Sentenza catenaccio della Cassazione penale sulla detenzione amministrativa in Albania

Pressenza - Sunday, May 11, 2025

Una decisione catenaccio (n.17510/2025) della Prima Sezione della Cassazione penale spiega la fretta del governo per inserire con un decreto legge (n.145/2024) norme stralciate dal codice di procedura penale in modo da trasferire la competenza a decidere sulla convalida dei trattenimenti dalla prima sezione della Cassazione civile alla Cassazione penale, di cui erano già noti gli orientamenti. ,

In appena otto pagine la prima sezione penale della Corte ha annullato la precedente ordinanza della Corte di Appello di Roma che, con il provvedimento del 19 aprile scorso, non convalidava il trattenimento amministrativo di un cittadino straniero già destinatario di un provvedimento di espulsione, che dopo essere stato trasferito l’11 aprile dal centro per i rimpatri (CPR) di Potenza, Palazzo San Gervasio, al CPR di Gjader, lo scorso 17 aprile aveva presentato una domanda di protezione internazionale.

Il trattenimento ex art. 6 del Decreto Legislativo 142/15, di cui era stata chiesta la convalida, era dunque relativo a un “immigrato irregolare” originariamente espellibile, il quale, secondo la Corte di appello di Roma, nel corso della sua permanenza presso il Cpr di Gjader in Albania, aveva mutato la propria condizione giuridica, divenendo richiedente asilo dal momento in cui manifestava la volontà di chiedere protezione internazionale, domanda poi rigettata dalla Commissione territoriale di Roma nel giro di poche ore. Una ipotesi che non è espressamente prevista dal Protocollo Italia-Albania, e neppure dalla Legge di attuazione n.14 del 21 febbraio 2024, come modificata dal recente Decreto legge n. 37 del 28 marzo 2025tuttora in corso di conversione.

Secondo la Cassazione penale (n.17510/2025), invece, “È legittimo il trattenimento dello straniero in quella struttura anche dopo la presentazione della domanda di asilo, poiché il centro di Gjader deve essere equiparato, a tutti gli effetti, ai centri previsti dall’articolo 14 del decreto legislativo 286 del 1998”. Con la parificazione del Cpr di Gjader ai Cpr in territorio italiano, la Corte ritiene irrilevante la disparità di trattamento (art.3 Cost.) subita dalle persone migranti in condizione irregolare trasferite in Albania, rispetto a tutti gli altri irregolari che rimangono trattenuti nei CPR in territorio italiano.

Tuttavia, non si può negare che il Cpr di Gjader si trovi in territorio albanese, all’esterno dei confini dell’Unione europea, al di là della finzione di presenza dei suoi “ospiti” in Italia, in quanto lo spazio del centro rimane sottoposto anche alla giurisdizione albanese. Nessuna equiparazione, che sarebbe “a tutti gli effetti”, è dunque possibile con i Cpr ubicati in Italia.

Il decreto legge n.37/2025, e gli emendamenti che si annunciano, che confermano i trasferimenti dai Cpr italiani nel centro di detenzione di Gjader ed estendono il trattenimento amministrativo anche in seguito alla presentazione di una domanda di asilo, non possono stravolgere i criteri di riparto della giurisdizione ed i principi di sovranità territoriale affermati dalla Costituzione italiana e da quella albanese, fino ad intaccare quel nucleo di diritti fondamentali che vanno riconosciuti a qualunque persona immigrata, a prescindere dalla sua condizione giuridica (art.2 del Testo unico sull’immigrazione n.286/98). Tra questi il diritto di chiedere protezione internazionale, anche dopo un provvedimento di espulsione, o in caso di precedenti penali, ed il diritto ad un ricorso effettivo.

La Cassazione Penale accoglie quindi il ricorso del Ministero dell’Interno e della questura di Roma, con una motivazione assai stringata che poggia soprattutto sulla Relazione di accompagnamento al decreto legge n.37/2025, dunque su un atto di natura squisitamente politica, che non può certo valere come autonoma fonte del diritto, né contiene richiami a fonti normative o a precedenti giurisprudenziali che possano esaurire in modo tanto generico la motivazione di una sentenza di Cassazione. Il decreto sarà convertito in legge alla Camera martedì 13 maggio, con ulteriori emendamenti proposti dal governo, che come al solito potrebbe porre la questione di fiducia.

Vedremo se la Corte Costituzionale, che con sentenza n.39/2025 ha già rilevato un vizio di costituzionalità per violazione del principio del contraddittorio nei giudizi in Cassazione sulla convalida del trattenimento, riuscirà a ricondurre questa materia nell’alveo del giusto processo, nel rispetto del sistema gerarchico delle fonti normative interne e sovranazionali, imposto dall’ art. 117 Cost. I diritti di difesa (art.24 Cost.), ed il diritto di chiedere asilo (Art.10 Cost.), non possono essere svuotati per effetto dei trasferimenti improvvisi da un Cpr ad un altro, e poi in territorio straniero. Mancano ancora norme specifiche sulle modalità dei trattenimenti e dei trasferimenti, oggi rimessi alla esclusiva discrezionalità delle autorità di polizia, in violazione della riserva assoluta di legge imposta dall’art.13 della Costituzione in materia di libertà personale.

Rimane da valutare la compatibilità del modello Albania, così rivisitato, con il diritto dell’Unione europea, perché al momento, al di là di dichiarazioni estemporanee di singoli esponenti della Commissione UE, non ci sono atti legislativi euro-unionali sui quali possa trovare fondamento. La Direttiva europea sui rimpatri 2008/115/CE non consente il trattenimento pre-espulsivo al di fuori dei confini degli Stati membri. Per effetto delle Direttive europee su procedure di asilo (2013/32/UE) e accoglienza (2013/33/UE) le richieste di protezione internazionale non possono essere processate al di fuori del territorio degli Stati membri.

Salvato dai giudici della Cassazione penale, che neppure dovrebbe essere competente in materia di trattenimento amministrativo, il modello Albania sarà demolito dalla prova dei fatti. Anche prima di possibili interventi della Corte costituzionale e della Corte di giustizia UE. Scopriremo, quando lo comunicherà il ministro dell’interno Piantedosi, reduce dal Pakistan, il numero delle persone effettivamente riportate nel paese di origine “attraverso” il centro di Gjader in Albania, ma comunque con un ulteriore transito dal territorio italiano, e se non saranno rimpatri fintamente “volontari”.

Oltre le percentuali propagandistiche e fuorvianti diffuse dalla Meloni, su un sistema di rimpatri (forzati) che non potrà funzionare mai, i risultati effettivi dell’operazione Albania sono assai modesti, neppure simbolici. Il 25 per cento delle persone effettivamente rimpatriate in un mese, dopo la deportazione in territorio albanese, annunciato dal governo per questo fine settimana, corrisponde a dieci immigrati irregolari rimpatriati in un mese.

Sono “numeri” che servono a scopo politico, ma non aumentano la sicurezza degli italiani e il contrasto del traffico di esseri umani, invece alimentato dagli accordi con paesi terzi come la Libia, che continuano a garantire impunità agli autori di crimini contro l’umanità. Per non parlare di paesi come il Bangladesh o il Pakistan, se non come la Tunisia o l’Egitto, che oggi non si possono certo definire paesi di origine sicuri.

Fulvio Vassallo Paleologo