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Stop Rearm Europe: l’11 settembre presidio davanti alla sede di Leonardo
Stop Rearm Europe: l’11 settembre presidio davanti alla sede di Leonardo Appuntamento alle 17:00 presso i giardini di Viale Mazzini Il cosiddetto “Defence Summit” previsto a Roma è stato rinviato a data da destinarsi. Una vittoria importante, ma non basta: Continua a leggere L'articolo Stop Rearm Europe: l’11 settembre presidio davanti alla sede di Leonardo proviene da ATTAC Italia.
L’industria armiera in Europa diffonde fake news
Pubblichiamo la prima parte di una intervista a Gianni Alioti,uno dei maggiori esperti italiani sul mercato delle armi L’industria delle armi in Europa e il suo impatto sul lavoro Il governo italiano ha trasferito 4,9 miliardi di euro dal fondo per la transizione ecologica e sociale dell’automotive all’aumento delle spese militari. Non è semplice far digerire gli investimenti al comparto bellico a un’opinione pubblica, cosciente dei corrispettivi tagli a sanità, istruzione, welfare. Intorno a ReArm Europe e all’euforia dei mercati finanziari, impegnati a investire una montagna di soldi nei titoli di borsa delle principali industrie militari europee, è molto forte il rischio di un “abbaglio” sulle aspettative in termini di ricadute occupazionali. Il Ministro dell’imprese e del made in Italy, Adolfo Urso è arrivato a prospettare per le aziende della filiera dell’automotive incentivi per riconvertirsi verso il settore aerospaziale e della difesa, mentre il suo Governo – con la Legge di Bilancio 2025 – trasferiva 4,9 miliardi di euro dal fondo per la transizione ecologica e sociale dell’automotive all’aumento delle spese militari. Spettro della guerra Non è semplice per qualsiasi governo far digerire l’aumento delle spese militari a un’opinione pubblica, cosciente dei corrispettivi tagli a sanità, istruzione, welfare. Evocare lo spettro della guerra con la Russia, evidentemente non basta. In questo caso è meglio giocarsi la carta delle ricadute industriali e occupazionali. Non è la prima volta che succede. Ricordate, ad esempio, i diecimila nuovi posti di lavoro “messi sul piatto” nel 2006 dal Capo di stato maggiore dell’Aeronautica Militare, Leonardo Tricarico e dal sottosegretario alla Difesa, Lorenzo Forcieri (Governo Prodi) se avessimo acquistato i caccia-bombardieri F-35 della Lockeed Martin ? A distanza di 20 anni possiamo verificare quanto fosse una fakenews, per condizionare il dibattito pubblico. Ma penso sia sbagliato liquidare con una semplice battuta i risvolti che l’economia di guerra ha sul sistema industriale europeo e sul lavoro. Meglio procedere secondo un rigore logico. È vero, come sostengono alcuni, che la corsa agli armamenti può salvare l’economia europea? E rilanciare l’occupazione industriale? Analisi della realtà A queste domande cercherò di rispondere non in base alle mie convinzioni etiche e politiche, ma attraverso l’analisi della realtà e dei dati (a consuntivo) inerenti sia l’andamento delle spese militari, sia la dimensione dell’industria aerospaziale e della difesa in Europa. I dati ufficiali del Consiglio Europeo (https://www.consilium.europa.eu/en/policies/defence-numbers/) ci dicono che dal 2014 al 2024 nei paesi UE le spese militari sono più che raddoppiate a prezzi costanti (+121%). Sono passate da 147 a 326 miliardi di euro. All’interno delle spese militari, quelle specifiche per armamenti e ricerca-sviluppo sono addirittura quadruplicate (+325%). Se consideriamo non i Paesi UE, ma i Paesi europei della NATO le spese militari nel 2024 sono state di più: 440 invece di 326 miliardi di euro. La crescita negli ultimi dieci anni registra una tendenza simile. Tendenze del settore Secondo il rapporto pubblicato a novembre 2024 da ASD, European Aerospace, Security and Defence Industries[3] che riguarda i 27 Paesi UE + Norvegia, Regno Unito e Turchia, a fine 2023 gli occupati totali diretti nell’industria aerospaziale e della difesa in Europa risultano, un milione e 27 mila, di cui 518 mila relativi al militare . Il fatturato complessivo nel 2023 è stato di 290,4 miliardi di euro, di cui il 55 per cento nel militare. Partire dai dati forniti da ASD ha il vantaggio dell’attendibilità e della continuità nel tempo, consentendo analisi e valutazioni di natura strutturale sulle tendenze del settore. Possiamo, infatti, analizzare cosa è successo in termini di fatturato e occupazione nello stesso arco di tempo di dieci anni (2014-2023) nel quale le spese militari sono cresciute del 90 per cento. Crescita del 65 per cento I ricavi nel militare nell’intera industria del settore in Europa sono cresciuti del 65 per cento, mentre l’occupazione è aumentata del 26 per cento da 407 mila e 800 a 518 mila addetti. Redazione Italia
Riarmo europeo e 4 novembre in Italia
Riceviamo e pubblichiamo dall’Osservatorio NOMS Il Consiglio dell’Unione Europea ha avviato un programma di investimenti militari, il Security Action for Europe (SAFE), che permetterà agli Stati di accedere a un fondo di 150 miliardi di euro per piani di spesa, investimenti nella difesa e nella sicurezza, acquisto di armi e munizioni. E, senza entrare nel dettaglio, è bene ricordare che dal marzo scorso, quando venne approvato il Riarmo Europeo, ad oggi sono state aggiunte varie parti di quel composito puzzle che potremmo definire il processo di riarmo europeo, di militarizzazione del corpo sociale, di riconversione a fini di guerra di settori dell’economia in crisi. Il cosiddetto Riarmo Europeo, risultato di un lungo processo di riordinamento economico-politico militare mondiale e quindi anche europeo, avrà presto ripercussioni dirette sulle spese sociali, sul welfare, sull’istruzione, sulla sanità e sul potere di acquisto dei salari perché, quando andremo a rivendicare aumenti contrattuali, le priorità potrebbero essere ben altre. Parliamo di almeno 800 miliardi di euro da passare alle industrie di armamenti come incremento di profitti che la crisi di capitale non consente di raggiungere in altri settori produttivi con i mercati ormai saturati o in crescente difficoltà. Il 24/25 giugno il Summit ha deliberato l’aumento del budget militare per ogni Paese, da portare al 3% o al 5%, e tutto ciò dissanguerà ulteriormente salari e spesa pubblica (sanità, pensioni, scuola, trasporti, ecc.). L’egemonia USA in crisi economica, politica e sociale tende ora a farsi pagare l’enorme debito estero di 23 mila miliardi di dollari dai Paesi europei, i quali non traggono alcun insegnamento dalla guerra in Ucraina, responsabile della recessione delle economie del vecchio continente. Il riarmo prosegue a ritmi serrati e in questa fase iniziale (dal marzo scorso in poi) sono stati messi a punto i primi progetti comunitari per offrire impulso alla ricerca e produzione di sistemi di arma. Presto ci diranno che alcune aziende fuori mercato, per scongiurare la chiusura e i licenziamenti, dovranno riconvertirsi alla produzione bellica, come sta già avvenendo in Germania, militarizzando di fatto le aziende e sottoponendo le maestranze a controlli asfissianti. Sotto i nostri occhi sta crescendo l’assuefazione alla idea della guerra, ce la presentano come necessaria per difendere l’occupazione, per far riprendere la crescita economica, per difenderci da ipotetici nemici, ovviamente creati ad arte per giustificare il Riarmo. L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e dell’università, nella sua assemblea annuale, ha discusso a lungo della necessità di rilanciare una mobilitazione contro la guerra e contro il Riarmo per non essere complici, per non cedere scuole, università e settori sociali alla propaganda di guerra, alla mera giustificazione dei processi in atto. Per costruire una mobilitazione diffusa bisogna andare direttamente nelle scuole e nel mondo della conoscenza, per questo chiediamo a tutte le associazioni aderenti all’osservatorio e a quelle realtà associative, comitati territoriali locali e nazionali, studenti e coloro che in questi anni hanno collaborato con l’Osservatorio e si sono opposti alla guerra e in particolare al genocidio in atto a Gaza, di partecipare ad un’assemblea online il 27 agosto alle ore 18 al link https://meet.jit.si/osservatorionomili per costruire insieme uno sciopero in occasione della Giornata del lutto, il 4 novembre. Redazione Italia
Defence Summit a Roma, NO! di Stop Rearm Europe
“Cultura della difesa“ sempre più martellante in Italia, sul tema interviene con un comunicato Rearm Europe Roma critica nei confronti del prossimo “Defence Summit” annunciato per settembre nella capitale. “Diciamo NO allo show dei mercanti di morte!! Il prossimo 11 settembre si terrà presso l’Auditorium di Roma la prima edizione del DEFENCE SUMMIT, un’iniziativa promossa dal Sole 24ore che vede come partner tutte le maggiori industrie militari italiane. Il Summit viene presentato con le parole del Ministro Crosetto “La cultura della Difesa incarna il principio fondamentale della cultura democratica” e vedrà sfilare i Capi di Stato Maggiore dei diversi corpi dell’Esercito Italiano assieme ai Ceo delle industrie degli armamenti. Dentro un contesto nel quale la dimensione della guerra assume un ruolo sempre più rilevante a livello globale, mentre si abbandona qualunque ruolo diplomatico per porre fine alla guerra in Ucraina e ci si rende complici del genocidio in atto in Palestina, si tiene a Roma in uno spazio pubblico un convegno fra i soggetti che questi scenari alimentano e i soggetti che su questi scenari fanno profitti. Riteniamo totalmente inaccettabile che la Fondazione Musica per Roma, dentro il quale il Comune di Roma è ente fondamentale, abbia concesso uno spazio per un’iniziativa che è in diretto contrasto con le finalità statutarie della fondazione stessa. Chiediamo pertanto al Comune di Roma il ritiro della concessione dell’Auditorium per un’iniziativa che propaganda la guerra. Chiamiamo la città a promuovere l’11 settembre un SOCIAL SUMMIT nel piazzale esterno dell’Auditoriun per dire con determinazione e creatività il nostro collettivo NO alla guerra, al riarmo, al genocidio, all’autoritarismo. Fermiamo la guerra, riprendiamoci il futuro. STOP REARM EUROPE ROMA“
Francia, Germania, aumento delle spese militari
Gianni Alioti è uno dei maggiori esperti italiani delle produzioni di armamenti, e di lui su Pressenza abbiamo pubblicato varie documentate riflessioni. Nei giorni scorsi è stato pubblicato un suo approfondimento di cui vi segnaliamo alcuni passaggi. Il testo completo è leggibile sul sito dell’associazione ‘La porta di vetro’: https://www.laportadivetro.com/post/l-editoriale-della-domenica-da-uno-scoperto-militarismo-agli-interessi-delle-multinazionali “Il presidente francese Emmanuel Macron nel tradizionale discorso alle Forze armate alla vigilia della festa nazionale del 14 luglio ha confermato (nonostante il debito vertiginoso) che il livello delle spese militari sarà elevato nel 2027 a 64 miliardi di euro, il doppio del bilancio di cui le forze armate francesi disponevano nel 2017, al suo arrivo all’Eliseo. Le spese militari in Francia previste per il 2025 superano già i 50 miliardi di euro. Non è da meno il Cancelliere tedesco Friedrich Merz. Nel giorno del suo insediamento ha affermato che la massima priorità del suo Governo era quella di costruire l’esercito più potente d’Europa. Promessa non inedita per la Germania… È stato di parola. A giugno di quest’anno il Governo tedesco ha approvato sia il bilancio 2025, portando le spese militari a 94 miliardi di euro pari al 2,4% del PIL, sia il piano finanziario a medio termine per circa 500 miliardi di euro, prevedendo un forte aumento del debito netto tra 2025 e 2029, allo scopo di sostenere il potenziamento militare della Germania. In soldoni un incremento della spesa militare del 70% entro il 2029, per portarla a 162 miliardi di euro l’anno (3,5% del PIL rispetto a 1,6% del 2024). Non semplice da far digerire a un’opinione pubblica, cosciente dei corrispettivi tagli a sanità, istruzione, welfare. Che il Cancelliere Merz si muova, al netto della retorica, fuori da una reale prospettiva di difesa comune europea (come del resto fanno anche gli altri leader dei principali paesi), lo dimostra il fatto che ha firmato a Londra un trattato bilaterale con il premier britannico Keir Starmer. Trattato che prevede una clausola di assistenza reciproca in caso di minaccia. Inoltre, va detto che il programma di riarmo tedesco, alla guida di quello europeo, è sostenuto da un allineamento politico particolarmente inquietante. Coinvolge, oltre al Cancelliere, anche la massima carica dello Stato tedesco e la presidente (tedesca) della Commissione europea. E, aggiungo non senza malizia, anche l’amministratore delegato della multinazionale tedesca Rheinmetall, cioè l’azienda più dinamica, sia nella riorganizzazione del complesso militare-industriale in Europa (Ucraina compresa), sia nell’accaparrarsi le più grandi commesse di armamenti, come quella di 23 miliardi di euro dell’Esercito Italiano per la produzione, in joint venture con Leonardo, di 280 carri armati e 1.050 veicoli corazzati. In effetti, non solo le ingenti risorse dei singoli Stati spese in nuovi armamenti hanno moltiplicato il portafoglio ordini e i ricavi dell’azienda, ma hanno “garantito” la sua capitalizzazione finanziaria in Borsa. Con la guerra ad alta intensità in Ucraina, il valore di un’azione Rheinmetall è schizzato dai 90 euro del gennaio 2022 ai 1.871 euro del 14 luglio 2025. Un incremento che sfiora il 2.000%. Un’evidente certificazione di quanto scritto da Maurizio Boni sulla rivista Analisi Difesa: “[…] c’è anche il sospetto che il nuovo militarismo del Ventunesimo secolo sia alimentato, oltre che da indubbie radici culturali, anche da un fattore molto più potente dell’ideologia: gli interessi delle multinazionali che vedono nel militarismo, e del conseguente riarmo, non solo della Germania, un’occasione irripetibile per accrescere i propri profitti. Il fatto che il Cancelliere Merz sia stato il Presidente del Consiglio di Sorveglianza di BlackRock Deutschland, la filiale tedesca del colosso statunitense, una delle più grandi società di gestione patrimoniale del mondo, non ci incoraggia affatto”. E BlackRock non è solo una grande società di investimento con sede a New York, con un patrimonio totale di 10 mila miliardi di dollari (al 31 dicembre 2023), di cui un terzo in Europa. Ma è tra i principali azionisti sia delle 5 big al mondo per fatturato militare (Lockheed Martin, RTX, Northrop Grumman, Boeing e General Dynamics), sia della tedesca Rheinmetall, delle britanniche BAE Systems e Rolls-Royce, dell’italiana Leonardo, della trans-europea Airbus, della ucraina JSC e di altre aziende europee che operano in campo militare. Sulla corsa al riarmo in Europa e la correlazione tra il programma ReArm Europe e obiettivo deciso in ambito NATO di spendere in spese militari + “sicurezza allargata”, ho rilasciato un’intervista a Settimana News, ( di cui alcuni passaggi su https://www.pressenza.com/it/2025/04/il-riarmo-delleuropa-una-intervista-a-gianni-alioti-the-weapon-watch/ . Concludo questo mio punto di vista critico sul riarmo europeo, tra retorica militarista e interessi delle multinazionali del settore, ricordando (per dovere di cronaca), che la politica di riarmo nei paesi UE e in quelli europei della NATO è ripresa nel 2014 (dopo la flessione causata dalla crisi finanziaria globale del 2008-2009). In dieci anni le spese militari sono più che raddoppiate, crescendo esattamente del 121% tra 2014-2024 (fonte Consiglio Europeo). Ciò che cambia, quindi, non è tanto il trend, quanto la narrativa pubblica. Siamo passati, come sostiene Carlo Tombola di The Weapon Watch, dal lungo silenzio mediatico sulla corsa al riarmo iniziata da oltre un decennio alla distorsione del linguaggio durante la pandemia. Fino alla situazione attuale in cui tutto è in funzione della guerra inevitabile. Una narrazione bellicista che pare più funzionale a spostare ingenti risorse pubbliche a interessi privati, piuttosto che alla difesa reale. Redazione Italia
“800 miliardi di motivi per dire NO alla Fortezza Europea”, a cura di Osservatorio Repressione
Segnaliamo l’uscita di un volume interessante per il lavoro che conduce l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università e al quale hanno partecipato promotori, aderenti e attivisti dello stesso, cioè Antonio Mazzeo e Giovanni Russo Spena. Il volume, dal titolo 800 miliardi di motivi per dire NO alla Fortezza Europa, è curato da Ludovico Basili, Italo Di Sabato e Giovanni Russo Spena e pubblicato da Osservatorio Repressione con Left edizioni – Editorialenovanta S.r.l. Introduzione di Italo Di Sabato, Interventi di: Livio Pepino, Giovanni Russo Spena, Antonio Mazzeo, Angela Cianfagna Bracone, Andrea Ventura, Franco Russo, Saverio Ferrari, Gianfranco Schiavone, Emilio Drudi, Dana Lauriola, Ilaria Salis, Salvatore Palidda, Victor Serri, Nicola Carella, Comitato free Gino, Marco Sommariva, Roberta Cospito, Paola Bevere, Patrizio Gonnella. «Con il ReArm Europe, la Fortezza Europa compie un passo verso un nuovo scenario. Oggi, di quale Europa stiamo parlando? Europa di pace o Europa di guerra? Europa che investe in armi tagliando il welfare? O Europa che investe in cooperazione tagliando le spese militari? Legislazioni d’emergenza, esternalizzazione delle frontiere e respingimenti di migranti, torsione autoritaria interna, riconversione industriale verso una produzione militare, sorveglianza digitale, tagli alla spesa sociale, impoverimento per qualcuno, arricchimento per qualcun altro, crescita dei movimenti fascisti e dei nazionalismi, crisi ecologica. Il libro curato da Osservatorio Repressione – 800 miliardi di motivi per dire no alla Fortezza Europa – pubblicato come Supplemento al numero 5 di Left – 2 maggio 2025, prova a darci delle risposte» (fonte nientedimenomedia.com). Ascolta qui anche l’intervista ad Antonio Mazzeo per la presentazione del volume.
21 giugno: in piazza per fermare la guerra, in piazza per riprendersi il futuro
  di Marco Bersani 18 Giugno 2025 Tutti e tutte a Roma a Porta San Paolo alle 14.00, per la pace, per il disarmo, per la giustizia sociale e climatica, in adesione alla campagna Stop ReArm Europe, che ha lanciato la Continua a leggere L'articolo 21 giugno: in piazza per fermare la guerra, in piazza per riprendersi il futuro proviene da ATTAC Italia.
L'Italia in guerra
In vista delle mobilitazioni contro il riarmo di sabato 21 giugno, in una corrispondenza con Antonio Mazzeo,riflettiamo innanzitutto sulle politiche dissennatamente poste in atto dall'Unione Europea attraverso il piano ReArm Europe. Affrontiamo poi il tema del coinvolgimento diretto dell'Italia nell'escalation del conflitto portato da Israele in Iran, soprattutto perché, a partire dal 13 giugno, si è registrato un intensificarsi dei decolli di grandi aerei spia della US AirForce in direzione dello spazio aereo prossimo a Israele e al Libano; documentato anche il trasferimento di numerosi aerei-cisterna statunitensi in diverse basi aeree europee, tra cui quella di Aviano. Ci concentriamo infine sulla vicenda più emblematica dell'ipocrisia del diritto internazionale, ovvero quella del nucleare israeliano; mai dichiarato, mai soggetto ad ispezioni, perché Israele non ha aderito al Trattato di non proliferazione nucleare, a differenza dello stato iraniano.
“Europa a mano armata”, il libro contro il riarmo curato da Futura D’Aprile per Sbilanciamoci.info
È uscito oggi, 16 giugno 2025, l’ebook curato da Futura D’Aprile per Sbilanciamoci.info sul riarmo dell’Europa, in cui si focalizza l’attenzione sulle spese in UE dal 2017 ad oggi, un tema che come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università cerchiamo di approfondire, giacché è da lì che scaturisce l’investimento italiano in armi, ma anche in termini di reclutamento esperto e giovane per l’utilizzo di quelle sofisticate e moderne armi di distruzione di massa. Scrive, infatti, Futura D’Aprile della presentazione del volume: «Maggiori spese militari, tuttavia, alimentano la corsa al riarmo e i conflitti regionali e, sul piano interno, sottraggono risorse ad altre voci di spese nazionali e comunitarie, mettendo in secondo piano il welfare e il benessere dei cittadini», comprese tutte le risorse che servirebbero al funzionamento della scuola e della sanità, come sosteniamo da tempo. L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, del resto, ha già avuto modo di apprezzare il lavoro di inchiesta di Futura D’Aprile durante il convegno nazionale del 16 maggio a Roma presso Spin Time Lab e qui riportiamo il suo intervento video incentrato proprio sugli investimenti dell’Italia in armi in ottemperanza alle indicazione che giungono dall’Unione Europea e della NATO, l’alleanza militare a direzione USA. Futura D’Aprile è una giornalista freelance iscritta all’O.d.g. Puglia, collabora con Il Fatto Quotidiano, Domani, Altraeconomia ed è autrice di Crisi globali e affari di piombo, Seb27, 2022. Clicca qui per scaricare gratuitamente il libro curato da Futura D’Aprile.
ROARS.it: Sull’attenti e competenti! Arriva l’Unione delle competenze
DI ANNA ANGELUCCI PUBBLICATO SU WWW.ROARS.IT IL 7 APRILE 2025 Ospitiamo con piacere sul nostro sito l’interessante contributo scritto da Anna Angelucci, relatrice al Convegno “Scuole e università di pace. Fermiamo la follia della guerra“, pubblicato su ROARS.it il 7 aprile 2025 in cui viene ribadito quanto l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università denuncia da due anni a questa parte, vale a dire un pericolosissimo processo di occupazione degli spazi del sapere e della formazione da parte delle Forze Armate e di strutture di controllo. «In una scuola in cui già da tempo i dettami performativi e competitivi dell’Ue hanno imposto la visione funzionalista e economicista delle competenze trasversali, della valutazione standardizzata, dell’orientamento al lavoro, del tutoring e del customer care, da oggi si impongono le nuove competenze di resilienza, di preparazione, di pronta risposta alle crisi e ai conflitti, considerate come “condizione abilitante” per gli sventurati abitanti di questa nuova Europa guerrafondaia in cui “l’Unione delle competenze propone un nuovo approccio, che combina le politiche dell’istruzione, della formazione e dell’occupazione, unite intorno a una visione comune della competitività”. Civile o militare (sotto questo profilo, si segnala l’importantissimo lavoro dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università), poco importa: business is business…continua a leggere su www.roars.it.