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Polonia: Trzaskowki e Nawrocki al ballottaggio
Trzaskowski e Nawrocki andranno al ballottaggio il primo di giugno, e il distacco tra loro è molto più ristretto di quello che dicevano i sondaggi. Per gli exit poll il candidato di Piattaforma civica è ancora in vantaggio per il secondo turno, ma mai quanto adesso è incerto chi sarà il prossimo presidente della Polonia. Sono usciti i risultati ufficiali di questa tornata elettorale che confermano la vittoria di Rafał Trzaskowski, candidato europeista del partito di Donald Tusk, con il 31,36% dei voti, di poco sopra il 29,54% dello storico e nazionalista Karol Nawrocki, appoggiato dal partito del presidente uscente Andrzej Duda. Il candidato di estrema destra Sławomir Mentzen si è assicurato il terzo posto con il 15% dei voti, ma è risultato molto distante da Nawrocki. Non avendo nessuno dei partecipanti raggiunto il 50% dei voti, i due si sfideranno il primo giugno al ballottaggio. L’affluenza è stata del 67.31%, ed è la più alta mai registrata per il primo turno delle presidenziali in Polonia. Questo dato certifica quanto queste elezioni siano considerate decisive dai cittadini polacchi, e dell’importanza che avrà il presidente per i prossimi cinque anni. Il presidente polacco può infatti esprimere un veto sulle leggi passate in parlamento, potere che durante la presidenza di Duda ha ostacolato non poco il governo di Donald Tusk. Candidati e cittadini ne sono consapevoli, e Nawrocki ha chiamato tutti gli elettori di destra a votarlo per “salvare la Polonia dal monopolio politico di Tusk”. Il presidente ha anche un ruolo importante nell’indirizzare la politica estera del paese, tema centrale nel dibattito in Polonia, dove quasi i due terzi della popolazione sente l’integrità del paese minacciata da altri stati: tutti d’accordo sulla Russia, alcuni tirano in ballo anche la Germania e Bruxelles. Il secondo turno sarà anche la sfida tra l’europeista Trzaskowski, ex europarlamentare con un dottorato di ricerca sull’integrazione europea, e Nawrocki di Diritto e Giustizia, partito che per anni è stato l’anima del Gruppo di Visegrad insieme ad Orban. Più a destra di Nawrocki, i due candidati Sławomir Mentzen e Grzegorz Braun raggiungono insieme il 22% dei voti, e la decisione dei loro elettori al secondo turno sarà fondamentale. Mentzen non ha ancora dichiaratamente appoggiato Nawrocki, ma è probabile che lo farà, o comunque ci ha già pensato Krzysztof Bosak, del suo stesso partito, Confederazione. Nel 2020 Bosak era il candidato di Confederazione, e i suoi elettori al secondo turno votarono egualmente Duda e Trzaskowski al ballottaggio. A seguire, i candidati degli altri partiti nell’ampia coalizione al governo hanno preso tutti meno del 5%. Szymon Hołownia di Polonia 2050 ha già donato il suo endorsement a Trzaskowski, mentre i candidati di sinistra vorrebbero prima dare l’immagine di un effettivo dialogo con il candidato. Trzaskowski, in controtendenza rispetto al suo passato, durante queste elezioni si è infatti avvicinato alle posizioni della destra, rischiando di alienarsi i più progressisti. Gian Luigi Albergoni 19 Maggio 2025 East Journal
Addestramento militare nelle scuole della Polonia. Dal riarmo all’ideologia della guerra
Educazione alla sicurezza ed addestramento all’utilizzo delle armi nelle scuole a partire dal quattordicesimo anno di età. Tutto ciò avviene in Polonia, paese che nel 2024 ha aumentato le spese militari più di ogni altra Nazione UE, vicina agli USA e avamposto antirusso tra i paesi NATO. Educare alla guerra, educare al conflitto armato tra nazioni (non certo a quello sociale, perché militarismo e nazionalismo sono da sempre l’oppio dei popoli, provocando immani carneficine tra la popolazione civile) in un paese nel quale la spinta al riarmo è sempre più accentuata insieme a processi di militarizzazione della società Tra le materie e i programmi di studio figurano corsi e percorsi che vanno dall’addestramento al tiro all’utilizzo di vari armi fino alle classiche nozioni di disciplina militare, tanto per abituarci all’idea della guerra e alla cieca obbedienza, insomma un percorso di formazione che mette insieme pratica e teoria, con tanto di corsi obbligatori e indirizzi nelle scuole superiori che spingono verso la carriera militare. Di questo ci parla tanto Euronews quanto Orizzonte Scuola, due testate che documentano l’ingresso di militari nel ruolo di educatori e insegnanti con corsi da loro diretti e un addestramento militare vero e proprio accompagnato da lezioni teoriche e indottrinamento ideologico per abituare e preparare le giovani generazioni alla ineluttabilità della guerra. Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università abbiamo da tempo denunciato questa deriva anche in Italia e il quadro delle segnalazioni che ci arrivano quotidianamente, insieme ai piani di riarmo europeo, sembra condurre il nostro Paese verso un destino molto analogo a quello della Polonia. A tal riguardo è utile riportare quanto scritto da OrizzonteScuola, oltre il quale ogni ulteriore nostro commento sarebbe superfluo: «Gli esperti di psicologia dell’età evolutiva sottolineano che l’adolescenza è una fase particolarmente delicata, in cui la personalità si sta ancora formando e la percezione del rischio, della paura e della responsabilità è in continua evoluzione. L’inserimento di esercitazioni di tiro, simulazioni di conflitto e lezioni di disciplina militare può generare, in alcuni casi, ansia, stress o senso di insicurezza, soprattutto nei ragazzi più sensibili o meno inclini a contesti competitivi e conflittuali. Alcuni psicologi avvertono che la normalizzazione di pratiche militari a scuola rischia di influenzare negativamente la visione della realtà, portando i giovani a percepire il mondo esterno come costantemente minaccioso e a sviluppare una mentalità difensiva o aggressiva». Inoltre, si afferma che: «Sul piano sociale, la presenza di corsi di addestramento militare può incidere sulle dinamiche di gruppo e sulle relazioni tra pari. Da un lato, la condivisione di esperienze intense e la necessità di collaborare in situazioni di simulazione possono rafforzare il senso di appartenenza e la coesione tra gli studenti. Dall’altro, però, esiste il rischio di esclusione o emarginazione per chi non si riconosce nei valori o nelle pratiche proposte, alimentando divisioni e tensioni all’interno della comunità scolastica. Le associazioni di genitori e alcuni pedagogisti chiedono quindi che tali programmi siano accompagnati da un attento supporto psicologico e da momenti di riflessione collettiva, per garantire che la formazione alla sicurezza non si trasformi in un fattore di disagio o di pressione eccessiva». Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università continuiamo ad opporci a tutte le iniziative che vedono il coinvolgimento dei militari nelle scuole e su questa strada possiamo constatare che anche genitori, studenti e società civile comincia a comprendere il disegno nefasto che abbiamo messo sotto i riflettori. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università