Milano e lo sgombero del Leoncavallo: la posta in gioco è la cittàHanno sfrattato e sgomberato il Leo, il centro sociale “più famoso” della
penisola e anche oltre, il centro di Fausto e Iaio, uccisi dai fascisti, uno
spazio autogestito attraversato da generazioni, luogo di militanza, creatività,
cultura o anche semplicemente di svago, un pezzo di Milano, un capostipite e, in
ultima analisi, il simbolo di una storia molto più grande. Questo e molto altro
è il Leoncavallo e dobbiamo ricordarcelo sempre per cogliere il significato di
quanto avvenuto ieri 21 agosto e di quanto non avvenuto negli anni precedenti.
Tutto il resto potrà essere anche importante, ma oggi e qui è irrilevante,
perché quello che accade al Leo non riguarda solo il Leo, ma riguarda tutti e
tutte noi.
Il Leoncavallo sarebbe stato sfrattato questo autunno, il 9 settembre, data
fissata dall’ufficiale giudiziario, o poco dopo. Lo sapeva chiunque in città. Ma
poi dalle parti degli ex missini hanno annusato il sangue e il 30 luglio scorso
una delegazione lombarda di FdI si è recata dal Ministro degli Interni
Piantedosi, chiedendo esplicitamente lo sgombero anticipato. Già, perché
aspettare la data istituzionale e pure con il rischio di qualche soluzione
negoziata in extremis? Meglio fare l’azione di forza, rivendicare lo scalpo
dell’odiato centro sociale e nel contempo avviare la campagna elettorale delle
destre per le comunali di Milano. E così hanno fatto e per essere proprio sicuri
di non venire fraintesi hanno pure aggiunto un piuttosto inedito sgarbo
istituzionale, non preavvisando nemmeno il Sindaco.
Insomma, i tempi stanno cambiando rapidamente e anche se non siamo ancora alla
situazione trumpiana o ungherese, quello è l’approdo che si immaginano le destre
post fasciste e salviniane. Cioè, non si fa neanche più finta di rispettare la
forma e chi dissente dal governo sa cosa si deve aspettare. Prima prendiamo atto
che le cose stanno così e ci regoliamo di conseguenza, meglio è.
Ma se la responsabilità di questo sgombero agostano è tutta governativa, non
possiamo certo ignorare il fatto che sia avvenuto nella Milano amministrata dal
centrosinistra da ormai da 14 anni. E tutto si può dire tranne che la “questione
Leoncavallo” sia un fulmine a ciel sereno. Anzi, innumerevoli sono state le
discussioni e le promesse da parte delle amministrazioni comunali in questi
anni, ma fatti concreti neanche uno. Ci spiegheranno che ci hanno provato, ma
che c’erano problemi, ostacoli, difficoltà, eppure non si può non notare il
contrasto evidente con la disinvoltura e l’efficienza mostrate per assecondare i
vari Catella. Ora il Sindaco Sala dice che farà quello che non ha fatto fino ad
ora. Vedremo.
A proposito, ora cosa succederà sull’area “finalmente restituita ai legittimi
proprietari”? Semplice, sorgeranno palazzi, com’è già successo tutto attorno al
Leo, perché nel frattempo quell’ex area dismessa è diventata valorizzabile. E se
avete qualche dubbio, date un occhio a quello che è successo ieri in borsa,
quando il titolo della società immobiliare di Cabassi ha preso il volo. È il
modello Milano, bellezza.
Appunto, il Leoncavallo ci riguarda tutti e tutte, perché riguarda la
legittimità e la possibilità di costruire spazi di autogesione e di opposizione
sociale e riguarda il modello di città che vogliamo per Milano.
Giù le mani dalla città! è il titolo dell’appello che chiama il corteo nazionale
del 6 settembre a Milano, deciso dall’assemblea che si è tenuta ieri davanti il
Leo sgomberato. Vediamo di costruirlo bene, insieme, all’altezza della
situazione, perché spontaneamente non accade nulla e tutto dipende da noi.
Articolo pubblicato originariamente su Milano In Movimento, il 22 agosto 2025.
Immagine di copertina e nell’articolo di Milano in Movimento
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