Tag - Omar Barghouti

Materiali convegno | Piovono euro sull’industria “necessaria” di Crosetto e Leonardo S.p.A. Le relazioni con Israele – di Rossana De Simone (BDS Italia)
In vista del convegno organizzato da Effimera il prossimo 15 novembre al C.S. Cantiere, V.le Monterosa 84, a Milano, inseriamo tra i materiali preparatori anche il ricco dossier “Piovono euro sull’industria “necessaria” di Crosetto e Leonardo S.p.A. Le relazioni con Israele” redatto da Rossana De Simone per l’associazione BDS Italia. È possibile scaricarlo dal [...]
Omar Barghouti: “Sta arrivando il nostro ‘momento Sudafrica’”
“Prima di esporre la bandiera palestinese smettete di sostenere le società che contribuiscono a distruggere il nostro popolo”: intervista al co-fondatore del movimento Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni, che accusa la maggioranza dei governi occidentali di “camuffare” la complicità con Israele attraverso il riconoscimento dello Stato di Palestina. Ai sindacati chiede di essere uniti nel chiedere l’embargo militare. “Quando pianti semi non sai quando raccoglierai le olive. Ma i palestinesi sono molto pazienti”: così l’intellettuale palestinese Omar Barghouti, parla del movimento Bds (Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) che ha contribuito a fondare 20 anni fa per fermare l’occupazione illegale e l’apartheid in Israele ed è immensamente cresciuto “al costo indescrivibile” del genocidio in diretta streaming a Gaza -dalle università a Hollywood- grazie a un metodo basato sulla collaborazione con altre organizzazioni, da quelle ambientaliste a quelle antirazziste e per l’uguaglianza di genere. Per sicurezza, l’organizzazione non vuole diffondere l’indirizzo dove alloggia, quindi lo incontriamo in un locale vicino alla stazione Termini il 22 settembre, giorno in cui Roma è bloccata dallo sciopero generale per Gaza e in cui diversi Stati hanno dichiarato all’Onu di riconoscere la nazione palestinese. Barghouti, che cosa significa oggi riconoscere la Palestina? OB Qualcuno chiama questo gesto “solidarietà performativa” per il suo valore simbolico. Ma ritengo che non meriti neanche questo nome: è un camuffamento della complicità. Regno Unito, Canada, Portogallo e Australia stanno continuando a mandare beni anche militari a Israele. Stanno riconoscendo qualcosa di assolutamente teorico, come una torta nel cielo, mentre continuano ad aiutare Israele a distruggere i palestinesi. Kafka si rivolterebbe nella tomba. La Convenzione sul genocidio prevede che questi rapporti di collaborazione economica e militare si fermino anche nel caso questo sia solo una possibilità, per poterlo prevenire: dopo che una commissione indipendente dell’Onu ha affermato che si tratta effettivamente di genocidio, il dovere è ancora maggiore. Ma anche la società civile ha responsabilità: se un sindacato ha accordi con aziende che producono e trasportano armi verso Israele, è complice. Il Comune di Roma ha esposto nei giorni scorsi una bandiera palestinese in Campidoglio. OB Prima del tuo atto simbolico devi smettere di essere complice. Se il Comune di Roma espone una bandiera palestinese è una cosa carina ma non necessaria. Piuttosto, che cosa fa il Comune con il memorandum firmato nel 2003 con la società israeliana dell’acqua Mekorot e con le farmacie comunali che acquistano i farmaci Teva? Sono soldi dei contribuenti usati per sostenere aziende che, anche prima del genocidio, erano nella lista delle Nazioni Unite perché sostengono l’occupazione illegale. L’unico dovere delle istituzioni italiane è porre fine a questa complicità. Il resto è volontario (il 18 settembre una mozione del Consiglio comunale ha invitato l’amministrazione guidata da Roberto Gualtieri a rompere i rapporti con Mekorot ma non ha menzionato quelli con Teva, ndr). Perché oggi è prioritario il boicottaggio accademico? OB La collaborazione accademica con Israele si attua soprattutto nell’area della Difesa e nei progetti “dual use”, con scopi sia civili sia militari. I media israeliani parlano spesso del boicottaggio accademico perché le élite ne sono terrorizzate. Ad esempio, Israele è il Paese con la più alta percentuale di progetti approvati dal programma europeo di ricerca Horizon fino al 2024. Ma nei primi sei mesi del 2025 la percentuale di fondi ricevuti si è ridotta, rispetto al 2022, del 68%. Ciò non è certo avvenuto perché l’Unione europea abbia escluso Tel Aviv ma perché gli accademici si sono rifiutati di presentare progetti con le università israeliane. Abbiamo bisogno che gli accademici italiani facciano questo. Se non possiamo obbligare l’Università Sapienza a tagliare i legami con le università israeliane, i singoli ricercatori e docenti possono agire rompendo questi legami da soli. Il primo ministro israeliano Netanyahu ha recentemente detto che Israele diventerà una “super Sparta”, prospettando un’economia autarchica. OB È un momento storico. Il governo più fascista che Israele abbia mai avuto non dice che Bds funzionerà ma che sta funzionando. Molti nel mondo stanno tagliando i legami anche se silenziosamente, perché in Occidente è ancora un tabù dire “ci stiamo staccando da Israele”. C’è inoltre una “fuga di cervelli” senza precedenti. Netanyahu ammette l’isolamento ma invece di fermare il genocidio rilancia: “Diventeremo più aggressivi e autonomi nell’industria delle armi”, perché Israele ha la tecnologia militare ma la maggior parte delle armi vengono prodotte da Stati Uniti e Germania (anche se ci sono pure il Regno Unito e l’Italia). Ma come potrebbe Israele produrre autonomamente un F-35 o un F-16? Neanche l’Unione europea da sola riesce a farlo. Netanyahu è delirante, come Hitler nell’ultimo periodo. Sempre di più centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo manifestano in solidarietà con Gaza. Quanto impatto avranno sulle decisioni dei governi? OB Da ragazzo quando studiavo a New York facevo parte dell’occupazione della Columbia e ci facevamo la stessa domanda: gli Stati Uniti sanzioneranno mai il Sudafrica? Io credevo che fosse impossibile ma partecipavo alla lotta per dovere morale. Poi ho visto il collasso dell’apartheid sudafricana. Le misure richieste dal Bds nel 2005 vengono oggi adottate da Spagna, Slovenia, Colombia, Malesia, Turchia e altri Paesi. Tra le aziende indicate da Bds come complici di occupazione illegale e genocidio, McDonald’s e Coca-Cola hanno subito danni pesanti. Carrefour ha chiuso in Giordania, Oman, Bahrain e Kuwait. Intel, azienda americana produttrice di chip che pianificava di investire 25 miliardi di dollari in Israele non l’ha più fatto: il Bds ha avuto un ruolo importante nel far ritirare l’investimento. La Malesia durante il genocidio è stato il primo Paese ad annunciare che le navi dirette a Israele non sarebbero più passate dai suoi porti, soprattutto quelle con carichi militari. Negli Stati Uniti i portuali non possono agire attraverso lo sciopero ma la comunità li supporta bloccando i porti per non farli lavorare. Sta avvenendo nonostante la repressione di Trump. L’Olanda, nonostante riceva la più alta quota di investimenti israeliani in Ue, è favorevole a sanzioni commerciali. Come mai? OB Perché negli ultimi sei mesi il cambiamento dell’opinione pubblica è stato drastico. All’Aia hanno manifestato 150mila persone, in un Paese così piccolo. Due anni fa sarebbe stato impossibile: l’Olanda non è la Spagna o la Slovenia, era molto pro-Israele, oggi invece il Bds è molto popolare nelle università, nella cultura e nei media mainstream. Che cosa direbbe agli italiani che vogliono fermare il genocidio? OB L’azienda produttrice di armamenti Leonardo appartiene per un terzo allo Stato italiano, quindi ai cittadini. Come le inchieste di Altreconomia hanno mostrato, ci sono molte armi italiane che ancora continuano a essere inviate in Israele, tra cui quelle a duplice uso. Dovete fare pressione sul vostro governo perché la complicità cessi. Altrimenti dov’è la democrazia? Tutti i sindacalisti dovrebbero essere uniti nel chiedere l’embargo militare totale -compresi i beni dual use– come chiedono le norme internazionali. Invece gli slogan ora chiedono solo lo stop al genocidio. Dovete capire che fermare la complicità non è un atto di carità ma un profondo dovere etico e legale.   altreconomia
Boicottaggio e diritti umani: a Napoli cresce il movimento BDS
NEL VENTENNALE DEL MOVIMENTO INTERNAZIONALE BDS CRESCE ANCHE A NAPOLI L’IMPEGNO PER I DIRITTI DEL POPOLO PALESTINESE: NASCE UN NODO CITTADINO, SI RAFFORZA LA RETE SPLAI E SI PREPARA L’INCONTRO CON UNO DEI FONDATORI. Nel 2025 il movimento internazionale BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni per i diritti del popolo palestinese) ha compiuto vent’anni. La sua nascita risale al 9 luglio 2005, quando sindacati, associazioni accademiche, chiese e movimenti di base in tutto il mondo lanciarono un appello: “La società civile palestinese chiama al Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni contro Israele fino a quando non rispetterà il Diritto Internazionale ei Principi Universali dei Diritti Umani” . Alla base dell’iniziativa c’è un principio semplice: i palestinesi hanno gli stessi diritti del resto dell’umanità. Ispirato al movimento anti-apartheid sudafricano, il BDS invita ad esercitare forme di pressione su Israele affinché rispetti il diritto internazionale. È un movimento globale che sostiene la parità di diritti per tutti e tutti e si oppone ad ogni forma di razzismo, fascismo, sessismo, antisemitismo, islamofobia e discriminazione etnica o religiosa. Importante anche il ruolo di diversi gruppi ebraici progressisti, mentre personalità come l’arcivescovo Desmond Tutu, Naomi Klein, Roger Waters, Angela Davis, Moni Ovadia, Ken Loach e Judith Butler hanno espresso aumentando il loro sostegno. Il focus resta il contrasto all’apartheid e al colonialismo d’insediamento israeliano: “Israele occupa e colonizza la terra palestinese, discrimina i cittadini palestinesi di Israele e nega ai profughi palestinesi il diritto di tornare alle loro case” , si legge sul sito ufficiale del movimento. Gli strumenti principali del BDS si articolano su tre direttrici. Il boicottaggio riguarda le istituzioni sportive, culturali e accademiche israeliane, oltre alle aziende coinvolte nelle violazioni dei diritti umani. Il disinvestimento chiede a banche, consigli locali, chiese, fondi pensione e università di ritirare i capitali da Israele e dalle imprese complici dell’apartheid. Le sanzioni , infine, sono rivolte ai governi, sostenendo pongano fine alla complicità con l’apartheid israeliano, vietino rapporti economici con gli insediamenti illegali, interrompano il commercio militare e sospendano accordi di rappresentanza internazionale. LA RETE SPLAI A NAPOLI A Napoli, campagne di boicottaggio legate al BDS sono attive da tempo. Tra queste spicca SPLAI – Spazi Liberi dall’Apartheid Israeliano , che promuove una rete di spazi, reali e virtuali, dichiarati liberi da ogni forma di discriminazione e impegnati a non collaborare con sistemi di oppressione. Il primo ad aderire è stato il Caffè Arabo di Piazza Bellini, a cui si sono poi aggiunti numerosi luoghi noti della città: associazioni come il Centro Handala Ali e il Centro di Cucina Consapevole, esercizi commerciali come La Taverna a Santa Chiara, Magma Art, L’Orto va in città, e spazi politici come il Giardino Liberato, l’Ex Opg Je so’ pazzo , Casa del Popolo Civico 7 Liberato e il Mezzocannone Occupato. Oggi, le attività SPLAI in Italia sono oltre 500, testimonianza di una crescente sensibilità verso la crisi umanitaria e della consapevolezza che la solidarietà può trasformarsi in azione politica nei luoghi di vita, di lavoro e del tempo libero. ASSEMBLEE E NUOVO NODO CITTADINO Negli ultimi mesi l’attenzione si è intensificata, anche in seguito al caso legato alla Taverna a Santa Chiara, uno degli spazi SPLAI. Proprio da lì è maturata l’esigenza di un coordinamento cittadino. Il 17 giugno scorso oltre 80 persone si sono ritrovate in Largo Banchi Nuovi per una pubblica assemblea. L’esito dell’incontro è stato chiaro: costruire un nodo napoletano del BDS , capace di mettere in rete le diverse realtà già attive e di reagire in modo tempestivo contro il genocidio in corso a Gaza. Un secondo appuntamento si è svolto l’11 settembre presso l’Asilo Filangieri, bene comune cittadino. Anche qui la partecipazione è stata ampia e trasversale. Tra i temi emersi, il rafforzamento del boicottaggio accademico, la pressione sull’Autorità portuale per impedire il transito di imbarcazioni con materiale bellico (in collaborazione con il nodo BDS di Salerno) e la campagna internazionale “No room for genocide” , rivolta ai piccoli operatori del settore ricettivo. Quest’ultima campagna richiama gli obblighi sanciti dal diritto internazionale: gli Stati terzi devono interrompere ogni forma di complicità nella commissione di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio. Ciò significa negare il passaggio e l’asilo ai responsabili e perseguirli per i loro crimini. Considerati i grandi flussi turistici che attraversano Napoli ei collegamenti diretti con Tel Aviv, la città può diventare un punto strategico per dare concretezza a questo impegno. L’ARRIVO DI OMAR BARGHOUTI Il prossimo appuntamento annunciato ha un valore particolare: l’arrivo a Napoli di Omar Barghouti , membro fondatore della Campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele (PACBI) e co-fondatore del movimento BDS. Barghouti sarà presente per una tappa di due giorni nell’ambito di un tour italiano. L’incontro è fissato per sabato 20 settembre alle 18:30 presso lo Zero81 – Laboratorio di Mutuo Soccorso, in Largo Banchi Nuovi . Sarà un’occasione per dialogare con uno dei principali ideatori del movimento, porre domande, proporre collaborazioni e costruire azioni comuni. La serata si concluderà con una cena sociale. UN INVITO APERTO L’appello alla cittadinanza resta aperto: chiunque condivida i valori ei principi fondanti del BDS è chiamato a partecipare. In ogni luogo, in ogni modo, dal basso. -------------------------------------------------------------------------------- FONTI * http://Cos’è il BDS – sito ufficiale BDS Italia * Elenco aderenti SPLAI – BDS Italia * http://L’Espresso – Archiviazione caso Taverna Santa Chiara Redazione Napoli