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Staffetta per Gaza: musica e poesia contro il genocidio
Staffetta per Gaza è un’iniziativa libera e spontanea di tre amiche e amici: Massimiliano Carrino, cantautore, Rita Rashid poetessa italo palestinese, e Lucia Santangelo attivista sociale. L’antefatto è stata una performance di letture musicate delle poesie di poeti palestinesi raccolte nel libro Il loro grido è la nostra voce a cura di Antonio Bocchinfuso, Mario Soldaini, Leonardo Tosti, e pubblicato qualche mese fa per Emergency (Fazi Editore, 2025). Nel leggere il libro abbiamo pensato che fosse giusto dare voce a queste persone, alcune delle quali non ci sono più. La serata “Poesie e Musiche per Gaza“, lo scorso 21 giugno a Torino, ha riunito 13 voci per le poesie e 20 musicisti, raccogliendo più di 2.000 euro per materiale sanitario e cibo, ma soprattutto ha dimostrato qualcosa di importante: la voglia delle persone di esserci, di partecipare, di costruire insieme momenti di memoria, resistenza e solidarietà. In quell’occasione abbiamo riscontrato una risposta straordinaria da parte di tutte le persone che sono state coinvolte, per questo motivo abbiamo deciso di non fermarci. Abbiamo aperto una nuova raccolta fondi per Emergency e creato un sito web con una homepage in cui spieghiamo le motivazioni della nostra iniziativa, una pagina con gli eventi che è il cuore di staffettapergaza.it e una pagina con il QR code e il link diretto per le donazioni. Quello che chiediamo a tutte e tutti gli artisti di ogni forma d’arte e a tutte e tutti coloro che organizzano eventi è di contattarci, possono trovare il nostro indirizzo mail sul sito web oppure possono contattarci sui social, per essere inseriti all’interno del calendario della staffetta. Qualunque iniziativa è benvenuta: concerti, spettacoli di teatro, spettacoli per bambine e bambini, reading di poesie, spettacoli circensi, qualunque iniziativa artistico culturale che si voglia proporre, perché riteniamo che si debba parlare di Gaza nella quotidianità, perché ciò che sta accadendo a Gaza è il nostro quotidiano e noi vogliamo essere i testimoni della liberazione di Gaza al più presto. Di Domenico Grassi PRESENTAZIONE DEL PROGETTO Da parte nostra forniamo a tutte e tutti coloro che entrano in calendario un documento con il QR code per le donazioni e uno con le motivazioni della nostra iniziativa, che saranno probabilmente simili a quelle che muovono le persone a partecipare.  In cambio chiediamo di parlare di ciò che sta accadendo a Gaza in questo momento, di promuovere la raccolta fondi a favore di Emergency, e di destinare esse stesse ed essi stessi, per quanto possono, parte dei proventi o parte del cachet. Staffetta per Gaza nasce da un’esperienza condivisa: una serata di letture collettive di poesie palestinesi, organizzata per non restare in silenzio di fronte al genocidio in atto e dar voce a chi viene annientato nella sua umanità e fisicamente. Da lì è nato il desiderio di continuare. Vogliamo che questa risposta dal basso per Gaza non si fermi! > Staffetta per Gaza è un percorso collettivo che prova a mettere al centro la > cultura come strumento di lotta, di solidarietà concreta e di presa di > posizione. Perché stare dalla parte della Palestina oggi non è un atto neutro, > ma una scelta politica necessaria. È dire chiaramente che non accettiamo la > complicità dell’Occidente nel genocidio in corso. Che la libertà di un popolo > occupato da 75 anni riguarda tutti e tutte noi. Staffetta per Gaza è fatta di eventi diffusi e aperti, ognuno diverso, ma tutti con un obiettivo comune: raccogliere fondi che, tramite Emergency, arrivino a Gaza, dove continuano a mancare cure, medicine, ospedali, acqua e si continua a morire. Dentro la Staffetta c’è un calendario vivo che si arricchisce: concerti, letture, poesia… In ogni tappa le risorse raccolte vanno alla popolazione palestinese e tutte le energie di partecipazione servono a sostenere i prossimi eventi, a far crescere la rete, a tenere accesa l’attenzione. Non si tratta solo di “aiutare”. Si tratta di scegliere da che parte stare. Di farlo con la cultura, con la voce, con il corpo. Per una Palestina libera, per un mondo dove nessuno sia più obbligato a sopravvivere sotto occupazione, apartheid o pulizia etnica. Staffetta per Gaza è aperta. Cammina con chiunque voglia costruire spazi di resistenza e solidarietà. Unisciti. Organizza. Condividi. Creiamo un calendario della Staffetta per Gaza dal basso: * con date e luoghi degli spettacoli, eventi culturali, jam musicali, di artist* che devolveranno, anche solo una piccola quota del ricavato della loro serata, alla raccolta collettiva per Gaza; * con gruppi, associazioni, circoli culturali e singol*, che useranno i loro spazi social per pubblicizzare il calendario degli eventi in Staffetta; * con calendario e QR code da esporre, durante la serata, per la raccolta fondi a favore di Emergency per il materiale sanitario. Chi è interessat* a inserire le proprie date nella Staffetta per Gaza può inviare info su serate/eventi (locandine o link alle pagine, spazi social) e numero telefonico per essere ricontattat* a: staffettagaza@gmail.com L’immagine di copertina è di Domenico Grassi (Ig: @grsdnc) SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Staffetta per Gaza: musica e poesia contro il genocidio proviene da DINAMOpress.
La guerra cercata
Nel momento in cui l’Unione Europea annuncia ai quattro venti un piano di riarmo epocale e la NATO incassa la promessa di un aumento delle spese militari al 5% del PIL per gli stati membri, sta mostrando l’arma ai suoi avversari ma soprattutto al suo pubblico, quello che la dovrà pagare. Il copione prevede che queste armi dovranno essere usate, se non altro a scopo deterrente, in futuri conflitti con nemici sempre più potenti. L’antagonista è fondamentale nello sviluppo di una narrazione, non se ne può fare a meno. L’antagonista è essenziale anche nella costruzione dell’identità, le guerre rinsaldano la comunità nazionale attorno ai leader, anche ai peggiori. Continua a leggere→
FREEDOM FLOTILLA: ATTERRATO A FIUMICINO ANTONIO MAZZEO, “DEPORTATO DA ISRAELE”
Antonio Mazzeo – uno due attivisti italiani sequestrati dall’Idf sulla nave Handala della Freedom Flotilla Coalition – è atterrato intorno alle 12 all’aeroporto di Fiumicino. Il nostro collaboratore da Roma Stefano Bertoldi ha raccolto le sue prime parole appena atterrato. Ascolta o scarica Sabato sera a mezzanotte l’esercito israeliano aveva assaltato e sequestrato la nave della Freedom Flottilla e arrestato tutti i membri dell’equipaggio, che nel frattempo erano entrati in sciopero della fame “contro l’assedio israeliano alla Striscia di Gaza”. Tra gli attivisti e le attiviste rapiti illegalmente da Israele in acque internazionali c’erano appunto due cittadini italiani: Antonio Mazzeo e Antonio La Piccirella, di cui non si conoscono ancora i dettagli del rimpatrio, o meglio, della “deportazione”, come sottolinea ai nostri microfoni Michele Borgia del team comunicazione della Freedom Flotilla Coalition, intervistato pochi minuti prima dell’arrivo di Mazzeo a Fiumicino. Gli avvocati del team legale Handala hanno incontrato gli attivisti detenuti presso il porto di Ashdodr nella vicina stazione di polizia israeliana. Secondo le loro dichiarazioni, tutti si trovano in condizioni relativamente buone. Le autorità israeliane stanno gestendo la loro custodia come se avessero fatto ingresso illegale nel Paese, insomma li hanno accusati di immigrazione clandestina, nonostante siano stati rapiti, prelevati con la forza da acque internazionali e condotti in Israele contro la loro volontà. A ciascun attivista sono state presentate due opzioni: accettare la cosiddetta “deportazione volontaria” – come ha fatto Mazzeo – oppure rimanere in detenzione e comparire davanti a un tribunale per la revisione della detenzione, in vista comunque della deportazione entro le 72 ore. L’obiettivo della missione della Handala era quello di raggiungere Gaza, rompere l’assedio illegale israeliano e portare aiuti alla popolazione palestinese. L’aggiornamento con Michele Borgia del team comunicazione della Freedom Flotilla Coalition. Ascolta o scarica Nel frattempo l’agenzia di stampa palestinese Wafa riporta che 13 palestinesi sono stati uccisi e più di 30 sono rimasti feriti oggi a causa dei continui bombardamenti israeliani su varie zone della Striscia di Gaza. Cinque palestinesi sono rimasti uccisi in seguito al bombardamento di un appartamento nella zona di Al-Mawasi, a ovest di Khan Yunis, si legge sul suto dell’agenzia. Altri cinque sono stati uccisi e più di 30 sono rimasti feriti a causa del bombardamento di una casa di tre piani nel quartiere giapponese a ovest di Khan Yunis. Altri tre palestinesi sono morti e diversi altri sono rimasti feriti quando le forze israeliane hanno bombardato un’abitazione nel campo profughi di Maghazi, nella Striscia di Gaza centrale. Un massacro a cui si aggiungono le 100 persone uccise ieri mentre cercavano aiuti a Gaza. Il resocondo di Farid Adly di Anbamed. Ascolta o scarica Ieri è stata una giornata di cosiddetta “tregua umanitaria” a Gaza per l’arrivo di aiuti dal cielo e da terra, celebrata da tutti i TG del mondo: apice del TG1 che ha parlato di tonnellate di cibo ferme al confine perche’ nessuna organizzazione umanitaria si prende l’incarico di distribuirle. Un neonato della Striscia di Gaza, Muhammad Ibrahim Adas, è morto a causa della malnutrizione e della carenza di latte artificiale, secondo quanto riferito da una fonte dell’ospedale Al-Shifa di Gaza City ai giornalisti di Al Jazeera Arabic. Ieri sei persone sono decedute per fame nelle ultime 24 ore, di cui due bambini, altri 24 sono morti per gli attacchi nelle zone designate alla distribuzione di aiuti. A fronte di tutto ciò, manifestazioni ieri sera in tutta Italia: al grido di “facciamo rumore per Gaza”, con battiture e cacerolazi, centinaia in Piazza anche a Brescia in Largo Formentone. Ci ha raccontato la piazza bresciana Gloria Baraldi di RestiamoUmani Brescia Ascolta o scarica
L’ESERCITO ISRAELIANO ASSALTA HANDALA IN ACQUE INTERNAZIONALI: EQUIPAGGIO RAPITO, NAVE SEQUESTRATA. ATTIVISTE E ATTIVISTI IN SCIOPERO DELLA FAME
Poco prima della mezzanotte (orario palestinese) di sabato 26 luglio 2025, l’Idf ha assaltato la nave Handala di Freedom Flotilla Coalition. I militari israeliani hanno sequestrato l’imbarcazione e rapito i membri dell’equipaggio, che nel frattempo sono entrati in sciopero della fame “contro l’assedio israeliano alla Striscia di Gaza”. Tra gli attivisti e le attiviste rapiti illegalmente da Israele in acque internazionali ci sono anche due cittadini italiani: Antonio Mazzeo e Antonio La Piccirella. Al momento dell’arrembaggio militare israeliano, la Handala si trovava a sole 40 miglia nautiche dalla costa di Gaza. L’8 giugno scorso, la nave Madleen di Freedom Flotilla era stata assaltata dall’Idf a oltre 100 miglia nautiche dalle coste palestinesi. Questa volta, l’imbarcazione diretta verso la Striscia con il suo carico di aiuti umanitari per la popolazione civile è stata sorvolata a lungo da droni militari israeliani; poi, è stata circondata da imbarcazioni della marina israeliana che prima l’hanno dirottata verso le coste egiziane e, infine, l’hanno abbordata con i mezzi dai quali i soldati di Tel Aviv sono saliti a bordo. I militari israeliani hanno interrotto le comunicazioni della Handala con il resto del mondo. Un video delle telecamere di bordo, che diffondevano in diretta quanto avveniva sull’imbarcazione, mostra un soldato mentre la distrugge. Com’era accaduto nel caso della Madleen poco più di un mese prima, anche l’equipaggio della nave Handala è stato sequestrato, preso in ostaggio dalle autorità israeliane. Stessa sorte per quanto riguarda la barca. Attiviste e attivisti, che prima di essere intercettati avevano diffuso dei video messaggi personali, sono entrati in sciopero della fame per richiamare ancora una volta l’attenzione non su se stessi, ma sul genocidio in corso a Gaza, sui crimini di guerra, sulla fame indotta e imposta, sull’assedio con blocco degli aiuti umanitari, sulla condizione disumana cui Israele costringe due milioni di persone nella Striscia nella totale impunità. L’obiettivo della missione della Handala era quello di raggiungere Gaza, rompere l’assedio israeliano e portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese. L’aggiornamento sulle frequenze di Radio Onda d’Urto con Simone Zambrin, di Freedom Flotilla Italia. Ascolta o scarica.
CORRISPONDENZA DALLA NAVE HANDALA SU RADIO ONDA D’URTO. ANTONIO MAZZEO: “SIAMO A 8-10 ORE DI NAVIGAZIONE DAL PUNTO DELL’ASSALTO ALLA MADLEEN”
Su Radio Onda d’Urto il collegamento telefonico con la nave Handala di Freedom Flotilla Coalition, in viaggio nel Mar Mediterraneo verso le coste palestinesi per rompere l’assedio israeliano e portare aiuti umanitari alla popolazione della Striscia di Gaza. È la tarda mattinata di venerdì 25 luglio e con noi, dall’altra parte del telefono, c’è Antonio Mazzeo, saggista e attivista anti-militarista che ha deciso di unirsi all’equipaggio della nave Handala e salpare verso la Palestina. Antonio Mazzeo riferisce che il viaggio procede tranquillo, a eccezione delle notti – in particolare quella appena trascorsa – durante le quali l’imbarcazione è stata sorvolata da numerosi droni militari. La Handala, spiega Antonio Mazzeo nel collegamento, si trova attualmente (le 12.35, circa, di venerdì 25 luglio 2025) all’altezza dei territori tra il confine tra la Libia e l’Egitto e il fiume Nilo. Questo significa, spiega l’attivista ai nostri microfoni, che l’imbarcazione è a 8 – 10 ore di navigazione dal punto in cui l’imbarcazione Madleen, durante la precedente missione di Freedom Flotilla Coalition, era stata assaltata dai militari israeliani lo scorso 8 giugno 2025. Per questo, racconta Mazzeo, “oggi siamo particolarmente pronti, in stato di allerta e di attenzione”. L’obiettivo politico della Handala di Freedom Flotilla è quello di rompere l’assedio israeliano su Gaza, ma la barca sta anche trasportando effettivamente aiuti umanitari per la popolazione della Striscia. Non solo, nel collegamento Antonio Mazzeo racconta come nei giorni precedenti la partenza, a Siracusa e a Gallipoli molti bambini e bambine abbiano portato all’equipaggio doni per le bambine e i bambini di Gaza. “La Handala è piena di orsacchiotti, bambolotti e giochi”, racconta nella corrispondenza. La corrispondenza di Antonio Mazzeo per Radio Onda d’Urto dalla nave Handala di Freedom Flotilla Coalition, in viaggio verso Gaza. Ascolta o scarica.
PALESTINA: PER ISRAELE E USA I NEGOZIATI SU GAZA SONO “FALLITI”. RITIRATE LE DELEGAZIONI A DOHA
A Gaza un quarto dei bambini e delle donne è malnutrito. A dirlo è Medici Senza Frontiere che gestisce una clinica a Gaza City, per il momento sfuggita alla devastazione scatenata dall’esercito israeliano. Il numero delle persone colpite dalla fame è quadruplicato da maggio, continua Msf, e ogni giorno ci sono 25 nuovi pazienti ammessi. La fame colpisce la popolazione palestinese, ma anche lo staff sanitario inizia a soffrire la carenza di cibo. “Non è solo fame”, denuncia Msf, “ma una fame deliberata, provocata dalle autorità israeliane”. “Non ho mai visto niente del genere, ogni giorno è sempre peggio”, ha detto al Corriere della Sera Stefano Piziali, direttore della ong Cesvi, anch’essa attiva a Gaza. Nella Striscia uccide la fame e continuano a uccidere i colpi dell’esercito israeliano. Sale ancora il bilancio dei giornalisti uccisi dagli attacchi di Israele, sono 232 dopo l’uccisione del fotoreporter Adam Abu Harbid. Lo fa sapere Al Jazeera. L’agenzia palestinese Wafa riferisce invece di nuovi attachi aerei contro i rifugi di sfollati a Gaza City e Khan Younis, con due vittime e decine di feriti. Un palestinese di 14 anni è invece morto questa mattina (venerdì 25 luglio 2025) a causa delle ferite riportate all’inizio della settimana, durante un raid israeliano sul campo profughi di Al-Ain. Di fronte a questo scenario sono ufficialmente “fallite” le trattative di Doha, Qatar, per il cessate il fuoco. Stati Uniti e Israele hanno abbandonato il tavolo scaricando la responsabilità del fallimento sulle spalle di Hamas e delle altre fazioni palestinesi. Per Washington e Tel Aviv le condizioni poste dal movimento islamico palestinese sono “inaccettabili”, in particolare la richiesta di liberazione di duecento palestinesi condannati all’ergastolo dallo stato israeliano e la garanzia che, una volta entrato in vigore il cessate il fuoco, l’esercito israeliano non riprenda con gli attacchi militari via aria e via terra contro la Striscia. Sul fronte internazionale, tengono banco le dichiarazioni di Macron sul riconoscimento dello Stato di Palestina da parte della Francia alle Nazioni Unite all’assemblea di settembre. “Un premio al terrore” lo ha definito il premier israeliano Nethanyau; “decisione sconsiderata” secondo il segretario di Stato americano Rubio. Londra potrebbe però seguire Parigi. Oggi è previsto un incontro tra i governi francese, inglese e tedesco. È ancora presto per capire se quello di Macron sia un bluff finalizzato a fare pressione su Israele affinché smetta di bombardare la Striscia di Gaza, oppure se l’intenzione politica sia effettivamente quella di giungere a un riconoscimento della Palestina da parte della Francia. Su Radio Onda d’Urto abbiamo fatto il punto sulla cronaca con Michele Giorgio, corrispondente de Il Manifesto da Gerusalemme e direttore di Pagine Esteri. Ascolta o scarica.  
PALESTINA: “DA QUI AD OTTOBRE GAZA POTREBBE NON ESISTERE PIÙ”. L’INTERVISTA A MARTINA MARCHIÒ, APPENA RIENTRATA DALLA STRISCIA
Martina Marchiò è infermiera torinese, classe 1991. La prima volta che è partita in missione con Medici Senza Frontiere era il 2017. Da poco è rientrata da Gaza, dove era stata anche un anno fa. Ha così avuto modo di vedere il rapido deterioramento delle condizioni di vita delle persone. Ha rischiato la vita, dato che a Gaza non esiste un luogo sicuro neanche per gli operatori umanitari. Nell’intervista che vi proponiamo abbiamo chiesto a Martina di dipingere il quadro del genocidio al quale ha assistito. Si tratta di uno spaccato estremamente duro e desolante, nel quale tuttavia si cerca con difficoltà di restare umani. Martina Marchiò è responsabile delle attività mediche per l’ONG francese, vi proponiamo la sua testimonianza (23 minuti).Ascolta o scarica Martina Marchiò è anche autrice di diversi libri. Lo scorso anno Infinito edizioni ha pubblicato la sua ultima opera intitolata: “Brucia anche l’umanità. Diario di un’infermiera a Gaza”.  
PALESTINA: CRESCE IL MOVIMENTO BDS IN ITALIA “SERVE UN AZIONE URGENTE PER FERMARE IL GENOCIDIO A GAZA”
Mentre a Gaza continua il genocidio per mano israeliana, in Italia si intensificano le iniziative della campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) contro l’apartheid israeliana. Dall’appello per chiudere i porti italiani al transito di armi, alle adesioni in costante aumento alla rete degli Spazi Liberi dall’Apartheid Israeliana (SPLAI), la mobilitazione dal basso si ferma. Negli ultimi mesi, la campagna ha registrato un coinvolgimento crescente da parte di collettivi, associazioni, realtà culturali e cittadini comuni, sempre più decisi a chiedere la fine della complicità dell’Italia. La richiesta è chiara: fermare ogni forma di sostegno, diretto o indiretto, al regime israeliano e agire subito. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, Raffaele Spiga di BDS Italia. Ascolta o scarica.
Il nome proprio
Gaza non è un’ingiustizia a fianco di altre, bensì l’orrore che le contiene e le compendia tutte. Il genocidio in corso ricapitola la violenza fondativa di ogni Stato e ci mostra in diretta l’«accumulazione originaria» del capitale – l’esproprio coloniale della terra, la guerra alla sussistenza, la violenza sistematica contro le donne e i bambini, la streghizzazione dei refuseniks e dei non-allineati, lo sviluppo delle tecno-scienze, l’esperimento permanente sul materiale umano –, equipaggiata di tutti gli strumenti che un Progetto Manhattan fattosi mondo ha elaborato dal 1945 ad oggi. A Gaza possiamo vedere nitidamente che «il nemico è la nuova potenza che dispone degli antichi emblemi» (Karl Kraus). Se volessimo riassumere tutto ciò in una sigla: International Business Machines (IBM). Il colosso statunitense dell’informatica – il cui programma completo si chiama niente meno che Smart Planet – raccoglie e gestisce i dati biometrici del popolo palestinese per conto dello Stato israeliano, dopo aver fornito le proprie schede perforate alla macchina di sterminio nazista. L’esistenza stessa di IBM Israel tradisce ignominiosamente la memoria della Shoah nel perfezionamento high tech di una nuova Nakba. Gaza è il simbolo concreto di tutte le oppressioni, ma anche l’equivalente generale delle resistenze. È la vita che si sostiene con il niente che trova, è lotta armata, Sumud, memoria storica e poesie di lancinante bellezza. Nelle testimonianze da Gaza incontriamo sconosciuti Ungaretti che si appoggiano a «brandelli di muri« (dei loro famigliari non è rimasto nemmeno tanto) o ad «alberi mutilati», sconosciuti Picasso che rappresentano, insieme a quello umano, lo strazio degli asini, sconosciute Rosa Luxemburg che soffrono nel vedere picchiare quegli animali mansueti quando, esausti, non riescono più ad avanzare sotto il peso di case racchiuse nei bagagli, sconosciute Ingeborg Bachmann che non rinunciano alla magia delle parole nemmeno dentro la «linea del fuoco». Quello in solidarietà con la resistenza palestinese è, con tutte le sue insufficienze, il più vasto movimento internazionale degli ultimi decenni. Non c’è continente in cui masse di diseredati o minoranze più o meno numerose non si sentano coinvolte. Anche quando non incide direttamente sulle vite quotidiane di milioni di persone, il dolore che si leva dalla Striscia non può non penetrare nella sostanza psichica dell’umanità. Si tratta di un terribile banco di prova della nostra reale consistenza e insieme un anticipo delle capacità disfattiste di fronte alla guerra prossima ventura. Quando persino una relatrice dell’ONU parla di «economia del genocidio», elencando aziende le cui sedi e i cui addentellati sono ovunque, non si può certo dire che manchi il «materiale infiammabile» per agire in modo diretto e risoluto. E chi, con un minimo di buona fede, potrebbe dire «non sono questi i mezzi»? Quando tutti gli Stati – tanto in ambito NATO come in quello dei BRICS – sono complici o al meglio spettatori passivi; quando il Diritto internazionale è una barzelletta insanguinata; quando anche coloro che praticano l’azione diretta nonviolenta diventano un’«organizzazione terroristica» (come nel caso della messa al bando di Palestine Action in Gran Bretagna); quando si ammazzano i bambini in fila per un po’ d’acqua. Quale che sia l’angolo d’attacco che consideriamo prioritario, non vedere nel genocidio dei palestinesi il cuore di un mondo senza cuore è una distrazione dello sguardo o una pigrizia dell’anima. Vogliamo lottare contro il razzismo di Stato? Gaza. Vogliamo contrastare l’economia di guerra e la militarizzazione sociale? Gaza. Non vogliamo separare emancipazione femminile e resistenza anticoloniale? Gaza. Vogliamo metterci di traverso rispetto alla furia estrattivista ed ecocida del capitalismo? Gaza. Vogliamo combattere la tortura del carcere e il carcere come tortura, solidarizzando con le compagne e i compagni prigionieri? Gaza. Vogliamo opporci alle smart city e alla società dei varchi? Gaza. Ci battiamo per un’agricoltura contadina contro le nuove enclosures genetiche e digitali? Gaza. Siamo inorriditi dal cibo in laboratorio e dalla riproduzione artificiale dell’umano? Gaza. Cerchiamo un nesso tra la profilazione di massa e lo sterminio algoritmico? Gaza. Odiamo gli Elon Musk, i Jeff Bezos, i Peter Thiel e il neo-feudalesimo che ci stanno apparecchiando? Gaza. Nella solidarietà attiva e internazionalista con gli oppressi palestinesi, come anarchiche e anarchici, in particolare, abbiamo l’occasione di rievocare e attualizzare le pagine migliori della nostra storia. Tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, dall’Indonesia a Cuba, quelle anarchiche sono state le idee rivoluzionarie più influenti nei movimenti anticoloniali. Anarchiche e anarchici furono tra i primi a ribellarsi, nel 1896 in Italia, contro l’aggressione imperialista all’Abissinia al grido di «Viva Menelik!», «Abbasso Crispi!», «Via dall’Africa!», contribuendo a un moto popolare che ha bloccato i treni militari, assaltato le caserme, liberato i coscritti. E lo stesso avvenne nel 1911 con l’occupazione coloniale della Libia, quando la campagna per liberare Augusto Masetti (il soldato anarchico che sparò al colonnello Stroppa urlando «Abbasso la guerra, viva l’anarchia!») fu un fulgido esempio di agitazione antimilitarista. Per non parlare del ruolo decisivo giocato durante la «settimana rossa», che è stata anche e soprattutto un’insurrezione contro i signori dello sfruttamento e della guerra. Durante la disfatta di Caporetto del 1917, provocata dal più vasto «sciopero militare» della storia italiana, il movimento anarchico spinse – tra l’immobilismo e l’ignavia del Partito socialista (con l’eccezione della sua Federazione giovanile) – per trasformare la rivolta dei fanti contadini e operai in insurrezione contro la guerra e contro lo Stato. Persino durante l’occupazione dannunziana di Fiume, Malatesta e altri compagni tentarono – kairós impervio come pochi altri – di guadagnare al movimento proletario «quel vago sovversivismo ancora incerto tra la nostalgia della trincea e il richiamo della barricata». E anche durante la rivolta di Ancona del 1920, scoppiata per impedire le partenze coatte dei soldati verso l’Albania, anarchiche e anarchici diedero il loro generoso appoggio. Allargando lo sguardo, non molti sanno che la rivolta libertaria e antiburocratica del Maggio francese fece esplodere quella rottura con i sindacati e il Partito comunista maturata durante la guerra d’Algeria, un’atroce campagna coloniale disertata da centinaia di migliaia di giovani e sostenuta dal PCF e dalla CGT. E potremmo parlare dell’anima internazionalista e libertaria dei Gari, del Movimento 2 giugno, delle Rote Zora… Quelle idee, quei sentimenti, quelle storie possono oggi darsi appuntamento pubblico e segreto con un «comunismo dello spirito» che raramente nella storia recente è stato così universale. Gaza è il nome proprio della rabbia, del bisogno di riscatto, del desiderio di giustizia. Invoca amore e chiede vendetta.