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Il fallimento del consorzio industriale pubblico sarebbe il fallimento di tutte/i
Un nuovo strumento di politica industriale pubblica. Il Collettivo di Fabbrica ex Gkn commenta la nascita ieri del consorzio di sviluppo industriale della Piana e rilancia la mobilitazione: appello per un flash mob l’11 agosto sera, anniversario della Liberazione di Firenze. La funzione del consorzio è chiara ormai anche a un bambino, così come è chiaro a chi dà fastidio questo strumento e perché. In un mondo di fondi finanziari e rendita immobiliare, il consorzio industriale pubblico permette alle istituzioni locali di intervenire sulle aree ex industriali, proteggerle, rilanciarle con una visione di politica industriale pubblica. Non c’è da stupirsi che ci sia chi prova a ridurre un evento potenzialmente storico a un battibecco, magari a fini elettorali. Né che chi si scaglia contro il consorzio taccia, non da oggi, sulla potenziale speculazione immobiliare e sul fatto che questa fabbrica va riaperta. Il consorzio costituito ieri dal notaio nasce da una mobilitazione cittadina e sociale che ha coinvolto migliaia di persone. E la mobilitazione è pronta a ripartire in qualsiasi momento a difesa del presidio e della reindustrializzazione dal basso. Oggi però c’è un atto della Regione, di tre Comuni e della Città metropolitana. A loro è affidata, inevitabilmente, la responsabilità storica di non buttare via questa occasione. Noi abbiamo ‘solo’ messo a disposizione un piano industriale ecologicamente avanzato, il cui stato di avanzamento è verificabile in ogni momento dalle istituzioni stesse. Ma la semplice verità è che questo piano industriale rischia di naufragare se il consorzio non agirà con determinazione e chiarezza. Laddove questo piano naufragasse, chi lo ha attaccato risponderà dei posti di lavoro bruciati. Al di là delle questioni tecniche del funzionamento del consorzio, non sarebbe credibile che una Regione, tre Comuni e una Provincia, consorziate, non riescano a mettere a sedere a un tavolo  due S.r.l. a vocazione immobiliare appena formate, con dietro una Fiduciaria, e un’altra S.r.l. nata nel 2019. Se così fosse, semplicemente, la politica non avrebbe più alcun senso. La fabbrica socialmente integrata ha attirato le attenzioni di tutta Europa. Quaggiù provano ad affogarla nel battibecco, basato spesso su cifre e ricostruzioni fintamente tecniche, ma in verità assai fantasiose. Sarà forse il più grande esperimento sociale che qua non è mai avvenuto. Campi, Calenzano, Sesto, Firenze: nessuna resa all’economia di rapina, proviamo ad andare avanti!. L’assemblea di supporto del Collettivo di Fabbrica, riunita ieri sera, lancia un appello per una mobilitazione l’11 agosto sera. A fianco della Resistenza di ieri, oggi, domani: no al genocidio, al riarmo, al logoramento, all’assenza di stipendio e lavoro.   Redazione Toscana
Flash mob per Gaza in piazza San Giacomo a Udine
È il racconto del flash mob del tardo pomeriggio di venerdì 18 luglio, nella “piazza degli aperitivi” di Udine: i manifestanti per la Palestina hanno intavolato una coreografia in cui si sono stesi sull’asfalto, “abbattuti” dai colpi dei soldati. Erano 450, nel tardo pomeriggio del 18 luglio, le persone accorse per il flash mob a sostegno della resistenza palestinese nel centro di Udine. Dopo l’incontro in piazza Libertà alle 18, il corteo ha tagliato il centro ed è arrivato in piazza San Giacomo. Da lì, seguendo le istruzioni, una semplice coreografia: 390 palloncini neri, bianchi e rossi che, uno alla volta, si alzano in aria. Vicino a loro, otto soldati che li fanno scoppiare. A ogni palloncino esploso, una persona cade a terra, distesa sull’asfalto. È l’interpretazione in chiave attoriale degli eventi nella Striscia, in uno dei punti di incontro della città – la piazza degli aperitivi del venerdì sera, che culmina nel crescendo del motivo partigiano Bella ciao, a ricordare la Resistenza che secondo i manifestanti resta ancora attuale. “Anche se noi ci crediamo assolti, siamo lo stesso coinvolti” “Siamo arrivati con il rumore della musica – racconta una persona tra gli organizzatori – che poi è sparito lasciando spazio a quello dello scoppio dei palloncini. Sembravano spari. Per ogni palloncino che scoppiava, una persona cadeva ‘morta’. Una volta finito c’era il silenzio – tutti erano distesi a terra – e abbiamo aperto lo striscione”. Su di esso, a lettere di fuoco, una variazione su De André: “Anche se noi ci crediamo assolti, siamo lo stesso coinvolti“. È stato un momento carico di commozione: “C’era gente con le lacrime agli occhi o la voce mozzata dall’emozione – continua –. La gente ai bar filmava con gli smartphone e con gli scoppi più scuri delle finestre si sono aperti. “Il silenzio è durato un minuto – continua il racconto –, poi è iniziata Bella ciao, quasi sussurrata. Pian piano tutti si sono alzati e le bandiere palestinesi hanno cominciato a sventolare. Prima il simbolo del rumore che viene ucciso, poi il silenzio del governo italiano e di quelli europei, infine il sostegno alla resistenza dei palestinesi”, conclude. Redazione Friuli Venezia Giulia
Flash mob per Gaza a Chiavenna
“Basta uccidere bambini a Gaza e in tutte le guerre” stava scritto sullo striscione che ci siamo portati davanti alle chiese di Chiavenna e di Prata (provincia di Sondrio, Diocesi di Como), accompagnando altrettanti flash mob, domenica 29 giugno. Un’azione semplice, ancora piuttosto inconsueta per il nostro territorio, che ha avuto un forte impatto, anche perché è stata realizzata all’uscita dalle messe, coinvolgendo un pubblico tendenzialmente… moderato, poco incline alle manifestazioni politiche. Un’azione realizzata coniugando l’esigenza di scuotere dal torpore, forse anche dall’indifferenza, senza mancare di rispetto alle persone e ai luoghi: tutto questo è stato reso possibile grazie ad una fortunata coincidenza e ad una rara sinergia tra un gruppo di attivisti (noi della rete informale “Luci per il dialogo”) e un parroco disponibile e interessato a stimolare la sua comunità, a costo di risultare impopolare agli occhi del fedele “medio”. Pochi, ma molto netti gli… ingredienti: l’informazione ai presenti durante le messe, la disposizione in cerchio tra le persone sui piazzali antistanti tenendosi per mano, i rintocchi ripetuti dell’agonia rivolti agli uccisi a Gaza e in tutte le guerre, il silenzio mentre ci stendavamo per terra sui nostri sudari, l’ascolto di un messaggio del Custode della Terra Santa che richiamava alla preghiera, ma anche alle responsabilità politiche e ai vincoli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani abbondantemente violati, fino a un saluto/ringraziamento finale chiuso (non casualmente) sottolineando che “se vuoi la Pace, devi costruire la Pace”, diversamente da come ribadito in Parlamento dalla Presidente del Consiglio. E inoltre, su indicazione del nostro parroco don Andrea Caelli, tutte le campane delle chiese di Chiavenna e di Prata (frazioni comprese) a mezzogiorno hanno suonato all’unisono l’agonia, per 15 minuti.  Un passaggio di rilievo anche per noi di “Luci per il dialogo”, arrivato dopo una fitta serie di iniziative pubbliche sul territorio che si sono sviluppate con particolare frequenza negli ultimi mesi, rispondendo all’intensificarsi dei massacri in Palestina, collaborando anche con altre realtà attive in provincia di Sondrio e partecipando alle giornate nazionali di mobilitazione. Per maggiori info: Luci per il dialogo (Lorenzo 347 5176733, annalorenzo82@yahoo.it Redazione Italia
Giugno 23, 24, 25…a Milano: la città dà il meglio di sè – VIDEO
In questi giorni a Milano abbiamo visto un brulicare di attività, proteste, flash mob, che hanno fatto sentire viva tutta questa umanità che continua a battersi perché genocidio, bombe, morte, finiscano subito. Sono ormai 9 giorni che prosegue la presenza quotidiana in piazza Duomo, dalle 18.30 alle 19.30, come un basso continuo. Lunedì 23 giugno, a ridosso dell’attacco israeliano e statunitense contro l’Iran, si è tenuto un presidio sotto il consolato Usa. Almeno 200 persone hanno urlato a lungo la loro rabbia contro quel simbolo di uno strapotere sempre più avversato – crediamo – da ogni parte del mondo. Le parole che arrivano dai governi di Usa e Israele lasceranno il segno della loro infinita arroganza, della manifesta supremazia, del dilagante razzismo. Come dice un detto palestinese: “Coloro che scavano una buca malvagia, vi cadranno dentro”. Martedì 24 giugno, quasi in contemporanea al presidio in Duomo, due momenti paralleli a denunciare il genocidio in due forme diverse: un enorme die-in nei pressi della Darsena, dove un centinaio di persone si sono buttate a terra, con grande effetto su tutti coloro che passavano e (una volta tanto) ripresi anche dalla Rai locale, e un presidio in piazza Mercanti organizzato dal comitato che si batté per la liberazione di Julian Assange e che ha ricordato le centinaia di giornalisti uccisi in Palestina. Mercoledì 25 giugno, partita da Firenze e diffusasi in tutte le città italiane, finalmente è arrivata anche a Milano la denuncia al genocidio attraverso la musica: “La musica contro il silenzio. Contro l’apartheid e il genocidio in Palestina”. Un concerto meraviglioso: oltre duecento musicisti, un centinaio di coristi, e diverse centinaia di uomini e donne attorno pronti a intonare Bella Ciao nel gran finale. Abbiamo bisogno di questo: di vita, di riscatto, di bellezza, di forza per resistere e soprattutto sostenere chi sta resistendo in quelle terre martoriate. Grazie Milano. Nei prossimi giorni le iniziative continueranno, eccone alcune: Giovedì 26, ore 18-20: presidio a Sesto San Giovanni delle donne per la pace per un futuro senza violenza (piazza 4 Novembre, metro sesto Rondò). Venerdì 27, ore 17.30 piazza Bottini, stazione Lambrate (MI) tenda contro la guerra. Sabato 28, Pride, che sicuramente vedrà tante bandiere palestinesi…. Domenica 29 Giugno, ore 18, piazza San Babila, presidio: Fermiamo il genocidio in Palestina. Sempre domenica 29 Giugno (Spino d’Adda) e martedì 1° luglio (anfiteatro Martesana, Mi): DABKE, una performance di danza tradizionale palestinese, organizzato da Casapace Milano. Ognuna di queste iniziative punta a trasformare un mondo pieno di ingiustizie e violenza in un mondo giusto, libero e accogliente per tutti e tutte. Ci auguriamo che possano moltiplicarsi e crescere come un’onda inarrestabile. Andrea De Lotto
Roma, flash mob per denunciare la strage di giornalisti a Gaza
Come annunciato due giorni fa, si è svolto oggi a Roma in piazza San Giovanni, dove si teneva la cerimonia del Corpus Domini, il flash mob organizzato dal gruppo “Operatori e operatrici dell’informazione per Gaza” per denunciare il genocidio in corso a Gaza, durante il quale Israele ha ucciso 237 tra giornaliste e giornalisti, videomaker e fotoreporter. “E’ grazie a questi 237 colleghe e colleghi che abbiamo saputo cosa realmente è accaduto e accade nella Striscia di Gaza, visto che Israele, pur dichiarandosi ‘l’unica democrazia del Medio Oriente’, impedisce ai media internazionali di accedere, oltre a colpire a morte i giornalisti palestinesi e le loro famiglie” si legge nel documento distribuito durante il flash mob. I giornalisti si sono presentati con la bocca incerottata, un mirino sulla scritta Press e le foto dei colleghi palestinesi uccisi, i cui nomi comparivano in un lunghissimo elenco srotolato per l’occasione. “Oggi abbiamo alzato la voce per dire basta al silenzio, basta alla censura, basta ai bombardamenti, basta al genocidio, basta ai giornalisti uccisi mentre raccontano la verità. Non è una guerra, è una carneficina. E chi prova a documentarla viene messo a tacere, ma noi non taceremo. Mai…” hanno dichiarato i giornalisti presenti. Foto di Mauro Zanella e Rete No Bavaglio   Redazione Roma
Roma, domenica 22 giugno flash mob dei giornalisti italiani per i colleghi uccisi in Medio Oriente dal 7 ottobre
In piazza con bocche incerottate e mirini sulla scritta PRESS. Sono 226 gli operatori della comunicazione uccisi a Gaza, 4 in Israele, undici quelli tra Libano e Siria. “Il silenzio delle redazioni e delle istituzioni italiane è inaccettabile. Non possiamo lasciare soli i colleghi palestinesi, tutti i giornalisti italiani si mobilitino” Domenica 22 giugno dalle 14:30 alle 15:30, in piazza di Porta San Giovanni, durante la cerimonia del Corpus Domini, il gruppo “Operatori e operatrici dell’informazione per Gaza” darà vita a un flash mob per denunciare la strage di giornalisti in Medio Oriente, in particolare a Gaza. Cerotti sulla bocca, un mirino sulla scritta PRESS e in mano le foto di diverse decine di giornaliste e giornalisti palestinesi uccisi, il cui lunghissimo elenco sarà stampato su un grande cartello. Il gruppo che scenderà in piazza rappresenta una parte dei 260 giornalisti, giornaliste, fotoreporter e videomaker che già alcune settimane fa avevano invitato le redazioni dei media italiani a prendere posizione su quanto sta avvenendo a Gaza, con la proposta di destinare una giornata di salario ai colleghi e alle colleghe palestinesi. L’iniziativa era stata adottata dalle assemblee di redazione di diverse testate Rai, de Il Fatto quotidiano e di Fanpage tra le altre. Il gruppo, nato dal basso, si mobiliterà fisicamente scegliendo come luogo la piazza romana dove si celebra il Corpus Domini. Scelta dettata non dall’appartenenza religiosa (non si tratta di un gruppo di fedeli), ma dal fatto che la Chiesa, dal 7 ottobre 2023, si è mostrata più sensibile e ferma di molte altre istituzioni nel denunciare la mattanza quotidiana dei gazawi. Durante il flash mob verrà distribuito un documento che sottolinea che “Gaza non esiste più”, che “quello in corso davanti ai nostri occhi è un genocidio, durante il quale Israele ha ucciso 237 giornaliste e giornalisti, videomaker e fotoreporter: un bilancio unico nella storia, che supera perfino i grandi conflitti del Novecento. È grazie a questi 237 colleghe e colleghi che abbiamo saputo cosa realmente è accaduto e accade nella Striscia, visto che Israele, pur dichiarandosi ‘l’unica democrazia del Medio Oriente’, impedisce ai media internazionali di accedere, oltre a colpire a morte i giornalisti palestinesi e le loro famiglie”. Il gruppo, nel prendere posizione rispetto a quella che – sottolinea – “non è più una guerra”, scrive: “Rifiutiamo il “doppio standard” per cui esistono vittime di serie “A”, con nomi e storie da ricordare, e vittime di serie “B”, considerate numeri senza identità; respingiamo la narrazione che riduce il conflitto mediorientale agli eventi successivi al 7 ottobre 2023, ignorando un contesto di tensioni e violenze che si protrae da decenni nei territori israelo-palestinesi; rifiutiamo l’utilizzo strumentale della parola “antisemitismo” e dell’aggettivo “antisemita” come armi per silenziare ogni critica a Israele; denunciamo ogni forma di censura e rivendichiamo la libertà di utilizzare il termine genocidio, visto che quanto sta avvenendo a Gaza e in Cisgiordania non è una guerra, oltre a ribadire che un ostaggio non è tale solo se israeliano (IDF ha sequestrato 17mila palestinesi a Gaza e in Cisgiordania, tra loro 1400 sono minori)” Il gruppo avanza una serie di richieste, nella speranza che altri colleghi e altre colleghe si uniscano alla mobilitazione: “Chiediamo il rispetto del diritto internazionale e iniziative concrete perché Israele cessi i bombardamenti, si ritiri dalla Striscia e lasci gestire gli aiuti a Gaza dalle Nazioni Unite e da organizzazioni internazionali autorevoli; chiediamo che Italia e Unione Europea, vincolate da impegni internazionali precisi, si attivino per prevenire e interrompere il genocidio in corso; chiediamo che Israele rispetti il diritto di cronaca e faccia entrare subito i media internazionali a Gaza e nei territori occupati; negarlo significa violare arbitrariamente il diritto di essere informati e il rispetto di principi democratici fondamentali”. Infine, il gruppo di operatrici e operatori dell’informazione si rivolge ai colleghi e alle colleghe palestinesi: “Vi saremo grati in eterno – scrivono – per il sacrificio estremo con cui voi e le vostre famiglie avete aperto gli occhi al mondo. Faremo il possibile perché questo sacrificio non sia stato inutile”. Operatori e operatrici dell’informazione per Gaza   Articolo 21
La Fiaccola della Pace ritorna per “R1PUD1A la guerra, per una pace disarmata e disarmante
Il IV Circolo di Acerra “Verolino – Verone” Scuola “Ambasciatrice di Pace” diretta da Rosanna Bianco, da anni distintasi per il forte impegno per la pace e la difesa dei diritti di ogni bambino, a fine anno scolastico non ha voluto far mancare il proprio sostegno ai bambini di Gaza. E’ di pochi giorni fa la mozione approvata in Collegio Docenti per la difesa dei diritti umani e per una pace “disarmata e disarmante”, con la quale la scuola ha espresso ferma condanna verso ogni forma di guerra, violenza indiscriminata contro i civili e violazione dei diritti fondamentali, con particolare riferimento alla crisi umanitaria in atto nella Striscia di Gaza, che sta coinvolgendo un numero impressionante di minori. La giornata di mobilitazione mondiale contro la guerra per una “pace disarmata e disarmante”, si è aperta con un flash mob in cui gli alunni della classe IV D, guidati dai docenti Orsolina Santoro, Rosa Saturno, Ferdinando Calligari e Ida Urso, hanno svolto un significativo lavoro di conoscenza e rielaborazione dell’art.11 della Costituzione, contestualizzando le loro riflessioni agli attuali scenari di guerra che vedono tanti bambini vittime di violenza e di odio in diverse parti del mondo e nella striscia di Gaza in particolare. Il flash mob si è aperto con il grido “Cessate il fuoco”, seguito da un messaggio declamato da un’alunna: “Quello che accade a Gaza ci colpisce profondamente. Non riusciamo a capire perché tanti bambini debbano vivere sotto le bombe, senza casa, senza scuola, senza la serenità che ogni bambino merita. E’ ingiusto crescere nella paura, quando si dovrebbe crescere con sogni, giochi e abbracci. Noi speriamo che i grandi trovino il coraggio di smettere di farsi la guerra, e inizino davvero ad ascoltarsi e rispettarsi. La pace non arriva da sola: va scelta, costruita e protetta. E noi, anche se siamo piccoli, ci crediamo con tutto il cuore”. Presente Agnese Ginocchio, Presidente del Movimento internazionale per la Pace III Millennio, da anni amica della scuola e dei bambini, per il rito dell’accensione della “Fiaccola della Pace” che ha ricordato tutti i bambini di Gaza a cui sono stati negati i diritti e il rinnovo dell’impegno della scuola con il Movimento Internazionale per la Pace su queste tematiche di triste attualità. Alla dirigente scolastica Bianco è stato poi consegnato il Diploma d’Onore di “Scuola educante alla pace”, in ricordo e in proseguimento del Patto di Pace siglato, progetto del percorso giunto al decimo anniversario. “A chi pensa che queste iniziative siano inutili”, ha esordito la dirigente scolastica Bianco “ricordiamo che esse sono solo un segnale, ma un segnale di interesse che ispira ed educa le coscienze. Un segnale che vuole unirsi ai tanti che si stanno elevando nel mondo. Del resto anche il silenzio è un segnale, ma di indifferenza. Non ce ne staremo zitti e dalla parte del torto. Compito della scuola è quello di educare alla coscienza critica, partendo con piccoli gesti, come quello che partendo dal significato della parola RIPUDIA (R1PUD1A), evita le conflittualità e apre la strada a trattative e dialogo” ha ricordato la dirigente Bianco. Gli alunni hanno esposto i loro disegni sul tema: R1PUD1A la guerra, adottando la campagna di Emergency, l’organizzazione umanitaria fondata da Gino Strada, e per una “Pace disarmata e disarmante”, attraverso i quali hanno voluto rappresentare ed esprimere il loro stato d’animo per la morte di tanti loro coetanei innocenti. “Spero che la guerra di Gaza finisca presto e che tutti i bambini si salveranno da questo orribile massacro, perché non lo meritano e devono vivere la loro vita in pace. I bambini hanno diritto alla vita. Free Gaza!”. La giornata è terminata con l’esposizione di un grosso striscione dal terrazzo della scuola, sul quale si leggeva la parola “R1PUD1A” . Un sentito e doveroso ringraziamento alla Dirigente scolastica Rosanna Bianco è stato espresso infine da Agnese Ginocchio: “Grazie a  voi Scuola di Pace per avere ancora una volta aperto le porte della vostra scuola alla pace. Voi rappresentate le nostre speranze di pace in tempi di guerra, siete il faro, la luce della fiaccola che illumina la notte oscura di questo tempo. La scuola che educa alla pace è la scuola che salva il futuro.” Redazione Napoli
E se per la Palestina si facesse uno sciopero generale, magari europeo? – Video
  Da oltre un anno e mezzo un gruppo di irriducibili cerca in tutti i modi di scuotere un’opinione pubblica troppo tiepida e soprattutto dei governi che spalleggiano un genocidio. Ci hanno provato ancora. Questa volta hanno proposto la loro azione (già ripetuta tante volte, la prima esattamente un anno fa) davanti all’importante Camera del Lavoro di Milano. Ci hanno provato: nessuno li ha cacciati, ma nessuno si è affacciato. Forse, speriamo, qualcuno ci sta pensando. Che non aspettino troppo: ogni giorno muoiono uomini, donne e soprattutto bambini. Per non parlare dei segni che rimarranno dentro quei due milioni di persone costrette a scappare all’interno di una gabbia, a cercare riparo, a inseguire disperatamente qualcosa da mangiare, mentre sentono giorno e notte droni ed esplosioni. La CGIL rimane il sindacato più grande nel nostro Paese, quello che potrebbe mobilitare molte persone, e  che potrebbe trovare interlocutori altrettanto grandi in tutta Europa. I mille distinguo, le infinite sfaccettature, i timori, le continue accuse che hanno immobilizzato gran parte del centrosinistra nostrano, forse stanno trovando una via per far sentire la propria voce. E allora non sarebbe il momento di arrivare finalmente ad uno sciopero nazionale, magari europeo, per spingere con una leva seria verso la fine di questa vergogna planetaria?   Andrea De Lotto
ROMA: “CAMBIARE ROTTA” CHIEDERE LA CHIUSURA DI TUTTE LE COLLABORAZIONI ACCADEMICHE CON ISRAELE
Nella mattinata di giovedì 8 maggio, presso il rettorato dell’Università La Sapienza di Roma, si è svolto un flash mob organizzato dall’organizzazione giovanile Cambiare Rotta. Attiviste e attivisti hanno chiesto “il boicottaggio totale di Israele e la rottura di ogni rapporto istituzionale”. La mobilitazione prosegue nel pomeriggio quando studenti e studentesse sono invitate alle ore 17 presso l’aula Majorana, all’edificio di fisica “Marconi”, per proseguire la discussione e capire bloccare i nuovi accordi che l’Università romana continua a firmare con le università di Israele, come ad esempio quello per una ricerca in ottica di precisione che verrebbe direttamente applicata nel settore militare. L’accordo in questione è quello tra il dipartimento di fisica della Sapienza e la Hebrew University, finanziato dal bando Maeci”. Al flash mob attiviste e attiviste hanno ricordato che “per 19 mesi di genocidio in Palestina” si sono susseguite numerose mobilitazioni “contro la barbarie sionista” per chiedere “la fine della complicità con Israele da parte delle nostre istituzioni e delle nostre università, che invece è proseguita impunemente. Solo un mese fa il ministro della difesa israeliano Israel Katz è stato accolto a Roma con tutti gli onori dal ministro Tajani, che insieme alla Bernini e alla rettrice Polimeni della Sapienza ha continuato a ripetere che la collaborazione con Israele è necessaria anche per il ben dei palestinesi, portando come esempio il progetto Food for Gaza, operazione di facciata per ripulire la realtà di una rinnovata collaborazione con le istituzioni criminali israeliane, mentre si continuano a siglare nuovi accordi di ricerca ad applicazione militare”. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto l’intervista a Bartolomeo, rappresentante alla facoltà di Scienze per Cambiare Rotta. Ascolta o scarica