Riconosciuta la protezione speciale per povertà inemendabile in Bangladesh
Il Tribunale di Roma riconosce la protezione speciale a un cittadino del
Bangladesh che aveva rinunciato in corso di giudizio alle protezioni superiori.
La parte più interessante della pronuncia riguarda il riconoscimento della
protezione a causa della povertà inemendabile cui il ricorrente e la famiglia
andrebbero incontro in caso di rimpatrio.
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Il Tribunale afferma infatti che: “Nel caso di specie è, dunque, evidente come
il ricorrente stia compiendo numerosi sforzi per potersi integrare compiutamente
nel nostro territorio, dove egli sta ricostruendo la sua intera esistenza ed un
eventuale rimpatrio costituirebbe uno sconvolgimento radicale della sua vita
privata, trasferendolo in una realtà notoriamente connotata da forti criticità,
specie sotto il profilo socio-economico, dove correrebbe inoltre il rischio di
rivittimizzazione. Sotto quest’ultimo profilo, va ricordato che, infatti, che
anche se il Bangladesh nell’ultimo decennio è stato protagonista di una costante
crescita economica che ha aiutato a contrastare la forte povertà presente, le
fonti consultate dal Collegio descrivono chiaramente una diffusa situazione di
povertà (…) Tanto consente di ritenere probabile che un eventuale rimpatrio
esporrebbe in concreto il ricorrente al rischio di una grave compromissione dei
suoi diritti fondamentali; ciò anche in considerazione dello stato di povertà
inemendabile in cui versa la sua famiglia in Bangladesh, nonché dei numerosi
debiti contratti dal ricorrente.
In conclusione, è chiaro che il rimpatrio forzato del ricorrente costituirebbe
una violazione certa del suo diritto alla vita privata, nel significato di nuova
identità e stabilità che di tale nozione ha offerto la giurisprudenza della
Corte di Strasburgo (Corte EDU, 14 febbraio 2019, Narjis c. Italia, n. 57433/15;
Corte EDU, Grande Camera, Üner c. Paesi Bassi, n. 46410/99; si veda anche Corte
EDU, Grande Camera, 23 giugno 2008, Maslov c. Austria, n. 1638/03). Considerate
le sue circostanze personali, egli andrebbe, infatti, incontro alle difficoltà
di un nuovo radicamento territoriale, perderebbe quanto conquistato in questo
tempo nel nostro Paese, soprattutto dal punto di vista professionale, e
incontrerebbe gravi difficoltà oggettive nel condurre una vita dignitosa,
ritrovandosi senza lavoro, né mezzi di sussistenza per sé e per la propria
famiglia. La permanenza in Italia preserverebbe, quindi, il ricorrente da uno
scadimento estremamente significativo delle sue condizioni di vita e di quelle
della sua famiglia in Bangladesh, da lui dipendente“.
Tribunale di Roma, decreto del 9 giugno 2025
Si ringrazia l’Avv. Anna Pellegrino per la segnalazione e il commento. Il caso è
stato seguito insieme all’Avv. Giulia Crescini.
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