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Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia

Öcalan: il Rojava è la mia linea rossa
Pervin Buldan, esponente della delegazione di Imralı, ha affermato che Öcalan ha ripetutamente sottolineato che “il Rojava è la mia linea rossa”, aggiungendo: “Escludere i curdi ed eliminare i loro successi non porterà alcun beneficio alla Turchia”. Pervin Buldan della delegazione di Imralı del partito DEM, ha parlato a JINTV del processo di pace e della società democratica e dell’ultimo incontro con Öcalan. Öcalan: il Rojava è la nostra linea rossa Pervin Buldan ha affermato che Abdullah Öcalan ha espresso valutazioni sulla Siria settentrionale e orientale e sugli sviluppi in Siria. Ha spiegato che Öcalan ha discusso di questi temi con la delegazione statale, aggiungendo: “Con noi, con la delegazione del DEM, ha parlato solo di politica turca, ma so che lo ha ripetuto più volte: ‘Siria e Rojava sono la mia linea rossa. Per me, quel posto è diverso'”. Ha sollevato questo punto sulla Siria più volte. Oltre a ciò, tuttavia, vorrei sottolineare che non ha espresso con noi valutazioni sulla Siria e sul Rojava. Ne ha discusso principalmente con la delegazione statale, ha dibattuto la questione lì e ha persino affermato che, se si fossero presentate l’opportunità e le circostanze avrebbe ritenuto importante stabilire una comunicazione anche con loro. Sì, ha sottolineato più volte l’importanza della comunicazione con il Rojava. Ha espresso il desiderio di parlare con loro, dibattere con loro e valutare insieme quale percorso intraprendere e quale decisione prendere. “Questo non è ancora avvenuto, ma se in futuro si faranno progressi e si creerà un’opportunità del genere, magari attraverso incontri e contatti con i funzionari del Rojava, crediamo che la questione sarà risolta più facilmente”. Pervin Buldan ha anche richiamato l’attenzione sulle dichiarazioni del governo sulla Siria settentrionale e orientale, commentando: “La Turchia, in questo senso, sulla questione del Rojava e della Siria, deve schierarsi dalla parte del popolo curdo”. Escludere i curdi, lanciare un’operazione contro di loro o vanificare i successi del popolo curdo non porta alcun vantaggio alla Turchia, e nemmeno i curdi in Turchia lo accetteranno. Questo deve essere compreso chiaramente e credo che sia necessario pensare in modo più razionale e prendere decisioni corrette per risolvere la questione attraverso il giusto percorso e metodo. Pertanto, anche la Turchia monitora attentamente gli sviluppi in Siria, gli accordi, i negoziati con il governo di Damasco, ecc. Ma i curdi sono estremamente sensibili a questo tema. Il Rojava è la zona più sensibile del popolo curdo. Quindi, non importa quanti passi facciamo verso la democratizzazione in Turchia, anche la più piccola perdita in Rojava, o un’operazione militare in quella zona, causerebbe una grande devastazione tra il popolo curdo. Un simile approccio non sarebbe accettato. Nessuno lo accetterebbe. Soprattutto, il signor Öcalan non lo accetterebbe. Quindi non importa quanti passi facciamo verso la democratizzazione in Turchia, anche la più piccola perdita in Rojava, o un’operazione militare in quella zona, causerebbe una grande devastazione tra il popolo curdo. Un simile approccio non sarebbe accettato. Nessuno lo accetterebbe. Soprattutto, il signor Öcalan non lo accetterebbe. Credo che se la Turchia affronta questa questione con un’intesa che la vede al fianco del popolo curdo, ne rispetta i successi e ne riconosce il diritto a vivere in ogni regione con le proprie conquiste, la propria lingua, identità e cultura, e cerca di risolvere la questione su basi democratiche, legali e costituzionali, allora sarà la Turchia stessa a guadagnarci. In questo modo, non partendo da una situazione di perdita o di perdita, ma partendo da una situazione di vittoria e di aiuto agli altri, una comprensione e un consenso comuni possono effettivamente risolvere questa questione. Tre concetti chiave Pervin Buldan ha affermato che Öcalan ha sottolineato tre concetti chiave: “Possiamo pensare alle questioni della società democratica, della pace e dell’integrazione come a un unico pacchetto. Considerarle separatamente o scollegate l’una dall’altra sarebbe un errore, sarebbe sbagliato. Öcalan ha sottolineato l’importanza di adottare misure rapide e sincronizzate che possano intrecciare tutti questi aspetti e di garantire che l’integrazione diventi finalmente realtà”. Mettiamola così: è stata istituita una commissione. Questa commissione ha iniziato i suoi lavori e il suo vero scopo è quello di approvare le leggi il più rapidamente possibile. Perché senza leggi sull’integrazione, nulla può essere attuato. Certo, possiamo parlare di pace, possiamo parlare di democratizzazione, possiamo certamente discutere delle ingiustizie e dell’illegalità in Turchia e di come si possano approvare nuove leggi per affrontarle. Ma l’integrazione è qualcosa di molto diverso. Oggi ci sono migliaia di persone sulle montagne con le armi in mano. Sì, simbolicamente si è svolta una cerimonia di scioglimento. Il PKK ha dichiarato il suo scioglimento. Ma ci sono ancora persone armate. Ora, queste persone armate devono deporre le armi e tornare in Turchia, e le barriere che impediscono loro di partecipare alla politica democratica devono essere rimosse. Questo può diventare realtà solo attraverso le leggi che emergeranno dalla commissione.
Öcalan: Società democratica, pace e integrazione sono i tre concetti chiave del processo
La delegazione di Imrali, che giovedì ha incontrato Abdullah Öcalan per tre ore, ha rilasciato una dichiarazione sulla visita. Giovedì la delegazione di Imrali ha incontrato Abdullah Öcalan per tre ore. La delegazione ha rilasciato una dichiarazione in cui sostiene che Öcalan ha sottolineato che “società democratica, pace e integrazione sono i tre concetti chiave di questo processo”. La dichiarazione della delegazione recita quanto segue: Alla stampa e all’opinione pubblica Il 28 agosto 2025 abbiamo tenuto un incontro di tre ore con il signor Öcalan sull’isola di Imrali. Il signor Öcalan era in ottima salute e di ottimo umore. Durante l’incontro ha fatto una valutazione completa delle fasi attraversate dal Processo di pace e della società democratica e del punto attuale raggiunto. Ha affermato che il problema che stiamo affrontando è ormai incancrenito e richiede un intervento chirurgico speciale. Ha aggiunto che il processo è stato portato avanti con questa sensibilità. “Il nostro obiettivo”, ha affermato, “era fare tutto il possibile per porre fine a un processo doloroso”. Ha sottolineato che società democratica, pace e integrazione sono i tre concetti chiave di questo processo e che solo su questa base si può raggiungere un risultato. Ha sottolineato la necessità di entrare in una nuova fase in cui si adottino urgentemente misure in tutte le dimensioni. Il signor Öcalan ha affermato che la sua preferenza è sempre stata per un’integrazione basata su una repubblica democratica e una società democratica; comprendere e abbracciare questa mossa strategica sarebbe un vantaggio per tutti noi e per tutta la Turchia. Ha inoltre sottolineato che gli approcci di alcuni ambienti politici e mediatici che semplificano eccessivamente o ignorano questa preferenza sono chiaramente dannosi per il processo. In questa occasione, ha espresso ancora una volta la sua ferma convinzione nell’amicizia eterna e nella pace tra i popoli.   Con i nostri saluti e il nostro rispetto, Delegazione Imrali del Partito Dem
REPAK: La condanna a morte di Sharifeh Mohammadi è un attacco alla vita e ai diritti di tutte le donne
L’Ufficio curdo per le relazioni internazionali delle donne (REPAK) ha condannato fermamente la condanna a morte dell’attivista iraniana per i diritti dei lavoratori Sharifeh Mohammadi e ha invitato la comunità internazionale a mostrare solidarietà e protestare. Sharifeh Mohammadi è stata arrestata a Rasht nel dicembre 2023. Nel luglio 2024 un tribunale rivoluzionario l’ha condannata a morte per presunta “propaganda anti-stato”. Dopo i ricorsi, la sentenza è stata inizialmente annullata a ottobre, ma è stata nuovamente inflitta a febbraio e recentemente confermata dalla Corte suprema iraniana. Ciò significa che la donna di 45 anni potrebbe essere giustiziata in qualsiasi momento. La dichiarazione del REPAK, che descrive il verdetto come un attacco alla vita e ai diritti delle donne in Iran comprende quanto segue: “Quando osserviamo i regimi che nel corso della storia si sono difesi e hanno mantenuto la loro esistenza attraverso guerre e distruzioni, vediamo che non sono mai stati in grado di stabilire pace e tranquillità nei loro paesi, ma sono stati piuttosto spinti in un caos sempre più profondo. Anche il regime dei Mullah in Iran non è riuscito a stare al fianco del suo popolo nemmeno nei momenti più critici, rifiutandosi di ascoltare le sue voci e le sue richieste. Invece di difendere gli interessi del popolo, ha fatto ricorso a una violenza crescente giorno dopo giorno spingendo il Paese in un vicolo cieco. Ci sono molti esempi di questo nel corso della storia: i regimi che hanno basato il loro potere esclusivamente sul monopolio e hanno ignorato le richieste del popolo non sono mai stati in grado di mantenere la loro esistenza, mentre i regimi che sono rimasti al fianco del loro popolo di fronte all’ingiustizia e alla disuguaglianza e si sono impegnati a trovare soluzioni hanno sempre avuto successo. La condanna a morte pronunciata contro Sherifeh Mohammadi, che ha lottato contro le violazioni dei diritti umani, la violenza, lo sfruttamento e l’ingiustizia, non si basa su un sistema giudiziario fondato sullo stato di diritto, bensì su una mentalità che salvaguarda il predominio maschile e colpisce il diritto alla vita delle donne. Sherifeh Mohammadi, residente nella città di Rasht, è stata arrestata nel dicembre 2023 con l’accusa di “propaganda anti-statale”. Il 4 luglio 2024 è stata condannata a morte dalla Corte Rivoluzionaria Iraniana. In seguito a appello, la sentenza è stata annullata il 12 dicembre 2024. Tuttavia, solo due mesi dopo, il 13 febbraio 2025, la Seconda Camera della Corte Rivoluzionaria ha confermato la stessa sentenza. Come centinaia di donne che lottano per la propria libertà, anche lei è diventata un bersaglio del regime. Il popolo non è rimasto in silenzio di fronte a questa ingiustizia, e non rimarrà in silenzio perché ogni silenzio apre la strada a nuove ingiustizie e prepara il terreno per la loro legittimazione sotto la maschera della legge. Il regime dei mullah in Iran ha ripetutamente dimostrato di essere nemico non solo delle donne, ma di chiunque difenda i diritti umani e faccia sentire la propria voce. Migliaia di persone sono state gettate in prigione per vari motivi e il destino di molte rimane sconosciuto. La rivendicazione dei diritti è stata criminalizzata e la morte è stata presentata come l’unica soluzione. In un luogo in cui regnano una così grave oppressione e tirannia, il silenzio o la ritirata non sono un’opzione. Invece di cercare soluzioni, ogni tentativo è considerato una minaccia per il sistema dominato dagli uomini e represso con la forza. Tutto questo sta accadendo sotto gli occhi di tutti e la sua gravità aumenta di giorno in giorno. Noi, come REPAK, chiediamo al regime iraniano di porre fine ai crimini contro i diritti umani, agli attacchi sistematici contro le donne e alla pena di morte. L’unica via verso una soluzione e la pace passa attraverso la comprensione democratica, la tutela della voce del popolo e la salvaguardia dei diritti. Facciamo inoltre appello alla comunità democratica internazionale: siate la voce del popolo che cerca la libertà, si opponete alle esecuzioni ovunque e mostrate solidarietà.”
Gli effetti della storica offensiva del 15 agosto continuano a manifestarsi oggi
Si avvicina il 41° anniversario dell’offensiva lanciata il 15 agosto 1984. Essa segna una svolta fondamentale nella storia del Kurdistan. A questo proposito, prima di tutto, rendiamo omaggio con rispetto agli eroi di questa storica offensiva, in particolare al comandante Egîd, ed esprimiamo loro la nostra profonda gratitudine per aver guidato questa storica iniziativa che ha portato grande valore al popolo curdo e all’umanità intera. Celebriamo la storica offensiva del 15 agosto, avviata dal leader del popolo curdo Abdullah Öcalan in memoria dei martiri e al servizio non solo del popolo curdo, ma di tutta l’umanità. Celebriamo questa occasione con la guerriglia per la libertà del Kurdistan, con tutti i compagni, con tutti coloro che resistono nelle prigioni, con tutti i patrioti, le donne, i giovani, i popoli del Medio Oriente e con tutte le forze socialiste e democratiche del mondo. Mentre celebriamo questo anniversario che si avvicina, ricordiamo con grande rispetto, amore e gratitudine i nostri grandi comandanti Nûreddîn Sofî e Koçero Urfa, e anche il coraggioso giovane militante Bahtiyar Gabar, il cui martirio è stato recentemente annunciato. Essi sono nati dalla tradizione instaurata dall’offensiva del 15 agosto. .In loro memoria, onoriamo tutti i martiri che hanno dato la vita per la lotta per la democrazia e la rivoluzione e ci inchiniamo davanti ai loro preziosi ricordi. Sofî, Koçero e Bahtiyar, militanti apoisti hanno combattuto eroicamente nella tradizione del 15 agosto e hanno scritto la storia. Dovrebbero essere onorati come eroi della tradizione del 15 agosto da tutti i rivoluzionari e i patrioti. La mentalità negazionista in Kurdistan è stata sconfitta, il processo di annientamento è stato fermato e il processo di esistenza democratica nazionale è iniziato. Il popolo è stato ricreato dalle proprie ceneri attraverso l’offensiva del 15 agosto. Ha dimostrato che un popolo che si era cercato di annientare può riemergere con grande forza attraverso la filosofia, i principi e i valori della tradizione del 15 agosto e che può contribuire con grandi valori all’umanità. È storico e ha creato valori importanti non solo per il popolo curdo, ma per tutta l’umanità. Oggi, il popolo curdo, guidato dal movimento delle donne libere è in prima linea nella lotta per l’uguaglianza, la libertà e la democrazia per i popoli, le donne, le classi oppresse e l’umanità, attingendo ai propri valori democratici, ecologici e orientati alla libertà e al dinamismo che deriva da questi valori. La storica offensiva del 15 agosto è un processo in corso. Continua a creare valori sia per il popolo curdo che per l’umanità. La grande lotta per la libertà continua a svilupparsi in linea con il suo spirito e i suoi principi. L’offensiva del 15 agosto non è stata semplicemente un proiettile sparato contro il nemico genocida, colonialista e negazionista; è stata un proiettile sparato contro il nemico genocida, colonialista e negazionista nella mente delle persone. È stata tanto una rivoluzione mentale quanto un’azione militare. Oggi l’offensiva del 15 agosto continua a svilupparsi e a creare risultati storici nel “Processo di pace e società democratica”, che sta attraversando una trasformazione storica. Come è stato finora, d’ora in poi, tutti i popoli e gli amici internazionali, in particolare il nostro popolo, dovrebbero celebrare la storica offensiva del 15 agosto con grande importanza, morale, entusiasmo e partecipazione. Su questa base, invitiamo tutti a contribuire allo sviluppo del “Processo di Pace e Società Democratica” e ad ampliare la lotta con lo spirito dell’offensiva del 15 agosto, il suo profondo impegno per la libertà, la coscienza democratica e lo stile militante. Su questa base, celebriamo ancora una volta tutti in occasione dell’anniversario di quest’anno della Festa della Rinascita del Popolo. Come è stato finora, d’ora in poi, tutti i popoli e gli amici internazionali, in particolare il nostro popolo, dovrebbero celebrare la storica offensiva del 15 agosto con grande importanza, morale, entusiasmo e partecipazione. Su questa base, invitiamo tutti a contribuire allo sviluppo del “Processo di pace e società democratica” e ad ampliare la lotta con lo spirito dell’offensiva del 15 agosto, il suo profondo impegno per la libertà, la coscienza democratica e lo stile militante. Su questa base, celebriamo ancora una volta tutti in occasione dell’anniversario di quest’anno della festa della rinascita del popolo. 13 agosto 2025 Co-Presidenza del Consiglio esecutivo della KCK
Murat Karayılan: Il processo di pace non può essere completato senza la libertà del leader Öcalan
Murat Karayılan ha affermato che il processo di pace e di una società democratica potrà essere completato solo con la libertà fisica di Abdullah Öcalan. Si è tenuta una cerimonia nelle zone di difesa di Medya per celebrare il 15 agosto, giorno della resurrezione. All’evento hanno partecipato i comandanti delle Forze di difesa del popolo (HPG) Murat Karayılan, Zozan Çewlîk e molti guerriglieri. Nel suo discorso alla cerimonia, Murat Karayılan ha descritto l’Iniziativa del 15 agosto come “una rivolta contro la schiavitù e il colonialismo”, affermando che questa iniziativa, con le sue dimensioni ideologiche, politiche, sociali e culturali, ha garantito la rinascita del popolo curdo. Riferendosi agli appelli di Abdullah Öcalan del 27 febbraio e del 19 giugno ha sottolineato che il processo di pace non può avere successo attraverso misure unilaterali: “La guerriglia non è andata in montagna solo per sé stessa. La pace e la fratellanza dei popoli non possono essere raggiunte senza la libertà di Rêber Apo [il leader Abdullah Öcalan]. La guerriglia deporrà le armi e tornerà, ma Rêber Apo rimarrà sull’isola di Imralı! Questo è inaccettabile.” Murat Karayılan ha definito l’istituzione di una commissione nel parlamento turco un passo importante, aggiungendo che se fossero promulgate leggi che ispirano fiducia, il Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) avrebbe adempiuto a tutte le sue responsabilità nella costruzione di una repubblica democratica. Il discorso di Karayılan include quanto segue: Cari compagni, nostro popolo patriottico! Buona giornata della resurrezione a tutti voi. Nel 41° anniversario dell’Iniziativa del 15 agosto, ci congratuliamo con Rêber Apo per il giorno della resurrezione. Gli porgiamo i nostri saluti, il nostro rispetto e la nostra lealtà. Ci congratuliamo anche con tutto il nostro popolo, con i popoli della regione, con gli amici del nostro popolo, con le madri dei martiri, con le famiglie dei martiri, con tutti i nostri compagni e con tutti coloro che lavorano instancabilmente per il giorno della resurrezione. Ricordiamo con rispetto tutti i martiri della rivoluzione, nella persona del nostro immortale comandante Egîd (Mahsum Korkmaz), Fuat (Ali Haydar Kaytan), Rıza Altun, Nûreddîn Sofî, Koçero Urfa, Delal Amed e Zîlan, e ci inchiniamo davanti alla loro memoria. Rinnoviamo la promessa fatta ai nostri martiri. Commemoriamo anche tutti i martiri di agosto nella persona del nostro stimato rivoluzionario e comandante Zeki Şengalî, dei compagni Atakan Mahir e Rêzan Cawid, inchinandoci alla loro memoria e rinnovando la promessa fatta loro. Per tutti i nostri eroici martiri, diciamo: che la vostra anima sia benedetta, la vostra bandiera sia sempre issata in alto e la vostra lotta prevarrà sicuramente!   Nella storia del nostro popolo, l’Iniziativa del 15 agosto rappresenta una svolta. È la rottura delle catene della schiavitù. È una rivolta contro la schiavitù e il colonialismo. Compiere una mossa così storica nel buio di quel periodo ha creato un profondo cambiamento e una trasformazione nella società curda. L’Iniziativa può essere partita con un’azione armata, ma non è stata esclusivamente militare. Aveva dimensioni ideologiche, politiche, sociali e culturali. La società era tornata alla sua essenza e aveva mettersi in discussione. In questo modo, ha sviluppato al suo interno una rivoluzione intellettuale, una rivoluzione sociale, una rivoluzione culturale e una rivoluzione femminile. L’Iniziativa del 15 agosto è diventata un processo di ricostruzione per il nostro popolo. E’ così che avvenne la resurrezione. In questo modo, divenne una rivoluzione di esistenza e libertà. Questa mossa storica alimentò lo spirito nazionale tra il popolo curdo. Innalzò la bandiera della democrazia e della libertà in Kurdistan e nella regione. Per questo motivo, è un giorno storico e deve essere sempre accolto con gioia dal nostro popolo. Come è noto, con l’appello di Rêber Apo del 27 febbraio, la nostra lotta è entrata in una nuova fase. Ci impegniamo a rispettare le decisioni del 12° Congresso del PKK. Allo stesso modo ci impegniamo a rispettare l’appello di Rêber Apo del 19 giugno. Faremo la nostra parte per garantire il successo del processo per la pace e la società democratica. Tuttavia, una colomba della pace non può volare con un’ala sola. Per volare, la colomba ha bisogno di due ali. Il motivo per cui tutti i nostri compagni che si sono uniti alle file della guerriglia dal Kurdistan lo hanno fatto è per la libertà di Rêber Apo, e questa è una verità. Indubbiamente, le leggi sull’integrazione democratica e sulla libertà sono importanti. Tuttavia, se fossero considerate solo leggi sulla deposizione delle armi e sul ritorno della guerriglia, sarebbero insufficienti. La guerriglia non lo accetterà. La guerriglia non è andata in montagna solo per sé. Innanzitutto, Rêber Apo, l’architetto della pace e della fratellanza tra i popoli, deve essere liberato fisicamente. Questa legge deve essere considerata prioritaria. Altrimenti, non sarà accettata. Questa non è solo la parola di noi comandanti e leader. Questa è la voce collettiva di tutti i combattenti e guerriglieri. Verrà promulgata una legge per i guerriglieri; deporranno le armi e torneranno liberi, ma Rêber Apo rimarrà imprigionato a Imrali! Questo è inaccettabile! Un altro aspetto è la questione della fiducia. La fiducia deve essere sviluppata. La necessità di questo processo deve essere riconosciuta. È stata istituita una commissione presso il parlamento turco, il che rappresenta senza dubbio un passo importante. Le autorità turche devono tenere conto di questa realtà. Se si adotteranno misure concrete su questo tema in questo periodo storico, la questione curda che dura da un secolo sarà risolta e si svilupperà una vera fratellanza tra i popoli curdo e turco. Per una soluzione radicale a questo problema e per lo sviluppo di una pace duratura, è necessario un approccio davvero globale. Adottiamo un approccio strategico a questo proposito. Non ricorriamo a manovre tattiche o inganni. Crediamo fermamente in Rêber Apo e affrontiamo questo processo in modo strategico e sincero. Naturalmente adotteremo le precauzioni necessarie, ma questo è il nostro approccio. Se anche chi sta dall’altra parte adotterà questo approccio e dimostrerà fiducia, e se verranno promulgate leggi volte a rafforzare la fiducia, allora adempiremo alle nostre responsabilità. Adempieremo a tutti i nostri doveri per lo sviluppo di una repubblica democratica in Turchia e vi parteciperemo. Accogliamo il 41° anniversario dell’Iniziativa del 15 agosto con spirito di pace e di una società democratica. Questo è un passo avanti. È un passo avanti verso la pace e una società democratica. Accogliamo il 15 agosto con questo spirito. È senza dubbio un risultato, un nuovo inizio. Una nuova era sta iniziando sulla base dell’Iniziativa del 15 agosto. Crediamo che questa iniziativa, sviluppata da Rêber Apo, porterà cambiamenti significativi in Kurdistan, Turchia, Medio Oriente e persino nel mondo. La lotta per una nazione democratica e per il socialismo democratico crescerà e si rafforzerà ovunque nel quadro della modernità democratica. La strada verso una Turchia democratica e una repubblica democratica sarà aperta e rafforzata. Allo stesso tempo, questa iniziativa costituisce la base per lo sviluppo della causa della libertà e dell’unità nazionale in Kurdistan. Rêber Apo ha invocato l’unità nazionale a tal fine. Ribadiamo l’appello di Rêber Apo. In questo periodo storico, dobbiamo creare l’unità nazionale tra i curdi. Questa è la speranza e l’aspettativa del nostro popolo. Dobbiamo coronare questo periodo con l’unità nazionale e democratica. Allo stesso tempo svilupperemo la pace e una vera fratellanza con i popoli vicini sulla base di una prospettiva nazionale democratica. Il 15 agosto ha portato alla luce risultati così importanti. Su questa base, dobbiamo riuscire a sviluppare una nuova strategia politica democratica basata su una nazione democratica. A tal fine, è necessario lo spirito del 15 agosto. Lo spirito del 15 agosto è lo spirito del successo e del sacrificio. Questo spirito è necessario anche in questo periodo. Tutto il nostro popolo, tutti i patrioti, devono affrontare questo periodo in questo modo e parteciparvi. Su questa base, auguriamo ancora una volta a tutti voi un felice Giorno della Resurrezione, vi auguriamo successo nelle vostre lotte durante questo periodo e vi inviamo i nostri saluti e il nostro rispetto.   Bijî, Bijî Rihê 15 Tebaxê! Biji, Biji Serok Apo!
Tempo di speranza – Libertà per Öcalan e per tutti i prigionieri e le prigioniere politici/che
Anche quest’anno abbiamo deciso di dedicare una serata della Festa di Radio Onda d’Urto alla campagna internazionale per la liberazione del leader del movimento di liberazione curdo Abdullah Öcalan e di tutti i prigionieri e le prigioniere politiche. La serata è organizzata insieme a Ufficio Informazione Kurdistan in Italia e Rete Kurdistan Italia. Quest’anno, la serata “Tempo di speranza” cade in un momento storico particolare: sarà occasione per parlare di Turchia, Siria e Medio oriente a partire dall’Appello per la pace e una società democratica del 27 febbraio 2025. Alle ore 19.30, presso la Libreria del Gatto Nero (la libreria della Festa), discuteremo con due esponenti del Partito curdo-turco DEM, Berdan Özturk ed Eyup Doru, con i giornalisti Murat Cinar e Daniela Galiè, e con il direttore di Uiki Yilmaz Orkan della situazione in Turchia, in Siria e in Medio oriente a partire dall’appello diffuso da Abdullah Öcalan dall’isola-carcere di Imrali. Mentre gli stati e le potenze egemoni regionali e internazionali investono in guerre e in armi, nel mezzo dell’ennesimo bagno di sangue in Medio oriente, da Imrali arriva un altro messaggio: pace, democrazia, disarmo. Un invito raccolto dal Partito dei lavoratori del Kurdistan, che ha annunciato il proprio scioglimento per avviare un dialogo per la pace con lo stato turco. Cosa accadrà ora in Turchia, Siria e Medio oriente? Il modello di autogoverno della Siria del nord e dell’est può ispirare altre esperienze di autonomia nella regione (e non solo)? A seguire il concerto sul palco principale con Bandabardò + Zak!  
Il KNK chiede il riconoscimento dello status di Shengal nell’undicesimo anniversario del genocidio
In occasione dell’undicesimo anniversario del genocidio contro gli yazidi, il KNK ha chiesto il rispetto della volontà di Shengal e ha sottolineato la necessità che la regione sia protetta con uno status speciale. Il Congresso nazionale del Kurdistan (KNK) ha rilasciato una dichiarazione scritta in occasione dell’undicesimo anniversario del genocidio commesso contro il popolo yazida dall’ISIS a Shengal (Sinjar) il 3 agosto 2014. Il KNK ha condannato gli attacchi contro Shengal e ha sottolineato la propria opposizione a tutti i piani elaborati contro la volontà del suo popolo. La dichiarazione KNK include quanto segue: “Il 3 agosto 2014 è un giorno buio e doloroso, in cui è stato perpetrato l’ennesimo genocidio contro il nostro popolo yazida. Lo sciovinismo arabo, il fanatismo islamico e le forze reazionarie si sono uniti sotto una prospettiva anti-curda e anti-Kurdistan e hanno attaccato il Kurdistan attraverso le porte di Shengal sotto le mentite spoglie dell’ISIS. Shengal, l’antica patria del popolo yazida, è stata trasformata in un obiettivo pianificato di attacchi dell’ISIS. Tutte le forze di occupazione in Kurdistan hanno accolto con favore questi attacchi. Turchia, Iran e persino l’amministrazione di Baghdad e il regime sciovinista di Damasco hanno acconsentito a questi eventi. L’ISIS è diventato l’avanguardia dei sentimenti, delle idee e delle emozioni anti-curde e anti-Kurdistan emanati da questi centri di occupazione. L’ISIS ha fatto da innesco per i sistemi coloniali in Kurdistan. Con questo assalto, il loro obiettivo principale era quello di eliminare tutte le conquiste fatte dai curdi nel Kurdistan meridionale e occidentale, imporre nuovamente il colonialismo ai curdi e colpire la fede yazida attraverso il fanatismo islamico con l’obiettivo di sradicarla. Per questo motivo, hanno perpetrato un genocidio contro il nostro popolo yazida. Le orde dell’ISIS hanno invaso Shengal e hanno iniziato a massacrare il nostro popolo yazida. Hanno circondato e massacrato gli uomini, catturato donne e bambini e trascinato nel loro oscuro mondo islamista. Hanno venduto migliaia di donne yazide che avevano fatto prigioniere nei mercati corrotti. Le hanno sottoposte a stupri sistematici. Quelle che sono riuscite a sfuggire dalle atrocità dell’ISIS sono fuggite in altre regioni del Kurdistan in condizioni di estrema povertà. Il monte Shengal è tornato a essere un rifugio per la resistenza del popolo yazida. Questi tragici atti contro il popolo yazida hanno scosso il Kurdistan e il mondo. I curdi sono accorsi in aiuto del popolo yazida da ogni parte. In particolare, i guerriglieri dell’HPG e le forze YPG-YPJ hanno dato prova di grande eroismo e abnegazione, intervenendo rapidamente e fermando gli attacchi. La popolazione del Kurdistan si è mobilitata su ogni fronte, civile e militare. Da un lato, combattendo contro l’ISIS, dall’altro, si è presa cura degli sfollati. Anche gli ambienti umanitari internazionali hanno fornito un supporto significativo in termini sia militari che umanitari. Le forze nazionali del Kurdistan hanno protetto il popolo yazida con una grande resistenza. L’ISIS è stato fermato grazie a questa unità nazionale e internazionale e Shengal e altre regioni curde sono state liberate. Sebbene Shengal sia stata liberata dall’ISIS e molti yazidi siano tornati in patria da allora, le ferite del 3 agosto 2014 sanguinano ancora. Il destino di molte donne yazide catturate rimane sconosciuto. Sfortunatamente, il governo iracheno e le forze del KDP, che in quel momento si trovavano a Shengal e avevano il compito di proteggere la città, non sono riusciti a farlo. Per questo motivo, questa tragedia ha trasformato le donne yazide in un simbolo della lotta contro i reazionari islamisti, il fanatismo e le mentalità oscure. Questa questione deve essere mantenuta all’ordine del giorno in tutta la sua gravità. Molti dei nostri yazidi vivono ancora come rifugiati in condizioni difficili; molti sono ospitati nei campi e non sono tornati a Shengal. È necessario aprire le strade per il loro ritorno e rafforzare gli sforzi nazionali e internazionali per migliorare le loro condizioni di vita. Il PDK, che fa parte dell’amministrazione di Bashur, e il governo di Baghdad hanno firmato un accordo il 9 ottobre 2020, senza consultare la popolazione di Shengal, con l’obiettivo di lasciare la città e i suoi abitanti nuovamente indifesi e impotenti. La Turchia è stata molto soddisfatta di questo accordo. Così come ha collaborato con l’ISIS nell’occupazione di Shengal, ha anche contribuito all’accordo del 9 ottobre. La popolazione di Shengal e le forze che la difendono non accettano questo accordo e si oppongono. Grazie alla resistenza della popolazione di Shengal, questo accordo non è stato ancora attuato e non dovrebbe esserlo nemmeno in futuro. La volontà del popolo di Shengal deve essere rispettata e nessun piano deve essere imposto contro la sua volontà. La popolazione yazida ha subito brutali attacchi per secoli a causa della sua fede. Questa situazione rivela una verità: Shengal deve sia proteggersi che governarsi. Pertanto, Shengal deve godere di uno status speciale e autonomo all’interno del Kurdistan. Sono trascorsi undici anni dal genocidio del 2014, ma le minacce e i pericoli che Shengal deve affrontare non sono cessati. Forze oscure e nemici dei curdi sono ancora impegnati in piani e giochi sporchi. Cercano nuovi genocidi, con l’obiettivo di espellere da Shengal coloro che professano la fede yazida e di separare questa città dal Kurdistan. A questo proposito, tutti i curdi e i curdisti devono rimanere vigili e difendere la terra yazida. Nell’anniversario dei tragici eventi che hanno colpito il nostro popolo yazida, i cuori del popolo curdo sono spezzati e ancora feriti. Guarire queste ferite e alleviare questo dolore è possibile solo attraverso l’unità nazionale del popolo curdo e del popolo del Kurdistan. Il KNK spera che il ricordo di questo genocidio inflitto al nostro popolo yazida serva da catalizzatore per l’unità nazionale, che tutte le componenti del Kurdistan si uniscano per liberare la nostra patria, il Kurdistan, dall’occupazione e che il nostro popolo raggiunga la vera libertà”.  
KCK: Il popolo di Şengal ha aperto un nuovo capitolo con la sua resistenza
“La storia non ha registrato solo il massacro del 3 agosto, ma anche la grande resistenza e l’eroismo che hanno avuto inizio in quel 3 agosto. I bambini, le donne e i giovani di Şengal hanno scritto una nuova storia resistendo a uno degli attacchi più brutali della storia.” “Sono trascorsi undici anni dal massacro di Şengal [Sinjar] perpetrato dall’ISIS il 3 agosto 2014, che il popolo Êzidî (yazidi) definisce il ‘74° Ferman’ (genocidio). Nonostante siano trascorsi undici anni, il dolore per questo massacro è ancora vivo e le ferite non si sono ancora rimarginate. Perché ciò che è stato inflitto al popolo ezide a Şengal il 3 agosto 2014 è stato straziante, vergognoso e inimmaginabile. Migliaia di persone uccise, migliaia di donne rapite, vendute come schiave e violentate, le case saccheggiate e centinaia di persone, bambini e anziani che fuggirono dal massacro e finirono nel deserto morirono di fame e di sete. Migliaia di donne ezide risultano ancora disperse. Decine di fosse comuni non sono ancora state aperte. Ciò che il popolo ezida ha dovuto sopportare nel XXI secolo, che si vanta del proprio progresso, è una vergogna per l’umanità in ogni senso. Ancora una volta, condanniamo fermamente il massacro di Şengal, uno dei massacri più brutali della storia dell’umanità, così come l’ISIS, la sua mentalità e tutte le forze che lo sostengono. Commemoriamo con rispetto coloro che hanno perso la vita nel massacro di Şengal. Dichiariamo ancora una volta che sentiamo profondamente il dolore del popolo di Şengal e che saremo sempre al loro fianco nel loro cammino verso il superamento del Ferman e il raggiungimento della libertà. I peshmerga del KDP e l’esercito iracheno, che dispongono di una grande forza militare e il cui compito era garantire la sicurezza di Şengal, non hanno difeso Şengal e hanno lasciato che la popolazione affrontasse il massacro. La popolazione di Şengal, abbandonata al suo destino, è rimasta indifesa contro le bande assassine dell’ISIS. Ciò ha causato le conseguenze più tragiche e dolorose. Nonostante il dolore causato, non è stata fatta alcuna autocritica e non è stata richiesto di risponderne sulla responsabilità. Bisogna sapere che le pagine indelebili della storia hanno registrato questa vergogna, così come la brutalità dell’ISIS. Sia l’ISIS, che coloro che hanno istigato l’ISIS ad attaccare Şengal miravano a continuare il massacro fino a quando non fosse rimasto un solo ezida e a cancellare il popolo ezida dalla storia. Questo obiettivo è stato impedito grazie allo storico intervento di un piccolo gruppo di guerriglieri sui monti Şengal e alla grande determinazione e resilienza della popolazione di Şengal, dei suoi giovani e delle sue donne. Il genocidio totale è stato impedito grazie alla resistenza dei guerriglieri e del popolo di Şengal. Centinaia di ragazzi ezidi si erano unti alla linea di resistenza formata contro l’ISIS a fianco dei guerriglieri e sono caduti come martiri. Ricordiamo con grande rispetto i guerriglieri caduti come martiri e i giovani ezidi caduti come martiri, e chiniamo il capo in segno di rispetto davanti alla loro memoria. Questa posizione onorevole e questa linea di lotta non solo hanno impedito un grande genocidio, ma hanno anche gettato le basi affinché il popolo di Şengal possa esistere oggi con la propria lingua, fede, cultura e identità e a difendersi per non dover mai più sperimentare un altro Ferman. La lotta del popolo di Şengal per impedire che simili massacri si ripetano è estremamente giustificata e legittima. Non sostenere il popolo di Şengal nella sua causa di autodifesa e autogoverno, per non parlare di opporsi a esso, è inaccettabile. Il fatto che il popolo ezide, che ha sofferto molti fermani nel corso della storia a causa delle sue convinzioni e della sua identità, ora abbia autogoverno e autodifesa non è né una richiesta massimalista né una violazione dei diritti di nessuno. Si tratta di richieste del tutto minime e legittime. Non esiste alcuna base legittima, legale o sociale per opporsi alle richieste della popolazione di Şengal. Al contrario, il diritto internazionale, la legislazione e i diritti umani fondamentali, così come i valori umani universali, l’etica sociale e la coscienza, ci impongono di sostenerli. Dal punto di vista dello Stato iracheno, la soluzione più appropriata è risolvere la questione di Şengal garantendo l’autogoverno e l’autodifesa del popolo. Tale soluzione è infatti richiesta anche dalla Costituzione irachena. Mentre commemoriamo ancora una volta il massacro del 3 agosto, ci congratuliamo con la popolazione di Şengal, che è riuscita a preservare la propria esistenza resistendo a uno degli attacchi più brutali e gravi della storia. La storia non ha registrato solo il massacro del 3 agosto, ma anche la grande resistenza e l’eroismo che hanno avuto inizio da quel 3 agosto. I bambini, le donne e i giovani del popolo Şengal hanno scritto una nuova storia resistendo a uno degli attacchi più brutali della storia. Crediamo che il nostro popolo ezida otterrà la libertà con l’attuale “Processo di pace e società democratica”.
Consiglio regionale della Valle D’Aosta: Approvazione di risoluzione: “Solidarietà al popolo curdo”.
OGGETTO N. 4440/XVI – Approvazione di risoluzione: “Solidarietà al popolo curdo”. Bertin (Presidente) – Punto n. 57.01. Se siete d’accordo, illustro brevemente la risoluzione, peraltro sottoscritta da tutti i Capigruppo del Consiglio regionale. Questa risoluzione si concentra sulla questione curda, questione che ha visto diverse volte il Consiglio regionale intervenire nel tempo, poiché questo popolo, il popolo curdo, che è suddiviso negli Stati della Turchia, Siria, Iraq e Iran, si trova spesso in gravissime difficoltà e incertezze. Credo che, dal punto di vista della comunità internazionale, abbia raggiunto la grande rilevanza dal punto di vista dell’opinione pubblica dai lontani anni Ottanta, quando in Iraq, l’allora dittatore Saddam Hussein, utilizzando le armi chimiche, gasò – il termine è proprio questo – circa 80 mila civili curdi del nord dell’Iraq al fine di perpetrare una pulizia etnica, di fatto con grave violazione del diritto internazionale, un genocidio, un crimine contro l’umanità. Come dicevo, questo era negli anni Ottanta in Iraq, ma vediamo più di recente in Iran, con la persecuzione in questo caso, in particolare, della minoranza curda e delle donne legate alla minoranza curda. Ricordiamo recentemente il movimento “Donna vita e libertà”, che è appunto un movimento curdo per riaffermare i diritti delle donne e della minoranza curda in Iran. Sappiamo poi, in particolare, che è arrivata ben oltre, con l’esecuzione a morte, in carcere, di Mahsa Amini, come ricorderete. In parte, lo stesso discorso, vale per la Turchia che non riconosce la minoranza curda e che con il dittatore anche lui, di fatto, cito Mario Draghi, perpetra una continua violazione dei diritti politici e civili della minoranza curda, con tanto di cancellazione dei partiti politici curdi, oltre che l’incarcerazione di buona parte dei suoi dirigenti, tra cui Öcalan, in carcere da 30 anni e passa. In quanto alla Siria, non ha mai riconosciuto l’esistenza di un popolo curdo, di una minoranza curda, ricordiamo il ruolo avuto dai Curdi nella battaglia contro lo Stato islamico, in particolare simbolicamente Kobane, questa cittadina del nord della Siria che diventò simbolo della resistenza all’Islam estremista dello Stato islamico. Anche nel nord della Siria si sono manifestate interessanti forme di autogoverno nelle quali l’emancipazione della donna era molto significativa, soprattutto tenendo conto della fase nella quale ci troviamo. Di recente, con la caduta del regime di Assad in Siria, la Turchia cerca di occupare di fatto il nord della Siria per eliminare la questione curda in modo violento e militare. Ricordiamo anche, nella risoluzione, la vicenda di Pakhshan Azizi, attivista curda, operatrice umanitaria, detenuta a Teheran e che la Corte suprema iraniana ha condannato all’impiccagione, recentemente sospesa in seguito alla mobilitazione avvenuta per l’attenzione internazionale, ma noi sappiamo ed è sicuro, che la condanna verrà eseguita e invitiamo il Governo italiano ad operarsi per intervenire su queste vicende. Inoltre, si manifesta la ferma condanna nei confronti di qualsiasi azione militare in violazione del diritto internazionale, dei diritti civili e politici e di tutela delle minoranze, questo è riferito in particolare alla Turchia e, più in generale, per esprimere solidarietà al popolo curdo, riaffermando la necessità di garantire il rispetto dell’esistenza di tutte le minoranze presenti nell’area e dei diritti ad esse collegate. Questa è la sostanza della risoluzione. Ci sono interventi? La parola alla consigliera Minelli. Minelli (PCP) – Abbiamo sottoscritto questa risoluzione al pari degli altri gruppi consiliari perché condividiamo sia lo spirito che sta alla base del testo, sia le impegnative proposte. Sappiamo che in Iran vige da tempo un regime dittatoriale che lungo questi anni ha perpetrato una continua e crescente violazione dei diritti umani con gravissime conseguenze sulla popolazione e nei confronti di tutti coloro che sono oppositori di quel regime, ma in particolare nei confronti delle donne e della minoranza curda; un sistema teocratico, che usa strumentalmente l’arma della religione, il credo religioso, per calpestare le libertà. Nel 2024 la Repubblica islamica ha giustiziato almeno 31 donne, questo è il dato ufficiale, si teme che siano di più ed è il numero più alto dal primo rapporto dell’Associazione IHR, che è Iran Human Rights dal 2008. È di questo periodo, di queste settimane la notizia che Pakhshan Azizi, secondo le leggi islamiche – e speriamo che questa cosa si interrompa -, comunque rischierà di essere condannata a morte perché la sua condanna è stata confermata dalla sezione 39 della Corte Suprema di Teheran. Con quale accusa? Con l’accusa di ribellione e di appartenenza a gruppi di opposizione. Pakhshan Azizi è originaria di Mahabad, è stata arrestata a Teheran il 4 agosto del 2023 insieme al padre, alla sorella e al cognato, ha trascorso quattro mesi in isolamento in un centro di detenzione del Ministero dell’intelligence e poi è stata trasferita nel reparto femminile della terribile prigione di Evin. È accusata di appartenere a dei gruppi impegnati in attività armate contro la Repubblica islamica, ma il suo avvocato ha dichiarato che quello che stava facendo era un lavoro di operatrice umanitaria nel nord della Siria, in particolare nei campi profughi di Sinjar e in altri campi per gli sfollati dell’Isis. Un lavoro che era di tipo pacifico e interamente incentrato sugli sforzi di soccorso, come appunto ci è stato raccontato dal suo avvocato, ma anche qualora fosse stata un’attivista di movimenti politici in qualche modo oppositori del regime, è una persona che è stata arrestata disarmata, che non ha mai usato armi e che si trovava in una zona che era assolutamente pericolosa per quelli che erano gli attacchi dell’Isis. Più in generale, tutte le donne che si oppongono al regime, ma le attiviste curde in particolare, soffrono di una somma di discriminazioni che è potenzialmente letale perché sono donne, sono politicamente e socialmente attive, appartengono a una minoranza etnica che, assieme a quella del Belucistan, è tra le più represse del panorama iraniano, sono tra le donne che hanno più difficoltà ad avere accesso all’istruzione e a vedere i propri diritti fondamentali rispettati, sia in libertà, sia soprattutto nelle istituzioni carcerarie, come quella di Evin. Riteniamo quindi sia importante che anche il nostro Consiglio regionale si esprima manifestando una ferma condanna nei confronti di queste violazioni, che sono violazioni dei diritti fondamentali delle persone. Presidente – Ha chiesto la parola il consigliere Padovani, ne ha facoltà. Padovani (FP-PD) – Con questa risoluzione che anche noi come gruppo abbiamo sottoscritto torniamo a parlare di un tema internazionale, chiedendo che anche il nostro Consiglio regionale si esprima in solidarietà e sostegno concreto al popolo curdo, che lotta da decenni per il riconoscimento dei propri diritti fondamentali. I Curdi sono il più grande popolo senza uno Stato, una Nazione che conta oltre 30 milioni di persone, distribuite tra Turchia, Siria, Iraq e Iran. Nonostante una storia millenaria e una cultura ricca di tradizioni, i Curdi si trovano a vivere una condizione di costante marginalizzazione, privati del diritto all’autodeterminazione. Nel corso degli anni le terre curde sono state teatro di persecuzioni sistematiche e bombardamenti, sfollamenti forzati e discriminazioni sono diventati parte integrante della loro vita quotidiana. Questa situazione, tuttavia, non è solo una questione lontana da noi, riguarda tutti coloro che credono nei valori della giustizia e dei diritti umani. Non possiamo ignorare il fatto che il silenzio della comunità internazionale ha spesso permesso il perpetuarsi di queste ingiustizie; la Turchia, ad esempio, continua a reprimere le aspirazioni curde con violenza, definendo i movimenti di resistenza come terroristi e continuando a tenere ingiustamente nelle loro carceri il leader del popolo curdo Abdullah Ocalan. In Siria e in Iraq le comunità curde sono state in prima linea contro l’Isis, difendendo non solo le proprie terre, ma anche i valori di libertà e uguaglianza. Noi, come rappresentanti di un’istituzione democratica, abbiamo il dovere di alzare la voce per chi viene oppresso. Questo Consiglio poi deve fare la sua parte inviando un messaggio chiaro: la solidarietà verso il popolo curdo non è un’opzione, ma è una responsabilità politica e morale. Un elemento centrale della lotta curda è il progetto di confederalismo democratico. Questo modello propone una società basata su autonomia, decentralizzazione e convivenza pacifica tra diverse comunità, etniche e religiose. Il confederalismo democratico mira alla creazione di una rete di autonomie locali fondate sulla democrazia diretta, il rispetto per l’ambiente e l’uguaglianza di genere. Nei territori del Rojava, nel nord della Siria, questa visione è stata messa in pratica con risultati significativi, dove sono state istituite istituzioni che garantiscono la partecipazione attiva di donne e minoranze. Questo modello rappresenta non solo un’alternativa per il Medio Oriente, ma anche una speranza per chiunque creda in una società più giusta e inclusiva. Consentitemi poi di soffermarmi su un altro aspetto del popolo curdo, cioè il ruolo delle donne nella lotta curda. Le combattenti curde, inquadrate nell’unità di difesa delle donne, hanno dimostrato un coraggio straordinario non solo sfidando il terrorismo dell’Isis, ma anche promuovendo un modello di società fondato sull’uguaglianza e sul rispetto reciproco. Il loro esempio ci ricorda che il cambiamento sociale parte anche dalla lotta per i diritti delle donne e, a proposito di donne, la condanna a morte di Pakhshan Azizi, una donna coraggiosa, curda, condannata a morte dal regime iraniano, non è solo un attacco a lei come individuo, ma un attacco ai valori fondamentali di giustizia, dignità e i diritti umani. Pakhshan Azizi rappresenta il coraggio e la determinazione di un popolo che da troppo tempo lotta per i propri diritti e per la propria libertà. In un momento in cui il mondo sta assistendo a repressioni e ingiustizie, è nostro dovere alzare la voce e opporci a tali violazioni. Sostenere la liberazione di Pakhshan Azizi significa sostenere la lotta per i diritti dei curdi e per la libertà di espressione di tutti coloro che si oppongono alle ingiustizie. Chiediamo che il Governo iraniano rispetti i diritti umani e ponga fine a queste pratiche repressive. La comunità internazionale deve essere unita nel condannare il regime iraniano per la detenzione di Pakhshan Azizi e richiederne l’immediata liberazione. Concludendo, il popolo curdo è simbolo di resistenza e di dignità, nonostante le avversità, continua a lottare per la propria identità e per un futuro migliore. Il nostro Consiglio regionale, anche nel suo piccolo, può rappresentare una luce di speranza. Possiamo fare la differenza unendo la nostra voce a quella di chi chiede giustizia e diritti per il popolo curdo e libertà per Pakhshan Azizi. Non lasciamo che il silenzio ci renda complici, sosteniamo il popolo curdo nella sua lotta per la libertà e la pace. Presidente – Ci sono altri interventi? La parola al consigliere Lucianaz. Lucianaz (RV) – Solamente per ricordare che il 15 dicembre del 2022 la collega Minelli aveva già espresso il suo sostegno al popolo iraniano che è vessato dal Governo dei fondamentalisti religiosi, ma lei stesso, presidente Bertin, il 24 ottobre 2019, con una risoluzione, aveva sostenuto l’iniziativa in difesa del popolo curdo, promossa dal consigliere barocco e ricordo che sempre questo Consiglio già il 20 gennaio 2016 aveva espresso con una risoluzione la condanna alle autorità turche per la violazione dei diritti civili e politici, così come il 28 gennaio 2010 sempre questo Consiglio con una risoluzione ha sostenuto la solidarité à l’égard du peuple curde suite è la reprise de la persécution ethnique. E ancora a marzo 2002 abbiamo avuto l’intervento interessante del consigliere Nicco che quel giorno aveva giustamente sostenuto il diritto del popolo curdo con il seguente testo della mozione: “Richiamata la tragedia del popolo curdo; ribadito il diritto di ogni popolo a decidere in piena libertà e responsabilità del proprio destino e di sostenere in ogni sede il diritto del popolo curdo all’autodeterminazione…”. Le iniziative quindi di questo Consiglio sicuramente non sono mancate, sono mancati i risultati. La posizione dei curdi non è assolutamente migliorata. Ricordava il collega Padovani che Ocalan è ancora incarcerato. Eh, è stato consegnato dal Governo italiano di Centro-Sinistra alle autorità turche. Bella vergogna internazionale anche quella volta! … Quando lui cercava rifugio in Italia. E ho apprezzato lo spirito autodeterminista del consigliere Padovani, per una volta ci troviamo quasi sulle stesse posizioni. Questo Consiglio ancora una volta sosterrà il popolo curdo, sosterrà il diritto di questo popolo. Io ricordo che il popolo catalano invece è sparito dagli schermi, naturalmente bisogna sostenere le politiche europee e quindi di certi popoli non bisogna più parlare. È una vergogna tutta europea e mi fermo qui con le mie assolute dichiarazioni del diritto di ogni popolo all’autodeterminazione, sancito dal diritto internazionale. Presidente – Ha chiesto la parola l’assessore Caveri, ne ha facoltà. Caveri (UV) – Sono ormai più di 100 anni che è stato negato al popolo curdo, un popolo di montagna, di avere un proprio Stato ed è stato spezzettato in quattro Stati. À tour de rôle questi quattro Stati, Turchia, Iraq, Siria e Iran, si accaniscono con questo popolo che, tra l’altro, in alcuni passaggi è stato anche molto importante, come la guerra contro l’Isis, se non ci fossero stati i militanti, i militari e anche le donne, perché questa è una cosa che colpisce molto: la capacità di impegno nella lotta bellica delle donne curde… Io sono contento che si parli dell’Iran, sono contento perché non solo la vicenda curda dimostra l’assoluta capacità di violenza di questo regime teocratico, abbiamo assistito nei mesi scorsi, negli anni scorsi, al tentativo soprattutto delle donne iraniane di reagire in un vuoto, talvolta assordante, come si dice, anche delle manifestazioni di piazza in Italia, così come si dimentica spesso il fatto che Hamas e gli Hezbollah sono feroci terroristi al soldo proprio dell’Iran. È giusto ricordare anche l’utilizzo della pena di morte che viene fatto in questo Paese. La collega Minelli ha raccontato delle donne che sono state uccise senza alcuna pietà, vengono uccisi anche i minorenni. La scena più importante si svolge quasi sempre all’interno dello stadio di calcio, dove otto-dieci persone vengono impiccate e nel 2024 sono state 901 le pene capitali che sono state erogate in questo Paese. A me è capitato, come credo a molti di voi, di incontrare degli esponenti curdi che raccontano con vivida lucidità i torti che hanno subito da parte di quel diritto internazionale che ancora oggi non solo per questo popolo, per questa Nazione senza Stato, ma anche in molte altre occasioni dimostra un atteggiamento molto cinico. Il Governo regionale e il Presidente mi hanno chiesto di intervenire, esprimo naturalmente un voto favorevole assieme alla maggioranza su questo testo di risoluzione che consente di accendere il faro su una delle migliaia e migliaia di vicende personali che hanno visto persone imprigionate, torturate e alla fine impiccate. Presidente – Metto in votazione. La votazione è aperta. La votazione è chiusa. Presenti, votanti e favorevoli: 35 La risoluzione è approvata all’unanimità. Abbiamo esaurito l’ordine del giorno, il Consiglio finisce qui. — L’adunanza termina alle ore 17:16.
La delegazione di Imrali rilascia una dichiarazione dopo l’incontro con Abdullah Öcalan
La delegazione di Imralı del Partito per la democrazia e l’uguaglianza dei popoli (Partito DEM) ha rilasciato la seguente dichiarazione in merito all’incontro con il leader Apo tenutosi ieri, venerdì 25 luglio: Alla stampa e all’opinione pubblica, Come delegazione del Partito DEM a Imralı, abbiamo tenuto un incontro di tre ore e mezza con il signor Abdullah Öcalan il 25 luglio 2025 presso il carcere di Imralı. Abbiamo scambiato opinioni sui nostri recenti incontri come delegazione con il Presidente, il Ministro della Giustizia e i leader dei partiti politici. Abbiamo espresso impressioni e riflessioni sulla cerimonia dell’11 luglio per la distruzione delle armi. Il signor Öcalan ha espresso di aver trovato molto preziose le modalità di svolgimento della cerimonia, nonché la volontà, la convinzione e la determinazione per la pace dimostrate. Ha sottolineato la sua aspettativa che il lavoro attualmente all’ordine del giorno della commissione della Grande assemblea nazionale di Turchia (TBMM) contribuisca in modo significativo alla pace e alla democrazia attraverso un approccio globale e inclusivo. Ha esteso i suoi più sentiti saluti e i suoi migliori auguri al pubblico e a tutti i segmenti della società. Con saluti e rispetto, Delegazione del Partito DEM a Imralı 26 luglio 2025
La rivoluzione in Rojava è la rivoluzione comune dei popoli
Sono trascorsi tredici anni dal 19 luglio che segnò l’inizio della Rivoluzione nel Rojava, uno degli eventi più importanti della storia. Ci congratuliamo con i popoli del Rojava e della Siria settentrionale e orientale, così come con tutti i popoli del Kurdistan e della Siria, con i popoli arabo, armeno, druso, turcomanno, siriaco e alevita, con i popoli del Medio Oriente e del mondo, in particolare con le donne, i giovani e tutte le forze socialiste, rivoluzionarie, democratiche e di liberazione in occasione della loro storica rivoluzione nel suo 13° anniversario. Celebriamo anche i compagni internazionalisti che hanno svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella difesa di questa rivoluzione storica. Rendiamo omaggio a questo sviluppo storico, che è una rivoluzione comune dei popoli, e commemoriamo ancora una volta tutti i martiri di questa rivoluzione con rispetto, amore e gratitudine. La Rivoluzione del Rojava ha portato nuove conquiste e nuovi valori alla nostra storia umana. Soprattutto, ha permesso alla società, indebolita, emarginata e indifesa dal sistema dominante degli stati nazionali, di riscoprire la propria forza di volontà. Ha aperto la strada alle dinamiche fondamentali della società, che era stata privata dei suoi diritti democratici, oppressa e sfruttata, affinché si organizzasse, diventasse consapevole e acquisisse la volontà e la forza di governarsi. La rivoluzione ha rimosso l’ostacolo tra le differenze di lingua, religione, credo ed etnia tra i popoli. Ha posto fine alle cause di conflitto tra i popoli e ha aperto la strada a una visione delle differenze come ricchezza della società. Ha creato un ambiente in cui popoli, credenze e culture possono convivere in fratellanza all’interno di questo quadro democratico. Ha permesso alle donne, relegate negli angoli più profondi e oscuri della vita sociale, di acquisire consapevolezza, organizzarsi e sollevarsi, e di assumere un ruolo guida sia nella difesa che nella costruzione della trasformazione sociale democratica e della rivoluzione. Ha creato le condizioni per l’emergere di una generazione di giovani consapevoli e organizzate. In breve, la Rivoluzione del Rojava è stata una soluzione importante con il suo sistema di Nazione Democratica e il paradigma della libertà delle donne. Ha dato prova di sé in molti modi negli ultimi 13 anni di pratica. Da un lato, i popoli e le forze rivoluzionarie si sono uniti per opporre una forte resistenza agli attacchi esterni volti a eliminare la rivoluzione, e la rivoluzione è stata difesa con successo. D’altra parte lo sviluppo del sistema democratico orientato alla libertà e comunitario è proseguito. In questo senso, la Rivoluzione del 19 luglio ha superato con successo un’importante soglia storica. La Rivoluzione del 19 luglio, messa in pratica nel Rojava e nella Siria settentrionale e orientale, rappresenta anche il modello di soluzione più accurato e realistico per la Siria nel suo complesso. L’attuale conflitto in Siria rivela chiaramente questa realtà. La soluzione ai problemi della Siria e il raggiungimento dell’unità possono essere raggiunti solo attraverso i principi della Rivoluzione del 19 Luglio: nazione democratica, autogoverno democratico e libertà delle donne. Imposizioni settarie e nazionaliste non faranno che aggravare il conflitto e i massacri, e rappresentano la più grande minaccia all’integrità della Siria. Ancora una volta celebriamo la storica Rivoluzione del 19 luglio con tutti i popoli. Crediamo che l’alleanza democratica, l’organizzazione e la lotta che i popoli svilupperanno lungo le linee della rivoluzione porteranno alla pace, alla vita democratica e alla libertà tanto attese in Medio Oriente. Co-presidenza del Consiglio esecutivo della KCK
È il momento di sostenere la pace, la democrazia e la convivenza
In seguito all’appello per la pace e per una società democratica lanciato da presidente Abdullah Öcalan il 27 settembre, si è aperta una nuova e concreta possibilità di porre fine al conflitto armato decennale tra lo Stato turco e il popolo curdo, e soprattutto di avviare una soluzione politica della questione curda in Turchia. In risposta a questo appello, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) ha tenuto il suo 12° e ultimo congresso, giungendo a una decisione storica: sciogliere ufficialmente il partito e concludere la lotta armata. Oggi, su proposta dello stesso Öcalan, il primo gruppo di guerriglieri ha tenuto una cerimonia pubblica in cui ha distrutto le proprie armi, inviando un segnale simbolico ma potente di impegno verso il processo di pace, davanti all’opinione pubblica e allo Stato turco. Perché questo processo arrivi a compimento è indispensabile che entrambe le parti si impegnino in modo sincero e responsabile in un percorso di soluzione politica e democratica. Primo passo imprescindibile è la costituzione di una commissione parlamentare che istituzionalizzi e segua da vicino ogni fase del processo di pace. A questo fine, chiediamo con forza che le istituzioni internazionali, i mezzi di informazione e l’opinione pubblica mantengano alta l’attenzione su questo percorso, vincolando il governo turco agli impegni assunti e sostenendo ogni sforzo verso una pace duratura. Facciamo appello a tutti perché comprendano le ragioni e il potenziale storico di questo processo, che potrebbe avere un impatto positivo non solo per il popolo curdo e per la Turchia, ma per l’intera regione, segnata da conflitti e massacri.