In odio veritas: l’utilizzo fazioso del termine “odio” nell’agone politico

Pressenza - Sunday, September 14, 2025

Basterebbe sfogliare un comune vocabolario di lingua italiana per capire la ricchezza di sfumature contenute nel termine “odio”, meglio se si va a ricercare la derivazione etimologica plurima. «Ira condensata e invecchiata nell’animo, che non si sazia mai, né si acquieta, se non con il disfacimento del nemico» (Francesco Bonomi – Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana).

Un sentimento forte e persistente di avversione verso qualcuno, dunque, fino a desiderane il male o la rovina (che può essere rivolto anche contro sé stessi); ma anche, in senso più attenuato, un sentimento di ripugnanza, di contrarietà e intolleranza verso qualcosa che si cerca di evitare, dalla quale rifuggire. Il Vangelo di Luca riporta un detto di Gesù: «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, […] e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo» (Lc 14, 26); il latino della vulgata, traduce il greco οὐ μισεῖ con non odit, un’espressione che in ebraico significa mettere in secondo piano, amare di meno.

La morte violenta, l’assassinio del giovane influencer MAGA, Charlie Kirk, è stata l’ennesima occasione per agitare le acque e utilizzare un evento tragico per rinfocolare accuse di fomentare l’odio politico in Italia. La stessa presidente del Consiglio non si è sottratta alla strumentalizzazione, anzi alla festa dell’UDC ha utilizzato la sua retorica polemica contro il matematico Piergiorgio Odifreddi, reo di aver affermato: «Sparare a Martin Luther King e sparare a un rappresentante Maga non è la stessa cosa». La Presidente ha stigmatizzato come spaventose le parole dell’Odifreddi.

La modalità di utilizzo fazioso delle dichiarazioni si ripete in continuazione: si estrapola dal contesto di un discorso una frase, talvolta una sola parola, e si va addosso a colui o colei che viene considerato un avversario politico, più spesso un nemico da delegittimare. Nel nostro caso, lo stesso professor Odifreddi ha chiarito di essere assolutamente contrario a ogni forma di assassinio, citando il Vangelo e le parole di Gesù che dice: «Chi di spada ferisce di spada perisce». La posizione di chi rifiuta la violenza e si affida alla nonviolenza non può contemplare un atto violento.

Purtroppo la storia degli Stati Uniti, fin dalla loro nascita, è costellata da numerosi assassinii politici, i più noti dei quali sono quelli del presidente J.F. Kennedy e di suo fratello Robert nella seconda metà del secolo scorso.

In che senso allora “sparare a Martin Luther King e a un rappresentante Maga non è la stessa cosa”? La cosa in sé, il gesto dello sparare e l’effetto che produce quell’atto sono identici: la morte di entrambi. Perciò, senza alcuna giustificazione. Tuttavia, c’è una differenza nel vissuto delle persone: Martin Luther King ha predicato la nonviolenza e l’ha praticata nella lotta pacifica contro la discriminazione razziale negli USA, motivo per il quale gli è stato conferito il Premio Nobel per la pace; Charlie Kirk, è stato propugnatore dell’deologia MAGA (Make America Great Again). “Rendiamo di nuovo grande l’America” è lo slogan utilizzato da Trump durante le campagne elettorali del 2016 e del 2024.

Il movimento MAGA predica l’odio e la violenza contro chi non ha la stessa visione della vita, la stessa provenienza territoriale, sociale o religiosa, la sopraffazione dell’immigrato, il suprematismo bianco, l’espulsione violenta dello straniero. Può, perciò, generare una reazione altrettanto violenta. Inoltre, se tutte le persone possono comprare le armi nei supermercati, come negli USA, la possibilità di utilizzarle è sempre dietro l’angolo. La cronaca quotidiana statunitense è drammaticamente stracolma di eventi tragici. “Bisogna essere disposti a pagare un prezzo – che un po’ di gente sia uccisa – pur di andarcene tutti in giro armati”, una delle affermazioni di Kirk.

L’ideologia MAGA «sintetizza efficacemente l’ideologia populista e ultranazionalista del movimento, contrapponendo una presunta identità collettiva statunitense a ogni forma di diversità etnica e culturale e delegittimando politicamente e moralmente le forze di opposizione. Le implicazioni programmatiche di tale assetto ideologico sono costituite da strategie isolazioniste e protezioniste […], dalla negazione dei diritti civili alle categorie identificate come “altre” e dalla dismissione delle politiche sociali e di tutela ambientale contro cui Trump ha già assunto posizioni nette nel corso della sua presidenza […]» (in https://www.treccani.it/enciclopedia/eol-maga-make-america-great-again/ ).

In Europa e anche in Italia, è la destra estrema che fagocita l’odio contro gli stranieri, i migranti per motivi economici e/o a causa di guerre e carestie, e i rifugiati politici. Non solo, ma discrimina le persone in base alla etnia, condizione sociale (rom, senza tetto), colore della pelle o al proprio credo etico e religioso, generando xenofobia e islamofobia.

Personalmente, mi sento in piena sintonia con alcuni pensieri che ha condiviso con me Angel Sanz Montes, un amico spagnolo nonviolento:
«Questo evento conferma, soprattutto, la tragedia di un Paese in cui l’accesso illimitato ad armi d’assalto, da guerra e alle loro munizioni più letali moltiplica la violenza e trasforma qualsiasi dissenso in tragedia. Da una posizione di nonviolenza, affermiamo che nessuna differenza, per quanto profonda sia, giustifica la soppressione di una vita. Se vogliamo davvero un futuro diverso, non si tratta di mettere a tacere con i proiettili chi la pensa in modo differente, ma di trasformare la cultura dell’odio e dell’esclusione che, da diverse fazioni, alimenta questa spirale. A volte una fazione non scelta.

La via d’uscita può venire solo dal riconoscimento di ogni vita come preziosa e dall’impegno comune a risolvere i conflitti senza mai ricorrere alla violenza. Neppure alla violenza verbale o alle minacce, perché non sono che il preludio a un cammino discendente che termina in tragedie come questa: genitori devastati dal dolore, famiglie distrutte».

 

 

 

Pierpaolo Loi