-info.