Riconoscimento della Palestina: Londra tenta di correggere la vergogna della Dichiarazione Balfour? In un contesto di colonialismo di insediamento, la soluzione a due Stati è impraticabile

InfoPal - Monday, September 22, 2025

InfoPal. Di Angela Lano. Domenica 21 settembre, Canada, Regno Unito e Australia hanno riconosciuto ufficialmente lo “stato” di Palestina, aggiungendosi agli altri 156, sui 193 membri delle Nazioni Unite, che già hanno preso un tale decisione.

In una dichiarazione video su X, il primo ministro britannico Keir Starmer ha affermato: “Di fronte al crescente orrore in Medio Oriente, stiamo agendo per mantenere viva la possibilità della pace e di una soluzione a due Stati”.

Da parte sua, il primo ministro canadese Mark Carney ha dichiarato che “dal 1947, la politica di ogni governo canadese è stata quella di sostenere una soluzione a due Stati per una pace duratura in Medio Oriente. Ciò prevedeva la creazione di uno Stato di Palestina sovrano, democratico e vitale, che costruisse il suo futuro in pace e sicurezza insieme allo Stato di Israele”.

Si prevede che seguiranno Portogallo, Lussemburgo, San Marino, Belgio, Andorra, Francia e Malta.

Ciò avviene due mesi dopo che Arabia Saudita e Francia hanno co-ospitato una “Conferenza per la soluzione dei due stati” presso le Nazioni Unite senza la partecipazione degli Stati Uniti.

Decisione storica.

Dirigenti e analisti palestinesi descrivono questo passo come “storico”. Lo vedono come un cambiamento politico e giuridico che sfida l’occupazione israeliana e ne aggrava l’isolamento globale.
Husam Zomlot, ambasciatore palestinese nel Regno Unito, ha descritto la decisione come storica. “Non riguarda solo la Palestina. Riguarda la responsabilità della Gran Bretagna. Il riconoscimento pone fine a decenni di negazione del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese. Ma è solo un inizio. Dobbiamo fermare il genocidio a Gaza, porre fine alla pulizia etnica in Cisgiordania e all’occupazione illegale”, ha affermato.

La reazione del governo genocida israeliano.

I leader israeliani hanno minacciato ritorsioni attraverso l’espansione degli insediamenti, l’annessione della Cisgiordania e l’ulteriore frammentazione del territorio palestinese, e il primo ministro Netanyahu ha ribadito che “non ci sarà alcuno stato palestinese”.

“La risposta all’ultimo tentativo di imporci uno Stato terrorista nel cuore del nostro Paese verrà data dopo il mio ritorno dagli Stati Uniti”, ha affermato.

Netanyahu ha anche ammesso di aver “raddoppiato le comunità ebraiche” in Cisgiordania, che lui chiama “Giudea e Samaria”, e ha promesso di continuare su questa strada.

Il colonialismo di insediamento è incompatibile con la soluzione a due Stati.

Va sottolineato, tuttavia, che il riferimento all’idea, irrealistica, di due popoli-due Stati è una soluzione del tutto impraticabile in una situazione di colonialismo di insediamento come quello in atto dal 1948 sui territori dei nativi di Palestina, di colonizzazione di gran parte della Cisgiordania e di pulizia etnica in corso, di giudaizzazione di Gerusalemme e di genocidio e occupazione quasi totale della Striscia di Gaza. La mossa pare più un tentativo di salvare Israele dalla catastrofe e dall’auto-annientamento che una modalità di implementazione delle disattese risoluzioni ONU. O un modo per dare un contentino alle folle che da due anni scendono in strada a manifestare contro il genocidio in atto. E’ anche una modalità per andare incontro, senza troppe implicazioni pro-Palestina alle lobby dei Paesi del Golfo.

L’unica soluzione giusta e legale, in un contesto di colonialismo di insediamento, è la decolonizzazione, la scomparsa di tale contesto stesso: in questo caso, la fine di Israele, il rimpatrio dei coloni, e un processo di giustizia e compensazioni simile a quello che è avvenuto nel Sudafrica post-Apartheid.

(Fonti: Quds News, PC).