Liberiamo nodi, tessiamo trameIntervento all’Assemblea Nazionale di Non Una di Meno a Genova, 12-13 aprile
2025
Audre Lorde in «Poetry Is Not a Luxury» diceva:
«La poesia non è un lusso. È una necessità, vitale per la nostra esistenza.
Forma la qualità della luce tramite cui esprimiamo le nostre speranze e i nostri
sogni diretti alla sopravvivenza e al cambiamento, che diventano dapprima
linguaggio, poi idee, poi azioni tangibili. I nostri sogni puntano verso la via
della libertà. Le nostre poesie ci hanno dato la forza e il coraggio di vedere,
di sentire, di parlare, di osare. Se ciò che abbiamo bisogno di sognare, lo
consideriamo un lusso allora abbiamo rinunciato al futuro dei nostri mondi»
Nei momenti di confronto sovente discutiamo di cosa generi e di come si generi
la violenza che viviamo e di quali strumenti pensiamo possano essere utili a
contrastarla. Vogliamo portare a questa assemblea alcuni timori e riflessioni,
nell’idea e nella fiducia che sapremo affrontarli.
Come rete abbiamo alle spalle quasi dieci anni di lotta e dobbiamo riconoscerci
l’enorme percorso fatto insieme. Molte cose sono diverse da allora così come lo
siamo noi e la nostra consapevolezza collettiva e personale. Dal Covid in avanti
il quotidiano,già opprimente, è diventato un rutilante susseguirsi di fatti
pericolosi e gravi, di narrazioni manipolate che hanno occupato ogni nostra
energia dandoci, a volte, un enorme senso di impotenza.
Le guerre, il genocidio in Palestina, la crisi climatica e la devastazione
ambientale, l’odio razziale, i CPR, la distruzione della sanità, della scuola,
dello stato sociale, la militarizzazione delle vite e del linguaggio,la
repressione violenta e incondizionata,la morte dell’informazione,
l’impoverimento delle famiglie, gli attacchi sempre più forti alla comunità
trans e non binaria e soprattutto all’infanzia, trans e cis, lo sfruttamento dei
corpi tutti e della terra per estrarne profitti, tutte forme di quella
violenza patriarcale che ha nella politica istituzionale la sua perfetta e
continua espressione.
I femminicidi sono costanti mentre gli omicidi continuano a decrescere, la
violenza domestica è vorticosamente in aumento come lo è la violenza su e fra
persone piccole e molto giovani.
Ma è sempre la narrazione mainstream a decidere quali e quante violenze hanno
diritto di attenzione. Un’attenzione morbosa, rivittimizzante, razzista,
ageista, transodiante, classista e abilista. E no, non sono parole messe in fila
per correttezza politica vuota e borghese. Sono le nostre vite, è il nostro
diritto e desiderio di vederle riconosciute almeno da chi abbiamo vicin3 nella
vita, nella lotta e nella liberazione dalle oppressioni.
Sappiamo bene su chi si riversa prima e di più tutta questa violenza. Lo
sappiamo e non siamo sol3 a vederlo. In questo clima da fine del mondo c’è un
mondo che effettivamente deve finire e lo sa e, per questo, resiste con ogni
mezzo e ferocia: è il mondo della violenza patriarcale e capitalista che
pretende di possedere e usare tutto ciò che esiste ed sterminare tutto ciò che
gli sfugge.
Correndo affannosamente dietro alle impellenze (seppure vere e legittime) di una
agenda di atrocità ed emergenze dettato da altri,rischiamo di non avere il tempo
e il modo di costruire il riconoscimento e l’empatia solidale fra oppress3, la
cura, le strategie, le pratiche quotidiane, la politica, che servono per
costruire e affermare le alternative, per farlo insieme con quell’intelligenza
collettiva che ci sostiene e che è consapevole che il nostro lavoro politico
quotidiano deve muoversi, attraversare e farsi attraversare da tutto quanto è
molto oltre le nostre bolle ma si nutre di un obiettivo comune, la poesia per
tutt3.
Insieme avevamo scritto un piano! Un piano che forse i tanti nodi territoriali
che sono “nati” in periodi recenti non hanno avuto modo di conoscere. Lo avevamo
costruito insieme e quella costruzione era stata la pratica fondante della
visione che ci ha nutrito a lungo, ora forse abbiamo bisogno di riginerarci
verso un nuovo piano e nuove pratiche adatte al tempo che viviamo senza lasciare
indietro nessun3.
Sentiamo il bisogno di parlare insieme di come si faccia resistenza alla
militarizzazione dell’esistenza in maniera transfemminista e non mac(h)ista. Di
come prenderci cura delle oppressioni multiple che viviamo e di come farlo
praticamente, nel medio e lungo termine. Di cosa significhi nelle pratiche (nel
vissuto quotidiano?)costruire una visione che politica transfemminista e
intersezionale che rendano la vita quotidiana più sostenibile per le molte
persone, anche fra noi, per la quale non lo è, in un momento storico nel quale i
fascismi si sono ampiamente affermati dimostrandoci che ciò che non abbiamo
accettato che stesse accadendo, è già accaduto.
Reimparare ad aspettarci, a rispettare tempi e priorità delle persone, delle
assemblee, delle città, della rete, dell’autonomia e delle diversità senza
appiattirle, tentare omogeneizzazioni, marginalizzare, separarsi.
Darci il tempo di accogliere e crescere con chi nella nostra rete arriva o chi
arriverebbe ma non sa correre o non può o non vuole ma anche di chi non riesce
più ad aspettare. Ad usare gli strumenti che abbiamo e portiamo avanti con
impegno e costanza, come l’osservatorio, perchè le persone che si danno il tempo
di analizzare, riflettere, trovare parole, comunicare sono già pratica di
cambiamento. Concediamoci di sbagliare, di cambiare idea, di aspettare e di
discutere ancora, siamo rivoluzionari3! Così da diventare rivoluzione.
Non diventiamo le parole della guerra e della rabbia che ci rovesciano addosso.
Non spostiamo la rabbia nelle nostre relazioni politiche perché frustrat3
dall’impotenza di un esterno che sembra immutabile, resistere a questo vuol dire
già costruire alternative! Inventiamo nuove pratiche ma lasciamo anche spazio a
nuove pratiche di altr3. Sempre Audre Lorde diceva che “non si smantella la casa
del padrone con gli attrezzi del padrone”.
Gli attrezzi del transfemminismo che desideriamo e che possiamo costruire
insieme sono la cura, l’analisi, la rete, l’antiperformativismo come risposta
alla performatività patriarcale, il non giudizio fra oppress3, l’ascolto attivo,
il partire da sé, la e le culture, il riconoscimento di pensieri altri, il
riconoscimento della legittimità del desiderio, del piacere, la poesia,
l’ironia, l’allegria, l’artivismo, le mille pratiche di mutuo aiuto concrete e
legate alle vite e ai territori che viviamo, la rinuncia alle bandiere, alle
parole d’ordine, alla guerra.
Riprendiamo in mano i nostri strumenti, inventiamone altri mille. Cospiriamo.
Facciamo un nuovo piano.
Non abbiamo nessuna intenzione di lasciarci sopraffare dalla volontà di
appropriazione di tutto e tutt3 dell’estrema destra che sfrutta e alimenta il
dilagante qualunquismo. Il loro attacco all’esistenza non sarà mai abbastanza
feroce da fermare la marea che nasce dalla consapevolezza e dalla pratica.
Ricordate? Se cado io ci sei tu, se cadi tu ci saranno altr3 ci dicevamo,
con tutta la nostra rabbia, la nostra gioia, la nostra poesia,
non per noi sol3, non solo per noi. Per tutt3, tutto.
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L'articolo Liberiamo nodi, tessiamo trame proviene da Osservatorio nazionale
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