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Polonia: controlli e violenza al confine
Il 7 luglio scorso la Polonia ha introdotto i controlli alle frontiere con Germania e Lituania, prorogati a inizio agosto fino al 4 ottobre. Dopo un vertice sulla sicurezza con governatori e capi delle guardie di confine il ministro dell’Interno Kierwiński, , ha annunciato che il regolamento era stato notificato alla Commissione europea 1. Il ministro ha sottolineato la crescente pressione sul confine orientale, spiegando che la barriera polacca ha bloccato quasi del tutto i flussi da Bielorussia e Russia, spostando le rotte migratorie verso altri Paesi UE: «La tenuta al 98% della nostra barriera significa che i servizi bielorussi e russi, insieme alla migrazione illegale, si stanno spostando verso altre sezioni». Ha poi aggiunto: «Oggi la questione fondamentale, non solo per noi ma anche per i nostri partner dell’Unione Europea, è chiudere – se posso usare questo termine – la rotta che si è spostata verso Lituania e Lettonia» 2. Il mantenimento dei controlli alle frontiere interne Schengen mina il principio di libera circolazione dell’Unione Europea. Anche la Germania (già dal 2023) ha introdotto controlli ai confini con Polonia e Repubblica Ceca per contrastare l’immigrazione irregolare, estendendoli poi, lo scorso anno, a tutte le sue frontiere. In Lituania i controlli sono attivi in 13 punti, di cui tre valichi ufficiali, mentre gli altri dieci sono postazioni mobili utilizzabili dai residenti locali. In Germania, invece, i controlli si svolgono in 52 località 3. Sempre nel mese luglio, il parlamento polacco ha prorogato per altri 60 giorni la sospensione del diritto a richiedere asilo, approvata con 381 voti favorevoli e solo 19 contrari. Introdotto per la prima volta a marzo 2025, questo provvedimento era già stato prorogato a maggio e prevede la possibilità di limitare temporaneamente il diritto d’asilo in caso di “strumentalizzazione della migrazione”, quando considerata una grave minaccia alla sicurezza nazionale. Notizie/Confini e frontiere POLONIA, PROROGATA LA LEGGE CHE LIMITA IL DIRITTO D’ASILO AL CONFINE CON LA BIELORUSSIA Le ONG denunciano respingimenti illegali e violenze, anche sui minori non accompagnati Gaia Facchini 10 Luglio 2025 Ad aprile, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha disposto misure cautelari per impedire il rimpatrio delle persone migranti in Bielorussia, ma almeno una di queste misure è stata ignorata dalla Guardia di Frontiera polacca 4. La situazione al confine con la Bielorussia rimane grave, con violenze ricorrenti e limitazioni dei diritti fondamentali di persone in movimento e richiedenti asilo. Il 23 Luglio, un soldato polacco ha ferito a una coscia un cittadino sudanese nei pressi di Narewka, al confine con la Bielorussia, dopo che un gruppo era stato fermato per ingresso irregolare; l’uomo è stato ricoverato ma non è in pericolo di vita 5. L’esercito ha giustificato l’uso della forza con la necessità di tutelare i militari e di fronteggiare comportamenti aggressivi, mentre cinque persone migranti sono stati consegnate alla Guardia di Frontiera. Le autorità hanno riferito circa 100 tentativi di attraversamento illegale registrati il giorno precedente. Al confine sono frequenti gli scontri tra autorità polacche e persone in movimento: nel giugno 2024 un soldato polacco era stato presumibilmente accoltellato da una persona migrante. Dal 2021, diverse organizzazioni della società civile hanno denunciato che centinaia di persone hanno perso la vita nelle zone di confine, a causa dei respingimenti illegali attuati dalla parte polacca e della violenza delle autorità bielorusse. Nell’aprile 2024, la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha stabilito che la Polonia aveva violato gli articoli 3 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e il protocollo 4 della Convenzione spingendo ripetutamente un gruppo verso l’Ucraina. Sebbene i tribunali nazionali abbiano anche ripetutamente ritenuto illegali le pratiche di respingimento delle autorità, queste sono continuate per tutto il 2024 6. Il rapporto AIDA sul 2024 sulla Polonia 7, pubblicato nel mese di luglio, contiene una panoramica dettagliata sugli sviluppi legislativi e pratici in materia di procedure d’asilo, condizioni di accoglienza, detenzione dei richiedenti asilo. Nel 2024, 17.020 persone hanno richiesto protezione internazionale in Polonia, di cui 14.571 per la prima volta, con il 65% costituito da cittadini ucraini e bielorussi. Gli altri punti principali che emergono dal rapporto sono: * Nel 2024 continuano le segnalazioni di violenza verbale e fisica (uso di armi da fuoco, percosse e uso sistematico di spray al peperoncino), anche da parte di agenti della guardia di frontiera polacca. Registrati in totale 3183 respingimenti. * Reintrodotto il divieto di accesso all’area di confine a giugno 2024, prorogato per tutto l’anno, impedendo alle ONG di fornire aiuti umanitari a chi cerca protezione internazionale. Inoltre, nel 2024 sono proseguiti i procedimenti giudiziari contro operatori umanitari, accusati, tra l’altro, di “agevolare la permanenza illegale in Polonia”. * La mancanza di effettiva identificazione delle persone vulnerabili continua a essere condannata dalle ONG polacche. Per quanto riguarda le condizioni di accoglienza al confine polacco-bielorusso, queste sono rimaste critiche nel 2024: molti richiedenti asilo non hanno avuto accesso a strutture materiali o assistenza medica, nonostante violenze subite, ferite o estrema stanchezza, situazione aggravata dal divieto di soggiorno in alcune zone di frontiera che ha ostacolato l’intervento delle ONG. I minori non accompagnati richiedenti asilo hanno faticato a trovare sistemazioni adeguate, e spesso rifugi d’emergenza o strutture giovanili hanno rifiutato l’accoglienza dei minori portati lì dalle guardie di frontiera. La detenzione di famiglie con bambini è continuata, senza rispetto del principio del “miglior interesse del minore”, e le vittime di violenza o tortura sono state ancora collocate in centri di detenzione. Il Comitato ONU per i diritti economici, sociali e culturali, ha espresso preoccupazione per l’alto tasso di povertà e il rischio di sfruttamento abitativo tra persone rifugiate, mentre la protezione temporanea per cittadini ucraini e loro familiari è stata prorogata fino al 2025-2026, con criteri di registrazione più restrittivi. Nonostante l’aumento delle domande di asilo, le autorità hanno adottato un approccio più restrittivo, limitando la libertà di movimento dei beneficiari di protezione temporanea e condizionando l’accesso ai diritti socio-economici. Persistono anche nel 2025 gravi violazioni dei diritti umani, la crisi umanitaria al confine e la progressiva fortificazione della zona, accompagnate dalla criminalizzazione dell’assistenza umanitaria. Gli orrori al confine non si sono fermati, come conferma il rapporto “Brutal Barriers” realizzato da Oxfam e l’ONG Egala che documenta respingimenti, violenze fisiche – tra cui percosse, morsi di cani e violenza sessuale – e decessi nella cosiddetta “terra di nessuno”. Continuiamo a denunciare un sistema che lede sistematicamente i diritti fondamentali, legittimandosi al contempo sul piano sociale, politico e istituzionale. Rapporti e dossier/Confini e frontiere BRUTAL BARRIERS: RESPINGIMENTI, VIOLENZA E VIOLAZIONI ALLA FRONTIERA TRA POLONIA E BIELORUSSIA Il rapporto realizzato da Oxfam ed Egala Ludovica Mancini 19 Agosto 2025 1. Poland extends border controls with Germany and Lithuania, Eliza Meller/ew (3 Agosto 2025) ↩︎ 2. Poland extends border controls with Germany and Lithuania, TVP World (3 agosto 2025) ↩︎ 3. Polonia: prorogati i controlli alle frontiere con Germania e Lituania, Katarzyna-Maria Skiba (3 Agosto 2025) ↩︎ 4. AIDA (Asylum Information Database) Country Report on Poland – Update on 2024, ECRE ↩︎ 5. Polish soldier shoots migrant with rubber bullet at border, TVP World (23 luglio 2025) ↩︎ 6. AIDA (Asylum Information Database) Country Report on Poland – Update on 2024, ECRE (10 luglio 2025) ↩︎ 7. Scarica il rapporto di Asylum Information Database (AIDA) sulla Polonia pubblicato nel luglio 2025 ↩︎
Brutal Barriers: respingimenti, violenza e violazioni alla frontiera tra Polonia e Bielorussia
Dalla violenza delle parole alla violenza della frontiera Sono «Orde di banditi… che cercano di attaccare i soldati polacchi» 1. «Immagina una ragazza di 18 anni che attraversa molte frontiere, senza famiglia… Non ha idea di come siano le foreste Europee… di quanto poco bene ci sia» 2. Due narrazioni antitetiche. Lo stesso oggetto: la frontiera tra Polonia e Bielorussia. Il rapporto Brutal Barriers realizzato da Oxfam e l’ONG Egala 3, pubblicato nel marzo 2025, grida le prove e le testimonianze delle persone in movimento, dei volontari e degli operatori umanitari presenti nel cosiddetto ‘Sistema’: quello che in arabo viene chiamato Muharrama, cioè: ‘terra di nessuno’, ‘zona di morte’. Il Sistema è un’area lunga 38 miglia situata nella primordiale, ostile all’uomo, foresta di Białowieża, oggi scena di una crisi umanitaria e dei diritti umani che si aggrava ininterrottamente dal 20214, risultato della sistematica strumentalizzazione delle persone in movimento dal regime di Lukashenko e della brutale politica dei ‘pushbakcs’ adottata dal Governo Tusk. Questo articolo si propone di contro informare sugli orrori documentati dal rapporto Brutal Barriers, configurandosi quale contro-pratica discorsiva rispetto alla crescente criminalizzazione e securitizzazione delle persone in movimento e dei difensori dei diritti umani, come denunciato nel rapporto stesso. In un contesto in cui emozioni e sentimenti vengono evocati per propagandare la negazione di questa crisi umanitaria, funzionale alla tutela dello schema identitario dell’Unione Europea (UE), saranno proprio le voci grassroots raccolte nel documento di Oxfam ed Egala a parlare del Sistema, rivelando il décalage esistente tra la violenza semantica delle retoriche securitarie e la violenza sistemica che domina la Muharrama. A COSA ASSOMIGLIA LA FRONTIERA TRA POLONIA E BIELORUSSIA? «Stavo camminando nella foresta. Continuavo a guardarmi alle spalle per controllare se ci fossero soldati polacchi (…), avevo paura che mi prendessero. Non mangiavo da molto tempo. (…) Ero vicino al fiume (…). Ero bagnata, ero lenta perché mi dovevo muovere nel fango» 5. A partire dal 2021, la frontiera orientale tra Polonia e Bielorussia è oggetto di un processo di progressiva e sistematica fortificazione multilivello. Alle barriere naturali preesistenti, rappresentate dalla foresta di Białowieża, si sono affiancate diverse tipologie di ostacoli, riconducibili a quattro principali dimensioni: * Barriere artificiali di natura militare e tecnologica, costituite da infrastrutture di contenimento quali recinzioni in filo spinato, barriere “intelligenti” dotate di sensori di movimento e sistemi avanzati di videosorveglianza. * Barriere coercitive, rappresentate da prassi consolidate e documentate di violazione dei diritti fondamentali da parte delle autorità polacche e bielorusse. Tali pratiche includono operazioni di respingimento collettivo (pushbacks), uso sproporzionato della forza e privazione deliberata di beni essenziali quali cibo, acqua, cure mediche e riparo, in violazione del diritto internazionale ed europeo dei diritti umani. * Barriere normative, ovvero misure legislative e regolamentari finalizzate alla formalizzazione e legittimazione giuridica di un regime strutturale di compressione dei diritti umani e dello stato di diritto. Tra queste si segnalano: la reintroduzione della ‘zona di esclusione’ nel giugno 2024; la Legge polacca 1248/2024, che prevede un’esenzione dalla responsabilità penale per i membri delle forze armate, della guardia di frontiera e della polizia operanti nelle aree frontaliere, anche in caso di uso eccessivo della forza, concedendo il via libera ad abusi; lo stanziamento di 52 milioni di euro da parte della Commissione Europea nell’ambito del Regolamento (UE) 2021/1148 6, destinati al rafforzamento del controllo delle frontiere esterne e alla gestione delle cosiddette ‘minacce ibride’; nonché la Legge polacca 389/2025, che autorizza la sospensione temporanea del diritto d’asilo in situazioni eccezionali. L’insieme di questi strumenti solleva rilevanti questioni di compatibilità con più articoli della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, la Convenzione Europea dei Diritti Umani (CEDU), e la Convenzione sullo Status dei Rifugiati del 1951. ‘ZONA DI ESCLUSIONE’ REINTRODOTTA NEL LUGLIO 2024 Fonte: Oxfam & Egala (2025, p. 7 * Barriere all’assistenza umanitaria, derivanti dalla totale assenza di una risposta istituzionale alla crisi umanitaria in corso e da forme sistematiche di ostruzionismo nei confronti delle attività svolte da soggetti della società civile, come documentato da Amnesty International 7. Queste ultime si concretizzano in azioni di criminalizzazione, intimidazione, molestie, anche attraverso canali digitali, controllo repressivo e fenomeni di vigilantismo armato e organizzato da parte di attori non istituzionali. PUSHBACKS, VIOLENZE E ASSENZA DELLO STATO DI DIRITTO IN POLONIA E IN BIELORUSSIA Secondo quanto riportato da Medici Senza Frontiere, nel giugno 2024 i pazienti giunti in Polonia hanno dichiarato di aver trascorso in media 21 giorni nella foresta, con permanenze che in alcuni casi hanno raggiunto i 90 giorni 8. Durante questa agonia nel Sistema, sia dal lato polacco che da quello bielorusso, le persone in movimento hanno affermato di essere state sottoposte a diverse pratiche non conformi al diritto, non solo nazionale, ma anche a norme di ius cogens erga omnes. Le organizzazioni della società civile hanno registrato 5,615 richieste di assistenza e 3,183 casi di pushbacks 9 da territorio polacco. Inoltre, secondo i dati raccolti da We Are Monitoring, tra giugno e novembre 2024 10, 122 persone in movimento, bisognose di immediata assistenza medica – anche donne incinte – sono state respinte, di cui 13 direttamente da strutture ospedaliere polacche, includendo anche soggetti minorenni 11. Approfondimenti/Rapporti e dossier/Confini e frontiere «HO DETTO, VOGLIO RIMANERE IN POLONIA MA MI HANNO RESPINTO» Testimonianze dal confine polacco-bielorusso nel rapporto di We Are Monitoring Gaia Facchini 24 Marzo 2025 A ciò si aggiungono una pluralità di violazioni dei diritti umani che, nei casi più gravi, si configurano come una lesione del diritto alla vita, garantito, inter alia, dall’articolo 2 della CEDU, dovute tanto alle pratiche di respingimento collettivo, quanto alle infrastrutture di frontiera. In particolare, la fortificazione della frontiera ha determinato, nel periodo compreso tra gennaio e settembre 2023, un incremento del 40% delle lesioni fisiche direttamente imputabili all’interazione con tali dispositivi. «Molto spesso, la prima cosa che sentiamo dai pazienti assistiti negli ospedali polacchi è l’espressione ‘No Bielorussia, No Bielorussia’», riferisce Justyna, volontaria presso l’ospedale gestito da Egala. Le testimonianze raccolte evidenziano che le violenze perpetrate sul lato bielorusso assumono spesso forme drammatiche: le persone vengono punite e percosse in conseguenza del mancato ingresso in Polonia. Sono frequenti le ferite causate da morsi di cani e i segni di percosse, mentre non mancano le segnalazioni di violenza sessuale, come riferisce Olga, operatrice di Egala, mettendo in luce come le donne in movimento subiscano anche forme specifiche di violenza intersezionale, dovute alla loro condizione di essere sia in movimento sia donne. Inoltre, sul versante bielorusso, al di là della violenza sistemica, emerge la totale impossibilità per le persone in movimento di sfuggire al Sistema: esse non hanno la possibilità né di lasciare la regione né di raggiungere Minsk, restando di fatto costrette a tentare l’attraversamento verso la Polonia. Tra metà 2021 e novembre 2024, la foresta di Białowieża è divenuta il luogo di morte documentata di 88 persone, secondo quanto riportato dalle organizzazioni della società civile, senza considerare il presumibile numero di vittime non registrate. RACCOMANDAZIONI Oxfam ed Egala propongono, inter alia, le seguenti raccomandazioni: Al Governo della Repubblica di Polonia: cessare la politica e la prassi dei respingimenti collettivi, assicurare un trattamento conforme agli standard internazionali ed europei sui diritti umani per tutte le persone presenti nella zona di frontiera, abrogare la Legge 1248/2024, e garantire un accesso effettivo alla zona di frontiera per le organizzazioni umanitarie e di tutela dei diritti fondamentali. Al Governo della Repubblica di Bielorussia: prevenire, indagare e sanzionare con urgenza ogni forma di abuso, in particolare violenza sessuale, tortura e trattamenti inumani o degradanti perpetrati da personale in uniforme; porre fine al trattenimento delle persone in movimento nel Sistema, assicurando un accesso effettivo alle procedure di asilo. Alle istituzioni e agenzie dell’Unione Europea: indagare sulle presunte violazioni della normativa UE in materia di asilo e di gestione delle frontiere da parte della Polonia, condannare pubblicamente gli abusi e sospendere ogni forma di sostegno politico, finanziario e operativo dell’UE, incluso Frontex, per infrastrutture o attività di protezione della frontiera polacca, basi delle violazioni dei diritti umani. Alla comunità internazionale: condannare pubblicamente ogni violazione, politica o operativa, dei diritti connessi al diritto d’asilo nella zona di confine e sostenere l’assistenza umanitaria per rispondere ai bisogni immediati delle persone coinvolte. CONCLUSIONI Dal 2021, la crisi umanitaria nella foresta di Białowieża si è progressivamente aggravata, accompagnata da violazioni dei diritti umani sempre più sistematiche, istituzionalizzate sul piano giuridico e avallate politicamente anche attraverso strategie propagandistiche di negazione e distorsione dei fatti, generando così una legittimazione simultanea sul piano giuridico, istituzionale, politico e sociale. Guardando al futuro, l’entrata in vigore del Regolamento (UE) 1348/2024 12 sulle procedure di asilo, con le quattro modifiche introdotte alla nozione di Paese terzo sicuro, rischia di produrre effetti restrittivi sulla protezione internazionale, in particolare in contesti di frontiera come quello tra Polonia e Bielorussia, dove potrebbe consolidare approcci securitari e ostacolare maggiormente l’accesso effettivo alla procedura d’asilo. In senso potenzialmente opposto, la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea 13, così come le decisioni attese della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nelle cause H.M.M. e altri c. Lettonia, C.O.C.G. e altri c. Lituania e R.A. e altri c. Polonia potrebbero costituire delle contro-pratiche top-down alla plurima legittimazione della negazione dello stato di diritto nella foresta di Białowieża. Le sentenze attese saranno determinanti per chiarire l’applicazione combinata dell’articolo 4 del Protocollo n. 4 (proibizione di espulsioni collettive di stranieri) e dell’articolo 3 (proibizione di tortura) della CEDU, con riferimento al margine di apprezzamento degli Stati e alla possibilità di deroga prevista dall’ articolo 15 della CEDU in situazioni qualificate come ‘emergenze’ – come quelle definite dagli Stati convenuti in giudizio come ‘guerra ibrida’ – in nome della sicurezza nazionale o dell’ordine pubblico. Non da meno sarà la valutazione circa l’effettiva disponibilità, o meno, di canali legali e genuini di ingresso nei tre Paesi interessati. 1. Come riportato da Reuters (2024). Polish border migrant crisis: bill to allow use of arms sparks rights concern ↩︎ 2. Testimonianza di Sanibab. Brutal Barriers Report on the Poland-Belarus Border, P. 4 (2025) ↩︎ 3. Leggi il rapporto ↩︎ 4. Nel 2021, il regime bielorusso ha deliberatamente favorito e strumentalizzato i flussi migratori provenienti da Paesi terzi, agevolando l’ingresso di migranti e richiedenti asilo verso il confine con la Polonia al fine di esercitare pressione politica sull’Unione Europea (UE), in risposta alle sanzioni adottate dall’UE nei confronti del regime di Lukashenko a seguito delle contestate elezioni presidenziali del 2020 e della repressione violenta delle proteste interne ↩︎ 5. Testimonianza di Sanibab. Brutal Barriers Report on the Poland-Belarus Border. (2025). P. 10 ↩︎ 6. Consulta il regolamento ↩︎ 7. Amnesty International (2022). Poland: Cruelty Not Compassion, at Europe’s Other Borders. ↩︎ 8. Oxfam, intervista a testimone privilegiato con Judyta Kuc, Responsabile del Supporto alla Missione e dell’Advocacy, MSF (11 giugno 2024) ↩︎ 9. Dati di We Are Monitoring forniti a Oxfam, gennaio 2025 ↩︎ 10. Scarica il rapporto (ENG) ↩︎ 11. Ibid ↩︎ 12. Consulta il regolamento ↩︎ 13. Consulta la sentenza ↩︎
Polonia: Trzaskowki e Nawrocki al ballottaggio
Trzaskowski e Nawrocki andranno al ballottaggio il primo di giugno, e il distacco tra loro è molto più ristretto di quello che dicevano i sondaggi. Per gli exit poll il candidato di Piattaforma civica è ancora in vantaggio per il secondo turno, ma mai quanto adesso è incerto chi sarà il prossimo presidente della Polonia. Sono usciti i risultati ufficiali di questa tornata elettorale che confermano la vittoria di Rafał Trzaskowski, candidato europeista del partito di Donald Tusk, con il 31,36% dei voti, di poco sopra il 29,54% dello storico e nazionalista Karol Nawrocki, appoggiato dal partito del presidente uscente Andrzej Duda. Il candidato di estrema destra Sławomir Mentzen si è assicurato il terzo posto con il 15% dei voti, ma è risultato molto distante da Nawrocki. Non avendo nessuno dei partecipanti raggiunto il 50% dei voti, i due si sfideranno il primo giugno al ballottaggio. L’affluenza è stata del 67.31%, ed è la più alta mai registrata per il primo turno delle presidenziali in Polonia. Questo dato certifica quanto queste elezioni siano considerate decisive dai cittadini polacchi, e dell’importanza che avrà il presidente per i prossimi cinque anni. Il presidente polacco può infatti esprimere un veto sulle leggi passate in parlamento, potere che durante la presidenza di Duda ha ostacolato non poco il governo di Donald Tusk. Candidati e cittadini ne sono consapevoli, e Nawrocki ha chiamato tutti gli elettori di destra a votarlo per “salvare la Polonia dal monopolio politico di Tusk”. Il presidente ha anche un ruolo importante nell’indirizzare la politica estera del paese, tema centrale nel dibattito in Polonia, dove quasi i due terzi della popolazione sente l’integrità del paese minacciata da altri stati: tutti d’accordo sulla Russia, alcuni tirano in ballo anche la Germania e Bruxelles. Il secondo turno sarà anche la sfida tra l’europeista Trzaskowski, ex europarlamentare con un dottorato di ricerca sull’integrazione europea, e Nawrocki di Diritto e Giustizia, partito che per anni è stato l’anima del Gruppo di Visegrad insieme ad Orban. Più a destra di Nawrocki, i due candidati Sławomir Mentzen e Grzegorz Braun raggiungono insieme il 22% dei voti, e la decisione dei loro elettori al secondo turno sarà fondamentale. Mentzen non ha ancora dichiaratamente appoggiato Nawrocki, ma è probabile che lo farà, o comunque ci ha già pensato Krzysztof Bosak, del suo stesso partito, Confederazione. Nel 2020 Bosak era il candidato di Confederazione, e i suoi elettori al secondo turno votarono egualmente Duda e Trzaskowski al ballottaggio. A seguire, i candidati degli altri partiti nell’ampia coalizione al governo hanno preso tutti meno del 5%. Szymon Hołownia di Polonia 2050 ha già donato il suo endorsement a Trzaskowski, mentre i candidati di sinistra vorrebbero prima dare l’immagine di un effettivo dialogo con il candidato. Trzaskowski, in controtendenza rispetto al suo passato, durante queste elezioni si è infatti avvicinato alle posizioni della destra, rischiando di alienarsi i più progressisti. Gian Luigi Albergoni 19 Maggio 2025 East Journal
Addestramento militare nelle scuole della Polonia. Dal riarmo all’ideologia della guerra
Educazione alla sicurezza ed addestramento all’utilizzo delle armi nelle scuole a partire dal quattordicesimo anno di età. Tutto ciò avviene in Polonia, paese che nel 2024 ha aumentato le spese militari più di ogni altra Nazione UE, vicina agli USA e avamposto antirusso tra i paesi NATO. Educare alla guerra, educare al conflitto armato tra nazioni (non certo a quello sociale, perché militarismo e nazionalismo sono da sempre l’oppio dei popoli, provocando immani carneficine tra la popolazione civile) in un paese nel quale la spinta al riarmo è sempre più accentuata insieme a processi di militarizzazione della società Tra le materie e i programmi di studio figurano corsi e percorsi che vanno dall’addestramento al tiro all’utilizzo di vari armi fino alle classiche nozioni di disciplina militare, tanto per abituarci all’idea della guerra e alla cieca obbedienza, insomma un percorso di formazione che mette insieme pratica e teoria, con tanto di corsi obbligatori e indirizzi nelle scuole superiori che spingono verso la carriera militare. Di questo ci parla tanto Euronews quanto Orizzonte Scuola, due testate che documentano l’ingresso di militari nel ruolo di educatori e insegnanti con corsi da loro diretti e un addestramento militare vero e proprio accompagnato da lezioni teoriche e indottrinamento ideologico per abituare e preparare le giovani generazioni alla ineluttabilità della guerra. Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università abbiamo da tempo denunciato questa deriva anche in Italia e il quadro delle segnalazioni che ci arrivano quotidianamente, insieme ai piani di riarmo europeo, sembra condurre il nostro Paese verso un destino molto analogo a quello della Polonia. A tal riguardo è utile riportare quanto scritto da OrizzonteScuola, oltre il quale ogni ulteriore nostro commento sarebbe superfluo: «Gli esperti di psicologia dell’età evolutiva sottolineano che l’adolescenza è una fase particolarmente delicata, in cui la personalità si sta ancora formando e la percezione del rischio, della paura e della responsabilità è in continua evoluzione. L’inserimento di esercitazioni di tiro, simulazioni di conflitto e lezioni di disciplina militare può generare, in alcuni casi, ansia, stress o senso di insicurezza, soprattutto nei ragazzi più sensibili o meno inclini a contesti competitivi e conflittuali. Alcuni psicologi avvertono che la normalizzazione di pratiche militari a scuola rischia di influenzare negativamente la visione della realtà, portando i giovani a percepire il mondo esterno come costantemente minaccioso e a sviluppare una mentalità difensiva o aggressiva». Inoltre, si afferma che: «Sul piano sociale, la presenza di corsi di addestramento militare può incidere sulle dinamiche di gruppo e sulle relazioni tra pari. Da un lato, la condivisione di esperienze intense e la necessità di collaborare in situazioni di simulazione possono rafforzare il senso di appartenenza e la coesione tra gli studenti. Dall’altro, però, esiste il rischio di esclusione o emarginazione per chi non si riconosce nei valori o nelle pratiche proposte, alimentando divisioni e tensioni all’interno della comunità scolastica. Le associazioni di genitori e alcuni pedagogisti chiedono quindi che tali programmi siano accompagnati da un attento supporto psicologico e da momenti di riflessione collettiva, per garantire che la formazione alla sicurezza non si trasformi in un fattore di disagio o di pressione eccessiva». Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università continuiamo ad opporci a tutte le iniziative che vedono il coinvolgimento dei militari nelle scuole e su questa strada possiamo constatare che anche genitori, studenti e società civile comincia a comprendere il disegno nefasto che abbiamo messo sotto i riflettori. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università