TDOR 2025

Osservatorio nazionale NUDM - Thursday, November 20, 2025

Allerta (TW): il linguaggio usato e le notizie riportate in questo articolo/intervento rimandano a situazioni di estrema violenza 

di Mari Casalucci

Vaffanculo America!
Non voglio il tuo odio.
Non voglio le decorazioni militari e le medaglie che mi hai conferito.Non voglio la pensione per il mio servizio militare e le invalidità connesse al servizio. Non voglio la tua assistenza sanitaria per curare le malattie mentali che mi hai causato. Non voglio altri ricoveri in reparti psichiatrici per tenermi in vita in una nazione che disprezzo.
Non voglio essere sepolt in nessuno dei tuoi cimiteri militari e veterani. Non voglio essere sepolt in nessun luogo sul suolo americano. Non voglio onori militari. Non voglio che le mie ceneri siano conservate sul suolo americano. Voglio che le mie ceneri siano disperse in acque internazionali e voglio che a disperderle sia solo mia moglie. Non voglio la vostra bandiera.

La mia morte non è una resa. La mia morte come parte della popolazione transgender non significa che avete vinto. Segna solo la fine della nostra relazione.

Questa non è la terra della libertà. L’odio dimostrato fin troppo spesso cancella ogni pretesa di grandezza passata.

Siete un pozzo nero di fanatici che adorano un dio che non esiste e non è mai esistito.

Godetevi la vostra nuova famiglia reale e il vostro dittatore. Mi rifiuto di partecipare ulteriormente.

L’uomo bianco ha decimato e massacrato le popolazioni indigene sulle terre che ora chiamate America. Non potete cancellare le persone non binarie e transgender perché ogni giorno ne fate nascere altre.

Questa la lettera di addio di Elisa Rae Shupe, prima soggettività non-binary ad ottenere sul proprio passaporto statunitense la “X” sul marcatore di genere, trovata avvolta nella bandiera trans nel parcheggio di un ospedale per veteran3 a Syracuse, nello Stato di New York il  27 gennaio 2025. I media mainstream hanno cercato inutilmente di ignorarla silenziando questo messaggio che aveva lasciato. 

Shupe nasce nel 1963, vive violenze a scuola e in famiglia, nell’82 entra nell’esercito fino al suo ritiro nel 2000. Diventa attivista per i diritti delle persone trans. La sua storia viene strumentalizzata dai gruppi conservatori anti-trans che sfruttano la fragilità di un periodo della sua vita per tuonare teorie pseudoscientifiche sulla “detransizione di genere”. Shupe si ribella e cambia nuovamente il suo nome e i pronomi di riferimento, scrive un libro e prova ad andare avanti con la sua vita. La vittoria di Trump però, e la sua firma sull’ordine esecutivo che mira a cancellare le identità trans e non-binarie dalla carta dei diritti negli Stati Uniti, hanno rappresentato l’ultimo colpo per il suo equilibrio spingendolx a salire all’ultimo piano di quel parcheggio. Nella sua lettera emerge una lucida consapevolezza e una rabbia contagiosa. Il suo è un urlo di rivolta contro un sistema marcio e ipocrita, un rifiuto a starci, a finanziarlo, a restare in silenzio come lo era stato quello di Cloe Bianco. 

Come non ricordare Sam Nordquist, un ragazzo di 24 anni molto attivo nell’assistenza alle persone disabilizzate nello Stato di New York, lo stesso dove Shupe aveva deciso di farla finita il 27 gennaio. Era trans,razializzatx e aveva un corpo grasso. Era scomparso a Capodanno scorso. Il giorno di San Valentino viene ritrovato morto. Era stato rapito e torturato brutalmente tanto che la madre riconosce i tatuaggi. 

Perchè richiamo questi due casi degli Stati Uniti. Perchè le vite delle persone trans, intersex, non binarie sono costantemente attaccate dai regimi e dalle dittature di destra che si sono affermate nel mondo, perchè la paura per i disastri dell’oggi e del domani tutti figli del sistema capitalista, estrattivista e coloniale deve individuare delle cause che portino lontano dai veri responsabili. E cosa c’è di più pauroso, di più pericoloso dello strano, del queer, del mostro, della diversità non conosciuta, dell’animale che si libera, delle persone che decidono di vivere in un bosco, di chi vive in una favelas ai margini di una grande cittá, di chi resiste e difende la terra dove vive, di chi resiste cioè a un sistema che vuole tuttx ben allineat all’interno di ruoli e destini imposti? 

L’organizzazione sociale è una potente macchina globale, che manipola, impone, reprime e arriva ad uccidere con i suoi eserciti, le polizie ma anche persone individuali o gruppi collettivi che si fanno strumento violento della riproduzione del sistema. Gli assassinii di genere (femminicidi, transcidi, puttanocidi, istigazioni al suicidio) non sono altro che azioni del braccio armato extragiudiziale e non irregimentato istituzionalmente dell’eterocispatriarcato. Per imporre capitalismo e colonialismo si sono usati roghi, false denunce, lapidazioni di piazza, tutte per sconfiggere il “male”, il demonio rappresentabile in qualsiasi forma di diversità che si sottrasesse nello spazio pubblico o privato alle norme del potere.

La repressione anche oggi è fortissima e, con lentezza spietata, ha cambiato il valore di parole come rivoluzione e resistenza, la legittimità cioè di costruire alternative a questo sistema. La violenza viene agita attraverso la psichiatrizzazione, la discriminazione, la marginalizzazionee e l’odio sociale alimentato da quei politici al governo che arrivano a chiamarci “schifezze” e che usano e strumentalizzano i corpi trans per imporre le loro politiche. 

I dati del TMM (trans murder monitoring 2025) che si riferiscono all’ultimo anno (1 ottobre 24- 30 settembre 25) ci danno il quadro della fase che stiamo atraversando. 

  • 281 persone trans e non binarie uccise, una dimunuzione rispetto all’anno precedente in cui il monitoraggio aveva elencato 350 casi. Ma, ci allerta lo stesso TMM questo non corrisponde necessariamente a maggiore sicurezza ma piuttosto all’invisibilità crescente degli assassinnii se si vanno ad analizzare nei motori di ricerca gli algoritmi che mostrano invece un crescente disiteresse verso queste morti sempre più difficili da identificare e verificare. Ne sono testimonianza l’uso del nome/genere imposto alla nascita nelle notizie relegate alla cronaca nera. Perchè anche questo succede, la cancellazione oltre la morte. Molte persone tra giornalisti, famiglie e persone vicine ritornano ad usare il nome assegnato alla nascita cancellando e uccidendo per la seconda volta le persone trans. 
  • Le persone che fanno lavoro sessuale restano il gruppo più colpito con il 34% rispetto a chi svolge altre mansioni. 
  • C’è una tendenza preoccupante in aumento all’assassinio di persone attiviste e leader del movimento (14% dei casi), il doppio dell’anno precedente. 
  • Il 90% dei casi presi in considerazione sono femminicidi, l’88% persone trans razializzate
  • Il 24% aveva tra 19–25, 25% 26–30, 26% 31–40, e 5% sotto il 18, un dato che ci racconta quanto sia ancora breve l’aspettativa di vita nella nostra comunità. 
  • IL 68% delle uccisioni sono nell’Abya Yala, quella parte del mondo chiamata America latina e ai Caraibi con il Brasile per il 18esimo anno il paese più colpito con il 30% dei casi totali. Ma questo può forse voler dire che in territori come l’Africa dove nessuna strage e genocidio fa notizia la situazine non sia grave?
  • 25% delle uccisioni sono avvenute in strada e solo il 22% nella casa della vittima, il che dimostra che, a differenza dei femminicidi di persone non trans, l’assassinx è nello spazio pubblico e nella maggioranza dei casi non ha le chiavi di casa 

Sono riportati dal TMM solo 5 casi in Europa, nessunx in Italia 

Questo è determinato dal fatto che il TMM continua a rifiutare, nonostante i nostri costanti solleciti, l’inserimanto delle persone suicidate dall’odio sociale, dagli ostacoli all’autodeterminazione e ai percorsi di affermazione di genere, o dalle  resistenze da parte delle famiglie, giustificando il loro rifiuto con motivi tecnici e non per posizionamento politico. Le famiglie poi sono per la maggior parte poco preparate all’accoglienza in un sistema che ci considera fuori norma e quindi psichiatrizzabili e marginalizzabili, rendendoci costantemente vulnerabili ed esposte alla violenza e alle aggressioni nello spazio pubblico e privato. Basti pensare che nel nostro paese NON sono ancora considerate reato le cosiddette “terapie di riconversione”, in cui si cerca di convincere una persona a non essere quello che è, e le mutilazioni genitali su neonati intersex, tendenti a ricollocare in una imposizione di genere quei genitali che non corrispondono agli standard decisi. 

E noi persone trans e non binarie siamo ancora costrette a percorsi di affermazione di genere psichiatrizzanti che prescindono dall’autodeterminazione sui nostri corpi riconosciuta invece da molti paesi d’Europa e del mondo 

I dati dei suicidi o dei percorsi di vita fermati dal transodio vengono invece monitorati dall’osservatorio di NUDM dall’inizio del suo prezioso lavoro nel 2020. 

La morte per suicidio delle persone trans e non binarie è un omicidio sociale, di cui tuttə siamo complici e/o spettatorə e per questo ci riguarda, va nominata e monitorata così come fa l’osservatorio di NUDM. È una sconfitta di tutt e una vergogna per il sistema che ne è responsabile. E dobbiamo lavorare perchè percorsi di educazione alla diversità, sportelli, sostegni, consultorie transfemministe e centri antiviolenza aperti a tutte le soggettività nascano e prolifichino come funghi in una rete in grado di sostenere chi vive quotidianamente una violenza cosi profonda e per cancellare alla radice la “cultura” (e mi fa fatica chiamarla tale) patricapitalista che sostiene questo sistema ormai marcio fin nelle radici più profonde, riuscendo a sopravvivere solo con genocidi, violenze e guerre. 

E nelle giornate del TDOR non possiamo fermarci alla parola RICORDO e quella R finale dice RABBIA, RESISTENZA e RIVOLTA. 

Non c’è voglia di fare silenzio, ma di fare un gran rumore in questa giornata perchè non possiamo perdonare e non possiamo dimenticare Giorgio Marziani, 14 anni che il 6 gennaio è stato suicidato a Caserta da transodio, discriminazioni di genere e bullismo.

Né vogliamo dimenticare Alexandra Garufi, 21 anni, tiktoker che ci ha lasciato il 19 marzo a Sesto San Giovanni, dopo aver vissuto violenze verbali continue sul suo profilo social. La Procura di Monza ha aperto un fascicolo di inchiesta per istigazione al suicidio riguardo alla morte di Alexandra, che raccontava online con coraggio e determinazione il percorso alla scoperta della propria identità di genere

E vogliamo ricordare qui Thiago Elar, tiktoker trans, 27 anni. “Cause naturali”, secondo la stampa nazionale che continua tra l’altro ad usare il suo dead name. Nei suoi video, condivideva la propria storia: un racconto fatto di sofferenze, ma anche di resistenza, battaglie più o meno silenziose e il desiderio di essere riconosciuto per quello che era. Un desiderio che spesso si è scontrato con un senso di invisibilità e negazione. Dai suoi racconti social è emerso un rapporto difficile con la famiglia, la stessa famiglia che pubblica il necrologio con il suo dead name uccidendo Thiago un’altra volta. “Sto qui da un anno e quattro mesi. Qui mi stanno accoppando. Io non ce la faccio più…”, aveva confidato in uno dei suoi ultimi video.

Ma voglio ricordare anche Mirella Souza, 44 anni. Morta a Pisa il 14 agosto 2025 dopo un’iniezione di olio illegale iniettato dai cosiddetti bombaderos. Si tratta del cosiddetto silicone liquido industriale vietato in Italia dal 1993. Nel caso si arrivasse a un processo, l’associazione Consultorio Transgenere si costituirà parte civile perché per una persona trans l’adeguamento del corpo al genere in cui si identifica è vitale e, non avendo i soldi per farlo, costringe a scelte con conseguenze anche mortali. L’olio al silicone è purtroppo ancora molto diffuso in una parte della collettività trans* da parte di soggetti che vivono in condizioni di povertà, marginalizzazione e stigma sociale di cui le istituzioni non si fanno assolutamente carico.

Vogliamo l’apertura delle case di accoglienza e delle case rifugio per le persone trans che stanno vivendo situazioni di violenza. Vogliamo accesso ai lavori, ai servizi, alla vita. Abbiamo il diritto ad una nuova legge basata su autodeterminazione e consenso informato perché la 164 è obsoleta, inadeguata e superata dai fatti. Vogliamo che le nostre elaborazioni siano accolte, assunte e non strumentalizzate per pulire le coscienze di altri movimenti: le nostre identità non sono beni di consumo, né tanto meno pubblicità gratuita. E non basta inserire nei documenti il nostro acronimo, per altro spesso ritagliato a seconda delle esigenze, per sentirsi alleat3. 

Siamo persone trans, non binarie e intersex. 

Le nostre bandiere rappresentano le nostre lotte e non sono emblemi per la propaganda capitalista, egemone e coloniale. 

Autodeterminazione e liberazione per i corpi tutti!

Ci vogliamo viv e vogliamo tutto! 

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