TDOR 2025Allerta (TW): il linguaggio usato e le notizie riportate in questo
articolo/intervento rimandano a situazioni di estrema violenza
di Mari Casalucci
Vaffanculo America!
Non voglio il tuo odio.
Non voglio le decorazioni militari e le medaglie che mi hai conferito.Non voglio
la pensione per il mio servizio militare e le invalidità connesse al servizio.
Non voglio la tua assistenza sanitaria per curare le malattie mentali che mi hai
causato. Non voglio altri ricoveri in reparti psichiatrici per tenermi in vita
in una nazione che disprezzo.
Non voglio essere sepolt in nessuno dei tuoi cimiteri militari e veterani. Non
voglio essere sepolt in nessun luogo sul suolo americano. Non voglio onori
militari. Non voglio che le mie ceneri siano conservate sul suolo americano.
Voglio che le mie ceneri siano disperse in acque internazionali e voglio che a
disperderle sia solo mia moglie. Non voglio la vostra bandiera.
La mia morte non è una resa. La mia morte come parte della popolazione
transgender non significa che avete vinto. Segna solo la fine della nostra
relazione.
Questa non è la terra della libertà. L’odio dimostrato fin troppo spesso
cancella ogni pretesa di grandezza passata.
Siete un pozzo nero di fanatici che adorano un dio che non esiste e non è mai
esistito.
Godetevi la vostra nuova famiglia reale e il vostro dittatore. Mi rifiuto di
partecipare ulteriormente.
L’uomo bianco ha decimato e massacrato le popolazioni indigene sulle terre che
ora chiamate America. Non potete cancellare le persone non binarie e transgender
perché ogni giorno ne fate nascere altre.
Questa la lettera di addio di Elisa Rae Shupe, prima soggettività non-binary ad
ottenere sul proprio passaporto statunitense la “X” sul marcatore di genere,
trovata avvolta nella bandiera trans nel parcheggio di un ospedale per veteran3
a Syracuse, nello Stato di New York il 27 gennaio 2025. I media mainstream
hanno cercato inutilmente di ignorarla silenziando questo messaggio che aveva
lasciato.
Shupe nasce nel 1963, vive violenze a scuola e in famiglia, nell’82 entra
nell’esercito fino al suo ritiro nel 2000. Diventa attivista per i diritti delle
persone trans. La sua storia viene strumentalizzata dai gruppi conservatori
anti-trans che sfruttano la fragilità di un periodo della sua vita per tuonare
teorie pseudoscientifiche sulla “detransizione di genere”. Shupe si ribella e
cambia nuovamente il suo nome e i pronomi di riferimento, scrive un libro e
prova ad andare avanti con la sua vita. La vittoria di Trump però, e la sua
firma sull’ordine esecutivo che mira a cancellare le identità trans e
non-binarie dalla carta dei diritti negli Stati Uniti, hanno rappresentato
l’ultimo colpo per il suo equilibrio spingendolx a salire all’ultimo piano di
quel parcheggio. Nella sua lettera emerge una lucida consapevolezza e una rabbia
contagiosa. Il suo è un urlo di rivolta contro un sistema marcio e ipocrita, un
rifiuto a starci, a finanziarlo, a restare in silenzio come lo era stato quello
di Cloe Bianco.
Come non ricordare Sam Nordquist, un ragazzo di 24 anni molto attivo
nell’assistenza alle persone disabilizzate nello Stato di New York, lo stesso
dove Shupe aveva deciso di farla finita il 27 gennaio. Era trans,razializzatx e
aveva un corpo grasso. Era scomparso a Capodanno scorso. Il giorno di San
Valentino viene ritrovato morto. Era stato rapito e torturato brutalmente tanto
che la madre riconosce i tatuaggi.
Perchè richiamo questi due casi degli Stati Uniti. Perchè le vite delle persone
trans, intersex, non binarie sono costantemente attaccate dai regimi e dalle
dittature di destra che si sono affermate nel mondo, perchè la paura per i
disastri dell’oggi e del domani tutti figli del sistema capitalista,
estrattivista e coloniale deve individuare delle cause che portino lontano dai
veri responsabili. E cosa c’è di più pauroso, di più pericoloso dello strano,
del queer, del mostro, della diversità non conosciuta, dell’animale che si
libera, delle persone che decidono di vivere in un bosco, di chi vive in una
favelas ai margini di una grande cittá, di chi resiste e difende la terra dove
vive, di chi resiste cioè a un sistema che vuole tuttx ben allineat all’interno
di ruoli e destini imposti?
L’organizzazione sociale è una potente macchina globale, che manipola, impone,
reprime e arriva ad uccidere con i suoi eserciti, le polizie ma anche persone
individuali o gruppi collettivi che si fanno strumento violento della
riproduzione del sistema. Gli assassinii di genere (femminicidi, transcidi,
puttanocidi, istigazioni al suicidio) non sono altro che azioni del braccio
armato extragiudiziale e non irregimentato istituzionalmente
dell’eterocispatriarcato. Per imporre capitalismo e colonialismo si sono usati
roghi, false denunce, lapidazioni di piazza, tutte per sconfiggere il “male”, il
demonio rappresentabile in qualsiasi forma di diversità che si sottrasesse nello
spazio pubblico o privato alle norme del potere.
La repressione anche oggi è fortissima e, con lentezza spietata, ha cambiato il
valore di parole come rivoluzione e resistenza, la legittimità cioè di costruire
alternative a questo sistema. La violenza viene agita attraverso la
psichiatrizzazione, la discriminazione, la marginalizzazionee e l’odio sociale
alimentato da quei politici al governo che arrivano a chiamarci “schifezze” e
che usano e strumentalizzano i corpi trans per imporre le loro politiche.
I dati del TMM (trans murder monitoring 2025) che si riferiscono all’ultimo anno
(1 ottobre 24- 30 settembre 25) ci danno il quadro della fase che stiamo
atraversando.
* 281 persone trans e non binarie uccise, una dimunuzione rispetto all’anno
precedente in cui il monitoraggio aveva elencato 350 casi. Ma, ci allerta lo
stesso TMM questo non corrisponde necessariamente a maggiore sicurezza ma
piuttosto all’invisibilità crescente degli assassinnii se si vanno ad
analizzare nei motori di ricerca gli algoritmi che mostrano invece un
crescente disiteresse verso queste morti sempre più difficili da identificare
e verificare. Ne sono testimonianza l’uso del nome/genere imposto alla
nascita nelle notizie relegate alla cronaca nera. Perchè anche questo
succede, la cancellazione oltre la morte. Molte persone tra giornalisti,
famiglie e persone vicine ritornano ad usare il nome assegnato alla nascita
cancellando e uccidendo per la seconda volta le persone trans.
* Le persone che fanno lavoro sessuale restano il gruppo più colpito con il 34%
rispetto a chi svolge altre mansioni.
* C’è una tendenza preoccupante in aumento all’assassinio di persone attiviste
e leader del movimento (14% dei casi), il doppio dell’anno precedente.
* Il 90% dei casi presi in considerazione sono femminicidi, l’88% persone trans
razializzate
* Il 24% aveva tra 19–25, 25% 26–30, 26% 31–40, e 5% sotto il 18, un dato che
ci racconta quanto sia ancora breve l’aspettativa di vita nella nostra
comunità.
* IL 68% delle uccisioni sono nell’Abya Yala, quella parte del mondo chiamata
America latina e ai Caraibi con il Brasile per il 18esimo anno il paese più
colpito con il 30% dei casi totali. Ma questo può forse voler dire che in
territori come l’Africa dove nessuna strage e genocidio fa notizia la
situazine non sia grave?
* 25% delle uccisioni sono avvenute in strada e solo il 22% nella casa della
vittima, il che dimostra che, a differenza dei femminicidi di persone non
trans, l’assassinx è nello spazio pubblico e nella maggioranza dei casi non
ha le chiavi di casa
Sono riportati dal TMM solo 5 casi in Europa, nessunx in Italia
Questo è determinato dal fatto che il TMM continua a rifiutare, nonostante i
nostri costanti solleciti, l’inserimanto delle persone suicidate dall’odio
sociale, dagli ostacoli all’autodeterminazione e ai percorsi di affermazione di
genere, o dalle resistenze da parte delle famiglie, giustificando il loro
rifiuto con motivi tecnici e non per posizionamento politico. Le famiglie poi
sono per la maggior parte poco preparate all’accoglienza in un sistema che ci
considera fuori norma e quindi psichiatrizzabili e marginalizzabili, rendendoci
costantemente vulnerabili ed esposte alla violenza e alle aggressioni nello
spazio pubblico e privato. Basti pensare che nel nostro paese NON sono ancora
considerate reato le cosiddette “terapie di riconversione”, in cui si cerca di
convincere una persona a non essere quello che è, e le mutilazioni genitali su
neonati intersex, tendenti a ricollocare in una imposizione di genere quei
genitali che non corrispondono agli standard decisi.
E noi persone trans e non binarie siamo ancora costrette a percorsi di
affermazione di genere psichiatrizzanti che prescindono dall’autodeterminazione
sui nostri corpi riconosciuta invece da molti paesi d’Europa e del mondo
I dati dei suicidi o dei percorsi di vita fermati dal transodio vengono invece
monitorati dall’osservatorio di NUDM dall’inizio del suo prezioso lavoro nel
2020.
La morte per suicidio delle persone trans e non binarie è un omicidio sociale,
di cui tuttə siamo complici e/o spettatorə e per questo ci riguarda, va nominata
e monitorata così come fa l’osservatorio di NUDM. È una sconfitta di tutt e una
vergogna per il sistema che ne è responsabile. E dobbiamo lavorare perchè
percorsi di educazione alla diversità, sportelli, sostegni, consultorie
transfemministe e centri antiviolenza aperti a tutte le soggettività nascano e
prolifichino come funghi in una rete in grado di sostenere chi vive
quotidianamente una violenza cosi profonda e per cancellare alla radice la
“cultura” (e mi fa fatica chiamarla tale) patricapitalista che sostiene questo
sistema ormai marcio fin nelle radici più profonde, riuscendo a sopravvivere
solo con genocidi, violenze e guerre.
E nelle giornate del TDOR non possiamo fermarci alla parola RICORDO e quella R
finale dice RABBIA, RESISTENZA e RIVOLTA.
Non c’è voglia di fare silenzio, ma di fare un gran rumore in questa giornata
perchè non possiamo perdonare e non possiamo dimenticare Giorgio Marziani, 14
anni che il 6 gennaio è stato suicidato a Caserta da transodio, discriminazioni
di genere e bullismo.
Né vogliamo dimenticare Alexandra Garufi, 21 anni, tiktoker che ci ha lasciato
il 19 marzo a Sesto San Giovanni, dopo aver vissuto violenze verbali
continue sul suo profilo social. La Procura di Monza ha aperto un fascicolo di
inchiesta per istigazione al suicidio riguardo alla morte di Alexandra, che
raccontava online con coraggio e determinazione il percorso alla scoperta della
propria identità di genere.
E vogliamo ricordare qui Thiago Elar, tiktoker trans, 27 anni. “Cause naturali”,
secondo la stampa nazionale che continua tra l’altro ad usare il suo dead name.
Nei suoi video, condivideva la propria storia: un racconto fatto di sofferenze,
ma anche di resistenza, battaglie più o meno silenziose e il desiderio di essere
riconosciuto per quello che era. Un desiderio che spesso si è scontrato con un
senso di invisibilità e negazione. Dai suoi racconti social è emerso un rapporto
difficile con la famiglia, la stessa famiglia che pubblica il necrologio con il
suo dead name uccidendo Thiago un’altra volta. “Sto qui da un anno e quattro
mesi. Qui mi stanno accoppando. Io non ce la faccio più…”, aveva confidato in
uno dei suoi ultimi video.
Ma voglio ricordare anche Mirella Souza, 44 anni. Morta a Pisa il 14 agosto
2025 dopo un’iniezione di olio illegale iniettato dai cosiddetti bombaderos. Si
tratta del cosiddetto silicone liquido industriale vietato in Italia dal 1993.
Nel caso si arrivasse a un processo, l’associazione Consultorio Transgenere si
costituirà parte civile perché per una persona trans l’adeguamento del corpo al
genere in cui si identifica è vitale e, non avendo i soldi per farlo, costringe
a scelte con conseguenze anche mortali. L’olio al silicone è purtroppo ancora
molto diffuso in una parte della collettività trans* da parte di soggetti che
vivono in condizioni di povertà, marginalizzazione e stigma sociale di cui le
istituzioni non si fanno assolutamente carico.
Vogliamo l’apertura delle case di accoglienza e delle case rifugio per le
persone trans che stanno vivendo situazioni di violenza. Vogliamo accesso ai
lavori, ai servizi, alla vita. Abbiamo il diritto ad una nuova legge basata su
autodeterminazione e consenso informato perché la 164 è obsoleta, inadeguata e
superata dai fatti. Vogliamo che le nostre elaborazioni siano accolte, assunte e
non strumentalizzate per pulire le coscienze di altri movimenti: le nostre
identità non sono beni di consumo, né tanto meno pubblicità gratuita. E non
basta inserire nei documenti il nostro acronimo, per altro spesso ritagliato a
seconda delle esigenze, per sentirsi alleat3.
Siamo persone trans, non binarie e intersex.
Le nostre bandiere rappresentano le nostre lotte e non sono emblemi per la
propaganda capitalista, egemone e coloniale.
Autodeterminazione e liberazione per i corpi tutti!
Ci vogliamo viv e vogliamo tutto!
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L'articolo TDOR 2025 proviene da Osservatorio nazionale NUDM.