
Un uomo su tre giustifica la violenza economica, uno su quattro gli abusi
Pressenza - Monday, November 24, 2025La violenza contro le donne è l’esito di disuguaglianze strutturali radicate nella vita quotidiana. Attraverso l’analisi di una giornata tipo di ragazze e donne – tra casa, spazi pubblici, trasporti, cultura e digitale – l’ultima ricerca di ActionAid, realizzata con il supporto dell’Osservatorio di Pavia, dal titolo “Perché non accada. La prevenzione primaria come politica di cambiamento strutturale”, fa emergere gli stereotipi e le norme di genere che ne condizionano libertà, sicurezza e opportunità di partecipazione. Per quanto riguarda i carichi di cura, il 74% delle donne si occupa da sola dei lavori domestici, contro il 40% degli uomini, con divari più ampi tra le Boomers (80% vs 27%) e le Gen X (83% vs 34%). Anche nella genitorialità il carico è sbilanciato: il 41% delle madri si occupa da sola dei figli/e, contro appena il 10% dei padri. I Millennials segnano un punto di svolta: il divario di genere si restringe a soli 2,1 punti percentuali, indicando un cambiamento culturale che spinge verso una genitorialità più condivisa ed equilibrata. Il 37% delle donne si prende poi cura da sola dei genitori contro il 33% degli uomini, ma il divario cresce tra le Boomers (40% vs 27%). Solo tra i Millennials emerge una parziale inversione: il 41% degli uomini si occupa dei genitori, contro il 33% delle donne. Il ricorso a figure retribuite è minimo (2%), a conferma del modello di cura mediterraneo, fondato sulla solidarietà familiare come dovere morale e affettivo. Quanto al divario finanziario, che alimenta la violenza economica: il 51% degli uomini gestisce da solo le finanze domestiche, contro il 38% delle donne, con divari più ampi tra i Boomers (52,6% vs 37,1%) e nella Generazione X (57% vs 46%). Nel Centro Italia il divario raggiunge il massimo (60% uomini vs 31% donne), mentre le donne Millennials (30%) mostrano la più alta propensione alla gestione condivisa.
Dalla ricerca emerge, inoltre, che il 38% del campione ha avuto paura almeno una volta di viaggiare sui mezzi pubblici, con un forte divario di genere (32% delle donne vs 19% degli uomini). Tra le giovani della Gen Z, quasi due su tre (65,5%) dichiarano timore o evitano i mezzi (vs 33,8% tra le Boomers). La paura cresce nelle aree periferiche e rurali, tra le persone LGBTQ+ (50% donne non etero vs 43% etero; 37,9% uomini non etero vs 30,5% etero) e tra le persone con disabilità (46,2% donne vs 42,6% senza; 42,1% uomini vs 29,6% senza), confermando che la mobilità resta uno spazio attraversato da disuguaglianze e insicurezze. Un quarto del campione (25%) ritiene che una donna sia al sicuro solo se accompagnata, mentre solo il 13% considera i mezzi pubblici sempre sicuri e il 40% lega la sicurezza alla luce del giorno. Tra gli uomini, il 28% condivide l’idea che una donna sia sicura solo se accompagnata (vs 21% delle donne), segno di un atteggiamento ancora paternalistico. La percezione condizionata è altissima tra le giovani generazioni (88,5% Gen Z; 86,9% Millennials) e resta elevata anche tra le Boomers (79,9%). Le differenze territoriali sono minime, con un picco nel Nord-Ovest (89%), confermando che il limite è soprattutto culturale e trasversale tra generi e generazioni.
Sono gli uomini a frequentare maggiormente gli spazi pubblici (49% vs 44%). La partecipazione femminile cala con l’età (62% Gen Z -> 30% Boomers) e risente dei carichi di cura, che rendono la mobilità spesso “necessitata”, ovvero legata a esigenze pratiche più che al tempo libero. Tra le donne con disabilità la presenza scende al 37,6% (vs 45,6%).” Maggiore soddisfazione per le donne non etero rispetto alle etero (63,3% vs. 57,6%).
La rilevazione di ActionAid fa emergere come le disuguaglianze di genere siano poco affrontate: solo il 50% del campione ritiene che i contenuti culturali stimolino la riflessione sulle disuguaglianze di genere; il 25% non ne percepisce alcun riferimento e il 9% segnala la presenza di stereotipi. Le giovani donne (58,4% vs 52,3% coetanei) risultano le più sensibili al tema, mentre tra le Boomers la quota scende al 42,1%. La percezione che i prodotti culturali non favoriscano uno sguardo critico sulle disuguaglianze cresce tra le donne non eterosessuali (65% vs 49% etero) e tra le persone occupate (58,8% donne; 54% uomini), ma cala tra chi non lavora (41,9% donne; 39,4% uomini). E quasi la metà del campione (47%) si è sentita svalutata nei contenuti culturali (55% donne vs 38% uomini). Tra le giovani donne della Gen Z, la mancata rappresentazione raggiunge il 70,8%, e resta elevata anche tra le Millennials (60,2%). Il senso di esclusione cresce tra le donne non etero (65% vs 49% etero) e tra le lavoratrici (59,4% vs 52% non occupate), mentre tra gli uomini i valori restano molto più bassi (26,3% Boomers).
La violenza continua però a non essere vista. Infatti, solo un terzo agisce, mentre oltre la metà non vede la violenza. Solo il 34% del campione ha dichiarato di aver agito di fronte a episodi di violenza, mentre il 57% afferma di non aver mai assistito o saputo di casi simili. La propensione ad agire cresce tra la popolazione giovanile (50% Gen Z; 45% Millennials) e cala con l’avanzare dell’età (29% Gen X; 25% Boomers). Le donne non etero e quelle con disabilità mostrano maggiore consapevolezza (36,7% e 43,6% non hanno mai assistito a episodi, vs 57,3% e 58,3% delle altre). Anche la partecipazione lavorativa aumenta l’attenzione (51,4% lavoratrici vs 60,2% non occupate; 51,9% uomini vs 68,6%), segno che l’esposizione sociale favorisce il riconoscimento della violenza.
“Alla luce di questi dati, si legge nel report, la prevenzione primaria deve diventare una responsabilità sistemica e continuativa delle istituzioni, fondata sull’applicazione effettiva del gender mainstreaming. In Italia, il principio è da tempo recepito, ma resta più dichiarato che praticato, con politiche frammentate. I Piani nazionali antiviolenza riconoscono l’importanza di agire sulle cause culturali, ma si limitano a interventi di sensibilizzazione, discontinui e finanziati con risorse inadeguate. Anche la Strategia nazionale per la parità di genere 2021–2026 non presenta un approccio di reale impatto trasformativo. Serve una visione strutturale e intersettoriale, capace di tradurre l’uguaglianza di genere in politiche concrete e durature: la vera rivoluzione culturale necessaria per prevenire la violenza maschile contro le donne in Italia”.
Qui per scaricare il Rapporto: https://www.actionaid.it/pubblicazioni/perche-non-accada/.