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La storia ha la memoria corta
La nonviolenza attiva di Gesù, tra riflessioni storiche e urgenze del presente Sabato 20 settembre, in un caldissimo pomeriggio, numerosi partecipanti hanno preso parte ai tre eventi dell’Eirenefest – Festival del Libro per la Pace e la Nonviolenza – ospitati dal Presidio Permanente di Pace presso la Libreria IoCiSto: due tavole rotonde e la presentazione del romanzo Dugo e le stelle di Francesco Troccoli. Mi soffermo sulla seconda tavola rotonda, dal titolo “La nonviolenza attiva, tra teoria e Vangelo” . Moderata da Livio Gaio di Pax Christi Napoli, ha visto in dialogo padre Alex Zanotelli e Giuliana Martirani, meridionalista e membro del direttivo dell’International Peace Research Association (IPRA). La riflessione si apre con la “parabola del seminatore”: i due protagonisti della tavola rotonda sono a pieno titolo un seminatore e una seminatrice, perché nel loro cammino hanno sempre portato il seme della parola. Tema principale: la nonviolenza attiva di Gesù Cristo , che possiamo definire a pieno titolo il primo fautore della nonviolenza nella storia. Per Martirani oggi la parola pace è paradossalmente usata per fare le guerre ed è quindi fortemente compromessa nel suo senso originario, spogliata del suo significato; la parola nonviolenza è invece chiarissima. L’uomo sta causando alla Natura la sesta estinzione di massa: non solo riscaldamento globale, ma anche inquinamento, accaparramento e sfruttamento dei beni comuni. Analizzando l’attuale situazione mondiale, Martirani afferma che i confini tra gli Stati sono il più grande ostacolo all’aumento del PIL. Oggi l’ignoranza non è più ammissibile. Con padre Alex Zanotelli il dibattito si sposta sulla nonviolenza attiva di Gesù, al centro della sua testimonianza, che pur essendo stata oggetto di studio non emerge a sufficienza, nonostante abbia messo in crisi, all’epoca, la struttura dello Stato romano, basata sulla militarizzazione e sulla forza dell’esercito. I cristiani, per i primi tre secoli, in seguito hanno con coerenza il Vangelo, e quanti martiri hanno pagato col sangue il rifiuto di entrare nell’esercito romano. Sant’Agostino, che viveva nel terrore della fine dell’Impero Romano, con la teoria della “guerra giusta” evidenziò che, ai fini del giudizio sulla guerra, non contava l’uso delle armi in sé, ma la disposizione dello spirito: male era agire per odio, vendetta, sete di potere, crudeltà; bene era agire in obbedienza alla volontà del Signore ea quella dei poteri legittimi. In seguito, il cristianesimo ha benedetto tutte le guerre. Fu Martin Luther King a riscoprire la massima coerenza col Vangelo, che si esprime pienamente nella frase: «non è più tra violenza e nonviolenza, ma tra la nonviolenza o la non esistenza». Secondo padre Zanotelli è necessario rivalutare la ricerca su Gesù nella e della storia. Gesù era un uomo del suo tempo, vissuto con i popoli della Galilea, schiacciati e oppressi da tasse e tributi sull’agricoltura. Gesù ha sposato la causa di questi popoli e l’ha portata a Gerusalemme, territorio su cui insisteva il potere dell’Impero romano. La nonviolenza attiva di Cristo si esprime in sette verbi che postulano l’azione, un movimento che dall’interno si fa comportamento e si incarna in scelte ben precise, pena il restare un flatus vocis : prevenire (che si esprime nel “Ama i tuoi nemici”), intervenire (che ispira all’azione), resistere (la forza della nonviolenza per superare la violenza strutturale della società), riconciliare (per guarire la comunità: vittime e aggressori devono riconciliarsi), difendere senza aggredire , costruire una cultura di servizio basato sulla nonviolenza e vivere nell’amore. La pace è azione che richiede impegno, fedeltà e vigilanza sulla propria interiorità. La cultura della pace ripudia l’immobilismo dell’animo e dell’agire e si propone come modus operandi nella società. La nonviolenza di Gesù attiene quindi non solo alla sfera privata dell’individuo, ma anche a quella pubblica, configurandosi come agire in relazione al contesto socio-politico e religioso nel quale egli vive. La nonviolenza attiva di Gesù fu riscoperta anche dallo scrittore Tolstoj che, in crisi profonda per la deriva dell’Occidente, dopo aver riscoperto il Vangelo deciso di non scrivere più romanzi. Con Il regno di Dio è in mezzo a voi , centrato sulla nonviolenza attiva, diede un nuovo orientamento alla sua scrittura e per questo fu profondamente osteggiato dalla Chiesa ortodossa russa. Il libro fu intercettato da Gandhi che, folgorato, deciso di tornare in India, dove fondò una vera scuola sulla nonviolenza basata sulla satyagraha (forza della verità) e sull’ahimsa ( non collaborazione con il male) e fu a capo del primo movimento per l’indipendenza dall’Inghilterra. Le “armi” di Gandhi erano la non collaborazione e la disobbedienza civile . «Amate i vostri nemici»: il messaggio, semplice ma potentissimo, di Gesù è il più forte strumento della nonviolenza attiva. Riprende la parola Martirani, che risponde alla domanda di Gioia: “La violenza è istituzionale?”. Purtroppo sì: oggi la politica è mossa dall’economia, dagli accordi che favoriscono gli scambi commerciali tra America e Israele, escludendo la Palestina, che non viene riconosciuta come Stato. Bisogna rispondere a tutto ciò con una nonviolenza istituzionale che, per Martirani, si sostanzia nel ratificare e riconvertire : invece dei carri armati , ottimi trattori. Ma soprattutto, dovere di una società civile è parlare, fare cultura della pace, divulgare. Concludere con una frase di don Tonino Bello, quando scoppiò la guerra in Iraq: «Meno male, Giuliana, che abbiamo preparato le vie del Signore, sennò ora chi ci sarebbe a combattere le guerre?». Infine padre Zanotelli denuncia, con amarezza e dolore, il silenzio delle comunità cristiane su quanto sta succedendo in Palestina. Si tace, non si agisce in alcun modo. Un silenzio che fa troppo rumore e che riporta dolorosamente alla memoria le parole di papa Francesco durante la 50ª Giornata Mondiale della Pace (2017): «In questa occasione desidero soffermarmi sulla nonviolenza come stile di una politica di pace e chiedo a Dio di aiutare tutti noi ad attingere alla nonviolenza nelle profondità dei nostri sentimenti e valori personali. Che siano la carità e la nonviolenza a guidare il modo in cui ci trattiamo gli uni gli altri nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli internazionali. Quando sanno resistere alla tentazione della vendetta, le vittime della violenza possono essere i protagonisti più credibili di processi nonviolenti di costruzione della pace. Dal livello locale e quotidiano fino a quello dell’ordine mondiale, possa la nonviolenza diventare lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme». Giuliana Martirani-Padre Alex Zanotelli-Livio Gaio (Pax Christi Napoli) Saletta Giancarlo Siani-IoCiSto Redazione Napoli
In odio veritas: l’utilizzo fazioso del termine “odio” nell’agone politico
Basterebbe sfogliare un comune vocabolario di lingua italiana per capire la ricchezza di sfumature contenute nel termine “odio”, meglio se si va a ricercare la derivazione etimologica plurima. «Ira condensata e invecchiata nell’animo, che non si sazia mai, né si acquieta, se non con il disfacimento del nemico» (Francesco Bonomi – Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana). Un sentimento forte e persistente di avversione verso qualcuno, dunque, fino a desiderane il male o la rovina (che può essere rivolto anche contro sé stessi); ma anche, in senso più attenuato, un sentimento di ripugnanza, di contrarietà e intolleranza verso qualcosa che si cerca di evitare, dalla quale rifuggire. Il Vangelo di Luca riporta un detto di Gesù: «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, […] e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo» (Lc 14, 26); il latino della vulgata, traduce il greco οὐ μισεῖ con non odit, un’espressione che in ebraico significa mettere in secondo piano, amare di meno. La morte violenta, l’assassinio del giovane influencer MAGA, Charlie Kirk, è stata l’ennesima occasione per agitare le acque e utilizzare un evento tragico per rinfocolare accuse di fomentare l’odio politico in Italia. La stessa presidente del Consiglio non si è sottratta alla strumentalizzazione, anzi alla festa dell’UDC ha utilizzato la sua retorica polemica contro il matematico Piergiorgio Odifreddi, reo di aver affermato: «Sparare a Martin Luther King e sparare a un rappresentante Maga non è la stessa cosa». La Presidente ha stigmatizzato come spaventose le parole dell’Odifreddi. La modalità di utilizzo fazioso delle dichiarazioni si ripete in continuazione: si estrapola dal contesto di un discorso una frase, talvolta una sola parola, e si va addosso a colui o colei che viene considerato un avversario politico, più spesso un nemico da delegittimare. Nel nostro caso, lo stesso professor Odifreddi ha chiarito di essere assolutamente contrario a ogni forma di assassinio, citando il Vangelo e le parole di Gesù che dice: «Chi di spada ferisce di spada perisce». La posizione di chi rifiuta la violenza e si affida alla nonviolenza non può contemplare un atto violento. Purtroppo la storia degli Stati Uniti, fin dalla loro nascita, è costellata da numerosi assassinii politici, i più noti dei quali sono quelli del presidente J.F. Kennedy e di suo fratello Robert nella seconda metà del secolo scorso. In che senso allora “sparare a Martin Luther King e a un rappresentante Maga non è la stessa cosa”? La cosa in sé, il gesto dello sparare e l’effetto che produce quell’atto sono identici: la morte di entrambi. Perciò, senza alcuna giustificazione. Tuttavia, c’è una differenza nel vissuto delle persone: Martin Luther King ha predicato la nonviolenza e l’ha praticata nella lotta pacifica contro la discriminazione razziale negli USA, motivo per il quale gli è stato conferito il Premio Nobel per la pace; Charlie Kirk, è stato propugnatore dell’deologia MAGA (Make America Great Again). “Rendiamo di nuovo grande l’America” è lo slogan utilizzato da Trump durante le campagne elettorali del 2016 e del 2024. Il movimento MAGA predica l’odio e la violenza contro chi non ha la stessa visione della vita, la stessa provenienza territoriale, sociale o religiosa, la sopraffazione dell’immigrato, il suprematismo bianco, l’espulsione violenta dello straniero. Può, perciò, generare una reazione altrettanto violenta. Inoltre, se tutte le persone possono comprare le armi nei supermercati, come negli USA, la possibilità di utilizzarle è sempre dietro l’angolo. La cronaca quotidiana statunitense è drammaticamente stracolma di eventi tragici. “Bisogna essere disposti a pagare un prezzo – che un po’ di gente sia uccisa – pur di andarcene tutti in giro armati”, una delle affermazioni di Kirk. L’ideologia MAGA «sintetizza efficacemente l’ideologia populista e ultranazionalista del movimento, contrapponendo una presunta identità collettiva statunitense a ogni forma di diversità etnica e culturale e delegittimando politicamente e moralmente le forze di opposizione. Le implicazioni programmatiche di tale assetto ideologico sono costituite da strategie isolazioniste e protezioniste […], dalla negazione dei diritti civili alle categorie identificate come “altre” e dalla dismissione delle politiche sociali e di tutela ambientale contro cui Trump ha già assunto posizioni nette nel corso della sua presidenza […]» (in https://www.treccani.it/enciclopedia/eol-maga-make-america-great-again/ ). In Europa e anche in Italia, è la destra estrema che fagocita l’odio contro gli stranieri, i migranti per motivi economici e/o a causa di guerre e carestie, e i rifugiati politici. Non solo, ma discrimina le persone in base alla etnia, condizione sociale (rom, senza tetto), colore della pelle o al proprio credo etico e religioso, generando xenofobia e islamofobia. Personalmente, mi sento in piena sintonia con alcuni pensieri che ha condiviso con me Angel Sanz Montes, un amico spagnolo nonviolento: «Questo evento conferma, soprattutto, la tragedia di un Paese in cui l’accesso illimitato ad armi d’assalto, da guerra e alle loro munizioni più letali moltiplica la violenza e trasforma qualsiasi dissenso in tragedia. Da una posizione di nonviolenza, affermiamo che nessuna differenza, per quanto profonda sia, giustifica la soppressione di una vita. Se vogliamo davvero un futuro diverso, non si tratta di mettere a tacere con i proiettili chi la pensa in modo differente, ma di trasformare la cultura dell’odio e dell’esclusione che, da diverse fazioni, alimenta questa spirale. A volte una fazione non scelta. La via d’uscita può venire solo dal riconoscimento di ogni vita come preziosa e dall’impegno comune a risolvere i conflitti senza mai ricorrere alla violenza. Neppure alla violenza verbale o alle minacce, perché non sono che il preludio a un cammino discendente che termina in tragedie come questa: genitori devastati dal dolore, famiglie distrutte».       Pierpaolo Loi