Giovedì 27 novembre: incontro con Giuliana Sgrena, reporter di guerra

Pressenza - Friday, November 21, 2025

Nel libro intitolato “Me la sono andata a cercare” la giornalista racconta le proprie esperienze e ricorda alcuni suoi colleghi vittime del lavoro, il mestiere di documentare i conflitti armati e bellici del presente: Ilaria Alpi, Maria Grazia Cutuli,… Nicola Calipari, che quando lei era stata sequestrata di un gruppo islamista in Iraq l’aveva liberata e mentre l’accompagnava all’aeroporto di Baghdad è stato ucciso da un soldato americano.

Per oltre 30 anni corrispondente da Algeria, Somalia, Palestina e altri paesi del Medio Oriente, nel 2001 in Afghanistan e nel 2003 in Iraq, anche autrice di Fuoco amico (2006), Dio odia le donne (2016) e Donne ingannate. Il velo come religione, identità e libertà (2022), Giuliana Sgrena presenterà il proprio libro pubblicato quest’anno da Editori GLF Laterza a un incontro pubblico, giovedì 27 novembre prossimo, con Alberto Deambrogio e Mirella Ruo.

L’iniziativa è organizzata da Rete delle Alternative e collettivo Donne insieme di Casale Monferrato, che spiegano:

Per Luigi Pintor, di cui ricorre il centenario della nascita, il giornalismo doveva, tra altre cose, essere un mezzo per riscoprire la realtà e non solo un’eco della propaganda.

Giuliana Sgrena ha lavorato al quotidiano Il Manifesto lungamente accanto a Pintor e ha saputo praticare nei fatti quell’indicazione, ricercando sempre le vie più efficaci, anche se faticose, per restituire fatti e dare ai lettori e alle lettrici argomenti critici su cui orientarsi nel mondo.

Il suo libro è un memoriale che riporta a luoghi e situazioni che hanno visto la giornalista impegnata per anni in condizioni spesso proibitive, con le poche risorse messe a disposizione da un piccolo giornale battagliero. Quello che emerge a tutto tondo è una forma di giornalismo ormai in via di sparizione, basato sulla verifica e testimonianza diretta dei fatti, per offrire un’informazione qualificata e documentata.

Oggi si parla molto di guerra e spesso per via indiretta, poiché i giornalisti e le giornaliste rimangono nelle redazioni europee a lavorare con notizie di seconda mano. Somalia, Algeria, Afghanistan, Siria, Kurdistan: in ognuno di questi paesi, teatro di guerre e conflitti dai contorni complessi e duraturi, emerge sempre uno scenario di violenza e sopraffazione, ma anche la possibilità per la giornalista di stringere legami profondi che sono durati negli anni. Il ruolo delle donne, nella ricostruzione della sua esperienza nei diversi paesi , è di profondo interesse: le donne costituiscono una rete di protezione nelle situazioni rischiose, un riferimento organizzato nelle battaglie progressiste, ma – nel loro costante protagonismo – offrono a Sgrena anche una efficace chiave di lettura della realtà osservata.

La conoscenza approfondita di situazioni, dinamiche e attori locali ha dato a Sgrena la possibilità di costruirsi una visione di prima mano su come sono andate vicende che hanno segnato la politica e la società italiana e internazionale: basti pensare alla vicenda di Ilaria Alpi, di Maria Grazia Cutuli o, per altri drammatici versi, al suo rapimento in Iraq conclusosi con la morte di Nicola Calipari.

Il libro di Giuliana Sgrena è anche uno strumento che aiuta a riflettere sulla grave differenza con cui il punto di vista femminile, quello di una giornalista può essere messo a confronto con uno maschile. Il chiacchiericcio, il commento diffuso anche nel mondo politico all’epoca del suo rapimento descriveva Sgrena come una che ‘se l’era andata a cercare’, tradendo un pensiero che delegittima l’intraprendenza e libertà d’azione femminile.

Questo era ed è un problema irrisolto, che pone soprattutto gli uomini di fronte alla necessità di cambiamenti profondi della loro cultura, delle loro espressioni e delle loro azioni.

Maddalena Brunasti