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Napoli R1PUD1A la guerra
In Piazzetta Aldo Masullo, associazioni, scuole e cittadini si uniscono all’appello di EMERGENCY per trasformare il principio costituzionale del ripudio della guerra in un gesto collettivo di memoria e impegno civile. Promosso da EMERGENCY, al Vomero un flash mob che fa “rumore per la pace” e trasforma un principio costituzionale in un gesto collettivo e in una memoria viva. “ Ripudiamo la guerra, abbracciamo la pace. ” Napoli, città abituata al suono della vita, sceglie di farsi sentire ancora una volta per ciò che conta davvero: la pace. L’iniziativa nasce per riaffermare il valore della pace e per ribadire, con un gesto semplice ma dal forte significato simbolico, che la guerra non rappresenta il popolo italiano. È questo il messaggio che sabato 8 novembre, dalle ore 12 , risuonerà in Piazzetta Aldo Masullo , nel cuore del Vomero, dove associazioni, cittadini, studenti, insegnanti e volontari parteciperanno al flash mob – sit-in collettivo “Facciamo rumore” , promosso da EMERGENCY nell’ambito della campagna nazionale “R1PUD1A” . Un flash mob per ricordare che la pace non è un’utopia, ma una scelta quotidiana che si rinnova nei gesti, nelle parole e nella cura reciproca. IL SIGNIFICATO DELLA CAMPAGNA R1PUD1A Il nome della campagna, R1PUD1A , gioca graficamente con numeri e lettere: l’“1” sostituisce la “I” e richiama direttamente l’articolo 11 della Costituzione italiana : “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli…” Un articolo spesso citato, talvolta dimenticato, che torna a risuonare tra le voci e i suoni di una piazza decide di ricordare come la pace non sia un’astrazione, ma un impegno quotidiano. Quel principio costituzionale deve diventare azione, voce, presenza . UN PROGETTO PER SCUOLE E TERRITORI EMERGENCY rilancia iniziando questo principio attraverso un progetto ampio e concreto, rivolto a scuole e territori: una piattaforma di educazione alla pace che invita a riflettere su quanto la guerra colpisca la vita dei civili ea diffondere l’idea che la pace non è semplice assenza di guerra, ma una scelta attiva che richiede partecipazione. R1PUD1A vuole raggiungere tutti i territori, essere inserito stabilmente nei programmi scolastici e nelle agende delle amministrazioni locali. Scegliere di “ripudiare la guerra” diventa più forte se accompagnato da educazione permanente, eventi e continua sensibilizzazione. OBIETTIVI DELLA CAMPAGNA * Diffondere il valore della pace in un momento storico in cui aumentare conflitti e spese militari. * Coinvolgere attivamente i cittadini, in particolare le scuole, che possono scaricare kit e materiali didattici per organizzare attività in classe. * Far vivere l’articolo 11 non come una citazione astratta, ma come un impegno concreto, calato nei singoli contesti. Qualsiasi soggetto — cittadini, scuole, istituzioni — può aderire all’iniziativa. Napoli , insieme a oltre 300 comuni italiani, ha già aderito alla campagna. IL FLASH MOB UN GESTO SEMPLICE E POTENTE CHE TRASFORMA IL VALORE COSTITUZIONALE IN AZIONE CONCRETA , IN CORPO , IN COMUNITÀ , PERCHÉ “LA SOLIDARIETÀ È UNA FORZA IMMENSA CHE APRE ALLA DIGNITÀ E ALLA SPERANZA CONDIVISA”, SPIEGANO GLI ORGANIZZATORI. Dopo l’intervento iniziale di EMERGENCY , che spiegherà il senso dell’evento, seguirà la lettura dell’articolo 11 della Costituzione Italiana , per ricordare come, dopo le tragedie dei conflitti mondiali e milioni di morti, “L’Italia non vuole più fare la guerra”. Ha scelto la rinascita, la pace e la solidarietà come principi fondativi della propria Costituzione. Come ricorda EMERGENCY, la nostra storia ci insegna a non tacere, a impegnarci insieme per abolire la guerra , per risolvere i conflitti con la diplomazia e la politica , e per non dimenticare mai le vittime . Poi esploderà il rumore . La piazza si riempirà di suoni, voci e strumenti di ogni tipo: un “rumore collettivo” per attirare l’attenzione e trasformare l’indignazione in partecipazione. Seguirà il silenzio , a capo chino, come segno di dolore e consapevolezza: un silenzio pieno di memoria e di rispetto per tutte le vittime, ma anche di impegno — quello di continuare a ripudiare la guerra ogni giorno , in nome della vita e del futuro delle prossime generazioni. VIENI A PARTECIPARE TUTTI SONO INVITATI A PARTECIPARE “ARMATI” DI FISCHIETTI, TAMBURI O QUALSIASI OGGETTO CHE FACCIA RUMORE, PER CREARE INSIEME UN GRANDE SUONO COLLETTIVO CHE CATALIZZI L’ATTENZIONE E RIAFFERMI IL NO ALLA GUERRA . Tutti sono invitati a indossare un capo con i colori di EMERGENCY : il bianco e il rosso . * Il bianco simboleggia la pace e gli sforzi di EMERGENCY per costruire un mondo senza guerre. * Il rosso rappresenta il coraggio, l’impegno contro i conflitti, l’emergenza medica e la necessità di cura, ma è anche il sangue, la vita umana che EMERGENCY si impegna a salvare. È un vero atto di resistenza civile , un modo per riaffermare che la pace non è assenza di conflitto, ma presenza di giustizia, dialogo e solidarietà . Perché la pace “è un fatto di popolo: nasce dal basso, cresce nella partecipazione, si costruisce nei gesti quotidiani”. E quando il rumore si placherà, resterà un silenzio pieno — di memoria, di dolore, ma anche di promessa: quella di non smettere mai di ripudiare la guerra e di credere, ostinatamente, che un altro mondo sia possibile. Chiuderanno l’evento gli interventi dei soggetti partecipanti. All’iniziativa di EMERGENCY aderiscono: ANPI Napoli Vomero – Sezione Aedo Violante , IoCiSto APS Associazione per il Sociale , Libreria IoCiSto Presidio Permanente di Pace , FIAB Cicloverdi di Napoli , insieme ad altre realtà associative del territorio. Durante la manifestazione sarà allestito un punto informativo dove sarà possibile ricevere indicazioni sulla campagna R1PUD1A e aderire formalmente all’iniziativa. RIPUDIARE LA GUERRA Ripudiare la guerra non è solo rispettare un principio costituzionale, ma è un obbligo morale : significa scegliere la vita, la solidarietà, il futuro delle prossime generazioni. Nessuno può restare in silenzio di fronte ai conflitti: il messaggio che resta è che dobbiamo impegnarci tutti per costruire un mondo fondato sul dialogo, sulla cooperazione e sulla pace . Gina Esposito
A Varese presidio, corteo e flash mob per gli attivisti della Global Sumud Flotilla e i sanitari uccisi a Gaza
Ieri sera, 2 ottobre, il gruppo “Da Varese a Gaza” è riuscito nel suo intento di tenere alta l’attenzione sulla Palestina e sulla Global Sumud Flotilla. Sempre ieri è stato attivato un profilo Instagram del gruppo creatosi a fine agosto per la raccolta alimentare da destinare a Gaza:  https://www.instagram.com/da_varese_a_gaza/ Mercoledì sera, 1° ottobre, la Global Sumud Flotilla è stata intercettata e bloccata in acque internazionali dalle forze militari israeliane e tutti gli equipaggi delle barche sono stati arrestati. Questo momento, purtroppo, era atteso e non ha colto impreparati i sostenitori a terra, tra cui i partecipanti al gruppo Da Varese a Gaza, che si sono fatti trovare pronti a mobilitare le piazze e a bloccare tutto. In tutte le piazze d’Italia ci sono state grandi manifestazioni e Varese non è stata da meno. Nel giro di 24 ore è stato organizzato un presidio di emergenza con ritrovo alle 18:30 in Piazza Monte Grappa, che nel corso della serata si è trasformato in un corteo fino alla piazza adiacente l’Ospedale del Ponte, dove alle 21:00 era previsto un flash mob nazionale organizzato dalla rete degli operatori sanitari #DigiunoGaza e Sanitari per Gaza per commemorare gli oltre 1’600 operatori sanitari uccisi da Israele. Il presidio si è aperto con diversi interventi di persone che hanno voluto parlare e portare il loro punto di vista per tutto quello che sta succedendo in Palestina, per manifestare sostegno agli attivisti della GSF e mandare loro un messaggio di incoraggiamento da lontano. Da molti è stato ribadito il concetto che la piazza in questo momento storico così complicato è il luogo dove è giusto stare, dove potersi parlare, guardare in faccia, sostenersi e partecipare. Manifestare è scegliere di non stare zitti, di non essere indifferenti e la neutralità non è solo la decisione di non schierarsi, ma è menzogna e vigliaccheria, perché oggi Varese sa da che parte stare e si schiera dalla parte giusta. In piazza la rabbia viene condivisa. Molte persone che sono intervenute erano visibilmente commosse dalla partecipazione dei varesini, che evidentemente non sono solo elettori di destra, come solitamente si pensa di una città come la nostra. Sono intervenute anche delle educatrici a portare la loro testimonianza di quanto poco si parli all’interno delle istituzioni scolastiche delle questioni politiche, ma la politica, quella alta, riguarda la vita comune e dovrebbe far parte dell’educazione dei nostri bambini e dei nostri ragazzi. Far crescere persone consapevoli e informate dovrebbe essere il primo compito della scuola pubblica, e questo spesso non avviene nella scuola italiana. Il messaggio che ci hanno lasciato è che “L’educazione non cambia il mondo, cambia le persone che cambiano il mondo” (Cit. Paulo Freire) È intervenuto anche Gimmy, un ragazzo di origini peruviane, che ha ribadito come in momenti come questi non serva essere oratori coinvolgenti, ma serve essere “umani” e ha esortato a ricordarsi che i diritti si conquistano quando gli oppressi alzano la testa. Così come hanno fatto grandi figure di resistenza del passato, a partire dall’antico capo inca Tupac Amaru (José Gabriel Condorcanqui) che nel 1780 guidò un’insurrezione armata contro i dominatori spagnoli, passando per il popolo che chiedeva pane e diritti nella Rivoluzione Francese, arrivando a Rosa Parks, attivista per i diritti degli afroamericani negli Stati Uniti, o tanti altri che hanno avuto il coraggio e un’umanità più forti della loro paura di reagire agli oppressori. Così noi dovremmo ispirarci a chi ha combattuto prima di noi, per proseguire in questa lotta contro il genocidio in Palestina realizzato da un governo sionista e fascista come quello di Netanyahu Poiché per oggi 3 ottobre è stato indetto uno sciopero generale a livello nazionale che nella serata di ieri sembrava potesse essere precettato, è intervenuta Stefania Filetti, segretario provinciale della Cgil, per dare indicazioni e chiarimenti su eventuali responsabilità di chi volesse partecipare e ragguagli sulle normative che regolano lo sciopero. A seguire sono intervenute altre persone a portare la loro diretta testimonianza: Taqua, una ragazza di origini palestinesi che ha parlato della sua famiglia a Gaza e del fatto che la situazione sanitaria è disastrosa e ha raccontato quello che succede negli ospedali, dove gli operatori sanitari, a causa del blocco degli aiuti umanitari, da parte di Israele non possono curare feriti e malati. È intervenuta anche una donna pakistana, madre di 3 figli, che ha ricordato che la pace e la giustizia non sono solo sogni, ma diritti che appartengono a tutti i popoli. Dalla piazza nel frattempo si alzavano grida di sostegno, cori e qualche richiesta di comporre un corteo, così gli organizzatori si sono attivati con le forze di polizia ed è stato chiesto di fare un corteo che potesse portare tutti i partecipanti davanti all’Ospedale del Ponte, dove terminare la serata e sciogliere il presidio. Dopo l’autorizzazione delle forze dell’ordine, il corteo si è sviluppato tra Corso Aldo Moro, Via Vittorio Veneto, Via Morosini e in Piazza Trieste, dove qualche autobus ha dovuto attendere il passaggio del corteo per poter riprendere la circolazione. Si è arrivati all’ospedale cantando Bella Ciao, lanciando slogan sulla Palestina Libera e sulla Resistenza, e qualche slogan contro la presidente del Consiglio Meloni. Molti cittadini affacciati alle finestre e ai balconi applaudivano al passaggio del corteo e i manifestanti li invitavano a scendere a manifestare. In via Leonardo Da Vinci, nei pressi dell’Ospedale, ad un certo punto si è avvicinata anche un’ambulanza e la folla si è divisa ordinatamente per lascarla passare. Poi improvvisamente il mood è cambiato e un profondo silenzio e le tante luci, torce, candele accese hanno creato un’atmosfera più composta per avvicinarsi al punto di ritrovo, in Piazza Biroldi, per il flash mob dell’iniziativa nazionale “Luci sulla Palestina – 100 Ospedali per Gaza”. Uno stetoscopio appoggiato su una bandiera palestinese circondata da piccole candele accese in memoria degli oltre 1.600 operatori sanitari morti a Gaza mentre compivano i loro lavoro: salvare le persone. Sono stati letti tantissimi nomi di medici, infermieri, assistenti che hanno perso la vita perché uccisi deliberatamente dai militari di Israele. Si sono susseguiti canti e letture di poesie in un’atmosfera molto commovente. Al termine del flash mob è stato lasciato il microfono a chiunque volesse esprimere un pensiero e hanno parlato diverse persone emotivamente coinvolte: una ragazza che frequenta la terza media ha raccontato di aver potuto parlare con il suo professore di arte di quanto sta accadendo in Palestina e che era contenta di trovarsi in quella piazza in quel momento; due sorelle di origine marocchina uscite di casa poco prima su invito del corteo che le incitava a scendere in strada a protestare e a manifestare la loro vicinanza al popolo palestinese, diversi operatori sanitari che si dispiacevano e rammaricavano di quanto fosse accaduto ai loro colleghi palestinesi. La serata si è conclusa con la lettura della poesia “Su questa terra” di Mahmud Darwish, tradotta da Saleh Zaghloul: “Su questa terra esiste qualcosa per cui vale la pena vivere: il ritornare di aprile, il profumo del pane all’alba, il punto di vista di una donna sugli uomini, gli scritti di Eschilo, l’inizio dell’amore, l’erba su una pietra, le madri in piedi sul filo di un flauto, e la memoria che impaurisce gli invasori.  Su questa terra esiste qualcosa per cui vale la pena vivere: la fine di settembre, una donna che lascia i quarant’anni nel pieno della propria grazia, l’ora d’aria in prigione, le nuvole che prendono le sembianze di uno stormo di creature, i canti del popolo per coloro che muoiono sorridendo e la paura che hanno i tiranni delle canzoni. Su questa terra esiste qualcosa per cui vale la pena vivere: su questa terra esiste la signora delle terre, la madre degli inizi e la madre delle fini. Il suo nome era Palestina, il suo nome è di nuovo Palestina. Mia signora: è proprio perché sei la mia signora, che sono degno di vivere.” Foto di Michele Testoni Redazione Varese
Milano: 106 giorni in piazza Duomo, contro il genocidio
Abbiamo iniziato in primavera, abbiamo continuato tutta l’estate, e siamo in autunno. Siamo rimasti lì con un caldo torrido, ogni giorno, dalle 18.30 alle 19.30, in piedi, fermi, sotto il sole. Era il minimo. Era ed è quello che possiamo fare per rompere quella tranquilla vita del centro di una città che si vuole turistica, ancora troppo indifferente. Siamo cresciuti, ma dobbiamo crescere ancora: abbiamo iniziato in una dozzina, oramai siamo regolarmente più di 100, di tutte le età e di tutte le origini. Alle 18.20 la prima fila è quasi fatta, dopo poco se ne aggiungono dietro due, a volte tre, fino a quattro. A tre metri di distanza, composti, in silenzio. Ci siamo detti che è bene spegnere i cellulari, lo si fa a teatro, non si puo’ farlo per Gaza? Non è facile il silenzio. È più facile gridare. Ma il silenzio ha una forza che inquieta, disturba, colpisce. #UNIVERSOPOETICOPERGAZA          #MILANOSTANDS4GAZA Qualcuno fatica a non parlare, ma si cerca di far capire l’importanza dell’emozione che vogliamo trasmettere, solo così. Si è deciso di non reagire alle provocazioni e ce ne sono state svariate. Si avvicinano uomini o donne alti, prestanti, eleganti, sprezzanti: a volte più aggressivi, a volte più sottili. Provocano, non vedono l’ora di fare un bel video in cui si veda una nostra reazione per mostrarsi vittime. Vittime! Mentre noi saremmo pagati da Hamas, indifferenti agli ostaggi, fiancheggiatori di terroristi, di un popolo che non esiste. Un razzismo palpabile, radicato, esplicito, senza vergogna. Ma da parte dei più arriva il sostegno: molti, moltissimi, quelli che ci fanno un gesto di appoggio, di approvazione, che ci ringraziano, fotografano, riprendono. Alcuni, alcune, piangono. Qualcuno si è anche unito a noi, passava di là, ha chiesto un cartello e si è fermato. Diversi fotografi di professione ci hanno accompagnato in queste settimane. E da uno di loro, Nino Romeo, è arrivata una grande idea: giovedì 2 ottobre, ha invitato tutti i colleghi e colleghe, ad unirsi a noi, mettere a terra la loro macchina fotografica, per ricordare coloro, e sono tanti, che sono morti a Gaza facendo il loro mestiere. Andrea De Lotto
In risposta all’ipocrisia della Milano Green Week 2025 flash mob e incontro tra cittadini e comitati
Dal 19 al 21/9 si tiene la Milano Green Week, quest’anno più ipocrita che mai dopo le rivelazioni delle inchieste urbanistiche, partite da casi nel Municipio 3: la torre “Hidden Garden” di piazza Aspromonte, i grattacieli “Park Towers” al Parco Lambro, il “Twin Palace” di via Massimiano. La maschera “green” della Giunta Sala è caduta definitivamente, anche per lo stato pietoso e la cattiva manutenzione degli alberi e delle aree verdi. Eppure nelle comunicazioni sulla Green Week 2025 fatte dal Comune e dall’Assessora al Verde e Ambiente Elena Grandi ci tocca ancora leggere quanto Milano sarebbe impegnata nell’essere sempre più verde e sostenibile! Contro le narrazioni ipocrite della Green Week, venerdì 19/9 dalle 18 ci troviamo davanti al distrutto Parco Bassini per raccontare e discutere insieme la realtà del verde milanese e la cementificazione dei nostri quartieri (Lambrate, Rubattino, Città Studi) e quale città vogliamo noi cittadini e residenti . Non siamo più disposti a subire supinamente le scelte urbanistiche e antiecologiche che hanno caratterizzato gli ultimi governi cittadini. Flash-mob e presidio organizzati dai comitati di zona 3 “Salviamo il Parco Bassini”, “Che ne sarà di Città Studi?”, “Difendiamo la Ponzio”, “Lambrate-Rubattino Riparte”, in collaborazione con “ForestaMI e poi DimenticaMI, cittadini di #BagnaMI” e “Facciamo l’appello – Rete per Milano verde ed equa”. Vieni con un fiore (per il flash mob) davanti al nerissimo edificio-monstre della nuova Facoltà di Chimica del Politecnico in Largo Volontari del Sangue (MM Lambrate – bus 93, 54, 33, 19) Per informazioni: 3715840791 (solo messaggi Whatsap) email:  rubattinoriparte@libero.it Redazione Milano
Fermiamo la barbarie, flash mob al Ponte di ferro a Sesto Calende
Sabato 6 settembre alle 18 il Punt da Féer, il ponte di ferro sul Sempione che collega Sesto Calende con Castelletto Ticino, in Piemonte, diventerà il punto di ritrovo per chi vuole esprimere solidarietà alla popolazione di Gaza. L’appuntamento, sostenuto dalla CGIL, aderisce alla campagna internazionale Global Sumud Flotilla, che riunisce associazioni, sindacati e movimenti pacifisti di tutto il mondo. Il flash mob sarà un momento simbolico: l’immagine del ponte, sospeso tra due sponde, diventa il luogo scelto per unire idealmente due terre. Con cartelli, bandiere e presìdi silenziosi, i partecipanti intendono portare l’attenzione sull’urgenza di un cessate il fuoco e sull’invio di aiuti umanitari per una crisi che continua a colpire civili, famiglie e bambini. Redazione Varese
Gaza e Crema, il cuore grande della provincia italiana
Quando abbiamo deciso di portare a Crema la protesta dei cartelli, che dal 16 giugno è un appuntamento quotidiano per la cittadinanza di Milano, ci siamo guardate negli occhi e abbiamo detto: “Proviamoci! Mal che vada saremo in quattro gatti”. E invece in pochi giorni grazie al tam tam del passaparola all’appuntamento si sono presentate almeno 200 persone.  Alcuni portano bandiere della pace e della Palestina, qualcun altro il cartello o la poesia legati al collo. In un baleno la scatola con le scritte è vuota; non c’è n’é abbastanza per tutti e molti devono partecipare semplicemente stando in piedi, lungo una fila orizzontale sul sagrato del nostro Duomo. La maggior parte non aveva idea in che cosa consistesse la protesta: avevano agito per un impulso di coscienza, di amore, di umanità e si erano presentati all’appuntamento. Si capisce bene che non sono abituati a queste cose.  Appartengono a tutte le età. Vicino a me da un lato si sistema un’intera famiglia: giovane mamma, giovane papà, bimbo nel passeggino, i due nonni e una zia, dall’altro una coppia molto distinta. In alcuni punti la fila si fa spessa, perché non c’era stato verso di separare amici, coppie, famiglie. Comunque tutti avevano inteso l’importanza del silenzio alla fine ed è risultato bello così, spontaneamente appiccicati.  Tra i tanti anziani che resistono un’ora in piedi mi colpisce una signora arrivata da sola trascinandosi il carrellino della bombola ad ossigeno, con un cartello al collo in cui ha trascritto la poesia “Resteremo qui” di Tawfik Zayyad. Siamo in una città-paese proprio sotto un campanile, dunque allo scoccare delle 19.30 rintoccano le campane e parte un genuino quanto fragoroso applauso, a cui si uniscono in molti, per lo più seduti ai tavolini dei bar dall’altro lato della piazza. Raccogliamo i cartelli e le poesie ancore incredule ed emozionate: la nostra piccola città di provincia, dove la gente spesso appare chiusa e timida, dove ci si saluta sempre con garbo e riservatezza, in verità sa bene quando è il momento di alzare la testa. Come noi tanti italiani sparsi negli angoli della penisola stanno solo aspettando una chiamata, l’occasione per far conoscere il proprio pensiero, per chiedere al governo di ascoltarci. Siamo tanti, siamo tantissimi, siamo gente comune, tutti uniti nel chiedere che l’Italia e l’Europa agiscano seriamente per fermare il genocidio a Gaza. Ringraziamo Paolo Losco, Manuel Draghetti, l’ANPI e la piccola delegazione lodigiana per l’aiuto dato. Confidiamo di ripetere presto l’iniziativa. Giovanna Pamiro e Marina Serina Redazione Italia
Il fallimento del consorzio industriale pubblico sarebbe il fallimento di tutte/i
Un nuovo strumento di politica industriale pubblica. Il Collettivo di Fabbrica ex Gkn commenta la nascita ieri del consorzio di sviluppo industriale della Piana e rilancia la mobilitazione: appello per un flash mob l’11 agosto sera, anniversario della Liberazione di Firenze. La funzione del consorzio è chiara ormai anche a un bambino, così come è chiaro a chi dà fastidio questo strumento e perché. In un mondo di fondi finanziari e rendita immobiliare, il consorzio industriale pubblico permette alle istituzioni locali di intervenire sulle aree ex industriali, proteggerle, rilanciarle con una visione di politica industriale pubblica. Non c’è da stupirsi che ci sia chi prova a ridurre un evento potenzialmente storico a un battibecco, magari a fini elettorali. Né che chi si scaglia contro il consorzio taccia, non da oggi, sulla potenziale speculazione immobiliare e sul fatto che questa fabbrica va riaperta. Il consorzio costituito ieri dal notaio nasce da una mobilitazione cittadina e sociale che ha coinvolto migliaia di persone. E la mobilitazione è pronta a ripartire in qualsiasi momento a difesa del presidio e della reindustrializzazione dal basso. Oggi però c’è un atto della Regione, di tre Comuni e della Città metropolitana. A loro è affidata, inevitabilmente, la responsabilità storica di non buttare via questa occasione. Noi abbiamo ‘solo’ messo a disposizione un piano industriale ecologicamente avanzato, il cui stato di avanzamento è verificabile in ogni momento dalle istituzioni stesse. Ma la semplice verità è che questo piano industriale rischia di naufragare se il consorzio non agirà con determinazione e chiarezza. Laddove questo piano naufragasse, chi lo ha attaccato risponderà dei posti di lavoro bruciati. Al di là delle questioni tecniche del funzionamento del consorzio, non sarebbe credibile che una Regione, tre Comuni e una Provincia, consorziate, non riescano a mettere a sedere a un tavolo  due S.r.l. a vocazione immobiliare appena formate, con dietro una Fiduciaria, e un’altra S.r.l. nata nel 2019. Se così fosse, semplicemente, la politica non avrebbe più alcun senso. La fabbrica socialmente integrata ha attirato le attenzioni di tutta Europa. Quaggiù provano ad affogarla nel battibecco, basato spesso su cifre e ricostruzioni fintamente tecniche, ma in verità assai fantasiose. Sarà forse il più grande esperimento sociale che qua non è mai avvenuto. Campi, Calenzano, Sesto, Firenze: nessuna resa all’economia di rapina, proviamo ad andare avanti!. L’assemblea di supporto del Collettivo di Fabbrica, riunita ieri sera, lancia un appello per una mobilitazione l’11 agosto sera. A fianco della Resistenza di ieri, oggi, domani: no al genocidio, al riarmo, al logoramento, all’assenza di stipendio e lavoro.   Redazione Toscana
Flash mob per Gaza in piazza San Giacomo a Udine
È il racconto del flash mob del tardo pomeriggio di venerdì 18 luglio, nella “piazza degli aperitivi” di Udine: i manifestanti per la Palestina hanno intavolato una coreografia in cui si sono stesi sull’asfalto, “abbattuti” dai colpi dei soldati. Erano 450, nel tardo pomeriggio del 18 luglio, le persone accorse per il flash mob a sostegno della resistenza palestinese nel centro di Udine. Dopo l’incontro in piazza Libertà alle 18, il corteo ha tagliato il centro ed è arrivato in piazza San Giacomo. Da lì, seguendo le istruzioni, una semplice coreografia: 390 palloncini neri, bianchi e rossi che, uno alla volta, si alzano in aria. Vicino a loro, otto soldati che li fanno scoppiare. A ogni palloncino esploso, una persona cade a terra, distesa sull’asfalto. È l’interpretazione in chiave attoriale degli eventi nella Striscia, in uno dei punti di incontro della città – la piazza degli aperitivi del venerdì sera, che culmina nel crescendo del motivo partigiano Bella ciao, a ricordare la Resistenza che secondo i manifestanti resta ancora attuale. “Anche se noi ci crediamo assolti, siamo lo stesso coinvolti” “Siamo arrivati con il rumore della musica – racconta una persona tra gli organizzatori – che poi è sparito lasciando spazio a quello dello scoppio dei palloncini. Sembravano spari. Per ogni palloncino che scoppiava, una persona cadeva ‘morta’. Una volta finito c’era il silenzio – tutti erano distesi a terra – e abbiamo aperto lo striscione”. Su di esso, a lettere di fuoco, una variazione su De André: “Anche se noi ci crediamo assolti, siamo lo stesso coinvolti“. È stato un momento carico di commozione: “C’era gente con le lacrime agli occhi o la voce mozzata dall’emozione – continua –. La gente ai bar filmava con gli smartphone e con gli scoppi più scuri delle finestre si sono aperti. “Il silenzio è durato un minuto – continua il racconto –, poi è iniziata Bella ciao, quasi sussurrata. Pian piano tutti si sono alzati e le bandiere palestinesi hanno cominciato a sventolare. Prima il simbolo del rumore che viene ucciso, poi il silenzio del governo italiano e di quelli europei, infine il sostegno alla resistenza dei palestinesi”, conclude. Redazione Friuli Venezia Giulia
Flash mob per Gaza a Chiavenna
“Basta uccidere bambini a Gaza e in tutte le guerre” stava scritto sullo striscione che ci siamo portati davanti alle chiese di Chiavenna e di Prata (provincia di Sondrio, Diocesi di Como), accompagnando altrettanti flash mob, domenica 29 giugno. Un’azione semplice, ancora piuttosto inconsueta per il nostro territorio, che ha avuto un forte impatto, anche perché è stata realizzata all’uscita dalle messe, coinvolgendo un pubblico tendenzialmente… moderato, poco incline alle manifestazioni politiche. Un’azione realizzata coniugando l’esigenza di scuotere dal torpore, forse anche dall’indifferenza, senza mancare di rispetto alle persone e ai luoghi: tutto questo è stato reso possibile grazie ad una fortunata coincidenza e ad una rara sinergia tra un gruppo di attivisti (noi della rete informale “Luci per il dialogo”) e un parroco disponibile e interessato a stimolare la sua comunità, a costo di risultare impopolare agli occhi del fedele “medio”. Pochi, ma molto netti gli… ingredienti: l’informazione ai presenti durante le messe, la disposizione in cerchio tra le persone sui piazzali antistanti tenendosi per mano, i rintocchi ripetuti dell’agonia rivolti agli uccisi a Gaza e in tutte le guerre, il silenzio mentre ci stendavamo per terra sui nostri sudari, l’ascolto di un messaggio del Custode della Terra Santa che richiamava alla preghiera, ma anche alle responsabilità politiche e ai vincoli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani abbondantemente violati, fino a un saluto/ringraziamento finale chiuso (non casualmente) sottolineando che “se vuoi la Pace, devi costruire la Pace”, diversamente da come ribadito in Parlamento dalla Presidente del Consiglio. E inoltre, su indicazione del nostro parroco don Andrea Caelli, tutte le campane delle chiese di Chiavenna e di Prata (frazioni comprese) a mezzogiorno hanno suonato all’unisono l’agonia, per 15 minuti.  Un passaggio di rilievo anche per noi di “Luci per il dialogo”, arrivato dopo una fitta serie di iniziative pubbliche sul territorio che si sono sviluppate con particolare frequenza negli ultimi mesi, rispondendo all’intensificarsi dei massacri in Palestina, collaborando anche con altre realtà attive in provincia di Sondrio e partecipando alle giornate nazionali di mobilitazione. Per maggiori info: Luci per il dialogo (Lorenzo 347 5176733, annalorenzo82@yahoo.it Redazione Italia
Giugno 23, 24, 25…a Milano: la città dà il meglio di sè – VIDEO
In questi giorni a Milano abbiamo visto un brulicare di attività, proteste, flash mob, che hanno fatto sentire viva tutta questa umanità che continua a battersi perché genocidio, bombe, morte, finiscano subito. Sono ormai 9 giorni che prosegue la presenza quotidiana in piazza Duomo, dalle 18.30 alle 19.30, come un basso continuo. Lunedì 23 giugno, a ridosso dell’attacco israeliano e statunitense contro l’Iran, si è tenuto un presidio sotto il consolato Usa. Almeno 200 persone hanno urlato a lungo la loro rabbia contro quel simbolo di uno strapotere sempre più avversato – crediamo – da ogni parte del mondo. Le parole che arrivano dai governi di Usa e Israele lasceranno il segno della loro infinita arroganza, della manifesta supremazia, del dilagante razzismo. Come dice un detto palestinese: “Coloro che scavano una buca malvagia, vi cadranno dentro”. Martedì 24 giugno, quasi in contemporanea al presidio in Duomo, due momenti paralleli a denunciare il genocidio in due forme diverse: un enorme die-in nei pressi della Darsena, dove un centinaio di persone si sono buttate a terra, con grande effetto su tutti coloro che passavano e (una volta tanto) ripresi anche dalla Rai locale, e un presidio in piazza Mercanti organizzato dal comitato che si batté per la liberazione di Julian Assange e che ha ricordato le centinaia di giornalisti uccisi in Palestina. Mercoledì 25 giugno, partita da Firenze e diffusasi in tutte le città italiane, finalmente è arrivata anche a Milano la denuncia al genocidio attraverso la musica: “La musica contro il silenzio. Contro l’apartheid e il genocidio in Palestina”. Un concerto meraviglioso: oltre duecento musicisti, un centinaio di coristi, e diverse centinaia di uomini e donne attorno pronti a intonare Bella Ciao nel gran finale. Abbiamo bisogno di questo: di vita, di riscatto, di bellezza, di forza per resistere e soprattutto sostenere chi sta resistendo in quelle terre martoriate. Grazie Milano. Nei prossimi giorni le iniziative continueranno, eccone alcune: Giovedì 26, ore 18-20: presidio a Sesto San Giovanni delle donne per la pace per un futuro senza violenza (piazza 4 Novembre, metro sesto Rondò). Venerdì 27, ore 17.30 piazza Bottini, stazione Lambrate (MI) tenda contro la guerra. Sabato 28, Pride, che sicuramente vedrà tante bandiere palestinesi…. Domenica 29 Giugno, ore 18, piazza San Babila, presidio: Fermiamo il genocidio in Palestina. Sempre domenica 29 Giugno (Spino d’Adda) e martedì 1° luglio (anfiteatro Martesana, Mi): DABKE, una performance di danza tradizionale palestinese, organizzato da Casapace Milano. Ognuna di queste iniziative punta a trasformare un mondo pieno di ingiustizie e violenza in un mondo giusto, libero e accogliente per tutti e tutte. Ci auguriamo che possano moltiplicarsi e crescere come un’onda inarrestabile. Andrea De Lotto