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PALESTINA: L’ESERCITO ISRAELIANO PARLA DI “FORZA SENZA PRECEDENTI” CONTRO GAZA CITY. PARTE LA FLOTILLA IN MARE; A TERRA, MOBILITAZIONE CGIL.
“Useremo una forza senza precedenti su Gaza City“; così l’esercito occupante e genocida israeliano, impegnato da giorni a distruggere e poi occupare la principale città della Striscia, intimando poche ore fa nuovamente l’autodeportazione a centinaia di migliaia di persone. Secondo l’Ufficio di statistica palestinese, sono però ancora 740mila i palestinesi nella zona centro-nord della Striscia, dove il genocidio per mano israeliana accelera la propria mattanza: droni, quadricotterei, aerei da combattimento ed esplosioni di robot radiocomandati, con interi quartieri che saltano in aria durante l’avanzata. Mentre si susseguono scene apocalittiche, le famiglie in fuga si trovano ad affrontare la straziante prospettiva di un nuovo sfollamento, verso un qualche ghetto più a sud, in un territorio privo di qualsiasi “zona sicura o umanitaria, senza cibo, acqua, farmaci, ripari, affetti. Dall’alba le vittime palestinesi a Gaza sono 35, di cui almeno 4 in cerca di qualcosa da mangiare prima di essere freddati per le strade. Bilancio comunque destinato a salire, come accade ogni giorno. Impressionanti i numeri in quasi due anni: 65.141 morti e 166mila feriti, per il bilancio ufficiale ma parziale. Altri conteggi, effettuati attraverso alcune stime statistiche da docenti universitari di mezzo mondo, parlano esplicitamente di quasi 700mila persone morte o ferite tra guerra, fame, sfollamenti e collasso totale del sistema sanitario. Un’intera terra ridotta a macerie, per costruire – questo il piano esplicito di Usa e destra israeliana – resort di lusso per ricchi, o “case di lusso per poliziotti”, come detto pochi giorni fa dal ministro israeliano Smotrich, mentre gli Stati Uniti hanno posto l’ennesimo veto ad una risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu che chiedeva un cessate il fuoco a Gaza. La risoluzione, approvata da 14 dei 15 Stati, chiedeva un “cessate il fuoco immediato, incondizionato e permanente a Gaza”, il rilascio di tutti i prigionieri e la revoca delle restrizioni imposte da Israele agli aiuti umanitari a Gaza. Da Gaza alla Cisgiordania Occupata. Nuova ondata di raid: decine di prigioneri a Nablus, fuoco su una casa a Surda, vicino a Ramallah, finché le persone all’interno non sono state anch’esse rapite. Fermi e violenze pure nella valle del Giordano, con i coloni lasciati liberi di rubare terre e distruggere auto e attrezzature, mentre i legittimi abitanti palestinesi –in particolare beduini –sotto tiro dei militari occupanti, che hanno pure chiuso il ponte di Allenby, tra Cisgiordania e Giordania, il giorno dopo che un camionista – militare giordano in pensione – ha ucciso a coltellate 2 militari occupanti, prima di essere ammazzato. Infine Gerusalemme; qui portato via in manette lo sceicco Mohammad Sarandah, predicatore della moschea di Al-Aqsa, poco dopo la conclusione della preghiera del venerdì. Non è chiaro il perchè, ma Sarandah è stato trasferito in un centro interrogatori israeliano. FLOTILLA – Palestina e solidarietà internazionale: la Global Sumud Flotilla è finalmente partita da Capo Passero. Le barche partite dirette a Gaza sono salpate con la ferma intenzione di portare aiuti e rompere così il blocco di Israele, che oggi con un tweet del Ministero degli esteri minaccia esplicitamente la Flotilla, definendola come “apertamente sostenuta dagli jihadisti di Hamas. Questo non è umanitario. Si tratta di un’iniziativa jihadista al servizio dell’agenda del gruppo terroristico”. Sempre in Israele, oggi alcune decine di giovani sono riusciti ad arrivare ai reticolati del border di Gaza, dietro lo striscione “Dal mare alla terra: rompere l’assedio”, in solidarietà con la Global Sumud Flotilla, a bordo della quale ci sono anche i lavoratori portuali genovesi del Calp, che rilanciano lo sciopero indetto per il 22 settembre contro il genocidio del popolo palestinese e per la Global Sumud Flottilla. Dalla Global Sumud Flotilla la voce di Josè Nivoi, lavoratore portuale genovese del Calp, che rilancia lo sciopero generale di lunedì, indetto da Usb, Cobas, Cub, Adl Cobas. Al momento già circa 50 piazze già mobilitate. Tra queste anche Brescia, con due appuntamenti: ore 9.30 in piazza Rovetta, ore 18.30 in Prefettura con il Coordinamento Palestina di Brescia. Ascolta o scarica CGIL – In Italia già oggi, venerdì 19 settembre, si mobilita, con una propria piattaforma a sostegno di Gaza, la Cgil: sciopero di 4 ore a fine turno, che però non riguarda i servizi pubblici definiti essenziali come trasporti, scuola e sanità. Manifestazioni in 80 città. Tra le iniziative più partecipate Milano, con diverse migliaia di persone, e Livorno, 10mila persone. A Genova e Terni, la Fiom ha portato a 8 le ore di astensione territoriale. A Catania il corteo con Landini, che ha ricordato “la lettera dei sindacati confederali mondiali a tutti i Parlamenti con richieste precise: riconoscimento dello stato palestinese, blocco di armi e accordi commerciali, no alla corsa al riarmo. Non è il momento di spendere per le armi ma per i diritti e la qualità della vita”. Nel Bresciano due i presidi: uno a Breno, per il comprensorio sebino – camuno, con un centinaio di persone, mentre in circa 700 hanno risposto all’appello della Cgil in piazza Rovetta, a Brescia città.
DESENZANO (BS): DOMENICA 21 SETTEMBRE, TENDA DI SOLIDARIETÀ PER LA PALESTINA
Torna la Tenda di solidarietà con la popolazione civile palestinese e con il personale sanitario detenuto illegalmente nelle carceri israeliane, questa volta sul Garda, questa domenica 21 settembre in piazza Malvezzi tra le ore 10 e le 18.  L’iniziativa è promossa dai Sanitari per Gaza di Brescia e da una serie di realtà del territorio: Collettivo Gardesano Autonomo, ANPI basso Garda, Tavolo Ambiente Garda, Arci Zambarda di Salò, Viandanze, Donne in cammino per la pace, Non Una di Meno Lago di Garda e Arci Dallò di Castiglione delle Stiviere (MN). Il programma della giornata prevede l’apertura della tenda alle ore 10, con l’intervento dei Sanitari per Gaza; dalle 11 alle 13 musiche a cura del Collettivo Casa del Bao, al quale seguiranno letture e interventi da parte delle realtà organizzatrici; ancora letture nel pomeriggio e l’intervento dei Giovani Palestinesi di Brescia. Previsto un flash mob alle ore 17, al quale seguiranno dei laboratori creativi. Durante tutta la giornata sarà possibile finanziare l’associazione Palmed Italia, che raccoglie fondi per sostenere la sanità in Palestina. Ci presenta l’iniziativa Yousef Abdelghani, medico cardiologo di Palmed Italia. Ascolta o scarica
PALESTINA: 713 GIORNI DI GENOCIDIO A GAZA. 300 VITTIME ACCERTATE IN 3 ORE, PROSEGUE L’INVASIONE VIA TERRA A GAZA CITY.
  Non si ferma il genocidio a Gaza: in soli tre giorni dall’inizio dell’invasione israeliana via terra di Gaza City, il numero dei morti accertati ha superato i 300 mentre le forze di Tel Aviv hanno intensificato i raid aerei sulla città, riducendola in macerie e portando alla mobilitazione dei carri armati israeliani. Secondo fonti ufficiali israeliane, circa 500.000 palestinesi sarebbero fuggiti dalla principale città della Striscia. Tuttavia, è difficile confermare questa cifra a causa del blackout delle comunicazioni: Tel Aviv ha infatti interrotto l’accesso a Internet per gran parte della Striscia, cercando di impedire la diffusione di informazioni e notizie indipendenti. Soltanto nelle prime ore di oggi, giovedì 18 settembre, i bombardamenti israeliani hanno causato 83 morti, dopo i 99 di ieri e i 110 di martedì. Gli ospedali, già al collasso, non riescono più a far fronte al numero crescente di feriti mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha lanciato un allarme: “I feriti non riescono a ricevere assistenza, e la crescente violenza sta impedendo l’accesso alle strutture sanitarie, mettendo in grave pericolo la vita di centinaia di persone.” Su Radio Onda d’Urto, la corrispondenza dalla Striscia di Gaza con Sami Abu Omar, cooperante di tante realtà solidali italiane, in particolare del Centro “Vik – Vittorio Arrigoni” e di ACS, oltre che nostro collaboratore. Ascolta o scarica. Nel frattempo, il ministro dell’economia israeliano, il colono fascista Bezalel Smotrich, vuole passare all’incasso: “Gaza rappresenta una miniera d’oro. Dopo aver investito ingenti somme nella guerra, Israele dovrebbe negoziare una spartizione del territorio con gli Stati Uniti”, che dal canto loro – fonte: il bilancio del Pentagono – hanno speso negli ultimi mesi mezzo miliardo di dollari in missili intercettori per difendere Israele, soprattutto durante i giorni di scontro aperto con l’Iran. Ancora Palestina: le violenze non si limitano alla Striscia di Gaza, ma si estendono anche alla Cisgiordania occupata. Da quando è iniziata l’invasione di Gaza, si è registrata un’ondata senza precedenti di raid, rapimenti e distruzione, giustificata dalle autorità israeliane con la pretesa di dover fermare gli attacchi di Hamas sulla West Bank. L’esercito israeliano ha ordinato centinaia di rapimenti (“arresti”, dice Tel Aviv) mentre i coloni – ancora più liberi di agire grazie al supporto delle forze occupanti israeliane – hanno intensificato il furto di terre e risorse dai palestinesi, oltre agli atti di terrorismo per spingere la popolazione a fuggire. Sul fronte internazionale: Le autorità Usa hanno avviato il processo di espulsione del palestinese Mahmoud Khalil, studente della Columbia e noto attivista per i diritti della Palestina, accusato di aver omesso (presunte) informazioni nella domanda di green card. L’Unione Europea, ha invece annunciato delle (micro)sanzioni economiche contro i responsabili israeliani, tra cui i ministri Smotrich e Ben Gvir, noti per il loro supporto ai coloni mentre le sanzioni, che riguardano la sospensione di alcuni accordi commerciali; si parla comunque di 227 milioni di euro, una goccia nel mare delle complicità europee con Tel Aviv. Nonostante questo, per il via libera alle sanzioni serve l’ok unanime dei 27 Paesi Ue; fantapolitica, al momento, vista la contrarietà già esplicitata da Germania e Repubblica Ceca. L’approfondimento su Radio Onda d’Urto con Samir Al Qaryouti, giornalista italopalestinese e collaboratore tra gli altri di Al Jazeera, BBC e France 24. Ascolta o scarica.
PALESTINA: ISRAELE INONDA DI BOMBE A TAPPETO LA STRISCIA DI GAZA. INIZIA L’INVASIONE VIA TERRA DI GAZA CITY.
Palestina. Da poco prima di mezzanotte di lunedì 15 settembre Israele ha iniziato a inondare a tappeto di bombe l’intera Striscia di Gaza, lanciando così la paventata invasione via terra di Gaza City. Fonti sanitarie certificano almeno 53 morti da mezzanotte (di cui 3 per fame, una delle armi da guerra di Tel Aviv) ma il bilancio è parziale, visto il caos in cui è avvolta la Striscia. Fonti locali, come i pochi reporter non ancora ammazzati, parlano di almeno 100 tra morti e feriti. Dalla notte ci sono, incessanti, missili dai caccia, colpi di artiglieria, droni e quadricotteri sulla testa di case, tende, esseri umani, con i boati uditi fino alla zona centrale di Israele. Esplicita l’intenzione: terrorizzare la popolazione palestinese e obbligarla ad andare verso sud, ma al momento sono ancora diverse centinaia di migliaia le persone che restano dentro Gaza City; per loro, infatti, a sud, non c’è nulla, se non morte e distruzione. Dopo 710 giorni di genocidio, pure gli investigatori Onu si accorgono di quanto è sotto gli occhi del mondo intero; “Israele ha commesso un genocidio a Gaza dall’ottobre 2023, con l’intento di distruggere i palestinesi. La responsabilità ricade sullo Stato di Israele”; così Navi Pillay, magistrata sudafricana a capo della task force investigativa a capo della Commissione indipendente Onu. “Siete antisemiti e agite come rappresentanti di Hamas”; questa la litania, sempre la stessa, della replica – si fa per dire – del Ministero degli Esteri di Tel Aviv. Su quanto sta accadendo, ormai da oltre 700 giorni, a Gaza, la traduzione in italiano di un passaggio dell’intervento, poche ore fa in conferenza stampa a Ginevra, di Francesca Albanese, relatrice speciale Onu per i Territori Palestinesi Occupati. Ascolta o scarica Fonti militari israeliane – cioè la propaganda militare – parlano di 70mila riservisti sul terreno, con altri 60mila già pronti. Sempre Tel Aviv sostiene di controllare circa il 40% di Gaza City, la più grande città palestinese della Striscia di Gaza. Non è chiaro al momento se si tratti di incursioni temporanee – come già accaduto spesso nel recente passato, per distruggere qualsiasi cosa, animata o inanimata – o del tentativo di installare posizioni fisse e durature. Di certo c’è l’abbattimento sistematico di ogni edificio, con chi c’è dentro, senza via di fuga alcuna. “Gaza sta bruciando”, dice iKatz, ministro della Difesa di Israele, aggiungendo: “Non cederemo e non torneremo indietro”, anche grazie alla complicità Usa, con il segretario di Stato Rubio, ieri a Tel Aviv proprio per garantire il via libera all’invasione. Dentro Israele, nuova protesta delle famiglie degli ostaggi, attorno alla residenza del premier a Gerusalemme. Tutto inutile, comunque: il genocidio si allarga e Hamas fa sapere che “Netaynahu ha la piena responsabilità di quello che accadrà a Gaza e anche sugli ostaggi ancora in vita”. Netanyahu ignora, come fa da quasi due anni, pure i famigliari delle vittime e la sorte degli ostaggi, rivendicando pubblicamente il lancio “dell’operazione intensiva a Gaza City. E’ una fase cruciale, il 40% dei gazawi, 350.000 residenti, ha lasciato la città, e l’esodo è continuato durante la notte.” Numeri impossibili da verificare, quelli che Netanyahu ha fornito in un luogo tutt’altro che casuale; era infatti in Tribunale, all’inizio della sua testimonianza in tribunale, dov’è indagato per corruzione. Dichiarazione che è stata la premessa per ottenere l’ennesimo rinvio. Ancora Palestina con il fronte della solidarietà. Oggi pomeriggio, martedì, a Ravenna corteo, dalla stazione all’Autorità Portuale, con il Coordinamento Bds e il Cap – Collettivo Autonomo Portuali – contro l’economia di guerra e il traffico di armi dallo scalo marittimo romagnolo. Sempre in mare, ma più a sud, c’è la Global Sumud Flotilla, la cinquantina di imbarcazioni intenzionate a rompere il blocco criminale israeliano degli aiuti a Gaza. La situazione è complicata: la Grecia sta bloccando con pretesti burocratici 2 delle 3 imbarcazioni che dovrebbero unirsi alle delegazioni italiane e tunisine, a sua volta a corto di carburante per i blocchi delle autorità locali e in difficoltà a raggiungere il punto di ritrovo nel Mediterraneo. La delegazione italiana resta quindi alla fonda vicino a Portopalo di Capo Passero, in attesa delle altre imbarcazioni. Clicca qui per l’aggiornamento di martedì 16 settembre con Stefano Bertoldi, nostro collaboratore con Scuola Resistente, skipper e attivista della Global Sumud Flotilla.
PALESITINA: CENTINAIA DI TANK ISRAELIANI SCHIERATI PER OCCUPARE GAZA CITY…CON L’ESPLICITA BENEDIZIONE DEGLI USA.
In Palestina l’esercito occupante israeliano ha completato, nelle prime ore di lunedì 15 settembre, lo schieramento di migliaia di soldati, con centinaia di carri armati, mezzi corazzati e bulldozer lungo il lato nord della Striscia di Gaza per la manovra imminente che punta a conquistare, in maniera indefinita e via terra, Gaza City, città palestinese da un milione di persone. La manovra genocidiaria, denominata dal governo fascista di Netanyahu e dei coloni, è stata chiamata ‘Carri di Gedeone 2′. Tel Aviv stima un massacro che durerà tra i 3 e i 4 mesi, dato che – e nonostante due anni di massacri indiscriminati – le diverse forze della Resistenza palestinese restano radicate dentro il territorio. Il tutto mentre prosegue, quotidiano e incessante, lo stillicidio di bombardamenti via cielo per radere completamente al suolo la città: nelle ultime 24 ore, almeno 4 gli edifici a più piani distrutti, provocando vittime anche tra le tende realizzate con materiali di fortuna al suolo. Nella sola giornata di domenica 14 settembre, sono almeno 52 le vittime palestinesi per mano del genocidio israeliano, con 16 edifici rasi al suolo. Almeno 35 delle vittime di domenica sono state uccise a Gaza City, dove i raid incessanti hanno costretto decine di migliaia di persone alla fuga verso sud, dove già sono assiepate centinaia e centinaia di migliaia di persone, senza aiuti, sostegno e supporto di alcun genere. La traduzione in italiano della corrispondenza, con i numeri aggiornati del genocidio per mano israeliana a Gaza, dal corrispondente palestinese dell’agenzia di stampa Wafa. Ascolta o scarica Sul fronte internazionale, intanto, in vista del voto all’assemblea generale dell’Onu sulla creazione di uno Stato di Palestina, il segretario di Stato Usa Marco Rubio ha voluto chiarire ancora una volta da che parte si schiera Washington…arrivando in Israele. Rubio e Netanyahu si sono fatti fotografare assieme al “Muro del Pianto” di Gerusalemme. “La visita di Rubio è una testimonianza della solidità e della forza dell’alleanza israelo-americana, resistente e forte come le pietre del Muro Occidentale che abbiamo appena toccato. Grazie, Marco”, ha gongolato Netanyahu, mentre Rubio non ha rilasciato dichiarazioni ai giornalisti. Incontrando però diversi esponenti della leadership sionista, Rubio – su mandato di Trump  “ha fatto capire che non si oppone alle annessioni (anche della Cisgiordania occupata, ndRodU) e che l’amministrazione Trump non si metterà di traverso”, ha riferito Axios.    
MILANO: 5MILA PERSONE IN PIAZZA PER LA GLOBAL SUMUD FLOTILLA
Milano, venerdì 12 settembre. Nuova iniziativa di ampia partecipazione per la Global Sumud Flotilla: a Milano un corteo di diverse migliaia di persone ha sfilato venerdì sera per le vie della città. Da XXIV Maggio a Cairoli “5mila persone reali“, secondo Luciano Muhlbauer di Milano in Movimento ai microfoni di Radio Onda d’Urto, ha partecipato alla manifestazione in solidarietà con la Global Sumud Flotilla che, nonostante attacchi diretti e indimidazioni, cercherà di rompere l’assedio israeliano su Gaza e portare aiuti al popolo palestinese. L’intervista a Luciano Muhlbauer, di Milano in Movimento. Ascolta o scarica.
INTERVISTA A ROBERTO GUERRIERI, INFERMIERE DI BRESCIA, RIENTRATO DALLA MISSIONE A GAZA CON EMERGENCY
Infermiere di Brescia, di origi romane, Roberto Guerrieri è stato nella Striscia di Gaza con due missioni umanitarie insieme ad Emergency, che continua con le sue strutture sanitarie a portare aiuto alla popolazione palestinese sotto le bombe. Due volte a Gaza in pochi mesi. La prima volta a novembre 2024, la seconda nella prima metà del 2025. E’ riuscito a entrare con i convogli umanitari partiti da Amman, in Giordania, e ha attraversato il valico Kerem Shalom per raggiungere la terra di Palestina. Ha operato principalmente nella clinica di Emergency all’interno del governatorato di Khan Yunis, nel sud della Striscia, dove in questi 2 anni di invasione israeliana centinaia di migliaia di profughi palestinesi si sono rifugiati. Il suo lavoro è stato quello di operare la “medicina del disastro“, fa sapere Roberto Guerrieri ai microfoni di Radio Onda d’Urto, “molto diverso da quello che ci si può aspettare da un infermiere in una clinica italiana”. Tra una missione e l’altra, a Gaza la situazione è – se possibile – peggiorata ulteriormente: “prima esistevano delle zone cosidette ‘umanitarie’, dove si concentrava la popolazione ma dove sovente avvenivano degli attacchi anche in quelle zone”, fa sapere Guerrieri. Poi è arrivata la tregua, fittizia, a inizio 2025: “in quella fase è entrato cibo, materiale e farmaci in cui abbiamo potuto fare un minimo di stock”. Poi la notte del 17 marzo sono ripresi gli attacchi: “senza alcun preavviso per giorni non si sapeva niente, non si sapeva se c’erano zone umanitarie, non si entrava e non si usciva dalla Striscia“. Ad ora l’embargo degli aiuti è perenne: “non esistono più zone umanitarie e gli operatori sono sempre pronti a evacuare”. “Le persone che stanno vivendo questa deprivazione totale, di tutto, della loro dignità, sono diventati miei amici, miei colleghi. Persone che come me anelano di vivere in pace con le proprie famiglie”, sottolinea Roberto Guerrieri. “Il primo obiettivo della lotta è di ricordarci che lì c’è una popolazione civile a cui è stato tolto tutto da un momento all’altro, e che ogni giorno vive con la paura di morire”, fa sapere Guerrieri. L’intervista completa all’infermiere Roberto Guerrieri, rientrato dalla seconda missione a Gaza con Emergency. Ascolta o scarica. Emergency della sezione di Brescia torna con gli “EMERGENCY DAYS“: a partire da domenica 14 settembre e fino al 22 novembre, a Brescia e in Provincia si svolgeranno iniziative e appuntamenti culturali, musicali e di approfondimento a cui prenderà parte anche Roberto Guerrieri: tutte le informazioni qui.
Sumud, ora e sempre
di AUGUSTO ILLUMINATI. Sumud, resilienza un cazzo, resistenza piuttosto, sforzo di perseverare o, come si diceva quando una lingua comune dell’Occidente esprimeva l’impulso rivoluzionario marrano, conatus, per cui ogni cosa in suo esse perseverare conatur, fa valere la sua essenza attuale. La lenta e un po’ scompigliata partenza della Global Sumud Flotilla e il suo avvicinamento contrastato a Gaza segnano un salto di qualità nell’impegno solidale di un movimento internazionale e anticoloniale. Un balzo di scala non solo rispetto alla passività complice dei governi occidentali, in primo luogo di quello italiano, ma anche rispetto a precedenti manifestazioni di piazza, raccolta di aiuti e boicottaggio dei movimenti e dello stesso movimento italiano che solo a luglio aveva raggiunto livelli paragonabili con quelli europei, superando anteriori divisioni e incertezze. Naturalmente la spinta è venuta dal precipitare della situazione sul fronte di Gaza e della Cisgiordania, essendo la politica israeliana sempre più determinata dal ricatto parlamentare delle formazioni più estremiste e dalla spinta sociale dei coloni e delle bande dei “ragazzi delle colline”, feroci e disadattati che fanno da braccio armato sussidiario e provocatorio ai coloni inquadrati nell’esercito e nella polizia di Ben Gvir. La degenerazione profonda di Israele rispetto alle fasi precedenti del colonialismo sionista risulta dalla compattezza del voto parlamentare nel rigetto della soluzione “due popoli due Stati”, che cancella formalmente gli accordi di Oslo e di cui il permanente sostegno elettorale a una maggioranza di estrema destra è soltanto il coronamento. Inoltre, questa maggioranza parlamentare non fa che implementare il passaggio, sancito con atto costituzionale, di Israele da Stato ebraico e democratico (1948) a Stato ebraico (2018). A oggi i processi di radicalizzazione si intensificano, grazie anche allo sfacciato sostegno trumpiano, e si ha l’impressione che, nonostante il succedersi di importanti manifestazioni della società civile israeliana (che peraltro solo in forma minoritaria investono la condizione dei gazawi), tale deriva sia nel breve e medio periodo irreversibile e che si prospetti più una lenta emigrazione degli scontenti che uno scontro aperto fra tendenze. L’immediato futuro è fatto di finte trattative e stragi raddoppiate a Gaza, espropri e annessioni in Cisgiordania, stillicidio di attentati fai-da-te e rappresaglie in Israele, omicidi mirati all’interno e all’estero. PERCHÉ È UN PASSO DECISO IN AVANTI L’iniziativa della Sumud Flotilla allude per la prima volta, in questa fase, a un’interposizione o comunque a un coinvolgimento internazionale che sarebbe legittimo in caso di attacco piratesco israeliano in mare aperto ma anche lungo le coste di Gaza, che non è superficie acquatica israeliana de iure malgrado l’occupazione illegale de facto. Di ben altro che di tutela diplomatica o consolare si tratterebbe, qualora, come già è cominciato con il drone a Sidi Bou Said, le Idf tramutassero in azioni offensive le minacce di Ben Gvir contro i “terroristi” della Flotilla. La stessa Commissione Ue critica l’iniziativa umanitaria come escalation proprio perché teme di doversi far carico delle spropositate reazioni israeliane che smaschererebbero tutta la politica pilatesca di alcuni Stati e della Commissione del suo complesso. Adesso all’ordine del giorno è una tutela militare della libertà di navigazione nel Mediterraneo da parte degli Stati sovrani rivieraschi e di quelli cui appartengono gli equipaggi. Ma un compito primario spetta al c.d. “equipaggio di terra”, cioè alle forze che sostengono la Flotilla in mare e che hanno già minacciato (come i camalli di Genova) il blocco dei porti in caso di operazioni terroristiche di Israele – ciò vale tanto più per l’Italia, il cui governo, a differenza dalla Spagna, non ha preso nessuna iniziativa di boicottaggio o sanzione e dove quindi si è aperto un problema di supplenza dal basso. > Avremo anche noi nei prossimi giorni un bloquons tout! come in Francia, se la > situazione dovesse precipitare – e tutto lo lascia pensare. LE REAZIONI MEDIATICHE Il disastro di immagine di Israele è stato colto perfino dal suo complice-in-chief Donald Trump e viene ogni giorno amplificato su alcune fogne a cielo aperto della stampa italiana – “Il Foglio”, “Libero” “Il Tempo”, ”Il Riformista” – mentre sempre più circospette sono diventate le Tv nazionali e le pagine molinariane di “Repubblica” (per non parlare dei pensosi silenzi di Paolo Mieli e dei tormenti interiori di Adriano Sofri). La corporazione dei giornalisti ha sentito sulla schiena il brivido dei troppi reporter assassinati e quelli che si finanziano con le vendite e la pubblicità qualche conto se lo saranno pur fatto, visto l’orientamento dell’opinione pubblica. Una bella frotta di ipocriti e di umanisti a scoppio ritardato cerca di issarsi (a parole) sulle navi della Flotilla, ma siano i benvenuti, come ogni omaggio che il vizio concede alla virtù – meglio tardi che mai e ci siamo pure divertiti a vedere quanti, esitando a saltare, sono scivolati in acqua dalla sdrucciolevole banchina… In tenace obbrobrio sopravvive la Sinistra per Israele che abbraccia le ragioni imperscrutabili del colonialismo sionista deplorando al massimo gli eccessi di Netanyahu e Ben Gvir. Perfino in un’area un tempo sovversiva abbiamo anche noi, diciamolo di sfuggita, i nostri “ragazzi delle colline”, invero più miei coetanei che non ragazzi. Poveri coglioni da social che d’inverno scherzavano sul “gelicidio” a Gaza e d’estate invocano gli dei degli uragani per affondare i “croceristi” della Flotilla, ma anche più sofisticati ideologhi che si lanciano in prolisse disquisizioni sulla perfetta composizione di classe dei movimenti sovversivi – la sempiterna tentazione di insegnare ai gatti ad arrampicarsi. Oppure c’è chi contesta per impotente populismo la stessa indignazione spontanea per i misfatti degli oppressori, come Luca Sofri sul “Il Post”, che se la prende con il movimento pur così significativo e mondiale scaturito dall’opuscolo Indignez-vous del remoto 2011, insensibile perfino al fatto che il suo estensore, il 93-enne pubblicista ebreo Stéphane Hessel, fosse il figlio reale della coppia resa mitica come Jules e Catherine nel film di Truffaut Jules et Jim… FLUTTUAZIONI PERIODICHE Una volta spiegati i motivi razionali per cui è cresciuta in tutto il mondo l’indignazione e la protesta attiva di massa contro il genocidio israeliano (e perché il termine stesso di “genocidio” sia stato sdoganato, lasciando a combattere nella giungla il solo Galli della Loggia), una volta riconosciuto l’immenso lavoro da formichine che tutte e tutti noi abbiamo fatto – scrivendo, dibattendo sino alla sfinimento con ogni tendenza italiana e palestinese, documentando i soprusi e le uccisioni “sproporzionate”, i massacri e le pratiche di apartheid e pulizia etnica, gestendo le faticose e frustranti manifestazioni che, a differenza delle grandi capitali estere, si allargavano dalle mille alle 10.000 persone (e facevano festa) –, messo in conto l’effetto amplificatore dell’arroganza sionista e dei filo-sionisti, il sostegno controproducente di Trump con la grottesca operazione Riviera di Gaza e la sostituzione stragista e inefficiente della Gaza Humanitarian Foundation alle espulse agenzie Onu, scontato tutto questo e il consenso alla causa palestinese alimentato nel mondo cattolico dai gesti profetici di papa Bergoglio, non ritrattati dal suo successore, resta una domanda: perché proprio ora, quasi tutto d’un colpo, è diventato arduo sul piano morale e mediatico non dirsi pro-Pal e non agitare la bandiera rosso-verde-nera? Con tutti gli opportunisti e gli istrioni al seguito, grazie comunque e ancora. > Una risposta del tutto razionale non c’è, però altre volte ho visto fenomeni > simili, ondate internazionali più o meno estese, più o meno legate a momenti > di crisi sociale ed espressive di interessi di classe. È successo nel 1960 simultaneamente in Italia, Turchia, Giappone e Corea del sud, si è ripetuto su scala planetaria nel 1966 nei campus statunitensi e subito dopo in tutta Europa e in Cina, con lunghi strascichi e rimbalzi negli anni ’70. Abbiamo poi (solo in Italia) il movimento chiamato della Pantera (1989-1990), l’ondata mondiale no global di fine millennio, con gli episodi salienti di Seattle e Genova, e, dopo la dura repressione, ancora una stagione di lotte fra il 2008 e il 2011, che si salda alla fine con gli Indignados, Occupy Wall Street e primavere arabe, e confluisce con una seconda stagione del movimento femminista. Un andamento carsico, di volta in volta con motivazioni precise, con innovazioni strumentali decisive (il ciclostile – angeli inclusi -, le radio libere, il fax, il primo embrionale uso di Internet, Indymedia, i social), successi e sconfitte, e tuttavia resta una zona d’ombra nel capire il quando e il perché, il rapporto fra esplosione e durata, fra cause spesso limitate ed effetti strepitosi, eterogeneità di motivazioni e legame molto fluido con la composizione di classe che risultava invece evidente fra il 1960 e il 1978. Di qui le farneticazioni sulla deriva woke e il rimpianto della limpida struttura classista delle insorgenze novecentesche. Mais où sont les neiges d’antan, ovvero ginocchia, fiato e ormoni di allora? L’unica spiegazione plausibile è un periodico ricambio di generazioni, che riaccendono le lotte cambiandone composizione di genere, aspirazioni e pratiche e smaltendone come scorie nostalgia e reducismo. Tuttavia la carsicità e l’incertezza sulle cause scatenanti non tolgono il fatto essenziale. Che queste fratture tumultuarie periodiche sono “occasioni” che vanno colte al volo e, per quanto possibile, gestite, sedimentate in soggettività temporanee. Il movimento non può suscitare a piacere le rotture congiunturali, ma si costituisce nella misura in cui riesce ad afferrarle e organizzarle, garantendone tenuta ed efficacia. Ebbene, l’ondata pro-Pal si presenta con questi caratteri di sorpresa e irruenza, accompagnandosi ad altre tematiche conflittuali non direttamente connesse con la lotta anti-imperialistica e anti-coloniale. Basti vedere l’ampiezza che ha preso la difesa dei centri sociali dopo la provocazione milanese sul Leoncavallo. E non dubito che altri episodi ci saranno, con l’imminente riapertura delle scuole e la crisi economica che scuote l’Europa e su cui al momento galleggia la nostra stagnazione. Tira un buon vento e disporre bene le vele è affar nostro! questo articoo è stato pubblicato su Dinamo Press il 10 settembre 2025 L'articolo Sumud, ora e sempre proviene da EuroNomade.
PALESTINA: IL GENOCIDIO A GAZA CONTINUA TRA BOMBE, DEPORTAZIONI E SILENZIO INTERNAZIONALE. IN CISGIORDANIA ACCELERA L’OCCUPAZIONE TOTALE
Continua il genocidio in Palestina: cinque divisioni dell’esercito israeliano, decine di migliaia di soldati in totale, sono pronte a partecipare alla prossima offensiva contro Gaza City. Lo ha annunciato lo Stato maggiore israeliano, confermando il ritiro della 36ª divisione da Khan Younis, nel sud della Striscia, “rilocata” in vista dell’attacco considerato imminente. Nel frattempo, il bilancio delle vittime palestinesi continua a crescere: almeno 59 i morti nelle ultime 24 ore, di cui 38 solo a Gaza City. L’aviazione israeliana ha colpito il campo profughi di Al-Shati, la zona costiera, Beit Lahia e Deir el-Balah. La città resta l’epicentro della crisi: distrutti una torre, dieci abitazioni e decine di tende che ospitavano sfollati. Tra le macerie sono stati recuperati tre corpi, due dei quali di bambini. Nella notte, il cielo sopra Gaza City si è illuminato a giorno a causa delle granate incendiarie, seminando il panico tra una popolazione già stremata. L’ordine di evacuazione imposto da Israele riguarda oltre un milione di persone: circa 200mila avrebbero già lasciato la città dirigendosi verso sud. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto la testimonianza, dalla Striscia di Gaza, di Sami Abu Omar, cooperante di tante realtà solidali italiane, in particolare del Centro “Vik – Vittorio Arrigoni” e di ACS, oltre che nostro collaboratore. Ascolta o scarica. Sulla deportazione di massa: l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha annunciato che continuerà a mantenere la propria presenza a Gaza City. Il direttore generale Tedros Ghebreyesus ha ribadito che le minacce israeliane non colpiscono solo i civili palestinesi, ma chiunque si trovi all’interno della principale area urbana della Striscia. Parallelamente, l’aggressione israeliana si intensifica anche nella Cisgiordania Occupata, accellerando il piano di occupazione totale. Solo nelle ultime ore: 4 arresti attorno a Jenin, compreso Abdul Abu Ali, sindaco della cittadina di Silat al-Dhahr, assaltata al pari di altri sobborghi a sud e ovest di Jenin; raid di esercito e coloni ad Atara, nord di Ramallah, con incendi di autovetture e scritte razziste contro i palestinesi, minacciati di morte; raid pure a Salfit, in particolare contro funzionari e quadri di Fatah, con un raid fin dentro la sede del Consiglio Regionale di Fatah nel governatorato. Infine Gerusalemme, dove è stato arrestato il direttore del Comitato per la Cura dei Cimiteri, Ahmad al-Dajani, rapito da uomini mascherati mentre si trovava in via Salah al-Din. Sul piano diplomatico, il premier del Qatar, Jassim Al-Thani, ha accusato Benjamin Netanyahu di dover “essere consegnato alla giustizia” e di avere “ucciso ogni speranza per gli ostaggi”. Le dichiarazioni arrivano a 24 ore dall’attacco israeliano su Doha, che non ha tuttavia raggiunto l’obiettivo: cinque le persone uccise, ma tra loro non ci sono i negoziatori di Hamas, sfuggiti alle bombe dei caccia di Tel Aviv. Intanto, i bombardamenti israeliani sullo Yemen hanno causato 35 morti e 131 feriti a Sana’a, controllata dagli Houthi, che hanno risposto lanciando due missili verso Israele. L’intervista a Eliana Riva, giornalista e caporedattrice di Pagine Esteri. Ascolta o scarica.
GLOBAL SUMUD FLOTILLA: LA CORRISPONDENZA DALLA BARCA COLPITA LA SCORSA NOTTE, PRIMA DELLA PARTENZA VERSO UN ALTRO PORTO TUNISINO
Dopo il secondo attacco in due giorni a  una barca della Global Sumud Flotilla, nel porto di Tunisi, nel pomeriggio la solidarietà di migliaia di persone ha salutato al porto la partenza delle barche, che si devono spostare per proseguire le operazioni preliminari alla partenza alla volta di Gaza. Mirano a rompere il blocco navale che dura da 15 anni. Proprio da una delle navi in partenza, colpite in questi giorni, abbiamo sentito Tony La Piccirella, attivista che ha partecipato anche ai precedenti tentativi di raggiungere Gaza e a luglio era stato rapito da Israele. Ascolta o scarica In sostegno della Global Sumud Flottilla e per denunciare le aggressioni di questi giorni, tra ieri e oggi migliaia di persone hanno manifestato in diverse piazze di tutto il mondo, Italia compresa: Milano, Torino, Bologna, Venezia e Roma, dove si sono verificati scontri con le forze di polizia. Oggi nuova giornata di protesta e presidi: stamattina studenti e studentesse di “Cambiare Rotta” hanno occupato i giardini del Campus Einaudi di Torino, allestendo tende e striscioni ed annunciando una “mobilitazione permanente”. Sempre a Torino bloccato verso le 14 il traffico davanti a Palazzo di Città per circa un’ora. Il gruppo fa parte del presidio permanente che da giorni è allestito in piazza Castello, nel cuore del centro cittadino. A Brescia l’appuntamento nel tardo pomeriggio.