Un uomo su tre giustifica la violenza economica, uno su quattro gli abusi
La violenza contro le donne è l’esito di disuguaglianze strutturali radicate
nella vita quotidiana. Attraverso l’analisi di una giornata tipo di ragazze e
donne – tra casa, spazi pubblici, trasporti, cultura e digitale – l’ultima
ricerca di ActionAid, realizzata con il supporto dell’Osservatorio di Pavia, dal
titolo “Perché non accada. La prevenzione primaria come politica di cambiamento
strutturale”, fa emergere gli stereotipi e le norme di genere che ne
condizionano libertà, sicurezza e opportunità di partecipazione. Per quanto
riguarda i carichi di cura, il 74% delle donne si occupa da sola dei lavori
domestici, contro il 40% degli uomini, con divari più ampi tra le Boomers (80%
vs 27%) e le Gen X (83% vs 34%). Anche nella genitorialità il carico è
sbilanciato: il 41% delle madri si occupa da sola dei figli/e, contro appena il
10% dei padri. I Millennials segnano un punto di svolta: il divario di genere si
restringe a soli 2,1 punti percentuali, indicando un cambiamento culturale che
spinge verso una genitorialità più condivisa ed equilibrata. Il 37% delle donne
si prende poi cura da sola dei genitori contro il 33% degli uomini, ma il
divario cresce tra le Boomers (40% vs 27%). Solo tra i Millennials emerge una
parziale inversione: il 41% degli uomini si occupa dei genitori, contro il 33%
delle donne. Il ricorso a figure retribuite è minimo (2%), a conferma del
modello di cura mediterraneo, fondato sulla solidarietà familiare come dovere
morale e affettivo. Quanto al divario finanziario, che alimenta la violenza
economica: il 51% degli uomini gestisce da solo le finanze domestiche, contro il
38% delle donne, con divari più ampi tra i Boomers (52,6% vs 37,1%) e nella
Generazione X (57% vs 46%). Nel Centro Italia il divario raggiunge il massimo
(60% uomini vs 31% donne), mentre le donne Millennials (30%) mostrano la più
alta propensione alla gestione condivisa.
Dalla ricerca emerge, inoltre, che il 38% del campione ha avuto paura almeno una
volta di viaggiare sui mezzi pubblici, con un forte divario di genere (32% delle
donne vs 19% degli uomini). Tra le giovani della Gen Z, quasi due su tre (65,5%)
dichiarano timore o evitano i mezzi (vs 33,8% tra le Boomers). La paura cresce
nelle aree periferiche e rurali, tra le persone LGBTQ+ (50% donne non etero vs
43% etero; 37,9% uomini non etero vs 30,5% etero) e tra le persone con
disabilità (46,2% donne vs 42,6% senza; 42,1% uomini vs 29,6% senza),
confermando che la mobilità resta uno spazio attraversato da disuguaglianze e
insicurezze. Un quarto del campione (25%) ritiene che una donna sia al sicuro
solo se accompagnata, mentre solo il 13% considera i mezzi pubblici sempre
sicuri e il 40% lega la sicurezza alla luce del giorno. Tra gli uomini, il 28%
condivide l’idea che una donna sia sicura solo se accompagnata (vs 21% delle
donne), segno di un atteggiamento ancora paternalistico. La percezione
condizionata è altissima tra le giovani generazioni (88,5% Gen Z; 86,9%
Millennials) e resta elevata anche tra le Boomers (79,9%). Le differenze
territoriali sono minime, con un picco nel Nord-Ovest (89%), confermando che il
limite è soprattutto culturale e trasversale tra generi e generazioni.
Sono gli uomini a frequentare maggiormente gli spazi pubblici (49% vs 44%). La
partecipazione femminile cala con l’età (62% Gen Z -> 30% Boomers) e risente dei
carichi di cura, che rendono la mobilità spesso “necessitata”, ovvero legata a
esigenze pratiche più che al tempo libero. Tra le donne con disabilità la
presenza scende al 37,6% (vs 45,6%).” Maggiore soddisfazione per le donne non
etero rispetto alle etero (63,3% vs. 57,6%).
La rilevazione di ActionAid fa emergere come le disuguaglianze di genere siano
poco affrontate: solo il 50% del campione ritiene che i contenuti culturali
stimolino la riflessione sulle disuguaglianze di genere; il 25% non ne
percepisce alcun riferimento e il 9% segnala la presenza di stereotipi. Le
giovani donne (58,4% vs 52,3% coetanei) risultano le più sensibili al tema,
mentre tra le Boomers la quota scende al 42,1%. La percezione che i prodotti
culturali non favoriscano uno sguardo critico sulle disuguaglianze cresce tra le
donne non eterosessuali (65% vs 49% etero) e tra le persone occupate (58,8%
donne; 54% uomini), ma cala tra chi non lavora (41,9% donne; 39,4% uomini). E
quasi la metà del campione (47%) si è sentita svalutata nei contenuti culturali
(55% donne vs 38% uomini). Tra le giovani donne della Gen Z, la mancata
rappresentazione raggiunge il 70,8%, e resta elevata anche tra le Millennials
(60,2%). Il senso di esclusione cresce tra le donne non etero (65% vs 49% etero)
e tra le lavoratrici (59,4% vs 52% non occupate), mentre tra gli uomini i valori
restano molto più bassi (26,3% Boomers).
La violenza continua però a non essere vista. Infatti, solo un terzo agisce,
mentre oltre la metà non vede la violenza. Solo il 34% del campione ha
dichiarato di aver agito di fronte a episodi di violenza, mentre il 57% afferma
di non aver mai assistito o saputo di casi simili. La propensione ad agire
cresce tra la popolazione giovanile (50% Gen Z; 45% Millennials) e cala con
l’avanzare dell’età (29% Gen X; 25% Boomers). Le donne non etero e quelle con
disabilità mostrano maggiore consapevolezza (36,7% e 43,6% non hanno mai
assistito a episodi, vs 57,3% e 58,3% delle altre). Anche la partecipazione
lavorativa aumenta l’attenzione (51,4% lavoratrici vs 60,2% non occupate; 51,9%
uomini vs 68,6%), segno che l’esposizione sociale favorisce il riconoscimento
della violenza.
“Alla luce di questi dati, si legge nel report, la prevenzione primaria deve
diventare una responsabilità sistemica e continuativa delle istituzioni, fondata
sull’applicazione effettiva del gender mainstreaming. In Italia, il principio è
da tempo recepito, ma resta più dichiarato che praticato, con politiche
frammentate. I Piani nazionali antiviolenza riconoscono l’importanza di agire
sulle cause culturali, ma si limitano a interventi di sensibilizzazione,
discontinui e finanziati con risorse inadeguate. Anche la Strategia nazionale
per la parità di genere 2021–2026 non presenta un approccio di reale impatto
trasformativo. Serve una visione strutturale e intersettoriale, capace di
tradurre l’uguaglianza di genere in politiche concrete e durature: la vera
rivoluzione culturale necessaria per prevenire la violenza maschile contro le
donne in Italia”.
Qui per scaricare il Rapporto:
https://www.actionaid.it/pubblicazioni/perche-non-accada/.
Giovanni Caprio