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CONFERENZA STAMPA ALLA CAMERA DEI DEPUTATI PRESENTAZIONE DOSSIER LEONARDO S.P.A.
9 DICEMBRE 2025 – CONFERENZA STAMPA ALLA CAMERA DEI DEPUTATI PER LA PRESENTAZIONE DEL DOSSIER SU LEONARDO S.P.A.: PIOVONO EURO SULL’INDUSTRIA “NECESSARIA” DI CROSETTO E LEONARDO S.P.A.   Martedì 9 dicembre, su invito della deputata Stefania Ascari (M5S, Presidente dell'Intergruppo per la Pace tra la Palestina e Israele), BDS ITALIA presenterà un dossier sulle complicità di Leonardo S.p.A. nei crimini di guerra commessi in Palestina. Interverranno: Stefania Ascari (Deputata M5S), Arnaldo Lomuti (Commissione Difesa), Anthony Aguilar (ex contractor Gaza Humanitaria Foundation), Stefania Maurizi (giornalista d’inchiesta), Michela Arricale (avvocata), Rossana De Simone (attivista Peacelink), Raffaele Spiga (attivista BDS Italia). Diretta streaming sulla Web TV della Camera dei Deputati. Negli ultimi decenni l’Italia è diventata uno dei partner europei più fedeli a Israele. Con Leonardo in prima fila, la nostra industria è parte integrante del circuito che alimenta i crimini contro l’umanità e legittima il colonialismo. Il dossier denuncia tali complicità, evidenziando come le scelte politiche e industriali italiane non siano neutrali ma contribuiscano concretamente a rafforzare il regime israeliano di apartheid e occupazione. Leonardo S.p.A. intrattiene da oltre un decennio una cooperazione strutturale con il settore militare israeliano. Nel 2012 Israele ha acquistato 30 aerei M-346, oggi impiegabili con oltre dieci tipologie di armamenti, mentre l’Italia ha acquisito 1 satellite Optsat-3000 e 2 velivoli radar G550 CAEW nell’ambito dello stesso accordo. La presenza industriale diretta di Leonardo in Israele comprende tre sedi della controllata DRS RADA Technologies e una partecipazione del 12% nella società Radsee Technology. Il dossier rileva inoltre che Israele può rivendere a terzi i M-346 ricevuti, come avvenuto con la Grecia tramite Elbit Systems. Leonardo ricopre un ruolo significativo anche nel programma internazionale F-35, di cui l’Italia ospita la linea di assemblaggio e produzioni critiche. Tali elementi delineano un quadro di integrazione industriale e tecnologica che contribuisce alla disponibilità operativa dei sistemi in uso nelle forze armate israeliane. Il movimento globale BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni), che rappresenta la più grande coalizione della società civile palestinese richiama l’Italia ai propri obblighi derivanti dalle sentenze della Corte internazionale di giustizia, tra cui l’imposizione di un embargo militare totale a Israele compreso il commercio bilaterale, il trasferimento e il transito di materiale militare e a duplice uso, i partenariati, la formazione congiunta, la ricerca accademica e altre forme di cooperazione militare. Questo tipo di sanzioni è tra gli obiettivi a cui il movimento BDS si pone di arrivare attraverso campagne d’informazione, pressione pubblica  e denuncia delle complicità.  DOSSIER DA SCARICARE: Piovono euro sull'industria “necessaria” di Crosetto e Leonardo SpA Le relazioni con Israele.   DETTAGLI Conferenza Stampa di presentazione dossier Piovono euro sull’industria ‘necessaria’ di Crosetto e Leonardo S.p.A. Martedì 9 dicembre 2025 – ore 13:00 Sala stampa Camera dei Deputati  Via della Missione 4, Roma Interverranno: * Stefania Ascari - Parlamentare della Camera dei deputati e Presidente Intergruppo per la Pace tra la Palestina e Israele (M5S) * Arnaldo Lomuti – Parlamentare della Camera dei deputati e Segretario Commissione Difesa (M5S) * Anthony Aguilar – ex-contractor (UG Solutions) che ha rivelato ruolo della Gaza Humanitarian Foundation (in collegamento alle 13:30) * Stefania Maurizi – Giornalista d'inchiesta, collabora con "Il Fatto Quotidiano", dopo aver lavorato per Repubblica e l'Espresso. Ha lavorato a tutti i documenti segreti di WikiLeaks * Michela Arricale - Avvocata, attivista e giurista impegnata nei settori del diritto e delle relazioni internazionali, dei diritti umani e della giustizia globale. * Rossana De Simone – Autrice del dossier, attivista antimilitarista. Ha promosso la nascita nel 1991 dell'agenzia per la riconversione dell'industria bellica in Lombardia. Fa parte della redazione di "PeaceLink" * Raffaele Spiga – Attivista per i diritti umani in BDS Italia (Boicottaggio, Disinvestimenti, Sanzioni). Campagna Embargo Militare contro Israele Diretta streaming sulla Web TV della Camera dei Deputati alle ore 13. La registrazione della conferenza stampa sarà disponibile sul sito nei quindici giorni successivi. Saranno distribuite copie stampate del dossier ai presenti. Si invitano giornalisti e giornaliste che volessero partecipare in presenza ad inoltrare  richiesta con proprio nome e cognome a bdscomunicazione@gmail.com
Partito Dem: il caso della strage in carcere non può concludersi impunito
La Commissione legale e per i diritti umani del partito DEM ha condannato la gestione del caso del massacro in carcere del 19 dicembre e ha affermato che l’impunità è un risultato inaccettabile. L’operazione condotta il 19 dicembre 2000, pubblicizzata come operazione “Ritorno alla Vita”, ebbe un esito grave e devastante. Persone che lo Stato era tenuto a proteggere furono uccise e ferite. Trentadue persone persero la vita, tra cui due membri delle forze di sicurezza che avevano preso parte all’operazione, e centinaia rimasero gravemente ferite. Successivi esami forensi hanno stabilito che tutti i decessi causati da ferite da arma da fuoco, compresi quelli degli agenti di sicurezza, erano dovuti ad armi utilizzate dal personale statale. I rapporti hanno confermato che non sono stati sparati colpi dall’interno verso l’esterno. Le armi che hanno causato le morti erano armi da fuoco militari ad alta energia cinetica, armi estremamente potenti e a canna lunga. I metodi utilizzati nel reparto femminile erano pura barbarie. Vennero aperti dei buchi nel tetto e materiale incendiario fu lanciato nei dormitori. Agenti incendiari a base chimica, proibiti all’uso in spazi chiusi, furono rilasciati in grandi quantità provocando l’incendio dei reparti e rendendo impossibile respirare alle prigioniere. Quando le detenute, rendendosi conto che sarebbero state uccise, tentarono di raggiungere il cortile, furono colpite anche lì. Sei persone persero la vita in questo attacco. Nonostante le istanze e le denunce presentate, furono avviati procedimenti contro le vittime, mentre non fu concessa alcuna autorizzazione a procedere contro gli agenti coinvolti nell’operazione. L’indagine fu deliberatamente protratta fino al 2010. Quell’anno furono infine presentate accuse contro 37 coscritti, ma non contro alcun ufficiale di grado superiore. L’avvio tardivo del procedimento contro coloro che avevano comandato l’operazione non ne alterò l’esito. Il tribunale respinse le richieste di audizione personale degli imputati e di deposizione di persona di vittime e testimoni. Le dichiarazioni sono rimaste incomplete per anni. La mancata presentazione dei documenti e delle informazioni richiesti dal tribunale ha intenzionalmente prolungato il processo per molti anni. Alla fine il caso è stato archiviato per prescrizione. Tuttavia, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), la prescrizione non può essere invocata quando i ritardi sono causati dalle autorità giudiziarie o dai funzionari statali. I crimini che possono essere considerati crimini contro l’umanità non possono essere conclusi impunemente, poiché ciò viola sia la legge sia i principi normativi fondamentali che sostengono i diritti umani. Per queste ragioni, la CEDU ha stabilito il 15 novembre 2016,nel caso Hamdemir e altri contro la Turchia, che la forza e i metodi utilizzati nel carcere di Bayrampaşa erano sproporzionati e che il diritto alla vita era stato violato. Inoltre, lo Stato non aveva rispettato le Regole minime standard delle Nazioni Unite per il trattamento dei detenuti, di cui è parte. La perdita di diritti causata dalle politiche carcerarie dello Stato e il fatto che un altro massacro abbia portato all’impunità sono inaccettabili. Respingiamo l’archiviazione dell’ultimo caso riguardante le operazioni simultanee condotte in 20 carceri, il caso del raid nel carcere di Bayrampaşa, attraverso l’applicazione della prescrizione e il conseguente esito di impunità.”   L'articolo Partito Dem: il caso della strage in carcere non può concludersi impunito proviene da Retekurdistan.it.
Un altro atto storico del movimento di liberazione curdo: il ritiro dei combattenti dalla Turchia
È giunto il momento che il governo turco accolga le richieste del movimento di liberazione curdo e adotti le misure legali e politiche necessarie per rendere questo processo reciproco e bilaterale. A seguito dell’annuncio odierno, il Congresso nazionale del Kurdistan (KNK) accoglie nuovamente con favore i passi coraggiosi e determinati compiuti dal movimento di liberazione curdo verso una pace giusta in Turchia. In risposta all’appello per la pace e una società democratica lanciato il 27 febbraio dal leader del popolo curdo Abdullah Öcalan, la parte curda si è dimostrata determinata ad adottare misure concrete per giungere a una soluzione pacifica della questione curda. A seguito di questo appello, il PKK ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale il 1° marzo e ha successivamente convocato il suo 12° Congresso a maggio, annunciando la decisione del partito di sciogliersi e porre fine alla lotta armata. Per riaffermare le sue decisioni in materia di pace e una società democratica, 30 combattenti per la libertà curdi, guidati dalla co-presidente dell’Unione delle comunità del Kurdistan (KCK) Besê Hozat, hanno bruciato le loro armi in una cerimonia pubblica l’11 luglio. Questa mattina è stato compiuto un altro passo. Nelle montagne del Kurdistan meridionale (regione del Kurdistan iracheno), il movimento di liberazione curdo ha annunciato il ritiro di tutti i combattenti dalla Turchia, in conformità con la decisione del 12° Congresso del PKK, per promuovere il processo di pace e società democratica. L’annuncio è stato fatto da Sabri Ok, membro del Consiglio Esecutivo della KCK, insieme a 25 guerriglieri per la libertà, tra cui Vejîn Dersîm, membro del comando provinciale di di Serhat delle Unità femminili libere (YJA Star), e Devrîm Palu, membro del consiglio di comando delle Forze di difesa del popolo (HPG) giunti dal Bakurê Kurdistan del nord alle Zone di difesa di Medya, nel Kurdistan meridionale. La KCK ha chiesto che insieme al rilascio di Abdullah Öcalan, lo Stato turco adotti immediatamente misure legali e politiche specifiche. È giunto il momento che il governo turco accolga queste richieste e adotti misure concrete per rendere questo processo bilaterale e reciproco. Lo storico processo di transizione può essere organizzato all’interno di un quadro specifico, e richiede che ad Abdullah Öcalan, l’architetto di questo processo, sia consentito di vivere e lavorare liberamente come capo negoziatore per la parte curda. Invitiamo pertanto l’Unione Europea, il Consiglio d’Europa e tutti gli Stati che svolgono un ruolo in Medio Oriente a sollecitare il governo turco a trovare una soluzione politica alla questione curda. Le concessioni della parte curda sono una chiara dimostrazione della sua determinazione, perseveranza e convinzione nel trovare una soluzione pacifica e garantire una vita migliore a tutti i popoli della Turchia e della regione. È necessario riconoscere e apprezzare i passi storici compiuti dalla parte curda. La Commissione Europea, gli Stati membri dell’UE e gli Stati Uniti dovrebbero utilizzare tutti i mezzi a loro disposizione per incoraggiare la Turchia a partecipare onestamente a questo processo e rimuovere immediatamente il PKK dalle loro liste di organizzazioni terroristiche. Consiglio Esecutivo del Congresso Nazionale del Kurdistan 26.10.2025
Un altro atto storico del movimento di liberazione curdo: il ritiro dei combattenti dalla Turchia
È giunto il momento che il governo turco accolga le richieste del movimento di liberazione curdo e adotti le misure legali e politiche necessarie per rendere questo processo reciproco e bilaterale. A seguito dell’annuncio odierno, il Congresso nazionale del Kurdistan (KNK) accoglie nuovamente con favore i passi coraggiosi e determinati compiuti dal movimento di liberazione curdo verso una pace giusta in Turchia. In risposta all’appello per la pace e una società democratica lanciato il 27 febbraio dal leader del popolo curdo Abdullah Öcalan, la parte curda si è dimostrata determinata ad adottare misure concrete per giungere a una soluzione pacifica della questione curda. A seguito di questo appello, il PKK ha dichiarato un cessate il fuoco unilaterale il 1° marzo e ha successivamente convocato il suo 12° Congresso a maggio, annunciando la decisione del partito di sciogliersi e porre fine alla lotta armata. Per riaffermare le sue decisioni in materia di pace e una società democratica, 30 combattenti per la libertà curdi, guidati dalla co-presidente dell’Unione delle comunità del Kurdistan (KCK) Besê Hozat, hanno bruciato le loro armi in una cerimonia pubblica l’11 luglio. Questa mattina è stato compiuto un altro passo. Nelle montagne del Kurdistan meridionale (regione del Kurdistan iracheno), il movimento di liberazione curdo ha annunciato il ritiro di tutti i combattenti dalla Turchia, in conformità con la decisione del 12° Congresso del PKK, per promuovere il processo di pace e società democratica. L’annuncio è stato fatto da Sabri Ok, membro del Consiglio Esecutivo della KCK, insieme a 25 guerriglieri per la libertà, tra cui Vejîn Dersîm, membro del comando provinciale di di Serhat delle Unità femminili libere (YJA Star), e Devrîm Palu, membro del consiglio di comando delle Forze di difesa del popolo (HPG) giunti dal Bakurê Kurdistan del nord alle Zone di difesa di Medya, nel Kurdistan meridionale. La KCK ha chiesto che insieme al rilascio di Abdullah Öcalan, lo Stato turco adotti immediatamente misure legali e politiche specifiche. È giunto il momento che il governo turco accolga queste richieste e adotti misure concrete per rendere questo processo bilaterale e reciproco. Lo storico processo di transizione può essere organizzato all’interno di un quadro specifico, e richiede che ad Abdullah Öcalan, l’architetto di questo processo, sia consentito di vivere e lavorare liberamente come capo negoziatore per la parte curda. Invitiamo pertanto l’Unione Europea, il Consiglio d’Europa e tutti gli Stati che svolgono un ruolo in Medio Oriente a sollecitare il governo turco a trovare una soluzione politica alla questione curda. Le concessioni della parte curda sono una chiara dimostrazione della sua determinazione, perseveranza e convinzione nel trovare una soluzione pacifica e garantire una vita migliore a tutti i popoli della Turchia e della regione. È necessario riconoscere e apprezzare i passi storici compiuti dalla parte curda. La Commissione Europea, gli Stati membri dell’UE e gli Stati Uniti dovrebbero utilizzare tutti i mezzi a loro disposizione per incoraggiare la Turchia a partecipare onestamente a questo processo e rimuovere immediatamente il PKK dalle loro liste di organizzazioni terroristiche. Consiglio Esecutivo del Congresso Nazionale del Kurdistan 26.10.2025 L'articolo Un altro atto storico del movimento di liberazione curdo: il ritiro dei combattenti dalla Turchia proviene da Retekurdistan.it.
Ti conosco, mascherina!
Due parole sui fatti del 4 ottobre (una trama avvincente con crackers, macchine in fiamme e una struggente storia d’amore)
Partita Italia-Israele: continuiamo a chiedere giustizia con la fine dell’occupazione israeliana
CONTINUIAMO A CHIEDERE GIUSTIZIA: LA MOBILITAZIONE FINIRÀ CON LA FINE DELL’OCCUPAZIONE ISRAELIANA Le immagini di festa che arrivano da Gaza non possono che essere accolte con grande gioia e invitare tutti a festeggiare l’attuale cessate il fuoco e la riduzione delle violenze di Israele. Tuttavia, la fine dei bombardamenti non può essere considerata una garanzia di pace e giustizia. Il piano di Donald Trump per Gaza presenta come generose concessioni quelle che in realtà sono garanzie imposte dal diritto internazionale (il rilascio dei prigionieri palestinesi, l’assistenza umanitaria ai palestinesi e gli impegni israeliani a smettere sfollamenti forzati e annessioni). Inoltre, secondo 36 esperti legali e per i diritti umani delle Nazioni Unite, gli elementi chiave della proposta sono incompatibili con il parere della Corte internazionale di giustizia (Cig), che esorta Israele a porre fine all’occupazione illegale dei territori palestinesi. Vengono infatti violati i principi fondamentali del diritto internazionale per 15 ragioni principali: dalla condizionalità del diritto all’autodeterminazione palestinese, alla sostituzione dell’occupazione con un controllo straniero mascherato, fino all’assenza di meccanismi di responsabilità per i crimini israeliani e al rischio di indebito sfruttamento economico di Gaza. PER QUESTO, LA CAMPAGNA DI BOICOTTAGGIO DELLA PARTITA ITALIA-ISRAELE CONTINUA. CONSIDERIAMO INACCETTABILE CHE LA FIGC E IL GOVERNO ITALIANO NORMALIZZINO LE POLITICHE DI UN PAESE CHE PRATICA DA DECENNI, IN MANIERA CONTINUATIVA E STRUTTURALE, VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI.
Lasciamo a terra i caccia F-35 usati nel genocidio compiuto da Israele
COSA SONO E COSA FANNO I CACCIA F35 I caccia F-35 sono fondamentali per Israele per portare avanti il genocidio contro i 2,3 milioni di palestinesi a Gaza. I numerosi paesi coinvolti nella costruzione e nell'acquisto dei caccia F-35 prodotti dagli Stati Uniti sono complici del genocidio, dell'apartheid e dell'occupazione illegale da parte di Israele. Il Comitato Nazionale Palestinese BDS (BNC), la più grande coalizione della società civile palestinese che guida il movimento globale BDS, invita i movimenti di base e le persone di coscienza di tutto il mondo a intensificare la pressione, comprese azioni pacifiche di disturbo, contro gli Stati, le aziende e le istituzioni complici del programma F-35, partecipando alla SETTIMANA DI AZIONE CONTRO GLI F-35 DAL 13 AL 18 OTTOBRE. Nel giugno 2024, un rapporto delle Nazioni Unite ha identificato l’uso di F-35, prodotti da Lockheed Martin come casi “emblematici” di attacchi indiscriminati e sproporzionati su Gaza che “hanno causato un elevato numero di vittime civili e la distruzione diffusa di beni civili”. Il 2 settembre 2024, l'ONG danese Danwatch ha rivelato che le forze israeliane hanno utilizzato un F-35 nel mese di luglio per sganciare tre bombe da 900 chilogrammi in un attacco contro una cosiddetta “zona sicura” ad Al-Mawasi, Khan Younis, uccidendo 90 palestinesi. Gli F-35 sono stati utilizzati da Israele anche per commettere gravi violazioni dei diritti umani in massa in Cisgiordania per diversi anni e, più recentemente, per attaccare altri Stati come il Qatar e lo Yemen. Gli Stati partner del programma F-35 non hanno rispettato il diritto internazionale fornendo e acquistando da Israele e dalla sua industria militare. Interrompiamo la catena globale di complicità che rende possibili questi crimini israeliani. IL RUOLO DELL’ITALIA Leonardo S.p.A., principale azienda italiana nel settore della difesa e dell’aerospazio di proprietà statale al 30,2%, svolge un ruolo chiave nel programma dei caccia F-35. Presso la base militare di Cameri (Novara) si trova la FACO (Final Assembly and Check Out), l’unico stabilimento di assemblaggio e collaudo degli F-35 presente in Europa, realizzato in collaborazione con la statunitense Lockheed Martin. Qui vengono prodotti e assemblati gli F-35 destinati all’Aeronautica e alla Marina Militare italiane, oltre a quelli commissionati dai Paesi Bassi. La FACO di Cameri ospita anche il centro europeo di manutenzione, riparazione e aggiornamento (MRO&U) dei velivoli, consolidando il ruolo dell’Italia come secondo partner internazionale del programma dopo il Regno Unito. Leonardo è inoltre responsabile della produzione delle ali dell’F-35, con un impegno stimato di circa 800 esemplari tra il 2014 e il 2028. L’azienda cura anche la formazione dei piloti militari attraverso l’International Flight Training School di Galatina (Lecce), centro di addestramento avanzato riconosciuto a livello mondiale. Queste attività legano Leonardo e il governo italiano alla filiera internazionale degli armamenti impiegati utilizzati da Israele nei bombardamenti su Gaza e in altre operazioni militari contro la popolazione palestinese, e rappresentano un esempio concreto delle complicità (in)dirette dell’industria bellica italiana nel genocidio e nei crimini di guerra commessi con queste tecnologie. La produzione e il supporto logistico forniti da Leonardo contribuiscono inoltre al mantenimento di un sistema militare globale che alimenta violenze e violazioni del diritto internazionale. LE COMPLICITÀ GLOBALI Tredici stati producono componenti specifici per questi jet F-35: Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Canada, Norvegia, Paesi Bassi, Italia, Giappone, Danimarca, Belgio, Lussemburgo, Germania e Israele. Le principali aziende partner nella produzione sono: BAE Systems, Raytheon, Northrop Grumman, Collins Aerospace e molti altri fornitori minori. I componenti che producono vengono poi inviati agli stabilimenti Lockheed Martin e Pratt & Whitney negli Stati Uniti e nel Regno Unito, dove vengono assemblati e da lì gli F-35I, realizzati appositamente per Israele, vengono inviati allo stato genocida. Finora nessun fornitore ha ottemperato all'obbligo previsto dal diritto internazionale di garantire che i propri componenti non vengano utilizzati nel genocidio in corso. Questi componenti fanno parte dei jet F-35I che consentono a Israele di uccidere quotidianamente donne, uomini e bambini palestinesi e di distruggere le loro case, gli ospedali, le scuole e altre infrastrutture vitali. La conformità dell'utente finale è un obbligo per tutti i produttori di parti dell'F-35, come per tutti gli altri materiali militari utilizzati per commettere gravi violazioni dei diritti umani, in particolare crimini di atrocità. Inoltre, almeno 19 stati utilizzano attualmente i caccia F-35 e diversi stati hanno recentemente firmato accordi per acquistarli. Tra questi figurano Stati Uniti, Belgio, Repubblica Ceca, Finlandia, Grecia, Germania, Corea del Sud, Singapore, Polonia, Romania e Svizzera. Questi stati non possono garantire che i caccia che acquistano non contengano componenti fabbricati in Israele e quindi testati su civili palestinesi e altri civili arabi. Ogni stato che acquista un F-35 e ogni stato o azienda che produce parti e assembla un F-35 è fondamentale per mantenere la produzione di questi caccia. Ai sensi della Convenzione sul genocidio e del Trattato sul commercio delle armi (ATT), gli stati hanno l’obbligo di impedire il trasferimento diretto e indiretto di attrezzature e tecnologie militari, comprese parti, componenti e articoli a duplice uso, laddove sussista un rischio prevalente che tali attrezzature e tecnologie possano essere utilizzate per commettere o facilitare una grave violazione del diritto internazionale. L'anno scorso, adottando la sentenza della Corte internazionale di giustizia sull'illegalità dell'occupazione israeliana di Gaza e della Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, gli stati hanno votato a stragrande maggioranza a favore della risoluzione A/ES-10/L.31 dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite che chiede agli stati di “adottino misure volte a cessare [...] la fornitura o il trasferimento di armi, munizioni e attrezzature correlate a Israele, la potenza occupante, in tutti i casi in cui vi siano motivi ragionevoli per sospettare che possano essere utilizzate nel territorio palestinese occupato”. Dobbiamo fare in modo che gli stati, le aziende produttrici di armi e l'intera catena di fornitura dell'F-35 siano chiamati a rispondere del loro ruolo nel genocidio perpetrato da Israele a Gaza. È una questione di vita o di morte, per cui vi chiediamo con urgenza di ostacolare questa complicità e di adoperarvi affinché vengano interrotti e non continuino come se nulla fosse i rapporti commerciali con uno stato canaglia che pratica l'apartheid e il genocidio in diretta streaming. CHIEDIAMO CHE VENGA ESERCITATA PRESSIONE SUGLI STATI AFFINCHÉ PONGANO FINE ALLA LORO COMPLICITÀ NEL RUOLO DI ISRAELE NEL PROGRAMMA F-35. Ciò significa: * Le aziende e gli stati che forniscono componenti per gli F-35 smettano di vendere queste parti alle aziende che assemblano o manutengono i jet fino a quando non potranno garantire che nessun componente finisca nei jet F-35 di Israele e che Israele sia completamente escluso dal progetto F-35. * Le aziende e gli stati che assemblano gli F-35 smettano di vendere questi jet a Israele. * Gli stati smettano di acquistare gli F-35 se non possono garantire che non includano componenti di fabbricazione israeliana. CHIEDIAMO AI MOVIMENTI DI BASE, AI SINDACATI E ALLE ALTRE ORGANIZZAZIONI DELLA SOCIETÀ CIVILE DI INTENSIFICARE LA PRESSIONE PACIFICA, ANCHE ATTRAVERSO AZIONI DI DISTURBO PACIFICHE E PROTESTE DI MASSA, RIVOLTE A MINISTERI, PARLAMENTI E AZIENDE MANIFATTURIERE COMPLICI. A TAL FINE, CHIEDIAMO DI ORGANIZZARE SCIOPERI E INTERRUZIONI DEL LAVORO, OVE POSSIBILE E RAGIONEVOLE, E DI LANCIARE E SOSTENERE CAMPAGNE INTERSEZIONALI, SPINGENDO LE UNIVERSITÀ, I SINDACATI, GLI OSPEDALI E I CONSIGLI COMUNALI A DISINVESTIRE DALLE AZIENDE CHE TRAGGONO PROFITTO DALLA GUERRA. Il movimento BDS, con i suoi decine di milioni di sostenitori in oltre 120 paesi in tutto il mondo, non si fermerà finché non porremo fine al genocidio perpetrato da Israele e finché i palestinesi ovunque non potranno esercitare il diritto all'autodeterminazione e godere di libertà, giustizia e uguaglianza. Per ulteriori informazioni o per partecipare, contattare bdsitalia@gmail.com e ilham@bdsmovement.net
Borgo Mezzanone: linciaggio e morti di razzismo nel silenzio generale
Negli ultimi giorni attorno a Borgo Mezzanone si sono verificati due, gravi, fatti di sangue. Due omicidi con feriti, di cui o non si parla, o che vengono attribuiti a storie di degrado, perchè riguardano persone immigrate che abitavano o frequentavano la baraccopoli.  Il 29 settembre Aboubakar, un uomo di origine maliana che frequentava il […]
Bloccare il genocidio, non la Flotilla. Sciopero!
A seguito del blocco delle navi della Global Sumud Flotilla, messo in atto ieri sera dalla marina israeliana, USB, CUB, SGB e CGIL hanno proclamato lo sciopero generale, sovrapponendolo a quello già in calendario di SI Cobas, che per il personale ferroviario è previsto dalle 0.01 alle 21.00 di domani 3 ottobre 2025. Visto il grave atto compiuto da Israele, che si aggiunge al genocidio in atto contro il popolo palestinese (al Jazeera, citando fonti ospedaliere, ha dato notizia di altri 11 palestinesi uccisi questa mattina, tra i quali un bambino ucciso da un drone), riteniamo indispensabile che tutti i lavoratori italiani aderiscano in massa all’agitazione, come messaggio universale di pace. La Redazione L'articolo Bloccare il genocidio, non la Flotilla. Sciopero! proviene da Ancora in Marcia!.
Ricomincia la stagione delle bombe
Come ogni autunno, dagli uffici marittimi delle capitanerie di porto cominciano a fioccare gli ordini di evacuazione delle zone a mare in prossimità dei poligoni sardi. Un altro anno in cui si dissemineranno aria, acqua e suolo di contaminanti che silenziosamente ammazzano ecosistemi e persone. Un altro anno in cui senza autorizzazione ambientale si continuerà a svolgere attività inquinanti e distruttive in prossimità o dentro zone protette. Un altro anno in cui si perpetuerà la marginalità e la disperazione di comunità prive di sbocchi economici che non siano la servitù e l’assistenzialismo militare. Un altro anno in cui si coltiveranno i rapporti criminali tra assassini che caratterizzano il mercato internazionale delle armi e dei sistemi di sorveglianza. Un altro anno in cui si addestreranno gli eserciti di mezzo mondo a perpetuare un sistema di violenza e sopraffazione su scala globale. Un altro anno in cui si addestreranno le forze armate italiane a operare contro la loro stessa cittadinanza, con sistemi di sorveglianza e tecniche di repressione del dissenso sempre più sofisticati. Quando chiudiamo gli occhi dinnanzi a questo orrore, sopraffatti dalla sua enormità, assuefatti dalla sua riproduzione quotidiana, ricordiamoci che questa è la macchina che rende possibile il genocidio. Palestina, Sudan, Myanmar, Ucraina, Libia, Repubblica Democratica del Congo, Kurdistan… I fili che uniscono gli orrori del genocidio e della guerra all’occupazione militare della Sardegna sono infiniti, passano dalle complicità politiche dello stato italiano, dagli accordi di collaborazione delle forze armate, dai rapporti di affari del complesso militare industriale, dalla compromissione degli ambiti della ricerca scientifica e tecnologica con l’industria bellica. I poligoni militari sardi sono un perno di questo sistema di morte. Dai poligoni militari, questo sistema si estende all’economia, all’istruzione, alla ricerca, alla società tutta, come un tumore, nel tentativo di legittimare un sistema che si fonda sull’assassinio, la minaccia, la prepotenza, il disconoscimento totale dei principi democratici. Combattere contro l’occupazione militare della Sardegna è combattere contro la macchina del genocidio odierno e di quelli venturi. È una responsabilità storica che ci tocca in prima persona. Mobilitiamoci!