
Cosa si può ancora fare?
Comune-info - Friday, November 21, 2025In questi giorni rimbalzano le immagini dell’esproprio di una casa che verrà abbattuta per fare posto al cantiere della grande opera. Una donna anziana nasconde il viso in un fazzoletto, senza rabbia, quasi provando vergogna per quel suo dolore grande. Era casa sua dal 1959. Eppure in Val Susa non smettono un giorno di chiedersi: “abbiamo fatto abbastanza?”, “cosa si può ancora fare”?
Foto di Luca PerinoAbbiamo fatto abbastanza? È una domanda che si infila nella memoria in un giorno di metà settimana, metà mese, mercoledì di novembre, mentre sui social girano le immagini dell’esproprio di una casa che verrà abbattuta per fare posto al cantiere della grande opera. Telt il 19 novembre 2025 ha preso ufficialmente possesso delle case della frazione di San Giuliano (Susa). Ad essere abbattute saranno tre per far posto al cantiere della stazione internazionale del Tav.
Poco distante lo scatto di un fotografo ritrae una donna anziana che nasconde il viso in un fazzoletto, senza rabbia, quasi provando vergogna per quel suo dolore grande. Era casa sua dal 1959. Il fotografo di un giornale locale sente il bisogno di intitolare la foto: “Progresso?”. Abbiamo fatto abbastanza? Per opporci a questa devastazione? Mettendo a disposizione i nostri corpi, le azioni i pensieri gli scritti? Mettendo a disposizione una buona parte della nostra vita in questi trent’anni di lotta? Chilometri di passi fatti in centinaia di manifestazioni. Incontri, convegni, presidi sotto grandi nevicate o con la pelle bruciata dal sole. Viaggi per tutta Italia per incontrare e farci conoscere. Denunce, processi. Da qualche giorno in calendario le iniziative per ricordare i giorni vissuti per la “Liberazione di Venaus” era il 2005, vent’anni fa.
Tuttavia quella grande partecipazione popolare che aveva permesso di correre in migliaia sui prati, rompere i sigilli e perfino riuscire a far arretrare le truppe di occupazione era stato possibile perché alle spalle il movimento aveva già altri dieci anni (totale trent’anni), dove si era costruito piano piano una grande partecipazione popolare. Gli strumenti usati erano stati diversificati: dalle solite assemblee in ogni comune alla partecipazione ai carnevali con maschere di cartone che ricordavano il mostro tav che avanzava… Il rumore del Tgv registrato a Macon in Francia e poi sparato a tutto voluto al cinema. La partecipazione a una gara di lese (slitte) che dalla Sacra di San Michele scendevano a una velocità abbastanza pericolosa fino a Sant’Ambrogio. La “lesa è la tradizione, il Tav la distruzione”. Testi teatrali portati in scena, canti, presidi, ecc. Anni Novanta: le riunioni a Condove con il comitato Habitat e a Bussoleno con il comitato NoTav. Si era appena conclusa la lotta (per una volta vinta) sul mega elettrodotto Grand’Ile Piossasco ma non c’è stato il tempo di festeggiare perché si apriva un altro fronte. Era il 1986 quando sui giornali apparivano notizie sulla grande opera. Si può dire che c’è stato divertimento, allegria, anche nel fare politica. Si può dire che sembra impossibile ora trasmettere quel carico di storie, di incontri, amicizie, amori, costruzione di una vera comunità. Restano ricordi forti, preziosi. Abbiamo fatto abbastanza? Cosa si può ancora fare?
Nel tempo, per fortuna, è in atto un passaggio di consegne mentre uno dopo l’altro i protagonisti di allora se ne vanno. Molti dei ragazzi che ora stanno raccogliendo il testimone e portando avanti l’opposizione non erano nati. I ragazzi e le ragazza che stanno organizzando il ventennale di Venaus, allora avevano dieci-undici anni. Pochi conoscono i nomi delle persone che allora avevano messo le basi: i tecnici, i primi amministratori, il presidente dell’Unione montana, il primo avvocato ad occuparsi del tav. Sono fasi diverse e forse è inutile guardare indietro ma andare avanti con nuove idee.

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Inviato anche a Volerelaluna.it
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