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Contro la violenza dell’infrastruttura coloniale
Per accompagnare l’uscita di "Anime in pena" pubblichiamo un contributo di I.B. che analizza l’intreccio tra carceralità, ingegneria degli spazi, operazioni infrastrutturali e colonialità nell’oppressione del popolo palestinese . Questa è la terza (e ultima) parte. Buona lettura! L'articolo Contro la violenza dell’infrastruttura coloniale sembra essere il primo su StorieInMovimento.org.
Spazio, potere e controllo
Per accompagnare l’uscita di "Anime in pena" pubblichiamo un contributo di I.B. che analizza l’intreccio tra carceralità, ingegneria degli spazi, operazioni infrastrutturali e colonialità nell’oppressione del popolo palestinese . Questa è la seconda parte. Buona lettura! L'articolo Spazio, potere e controllo sembra essere il primo su StorieInMovimento.org.
L’infrastruttura coloniale
Per accompagnare l’uscita di "Anime in pena" pubblichiamo un contributo di I.B. che analizza l’intreccio tra carceralità, ingegneria degli spazi, operazioni infrastrutturali e colonialità nell’oppressione del popolo palestinese . Questa è la prima parte. Buona lettura! L'articolo L’infrastruttura coloniale sembra essere il primo su StorieInMovimento.org.
FEMMINICIDI E ABILISMO
L’Osservatorio Femminicidi Lesbicidi Transcidi (FLT) in Italia di Non Una Di Meno monitora gli eventi, riportati dai media, che possono essere qualificati come femminicidi, lesbicidi e trans*cidi. Eventi in cui l’uccisione di una persona avviene per motivi riconducibili a relazioni di potere e alla violenza eterocispatriarcale e di genere. Nel 2023 l’Osservatorio ha registrato 120 tra femminicidi, lesbicidi, transcidi, puttanocidi e suicidi di stato. Di questi, 16 casi riguardavano donne con disabilità di età compresa tra i 67 e i 90 anni. Sono 170 gli articoli usciti sui 16 casi di femminicidio di donne con disabilità, da questi risulta difficile estrapolare informazioni sulle vittime. Spesso restituiscono una narrazione sconfortante in cui le indagini si focalizzano nella ricerca di malattie e problemi economici ignorando le violenze fisiche o psicologiche subite. Non viene fatta alcuna analisi del rapporto tra la vittima e l’assassino, anzi, la narrazione proposta è volta a salvare e ricomporre l’immaginario della famiglia spezzata, ricalcando il “gesto altruistico” agito fino a quel momento dall’assassino nel suo presunto lavoro di cura, finendo per, di fatto, deresponsabilizzarlo.  I femminicidi delle donne disabili e disabilizzate, soprattutto in età avanzata e uccise da familiari, partner o figli, vengono spesso non considerati tali o comunque invisibilizzati. Nella maggior parte dei casi avvengono in contesti familiari dove la cura verso la donna viene vissuta come un peso.  Questi femminicidi, considerati di serie b, restano dunque nell’ombra. La parola femminicidio infatti non appare nelle sentenze giudiziarie e neanche nella stampa, che si ostina a raccontarli come tragedie familiari. Molti di questi casi che vedono coinvolte donne anziane e disabili, vengono chiusi come omicidi – suicidi. Non si approfondiscono le ragioni per cui le donne vengono uccise, a favore di una narrazione che parla di un gesto disperato ed eroico che mimetizza il crimine. Non a caso, spesso, l’uomo viene definito un buon marito o un buon figlio. L’infantilizzazione e la patologizzazione nei femminicidi di donne disabili avviene adottando il  punto di vista del femminicida.  Oltre al fattore abilista, vi è anche l’aspetto ageista nei casi di donne anziane: infatti i femminicidi di donne anziane spariscono rapidamente dalla cronaca, paragonato a quanto succede per i femminicidi  di donne giovani (in ogni caso anch’essi raccontati in modo estremamente problematico e strumentalizzato). Nel 2024 sono finora 2 i femminicidi di donne con disabilità: Teresa Sartori, 81 anni, uccisa dal figlio l’8 gennaio e Alessandra Mazza, 35 anni, uccisa dal padre il 14 febbraio. Il femminicidio di Teresa e quello di Alessandra sono stati raccontati con due pesi e due misure: nel primo, gli articoli dedicati sono stati 7, tutti scarni, dai quali emerge una narrazione ageista e un evidente focus sulla fatica e lo stress provati dal figlio di Teresa nell’accudirla. Teresa è stata uccisa a coltellate. Il secondo caso di Alessandra Mazza, ottiene invece una certa copertura mediatica. In questo caso, la narrazione patriarcale e abilista falsa il caso di femminicidio assolvendo il padre. Le informazioni vengono manipolate, soprattutto nei programmi televisivi che montano servizi ad hoc in cui la vittima viene infantilizzata e la sua disabilità psichica viene patologizzata: il suo corpo viene problematizzato per il solo fatto di non essere considerato adatto alla produzione e riproduzione sociale in un’ottica patriarcale. Il sottotesto che in entrambi i femminicidi passa è l’altruismo del femminicida nel farsi carico della vittima. Per l’ennesima volta le donne con disabilità vengono ritenute un peso per una società patriarcale che capitalizza su corpi abili. In una prospettiva patriarcale, l’esistenza delle donne è valida solo finché risulta funzionale ai processi di produzione e/o riproduzione. Nel momento in cui questo viene  meno, nel momento in cui le donne si sottraggono al ruolo patriarcale imposto, diventano un peso considerato inutile, la loro vita perde così tanto valore che può essere interrotta da chiunque, senza subirne particolari conseguenze. Se questo atroce meccanismo è vero per tutte le persone socializzate donne, lo è per forza di cose ancora di più nel caso di donne disabilizzate e disabili. Share Post Share L'articolo FEMMINICIDI E ABILISMO proviene da Osservatorio nazionale NUDM.
Una Resistenza non banale per decine di migliaia di giovani
In occasione dell’ottantesimo anniversario della Liberazione e per cominciare ad affrontare i temi del dialogo dal titolo "Ottant’anni dopo", che si terrà venerdì 25 luglio al SIMposio (programma e iscrizioni qui), abbiamo chiesto ad Andrea Tappi - uno dei dialoganti insieme a Luca Baldissara, Mirco Carrattieri, Chiara Colombini e  Santo Peli - cosa pensa in particolare della trattazione della Resistenza a scuola oggi. L'articolo Una Resistenza non banale per decine di migliaia di giovani sembra essere il primo su StorieInMovimento.org.
Purtroppo ancora presenti…
Come ogni anno anche questo 29 aprile neofascisti di Milano e del resto d'Italia si ritroveranno per commemorare Sergio Ramelli. Un appuntamento particolarmente significativo della politica della memoria della destra nostalgica italiana di cui aveva già scritto per noi Elia Rosati, su Zap 42 L'articolo Purtroppo ancora presenti… sembra essere il primo su StorieInMovimento.org.
“Ecco, questa è una cosa con cui non sono placato”
Torniamo ad occuparci delle nuove indicazioni ministeriali per l’insegnamento della storia a scuola con una intervista ad Andrea Tappi, co-autore - insieme a Javier Tébar Hurtado - de "La Resistenza e la Transizione spagnola a scuola" (Carocci, 2025) L'articolo “Ecco, questa è una cosa con cui non sono placato” sembra essere il primo su StorieInMovimento.org.
Liberiamo nodi, tessiamo trame
Intervento all’Assemblea Nazionale di Non Una di Meno a Genova, 12-13 aprile 2025 Audre Lorde in «Poetry Is Not a Luxury» diceva: «La poesia non è un lusso. È una necessità, vitale per la nostra esistenza. Forma la qualità della luce tramite cui esprimiamo le nostre speranze e i nostri sogni diretti alla sopravvivenza e al cambiamento, che diventano dapprima linguaggio, poi idee, poi azioni tangibili. I nostri sogni puntano verso la via della libertà. Le nostre poesie ci hanno dato la forza e il coraggio di vedere, di sentire, di parlare, di osare. Se ciò che abbiamo bisogno di sognare, lo consideriamo un lusso allora abbiamo rinunciato al futuro dei nostri mondi» Nei momenti di confronto sovente discutiamo di cosa generi e di come si generi la violenza che viviamo e di quali strumenti pensiamo possano essere utili a contrastarla. Vogliamo portare a questa assemblea alcuni timori e riflessioni, nell’idea e nella fiducia che sapremo affrontarli.  Come rete abbiamo alle spalle quasi dieci anni di lotta e dobbiamo riconoscerci l’enorme percorso fatto insieme. Molte cose sono diverse da allora così come lo siamo noi e la nostra consapevolezza collettiva e personale. Dal Covid in avanti il quotidiano,già opprimente, è diventato un rutilante susseguirsi di fatti pericolosi e gravi, di narrazioni manipolate che hanno occupato ogni nostra energia dandoci, a volte, un enorme senso di impotenza. Le guerre, il genocidio in Palestina, la crisi climatica e la devastazione ambientale, l’odio razziale, i CPR, la distruzione della sanità, della scuola, dello stato sociale, la militarizzazione delle vite e del linguaggio,la repressione violenta e incondizionata,la morte dell’informazione, l’impoverimento delle famiglie, gli attacchi sempre più forti alla comunità trans e non binaria e soprattutto all’infanzia, trans e cis, lo sfruttamento dei corpi tutti  e della terra per estrarne  profitti, tutte forme di quella violenza patriarcale che ha nella politica istituzionale la sua perfetta e continua espressione. I femminicidi sono costanti mentre gli omicidi continuano a decrescere, la violenza domestica è vorticosamente in aumento come lo è la violenza su e fra persone piccole e molto giovani. Ma è sempre la narrazione mainstream a decidere quali e quante violenze hanno diritto di attenzione. Un’attenzione morbosa, rivittimizzante, razzista, ageista, transodiante, classista e abilista. E no, non sono parole messe in fila per correttezza politica vuota e borghese. Sono le nostre vite, è il nostro diritto e desiderio di vederle riconosciute almeno da chi abbiamo vicin3 nella vita, nella lotta e nella liberazione dalle oppressioni. Sappiamo bene su chi si riversa prima e di più tutta questa violenza. Lo sappiamo e non siamo sol3 a vederlo. In questo clima da fine del mondo c’è un mondo che effettivamente deve finire e lo sa e, per questo, resiste con ogni mezzo e ferocia: è il mondo della violenza patriarcale e capitalista che pretende di possedere e usare tutto ciò che esiste ed sterminare tutto ciò che gli sfugge. Correndo affannosamente dietro alle impellenze (seppure vere e legittime) di una agenda di atrocità ed emergenze dettato da altri,rischiamo di non avere il tempo e il modo di costruire  il riconoscimento e l’empatia  solidale fra oppress3, la cura, le strategie, le pratiche quotidiane, la politica, che servono per costruire e affermare le alternative, per farlo insieme con quell’intelligenza collettiva che ci sostiene e che è consapevole che il nostro lavoro politico quotidiano deve muoversi, attraversare e farsi attraversare  da tutto quanto è molto oltre le nostre bolle ma si nutre di un obiettivo comune, la poesia per tutt3. Insieme avevamo scritto un piano! Un piano che forse i tanti nodi territoriali che sono “nati” in periodi recenti non hanno avuto modo di conoscere. Lo avevamo costruito insieme e quella costruzione era stata la pratica fondante della visione che ci ha nutrito a lungo, ora forse abbiamo bisogno di riginerarci verso un nuovo piano e nuove pratiche adatte al tempo che viviamo senza lasciare indietro nessun3.   Sentiamo il bisogno di parlare insieme di come si faccia resistenza alla militarizzazione dell’esistenza in maniera transfemminista e non mac(h)ista. Di come prenderci cura delle oppressioni multiple che viviamo e di come farlo praticamente, nel medio e lungo termine. Di cosa significhi nelle pratiche (nel vissuto quotidiano?)costruire una visione che politica transfemminista e intersezionale che rendano la vita quotidiana più sostenibile per le molte persone, anche fra noi, per la quale non lo è, in un momento storico nel quale i fascismi si sono ampiamente affermati dimostrandoci che ciò che non abbiamo accettato che stesse accadendo, è già accaduto.  Reimparare ad aspettarci, a rispettare tempi e priorità delle persone, delle assemblee, delle città, della rete, dell’autonomia e delle diversità senza appiattirle, tentare omogeneizzazioni, marginalizzare, separarsi.  Darci il tempo di accogliere e crescere con chi nella nostra rete arriva o chi arriverebbe ma non sa correre o non può o non vuole ma anche di chi non riesce più ad aspettare. Ad usare gli strumenti che abbiamo e portiamo avanti con impegno e costanza, come l’osservatorio, perchè le persone che si danno il tempo di analizzare, riflettere, trovare parole, comunicare sono già pratica di cambiamento. Concediamoci di sbagliare, di cambiare idea, di aspettare e di discutere ancora, siamo rivoluzionari3! Così da diventare rivoluzione. Non diventiamo le parole della guerra e della rabbia che ci rovesciano addosso. Non spostiamo la rabbia nelle nostre relazioni politiche perché frustrat3 dall’impotenza di un esterno che sembra immutabile, resistere a questo vuol dire già costruire alternative! Inventiamo nuove pratiche ma lasciamo anche spazio a nuove pratiche di altr3. Sempre Audre Lorde diceva che “non si smantella la casa del padrone con gli attrezzi del padrone”.  Gli attrezzi del transfemminismo che desideriamo e che possiamo costruire  insieme sono la cura, l’analisi, la rete, l’antiperformativismo come risposta alla performatività patriarcale, il non giudizio fra oppress3, l’ascolto attivo, il partire da sé, la e le culture, il riconoscimento di pensieri altri, il riconoscimento della legittimità del desiderio, del piacere, la poesia, l’ironia, l’allegria, l’artivismo, le mille pratiche di mutuo aiuto concrete e legate alle vite e ai territori che viviamo, la rinuncia alle bandiere, alle parole d’ordine, alla guerra.  Riprendiamo in mano i nostri strumenti, inventiamone altri mille. Cospiriamo. Facciamo un nuovo piano. Non abbiamo nessuna intenzione di lasciarci  sopraffare dalla volontà di appropriazione di tutto e tutt3  dell’estrema destra che sfrutta e alimenta il dilagante qualunquismo. Il loro attacco all’esistenza non sarà mai abbastanza feroce da fermare la marea che nasce dalla consapevolezza e dalla pratica. Ricordate? Se cado io ci sei tu, se cadi tu ci saranno altr3 ci dicevamo, con tutta la nostra rabbia, la nostra gioia, la nostra poesia,  non per noi sol3, non solo per noi. Per tutt3, tutto. Share Post Share L'articolo Liberiamo nodi, tessiamo trame proviene da Osservatorio nazionale NUDM.
Lotto, Boicotto, Sciopero – Osservatorio nelle piazze dell’8 marzo 2025
Le parole e i dati che andiamo a riportare qui di seguito sono riprese testualmente dalle relazioni del Ministero degli interni e dal Ministero della Sanità e relative relazioni dell’Istat. Nel mondo nel 2023 ogni dieci minuti, un partner o un familiare ha ucciso una donna intenzionalmente. In Italia il 31,5% delle donne ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di queste violenze sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. Il 94,3% delle donne italiane è vittima di italiani, 56,2% delle donne straniere è vittima di italiani. Nel 2023 ci sono stati 16.947 accessi delle donne in Pronto Soccorso (PS) con indicazione di violenza, il 17,3% in più rispetto al 2022. Le persone piccole (che nel linguaggio istituzionale continuano ad essere chiamate minorenni n.d.r.) fanno registrare il tasso più elevato. Le chiamate al 1522, il numero nazionale di emergenza Antiviolenza e Antistalking nei primi due trimestri 2024 evidenziano che il numero delle chiamate è aumentato dell’83,5%. Le minacce, gli atti persecutori, lo stalking costituiscono le forme di violenza maggiormente diffuse. Di rilievo anche le chiamate per violenza economica. Il 23 dicembre 2024 è stato emanato il decreto che rende disponibili le risorse finanziarie (pari a 30 milioni di euro) per il reddito di libertà a favore delle donne vittime di violenza, può essere erogato per un massimo di dodici mesi consecutivi, per una sola volta, senza possibilità di rinnovo. 500 euro al mese, per massimo un anno, solo per donne, solo per 5000 donne in tutta Italia. Ecco il “reddito di libertà”. Le parole usate nelle relazioni ministeriali evidenziano in modo palese quanto come Osservatorio contro femminicidi, transcidi, lesbicidi, puttanocidi, suicidi indotti asseriamo da anni, ovvero che l’assassino, il violento ha le chiavi di casa, che è bianco, italiano, di qualsiasi età e ceto sociale e confermano con altrettanta chiarezza che chi ha responsabilità politica sa perfettamente che la violenza di genere si potrebbe limitare e scalfire fino a sconfiggerla. Ci dicono anche che non vengono considerati morti per violenza patriarcale sistemica i transcidi, soprattutto di persone che lavorano nel mercato sessuale, i suicidi indotti dalla violenza sociale e istituzionale così come i suicidi di donne schiacciate dalla violenza. Non ci sono dati per le persone trans, non binarie e intersex perché si continua da una parte a non monitorare e dall’altra ad avere remore rispetto alla denuncia dovute allo stigma e all’odio sociale e istituzionale esistente. Non sono considerati femminicidi quelli delle donne uccise da parenti psichiatrici, non volendo riconoscere quanto spesso le vittime abbiano ripetutamente chiesto aiuto nel gestire la relazione con persone che necessitano sostegno da chi ha competenze professionali specifiche, e sono invece abbandonate dallo stato “alle cure materne”. Madri alle quali viene delegato un compito inaffrontabile. La violenza patriarcale, così come le altre oppressioni, non è immutabile. Si può eroderla sostenendo la Sanità pubblica, finanziando percorsi nelle scuole, sostenendo le persone che lo necessitano nel diritto alla casa, del reddito e dell’inserimento lavorativo, accogliendo le moltissime persone che necessitano di asilo, smettendo di perseguitare, rinchiudere e torturare chi migra, richiedendo narrazioni corrette rispetto alla violenza, immaginando percorsi di educazione affettiva e sessuale, garantendo percorsi di affermazione di genere fondati sul consenso informato fuori dalla psichiatrizzazione, dalla patologizzazione e dalle decisioni dei tribunali, riconoscendo e accogliendo le rivendicazioni delle persone trans piccole, delle persone non binarie e mettendo fine agli interventi alla nascita sui corpi di persone intersex. Ci è chiaro inoltre che i cosiddetti “femminismi” escludenti e trans-odianti sono di fatto al servizio del pensiero delle destre globali così come lo sono i femminismi che non prendono coscienza di quanto il capitalismo uccida, riduca in schiavitù milioni di persone, distrugga i territori ed ogni forma di vita che li abita. La violenza patriarcale si può sconfiggere smettendo di discriminare le persone per genere, orientamento, provenienza, colore, classe sociale, abilità. Si potrebbe eliminare se si riflettesse su cosa significa immaginare un futuro e cosa significa un futuro collettivo. Ma sappiamo che non succederà se non lo facciamo succedere, non con questa ferocia machista estrattiva travestita da fascismo da impero. Audre Lorde diceva che “Lo strumento del padrone non smantellerà mai la casa del padrone. Potrebbe permetterci temporaneamente di batterlo al suo stesso gioco, ma non ci permetterà mai di realizzare un cambiamento genuino.” Quindi starà a ognun di noi, singolarmente e collettivamente, continuare a costruire strumenti alternativi per immaginare e avere una vita dignitosa e libera per tuttə, starà a ognun di noi, singolarmente e collettivamente, pretendere ciò di cui necessitiamo come società e persone. Starà ad ognun di noi scegliere da che parte stare. Intanto noi , come Osservatorio, continueremo a cercare ogni storia, ricordare ogni nome, ogni viso di ogni persona uccisa o morta per violenza patriarcale perché la rivoluzione transfemminista alla fine è non prevaricare, non usurpare, non lasciare nessun da sol, è smettere di essere sol. Buon 8 marzo a tutt Share Post Share L'articolo Lotto, Boicotto, Sciopero – Osservatorio nelle piazze dell’8 marzo 2025 proviene da Osservatorio nazionale NUDM.