
Intelligenza Artificiale nelle scuole: nuova sperimentazione con gli studenti “fragili”
ROARS - Monday, October 27, 2025Da circa un anno è partita una sperimentazione sull’uso dell’Intelligenza Artificiale (IA) che coinvolge alcune scuole italiane. Il Ministro Valditara ha annunciato giorni fa i primi esiti positivi. La sperimentazione sarà oggetto di valutazione conclusiva da parte dell’INVALSI. Se tutto andrà bene, potrà essere estesa a tutte le scuole. Ma cosa stanno facendo concretamente le scuole coinvolte? Come verranno valutate dall’INVALSI? Dove possiamo leggere e farci un’idea dei dati annunciati dal Ministro? La documentazione pubblica è parziale e difficile da trovare. Nel frattempo, però, Valditara annuncia un nuovo progetto sull’IA nelle scuole campane: partiamo dagli studenti “fragili” INVALSI. Il dibattito sull’IA nella didattica è di grande attualità: i benefici sono a dir poco dubbi e l’opacità intrinseca degli strumenti non consente controllo e affidabilità. E’ davvero una buona idea trasformare le scuole dei territori più difficili in luoghi di sperimentazione?
Cosa sappiamo dell’introduzione dell’Intelligenza Artificiale (IA) nelle scuole? A che punto è la sperimentazione annunciata dal Ministro Valditara più di un anno fa? Come si sta svolgendo e cosa ci aspetta? Sono tutte domande che legittimamente ci poniamo, soprattutto dopo la pubblicazione delle Linee Guida per l’Intelligenza Artificiale a scuola e dopo il recente intervento del Ministro che ha comunicato [1] i primi esiti quantitativi e positivi della sperimentazione dell’IA in alcune classi. La sperimentazione coinvolge anche l’INVALSI e prevede nuovi sviluppi. Se cerchiamo informazioni sui siti istituzionali, non troviamo niente di pubblico. Non è possibile conoscere né il progetto né la logica di svolgimento, le modalità di valutazione degli esiti da parte dell’INVALSI, le tappe successive. Come sta procedendo allora il progetto pilota e quali esiti ha annunciato il Ministro al recente Summit Next Gen AI a Napoli? Proviamo a fare un po’ di ordine.
Quello che sappiamo finora
- Nell’Ottobre 2024 il Ministro Valditara ha annunciato una sperimentazione sull’intelligenza artificiale nelle scuole, che coinvolge 15 scuole di 4 regioni diverse.
Siamo tra i primi, afferma il Ministro. Come noi solo la Corea del Sud e pochi altri.
- L’obiettivo principale, stando alle dichiarazioni del Ministro, è ”valutare l’efficacia degli assistenti IA nel migliorare le performance degli studenti”.
- La sperimentazione durerà due anni, i risultati saranno valutati dall’Istituto di valutazione INVALSI. In base agli esiti la sperimentazione potrà essere estesa a tutte le scuole.
Inutile cercare dettagli sul sito del Ministero o di INVALSI.
Per avere qualche informazione, bisogna cercare in rete: qui, ad esempio, un articolo dal taglio generale, mentre qui, qui, qui e qui, informazioni dalla stampa locale.
Ricaviamo che la sperimentazione si baserà su specifici moduli Google, offerti (per ora) gratuitamente alle scuole partecipanti. La valutazione della sperimentazione sarà affidata all’ INVALSI, anche se non è chiaro come. Alcuni articoli parlano di “prove INVALSI” finali, altri di monitoraggio dei progressi in itinere, o di raccolta di dati anonimi ed “esame finale”.
Tra i consulenti che affiancano il ministero in questa sperimentazione, il fisico Paolo Branchini. Qui un suo recente intervento dal titolo “AI nella scuola” e qui un video sullo stesso tema all’ultimo convegno del sindacato SNALS dal titolo “Innovazioni e sfide per l’istruzione e la ricerca”.
“Il Ministro Valditara ha fatto partire un’importante sperimentazione sull’uso degli assistenti virtuali in ambito educativo.
Si tratta di software basati sull’intelligenza artificiale (AI) in grado di comprendere e rispondere a domande, fornire informazioni e supportare vari tipi di attività attraverso l’interazione vocale e testuale.
Come recenti studi hanno dimostrato, gli assistenti virtuali inciderebbero sull’esperienza educativa rendendola più interattiva, personalizzata e accessibile, adattandosi ai ritmi e alle esigenze di ogni studente. L’insegnamento diventerebbe più attrattivo per le nuove generazioni”.
“Si spera che gli assistenti possano contrastare il fenomeno della dispersione scolastica, aiutare a ridurre il gender gap nelle materie scientifiche e generare, in modo semiautomatico, così sia corsi di sostegno che di potenziamento.
Lo scopo della sperimentazione è quantificare questi potenziali vantaggi. Per questa ragione, ogni classe dove si effettuerà la sperimentazione, sarà affiancata da una classe “placebo” dove non lo sarà.
Entro maggio 2026, i test INVALSI, in modo scientifico, misureranno gli eventuali vantaggi dell’approccio basato sull’AI. Consci che questo approccio non sia ancora una tecnologia consolidata, in questa sperimentazione saranno esposti all’AI generativa solo i docenti”.
Il progetto si chiama Impar-AI. Questo è il sito attualmente visibile.
L’attualità e i primi risultati
- Il 9 Agosto scorso il Ministero dell’Istruzione e del Merito pubblica le Linee Guida sull’IA a scuola.
- Qualche giorno fa a Napoli si è appunto tenuto un summit internazionale sull’intelligenza artificiale: Next Gen AI.
L’introduzione del Ministro Valditara è stata solenne. Leggiamone un estratto:
“Il MIM è stato il primo ministero ad aver approvato le Linee Guida dell’IA nelle scuole. È stata lanciata la prima sperimentazione sull’impiego dell’IA nella didattica quotidiana per la personalizzazione della didattica. Siamo partiti da 15 scuole, 4 regioni differenti. Mi fa molto piacere che le prima scuole disponibili ad avviare questa prima sperimentazione sono proprio alcune scuole del Mezzogiorno d’Italia. Una scuola di Reggio Calabria, una scuola di Platì: c’è grande voglia di futuro”.
Alcuni dati:
“I primi risultati di valutazione comparata basata su prove comuni, parallele e voti finali evidenziano un impatto sostanzialmente positivo. Le classi sperimentali hanno registrato una media generale finale superiore rispetto alle classi di controllo: si è rilevata una media di 7.93 contro 6.90 per le classi di controllo.
Un altro dato di particolare interesse è l’azzeramento del tasso di non ammissione cioè delle cosiddette bocciature, proprio nelle classi sperimentali, laddove nelle classi di controllo un 16% di non ammissione.
Ma la sperimentazione ha anche dimostrato un impatto notevolmente positivo sugli alunni con bisogni educativi speciali o con disturbi nell’apprendimento. Ed è dunque ancora una volta la conferma che abbiamo visto giusto..”
Soffermiamoci per un attimo sui dati, le prime valutazioni elencate da Valditara.
Il Ministro cita valutazioni quantitative per sostenere la bontà delle sue politiche: è la sua parola pubblica.
Da dove vengono e come sono stati ottenuti quei voti? Dal sito del progetto possiamo trarre qualche spunto.
Nella sezione dedicata agli esiti comprendiamo che i primi risultati riguardano due gruppi classe, divisi in gruppo sperimentale e non sperimentale. Osserviamo innanzitutto che i due gruppi non sono numericamente della stessa dimensione: quelli che sperimentano l’IA nella didattica sono sempre ridotti in termini numerici (25 alunni vs 17; 19 alunni vs 15), ignoriamo il perché.
Ma soprattutto, guardiamo i risultati.

Due sole classi coinvolte. In una non c’è nessuna differenza tra gli studenti che usano l’IA e quelli che non la usano. Nell’altra classe, e questa è quella scelta dal Ministro per la sua citazione al recente Summit, si registra uno scarto di circa mezzo punto tra le “medie generali dei voti finali”: da 6,90 per la classe non sperimentale a 7, 63 per l’altra.
Il Ministro, stando a ciò che è visibile sul sito ImparAI, ha quindi scelto il dato più conveniente, ottenuto a partire da un gruppo di 15 studenti, per raccontare il buon andamento della sperimentazione?
Se così fosse, si tratterebbe di una una “selezione tendenziosa” (cherry picking) di dati numerici ( numeri usati come armi di distruzioni matematica) peraltro non significativi statisticamente, utilizzati per supportare una narrazione.
Ci sarà sicuramente un’altra spiegazione. Sarebbe il caso di rendere pubblici i dati di sperimentazioni che coinvolgono i nostri studenti, per consentire un monitoraggio civico e un’informazione rispettosa dei cittadini. Forse il coordinatore del progetto, fisico dell’INFN, potrebbe intervenire pubblicamente spiegando come stanno procedendo i monitoraggi intermedi.

Politiche scolastiche automatizzate
Valditara ha annunciato anche un’altra sperimentazione. Al Summit ha dichiarato:
“Proprio qua in Campania partirà un’altra fase di sperimentazione: voglio ringraziare la Compagnia di San Paolo per aver messo a disposizione risorse importanti. Proprio qui in Campania porteremo la sperimentazione dell’IA nelle scuole che coinvolgerà almeno 10mila studenti [..]
Partiremo dalle scuole più fragili, nella logica di Agenda Sud, che ha dato straordinari risultati nella lotta alla dispersione scolastica.
Partiremo dai giovani con maggiori criticità, che hanno necessità dir recupero, con un programma in collaborazione con INVALSI e con le strutture regionali del Ministeri, che si va ad affiancare all’investimento colossale previsto per Agenda Sud e Nord: un miliardo e 40 milioni di euro.
La seconda bella notizia è l’avvio di un grande piano di formazione da 100 milioni di euro, che coinvolgerà docenti e studenti di tutte le scuole in attività laboratoriali da realizzare insieme per utilizzare l’IA come supporto per potenziare le competenze per la personalizzazione dell’apprendimento”.
A quanto pare, la nuova frontiera delle politiche automatizzate si allarga.
L’Agenda Sud, come tutte le politiche che dal 2022, nel quadro dei finanziamenti PNRR, sono state applicate con l’obiettivo di “colmare i divari di apprendimento”, attribuiscono finanziamenti e prevedono azioni didattiche a partire dai dati INVALSI. Questi dati etichettano gli studenti in funzione degli esiti passati nei test come “studenti in condizioni di fragilità”, “quasi fragili” o adeguati. E lo fanno secondo logiche e parametri non trasparenti. L’uso di questi dati per scelte che hanno conseguenze sul destino educativo individuale di studenti (famiglie) e docenti, non è affatto pacifico né tantomeno neutro. Affidare i “fragili” ai tutor virtuali e alla sorveglianza delle piattaforme delle Big Tech senza alcuna prudenza, anzi come segnale di posizionamento del governo nella rincorsa internazionale all’automazione dei processi sociali, è frutto di una valutazione politica. Non discende certo come corollario dai dati INVALSI e dovrebbe quindi essere oggetto di dibattito pubblico e cautela. Introdurre l’Intelligenza Artificiale in classe non è come mettere banchi a rotelle o montare lavagne elettroniche, pur essendo tutti questi potenzialmente strumenti didattici.
“L’ascesa dell’intelligenza artificiale generativa nei flussi di lavoro della conoscenza solleva interrogativi sul suo impatto sulle competenze e sulle pratiche di pensiero critico”, questo l’incipit di uno degli N articoli che sottolineano preoccupanti interrogativi sull’impiego di strumenti automatizzati per la cosiddetta personalizzazione della didattica. Significativo che questo articolo sia appena stato scritto di un gruppo di ricercatori di Microsoft e della Carnegie Mellon University (qui)

Uno strumento disabilitante e atrofizzante, di “deskilling”, scrive Daniela Tafani, che in più genera dipendenza: un compagno immaginario del tutto inaffidabile. Perché mai affiancarlo a uno studente, e per di più a quello più fragile? Perché non iniziare dai più bravi, invece? Perché trasformare le scuole dei territori più difficili in luoghi di sperimentazione di strumenti i cui benefici sono quanto meno dubbi e la cui opacità operativa intrinseca non consente controllo e affidabilità?
“L’intelligenza artificiale nell’istruzione è un problema pubblico”, afferma Ben Williamson, che nel Marzo 2024 ha pubblicato un rapporto per il National Education Policy Center dell’Università del Colorado dal titolo assai eloquente: “Time for a Pause: Without Effective Public Oversight, AI in Schools Will Do More Harm Than Good.”
Si dirà: ma gli studenti non saranno mai soli, ci saranno i loro insegnanti, opportunamente “formati”, a sovrintendere il funzionamento “etico” del progetto.
Cosa c’è di più sensato, in effetti, che stanziare soldi pubblici per formare gruppi di insegnanti all’uso di piattaforme proprietarie che le scuole dovranno acquistare da aziende come Google e Microsoft per affiancare gli studenti più bisognosi? Perché non investire invece in nuovi docenti che affianchino quotidianamente le classi con maggiori difficoltà? O prevedere misure di sdoppiamento-classi almeno nei territori di maggiore complessità e disagio sociale?
E’ un vero e proprio gioco delle parti quello a cui assistiamo, peraltro basato su finanziamenti dal tempo limitato (PNRR). La “sperimentazione” rimpalla la responsabilità prima politica e poi educativa, a cascata, dal governo agli insegnanti, per ricadere poi sull’ “utente finale” (cit.): lo studente. Non solo etichettato dagli algoritmi INVALSI, più o meno a sua insaputa, ma messo pure a svolgere lavoro di potenziamento online, con un tutor virtuale che sorveglia e memorizza i suoi progressi, mentre il lavoro del suo insegnante è progressivamente alienato e monitorato. Un capolavoro.
Si dirà, ancora: ma gli altri paesi lo fanno, non possiamo restare indietro. In effetti, le cose non stanno esattamente cosi. A quanto pare, ad esempio, la mitica Corea ha fatto marcia indietro, grazie all’opposizione consapevole di studenti, genitori e insegnanti.
Accadrà lo stesso anche in Italia?

[1] Al Summit Internazionale sull’Intelligenza Artificiale di Napoli il 9 Ottobre scorso.