Ddl Gasparri: hasbara e israelizzazione tra assimilazione delle coscienze e repressione del dissensoPREMESSA
Il disegno di legge Gasparri, ora in corso di esame al Senato, intitolato
Disposizioni per il contrasto all’antisemitismo e per l’adozione della
definizione operativa di antisemitismo, che equipara antisemitismo, antisionismo
e critiche a Israele e commina pene detentive a coloro che, con parole e/o
azioni, contravvengono a questa formulazione, è il frutto di una lunga storia
che va tenuta presente per comprendere le modalità dell’attuale repressione nei
confronti di coloro che, in Italia e nel mondo, manifestano la propria
opposizione al genocidio, all’occupazione e all’apartheid in Palestina[1].
In estrema sintesi, si tratta di una controffensiva ideologica sionista, una
hasbara[2], le cui radici risalgono alla perdita di credibilità e consenso
internazionale del governo di Israele a metà degli anni Settanta, di cui fu
espressione la risoluzione ONU 3379 del 1975 che dichiarò che “il sionismo è una
forma di razzismo e di discriminazione razziale” [Levy]. La risoluzione 3379 fu
poi abolita nel 1991, nel contesto delle trattative per gli accordi di Oslo, ma
nel frattempo era cominciato il percorso di ridefinizione concettuale e
linguistica dell’antisemitismo, e all’inizio degli anni Duemila il governo
israeliano, in particolare il Ministero della Diaspora, si impegnò in una vera e
propria “controffensiva coordinata contro l’antisemitismo”, soprattutto quello
di matrice arabo islamica, con l’obiettivo di attivare azioni diplomatiche
efficaci [Pisanty, 69].
Nel frattempo, nel 1998, era stata fondata l’IHRA, International Holocaust
Remembrance Alliance, forum intergovernativo a cui aderiscono oggi 35 paesi, che
diventerà l’organismo internazionalmente riconosciuto come la fonte legittima
per la attuale definizione di antisemitismo.
Nel 2000 la Dichiarazione del Forum di Stoccolma sull’Olocausto, “pianificato e
realizzato dai nazisti”, impegnò la comunità internazionale a tenere viva la
memoria della Shoah contro ogni negazionismo, a promuoverne lo studio e a
commemorarne le vittime.
LA DEFINIZIONE DI ANTISEMITISMO DELL’IHRA
Circa quindici anni dopo, la responsabilità politica internazionale per la
memoria dell’Olocausto sancita a Stoccolma si saldò idealmente con la nuova
definizione di antisemitismo, e nel 2016 a Budapest, in una seduta plenaria
dell’IHRA, venne approvata la “definizione operativa” non giuridicamente
vincolante di antisemitismo: “L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei
che può essere espressa come odio per gli ebrei. Manifestazioni di antisemitismo
verbali e fisiche sono dirette verso gli ebrei o i non ebrei e/o alle loro
proprietà, verso istituzioni comunitarie ebraiche ed edifici utilizzati per il
culto” [definizione IHRA].
Presentata come una definizione euristica di natura descrittiva, utile per
identificare e monitorare il fenomeno dell’antisemitismo, dunque senza
implicazioni giuridiche, tale definizione è evidentemente vaga e priva di logica
perché si fonda sulla “percezione”, che è una funzione psichica (l’atto del
prendere coscienza) e sull’odio, che è una emozione o sentimento. Le azioni, i
comportamenti, sono concettualizzati come “manifestazioni verbali e fisiche” di
un antisemitismo percettivo ed emotivo. Ne deriva la divaricazione tra
l’“antisemitismo” così inteso e la “discriminazione antisemita”, che, come tutte
le discriminazioni, è una azione concreta a svantaggio di gruppi sociali o
persone, in questo caso gli ebrei, ed è ascrivibile all’antisemitismo storico.
In altri termini, il nuovo antisemitismo consisterebbe in percezioni e
sentimenti, o stereotipi e pregiudizi, che attengono alla sfera del pensiero e
della coscienza individuale, difficili da misurare scientificamente e che di per
sé non sono atti concreti di discriminazione. Non è la stessa cosa dire
“stereotipo antisemita”, “pregiudizio antisemita” e “antisemitismo”. Come
manifestazioni di tali percezioni e sentimenti, i comportamenti normalmente
sanzionabili per legge, quali i danni alle cose o alle persone, diventano, da
reati comuni, reati di antisemitismo. La vera e propria discriminazione
antisemita come azione rivolta alla privazione di diritti per gli ebrei viene
del tutto dimenticata e sostituita dal “nuovo antisemitismo”.
In teoria non c’era bisogno di alcuna nuova definizione per sanzionare
comportamenti dannosi nei confronti di ebrei o anche discriminazioni antisemite
nelle legislazioni nazionali. Il punto è che lo scopo ambiguo e recondito della
definizione IHRA non era quello di combattere l’antisemitismo in quanto
discriminazione, ma quello di silenziare le critiche al governo di Israele,
equiparandole a espressioni di antisemitismo: “Le manifestazioni (di
antisemitismo) possono avere come obiettivo lo Stato di Israele perché concepito
come una collettività ebraica” [definizione IHRA]. Entra in gioco qui il
concetto, anch’esso nuovo, di “Ebreo collettivo”, identificato con Israele e
particolarmente caro al Likud, che era stato elaborato in parallelo a quello di
“nuovo antisemitismo” per agganciare quest’ultimo all’antisemitismo storico
[Pisanty, 67-80; Rossi, pp. 43-56].
Per chiarire le eventuali manifestazioni di antisemitismo, la definizione venne
corredata dall’IHRA di undici esempi tra i quali sei riguardano esplicitamente
lo Stato e il governo di Israele. Due di essi sono particolarmente eloquenti:
“Negare agli ebrei il diritto dell’autodeterminazione, per esempio sostenendo
che l’esistenza dello Stato di Israele è una espressione di razzismo”; “fare
paragoni tra la politica israeliana contemporanea e quella dei Nazisti”.
Rimandando al lavoro di Valentina Pisanty [pp. 88-100] per l’analisi e il
commento puntuale di tali esempi, osserviamo che negli anni seguenti la
definizione IHRA venne fatta propria da numerosi documenti internazionali tra
cui la Risoluzione del Parlamento europeo (1 giugno 2017) che invitò gli Stati
membri ad adottarla e applicarla, sull’esempio del Regno Unito e dell’Austria.
Non mancarono forti controversie per le ambiguità della definizione e per il
concreto pericolo di censura della vita culturale dei paesi che, come la
Germania, la avessero applicata [Della Porta; Antisemitismo in Germania].
L’ADOZIONE ITALIANA DELLA DEFINIZIONE IHRA (2020) E LA PRIMA STRATEGIA NAZIONALE
DI LOTTA ALL’ANTISEMITISMO (2021)
Il governo italiano adottò ufficialmente la definizione operativa di
antisemitismo dell’IHRA il 17 gennaio 2020 (governo Conte II) nella forma di
mozione o atto di indirizzo. Nel documento l’esplicita l’equiparazione di
antisemitismo e antisionismo, “inteso quest’ultimo come rifiuto della
legittimità dello Stato d’Israele”, si traduce, su richiesta del “Ministro
israeliano della sicurezza pubblica e degli affari strategici Gilad Erdan”,
nella stigmatizzazione antisemita del movimento BDS e dei suoi sostenitori (“tra
cui organizzazioni politiche come Rifondazione Comunista e Comunisti italiani,
sindacali come Fiom e Ong come «Un Ponte Per…» e Servizio civile
internazionale”), ai quali la Camera si impegnò a non destinare finanziamenti
pubblici [XVIII LEGISLATURA, Allegato B]. Colpisce, nella narrativa della
mozione, che “tali fenomeni di odio antisemita appaiono come strettamente
connessi anche con le recenti e le crescenti tensioni nella Striscia di Gaza”: a
quel tempo erano sotto gli occhi del mondo le proteste della Grande Marcia del
Ritorno, durate 86 settimane a partire dal 30 marzo 2018, con 234 morti
palestinesi, e le denunce dell’ONU e delle organizzazioni umanitarie
internazionali sull’impossibilità di vita dignitosa a Gaza. Ma, va notato, Gaza
e le sue “tensioni” scompariranno del tutto nei successivi documenti italiani
sull’antisemitismo.
L’anno seguente (2021) l’Italia si dotò della prima Strategia nazionale di lotta
all’antisemitismo, frutto dell’elaborazione di un “Gruppo tecnico di lavoro per
la ricognizione sulla definizione di antisemitismo approvata dall’IHRA”
coordinato da Milena Santerini, docente universitaria di Pedagogia
all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano e deputata dal 2013 al 2018
nel gruppo Scelta civica di Mario Monti. Benché infarcita di assunti iperbolici
e a tratti islamofobi ispirati dalla definizione IHRA e dalla ampia narrazione
internazionale di sostegno, la Strategia Nazionale scriveva in premessa che:
“Affrontare il tema dell’antisemitismo in Italia comporta la chiara assunzione
di responsabilità per l’adozione delle leggi razziste del 1938 di stampo
antisemita che hanno segnato una svolta nella storia del nostro Paese” [p. 6].
“Il picco dell’intolleranza” individuato dal Gruppo tecnico concerneva infatti
gli attacchi fascisti sui social e l’aggressione di Forza Nuova alla senatrice
Liliana Segre, avvenuti nel 2019, a seguito dei quali fu deciso di dotarla di
una scorta [p. 9]. Pertanto l’ampliamento delle norme penali raccomandate a
governo e parlamento dal Gruppo tecnico riguardava in primo luogo l’apologia del
fascismo[3]. E ancora, sottolineava il Gruppo tecnico, i crimini d’odio erano
prevalentemente hate speach sui social e dunque si trattava di “imporre ai
gestori delle piattaforme social la rimozione dei contenuti d’odio (post, video,
immagini)”.
Nondimeno compariva, sulla base degli esempi dell’IHRA, l’equiparazione di
antisemitismo, antisionismo e critiche politiche a Israele: il “nuovo
antisemitismo” ha come “sfondo la demonizzazione di Israele e la
delegittimazione della sua esistenza. In questo senso, l’antisemitismo può
mascherarsi da antisionismo quando si oppone alla piena esistenza di Israele
come nazione libera” [p. 16]. Questo argomento, discutibile e discusso, ma leit
motiv della retorica dell’hasbara israeliana, si è rafforzato nella retorica
dell’hasbara italiana fino all’attuale ddl Gasparri.
LE LINEE GUIDA SUL CONTRASTO ALL’ANTISEMITISMO NELLA SCUOLA (2021) E L’ADOZIONE
DELLA DEFINIZIONE IHRA DA PARTE DELL’ORDINE DEI GIORNALISTI (2023)
A seguito di questa Strategia, il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi,
indipendente nel governo Draghi, adottò, nel novembre 2021, le Linee guida sul
contrasto all’antisemitismo nella scuola, che mantenevano tuttavia un orizzonte
più ampio, in quanto consideravano “tutte le forme di razzismo e di
discriminazione (…) insieme a tutto ciò che esclude, disprezza e discrimina ogni
essere umano, ogni gruppo sociale, ogni minoranza” [p. 3].
Le radici dell’antisemitismo venivano rintracciate, come nella Strategia
nazionale, nell’antigiudaismo di matrice cristiana e di matrice islamica, nel
neonazismo, nel neofascismo e nel negazionismo della Shoah, nell’odio verso
Israele come “Ebreo Collettivo”. Le indicazioni didattiche raccomandavano,
piuttosto sorprendentemente, quello che nelle scuole da decenni veniva
praticato, e basti ricordare la Giornata della memoria, i Treni della Memoria,
le letture di Anna Frank, lo studio di Primo Levi.
Nel giugno del 2023, proprio pochi mesi prima del fatidico 7 ottobre, furono
Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine nazionale dei Giornalisti, e Guido
D’Ubaldo, presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Lazio, a firmare
ufficialmente la loro adesione alla definizione operativa di antisemitismo
dell’IHRA, cioè a decidere di autocensurarsi [De Monticelli]. Il fatto fu
immediatamente esaltato nel seminario per giornalisti dal titolo 85 anni dalle
leggi razziali: lotta all’antisemitismo nei media italiani (promosso
dall’Ambasciata d’Israele in Italia, dall’Ordine dei Giornalisti, dalla
Fondazione Museo della Shoah, dalla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica
Contemporanea, CDEC, dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, UCEI, dalla
Comunità Ebraica di Roma, CER, e trasmesso in diretta su Radio Radicale)
[Tagliacozzo], ma per il resto passò quasi sotto silenzio, e può probabilmente
essere letto come una delle ragioni dissimulate della continua hasbara dei media
mainstream nazionali nei lunghi mesi di stragi e genocidio a Gaza.
LA SECONDA STRATEGIA NAZIONALE PER LA LOTTA ALL’ANTISEMITISMO (2025)
La strategia discorsiva del governo italiano sull’antisemitismo è decisamente
cambiata nel 2025, con la nuova edizione della Strategia nazionale per la lotta
all’antisemitismo, il cui Coordinatore nazionale, nominato nel gennaio 2024
dall’attuale governo, è il generale di corpo d’armata dei Carabinieri Pasquale
Angelosanto, dal 2017 al 2023 comandante del Reparto Operativo Speciale dei
Carabinieri (ROS) con competenze sulla criminalità organizzata e sul terrorismo.
Nel nuovo documento l’hasbara italiana si fa evidente: sotto la direzione di un
militare, viene eliminato ogni riferimento all’antisemitismo di stampo
nazi-fascista, la stessa parola fascismo è espunta, mentre viene data grande
enfasi all’aumento dei casi di antisemitismo, che consistono prevalentemente in
insulti o diffamazioni personali o sui social e nella negazione della portata
della Shoah. Compare invece la parola “sicurezza” riferita agli ebrei italiani,
la cui “percezione di minaccia” sarebbe, secondo “i rappresentanti delle
comunità e dell’associazionismo ebraici”, tale da impedire loro di esercitare le
libertà individuali e la libertà di culto [p.19].
Senza voler entrare in una analisi specifica di questo lungo documento,
accenniamo alle cinque linee di azione strategica (con 22 obiettivi e 68 azioni)
per il contrasto all’antisemitismo da attuare in stretta sinergia tra apparati
dello Stato, Forze Armate, Forze dell’Ordine, associazioni e centri di
documentazione ebraica: monitoraggio del fenomeno, formazione, cultura della
memoria, garanzia di sicurezza delle comunità ebraiche, comunicazione e
dimensione digitale.
Al posto del fascismo, scomparso, emerge l’ordine pubblico, in quanto “in
particolar modo a partire dal 7 ottobre 2023”, sembrano moltiplicarsi le
“manifestazioni contro lo stato di Israele (…) espressioni di messaggi
antisemiti o di inneggiamento al terrorismo. Ne sono esempi sventolii di
bandiere di Hezbollah, inni ai leader di Hamas, denigrazione di figure simbolo
della Shoah (come Anna Frank)” [p. 40]. Si ribadisce l’equivalenza tra
antisemitismo e critiche allo Stato israeliano: “Nel rispetto dei diritti
costituzionali di libere manifestazioni e di espressioni del libero pensiero –
ivi incluso il diritto di criticare le azioni del governo israeliano – appare
evidente come dietro a posizioni antisioniste/anti-israeliane si celino
atteggiamenti riconducibili all’antisemitismo”.
Come si può evincere da queste brevi note, si tratta di una vera e propria
hasbara, che per l’Italia prende forma attraverso la cancellazione di ogni
riferimento alla responsabilità del fascismo e del neofascismo nella
persecuzione razzista degli ebrei e negli episodi autenticamente antisemiti
degli ultimi anni, che pure nel 2021 erano riconosciuti come tali dal Gruppo
tecnico, e pertanto indicati come necessari destinatari di sanzione penale. Su
questo sfondo assumono così un senso le stupefacenti parole della ministra
Roccella, secondo cui le “gite” nei campi di concentramento sarebbero state
«incoraggiate e valorizzate» perché avevano come bersaglio «una precisa area
(storico-politica): il fascismo»”. Come ha scritto Carlo Greppi, il problema è
l’antifascismo, non l’antisemitismo.
Ma non basta. Per garantire la sicurezza delle comunità ebraiche, la quarta
linea strategica prevede, alla azione 2.2., di “incrementare il presidio delle
forze dell’Ordine, quando vengono preannunciate manifestazioni contro lo Stato
di Israele, al fine di prevenire o contrastare espressioni antisemite o di
incitamento all’odio e/o al terrorismo” [p. 41].
Infine, l’obiettivo 4 della stessa linea strategica si pone esplicitamente il
fine di favorire la cooperazione nazionale e internazionale “tra i diversi
attori coinvolti nella lotta al terrorismo (…) per condividere informazioni e
coordinare le azioni” in particolare “tra gli apparati di intelligence, le forze
di polizia e le strutture di sicurezza interna delle comunità ebraiche“. Si
giunge a prevedere “tra le possibilità offerte dall’analisi di scenario (la)
georeferenziazione grafica degli eventi al fine di localizzarli in maniera
puntuale” [p. 25], così come è effettivamente accaduto nel settembre del 2025 da
parte del Ministero israeliano per la Diaspora e la lotta all’antisemitismo, che
ha schedato le piazze e i gruppi solidali con la Palestina [Rocco]. Considerando
lo stretto legame tra le comunità ebraiche italiane e Tel Aviv, si intuisce il
diretto intervento del governo israeliano nelle azioni di contrasto
all’antisemitismo predisposte in Italia.
Coordinata da un esponente delle Forze Armate, la vigente strategia italiana di
lotta all’antisemitismo, dunque, riscrive la storia, collocando l’antisemitismo
nell’alveo del terrorismo – sia quello internazionale di matrice islamica sia
quello evocato nelle nostrane manifestazioni di piazza -, viene militarizzata e
diventa una questione di ordine pubblico, adottando linguaggi e pratiche
securitarie e rendendo protagoniste le Forze Armate, le Forze di polizia e le
comunità ebraiche italiane nella repressione di idee, parole, scritti e
manifestazioni di piazza.
IL DISEGNO DI LEGGE 1627 DI CONTRASTO ALL’ANTISEMITISMO
Sia la Strategia del 2021 sia quella del 2025 fanno riferimento all’art. 604 del
codice penale come base normativa per estendere le pene in relazione al reato di
antisemitismo. Ma nel 2021 tale estensione si riferiva, come già detto,
prevalentemente alla apologia del fascismo e nel documento si metteva l’accento
sul fatto che per i casi di “crimine simbolico” dettato dal pregiudizio fosse
opportuna una pena “simbolica” di tipo riparativo. Nel 2025 il ricorso all’art.
604 viene esplicitato per i reati online e per “il contenimento e prevenzione
dei sempre più frequenti episodi di odio e discriminazione antisemita” [pp.
41-42].
Non mi soffermo sul fatto che entrambe le Strategie nazionali dedichino ampio
spazio alla formazione nelle scuole, su cui si erano espresse le Linee guida del
Ministero dell’Istruzione nel 2021. La formazione è la sola altra indicazione
che, insieme con il riferimento all’art. 604 del Codice penale, viene ripresa
dalle Strategie nazionali nel ddl Gasparri, senatore di Forza Italia che, sia
detto per inciso, nel 2000 dovette rispondere in Parlamento di commenti
antisemiti comparsi sul suo sito “destra.it” [Risoluzione urgente].
Il breve testo di legge, composto di soli quattro articoli, adotta “l’integrale
definizione operativa”[4] di antisemitismo dell’IHRA (art. 1), senza neppure
riportarla, e la traduce in reato (art. 4), aggiungendo all’art. 604bis del
Codice penale (Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di
discriminazione razziale etnica e religiosa), che prevede pene detentive fino a
sei anni, “la propaganda, l’istigazione o l’incitamento (che) si fondano, in
tutto o in parte, sull’ostilità, sull’avversione, sulla denigrazione, sulla
discriminazione, sulla lotta o sulla violenza contro gli ebrei, i loro beni e
pertinenze, anche di carattere religioso o culturale, nonché sulla negazione
della Shoah o del diritto all’esistenza dello Stato di Israele o sulla sua
distruzione”. Aggravante è considerato “l’uso, in qualsiasi forma, di segni,
simboli, oggetti, immagini o riproduzioni che esprimano, direttamente o
indirettamente, pregiudizio, odio, avversione, ostilità, lotta, discriminazione
o violenza contro gli ebrei, la negazione della Shoah o del diritto
all’esistenza dello Stato di Israele”.
L’art. 2 del ddl prescrive corsi di formazione “specificamente dedicati allo
studio della cultura ebraica e israeliana”, rivolti, non a caso, a docenti,
militari, forze dell’ordine e magistrati. L’art. 3 individua nelle scuole e
nelle università pericolosi semenzai di razzismo e antisemitismo, comminando
sanzioni e provvedimenti disciplinari alle/i docenti che non li prevengano e
segnalino.
L’”antisemitismo”, equiparato all’antisionismo e alla critica a Israele, diventa
così la clava per colpire i movimenti che nelle università e nelle scuole hanno
manifestato un radicale dissenso nei due lunghi anni di guerra contro Gaza e di
colonizzazione violenta e inarrestabile della Cisgiordania reclamando
autodeterminazione, libertà e giustizia per il popolo palestinese. Dalla hasbara
in versione italiana, cioè l’oscuramento delle responsabilità del fascismo, si
passa alla vendetta e punizione, cioè alla israelizzazione, per coloro che sono
scesi in piazza sventolando bandiere palestinesi, con slogan come: “Palestina
libera dal fiume fino al mare”, che hanno occupato università e scuole, che
stanno progettando didattica decoloniale. Già solo quello slogan o una carta
geografica della Palestina su una t-shirt o su un cartello possono essere intesi
come propaganda che nega il diritto all’esistenza di Israele o allude alla sua
“distruzione”, dunque punibili per legge.
Che oggi, come un tempo, gli eredi dei fascisti al governo, si schierino dalla
parte del genocidio non stupisce. Oggi, come i loro omologhi di destra in
Occidente, ne ottengono in cambio la cancellazione dalla narrazione e dal
discorso pubblico delle responsabilità dei loro antenati politici nel genocidio
perpetrato nei campi di distruzione nazista e l’accentuazione dell’enfasi su
discorsi islamofobi che stigmatizzano le persone migranti. Possono così
rivendicare, anche grazie a intellettuali e media mainstrem, un’immagine
ripulita dall’antisemitismo che storicamente li connota e nel frattempo colpire
la dissidenza e i gruppi di immigrati musulmani legittimando i discorsi di odio,
razzismo e xenofobia che caratterizzano le loro politiche.
LE PIAZZE D’AUTUNNO, LA REPRESSIONE DEL DISSENSO E GLI ANTICORPI COSTITUZIONALI
Essendo stato presentato in Parlamento il 6 agosto 2025, il ddl non aveva ancora
potuto tener conto dell’impatto delle manifestazioni di massa che hanno
connotato l’”autunno caldo” italiano del 2025: i suoi obiettivi erano “i
propal”, per due anni stigmatizzati come eversivi ed emarginati come minoranze
antagoniste, e gli immigrati arabi, oggetto della propaganda di “sostituzione
etnica” e squalificati come “cultura della maranza”. Ma in settembre le scuole,
dove appunto da decenni si legge il Diario di Anna Frank e si studia Primo Levi,
i luoghi di lavoro, le organizzazioni politiche e sindacali, le molteplici
associazioni e articolazioni della società civile, sono esplose in un’unica
grande protesta, per denunciare nelle piazze i crimini dell’occupazione,
dell’apartheid e del genocidio. Dunque non solo gruppi radicali di “propal”, ma
un numero enorme di persone e gruppi, con presidi, cortei, blocchi di
autostrade, porti e aeroporti, cene di solidarietà, spettacoli teatrali, mostre,
conferenze, convegni, canzoni, libri, riviste, articoli, fotografie, post,
reels, film e video dovrebbero essere accusati di reati di antisemitismo in
quanto Israele, implicitamente o esplicitamente, viene considerato uno Stato
genocidario e razzista, responsabile di crimini contro i diritti umani e il
diritto internazionale che dovrebbero essere sottoposti al giudizio delle corti
internazionali.
Di fronte a una ampia parte del paese schierata contro le politiche di Israele,
la approvazione del ddl Gasparri non può che passare attraverso la quotidiana
esasperazione della polarizzazione, con continue esternazioni di politici e
intellettuali amplificate dai media (come nel caso del convegno su La storia
stravolta e il futuro da ricostruire), shitstorm sui social, e plurime
intimidazioni di gruppi neofascisti presso le scuole, tra cui il recente e
gravissimo episodio di aggressione al Liceo Einstein di Torino. Di fronte a una
opposizione di massa, è evidente che il ddl ha sia uno scopo punitivo, mirato a
colpire direttamente e selettivamente i gruppi e le/i militanti più impegnate/i,
sia uno scopo intimidatorio, rivolto a coloro che, in particolare nelle scuole,
nelle università e nei luoghi di cultura, interpretano criticamente la storia di
Israele dalle sue origini a oggi.
Nella sua stessa sbrigativa formulazione, il ddl mostra dunque intenti che, come
in altri paesi europei, poco hanno a che fare con il contrasto
all’antisemitismo, e che mirano piuttosto alla repressione del dissenso, al
silenziamento delle piazze e alla censura culturale. Nella Germania studiata da
Donatella Della Porta, l’uso repressivo della definizione IHRA è stato, con le
parole di Nancy Fraser, citate dalla stessa Della Porta, “un modo per mettere a
tacere le persone con il pretesto di difendere gli ebrei” [Della Porta, 39]:
intellettuali, artisti, accademici progressisti sono stati messi al bando per le
loro critiche a Israele nonostante fossero notoriamente impegnati contro il
razzismo e alcuni fossero ebrei con storie familiari di Olocausto. E non a tutti
è noto che la nuova legge tedesca sulla cittadinanza (2024) impone a chi la
richiede “di dichiarare la propria fede nel diritto d’esistenza d’Israele”
[Pisanty, 23]. Anche nel Regno Unito, dove la definizione IHRA è stata adottata
nel 2016, e dove alle università è stato imposto di adottarla nel 2020,
l’impatto ha comportato la limitazione del pensiero critico, della libertà
accademica di ricerca e insegnamento e della possibilità di affrontare
scientificamente temi legati alla storia di Israele e della Palestina. Infatti
nei 40 casi di antisemitismo denunciati dal 2017 al 2022 le accuse sono state
considerate prive di fondamento (a parte due casi non ancora passati in
giudicato nel 2023) e non hanno portato a sanzioni disciplinari, ma “esiste un
rischio molto concreto che questo clima induca docenti e studenti
all’autocensura preventiva” [Ferrara degli Uberti].
Il ddl presenta tuttavia evidenti profili di incostituzionalità, in quanto
lesivo del “diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la
parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” (art. 21 della
Costituzione), e, anche se il governo ha i voti in Parlamento per farlo
approvare, e la Corte costituzionale ha tempi lunghi di intervento, questo
rimane un argomento decisivo su cui fare leva per mobilitare l’opinione pubblica
e l’opposizione politica. In altri termini, la Costituzione rappresenta ancora
un forte anticorpo democratico a garanzia della libertà di espressione. Inoltre,
allo stato attuale della ricerca, non risulta che altri paesi europei abbiano
approvato leggi organiche come quella proposta in Italia per rendere punibile
penalmente il reato di antisemitismo. Come già accennato, nei singoli stati
(Gran Bretagna, Francia, Germania, Austria) sono state bensì intraprese diverse
“vie legali” per rendere efficace la definizione IHRA attraverso misure
restrittive e censure alle critiche a Israele, ma a livello europeo, in
particolare presso la Commissione e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
(CEDU), permangono riserve in merito alla violazione della libertà di
espressione di tali misure [Corsalini].
ISRAELIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ O PALESTINIZZAZIONE DEL MONDO
Conculcare la libertà di pensiero, di parola e di espressione, criminalizzare
arbitrariamente civili per idee e opinioni, infliggere pene detentive
sproporzionate, mettere sotto controllo ideologico la scuola e la società,
attribuire ai militari funzioni di natura politica e di controllo sociale come
presupposti ed esiti della “lotta all’antisemitismo”, sono tutte pratiche
tipiche che si osservano nell’occupazione in Palestina, forme di israelizzazione
della società, insieme con l’hasbara che manipola la realtà in modo strumentale
e mira ad assimilare le percezioni e le emozioni, cioè le coscienze.
Significativo che anche il documento di Rearm Europe, all’art. 164, ritenga
necessario “sviluppare una comprensione condivisa e un allineamento delle
percezioni delle minacce in tutta Europa e (…) creare una nozione globale di
difesa europea”. La politica di assimilazione delle coscienze, di “allineamento
delle percezioni”, è comune a ogni hasbara, sia quella militarista sia quella
sionista.
Con l’espressione “israelizzazione della società”, concetto da verificare e
sviluppare in campo scientifico, abbiamo voluto qui indicare non solo il
controllo militare del territorio e della società, ma, in sintesi, l’insieme
delle tecniche di governo che si avvalgono di precise forme di sorveglianza
tecnologica e repressione, di separazione, espropriazione, espulsione e
persecuzione di gruppi sociali, di riconfigurazione degli spazi e delle
infrastrutture, di cancellazione culturale, di narrazione strumentale e di
delegittimazione politica di gruppi dissenzienti, che sono evidenti anche nella
nostra società. La sociologa brasiliana Berenice Bento usa invece l’espressione
“palestinizzazione del mondo”, introdotta dal regista palestinese Elia Suleiman,
per indicare, sulla scorta di Achille Mbembe, la forma di necropotere collaudata
in Palestina, ma estesa al mondo, cioè “il processo articolato a livello globale
in cui la violenza contro i movimenti sociali è direttamente ispirata dalla
colonizzazione israeliana”. La stessa autrice introduce però anche un altro
significato della “palestinizzazione del mondo”, e con questo vogliamo
concludere: “Se Israele è il laboratorio della morte, esiste un
contro-movimento, ispirato dalla resistenza palestinese, in cui pulsa e pulsa il
desiderio di vita. Ispirati dal popolo palestinese, anche noi stiamo
palestinizzando il mondo, perché abbiamo imparato che lotta e vita sono
sinonimi, sono termini intercambiabili. La questione palestinese è diventata un
fatto sociale e politico globale ineludibile” [Bento].
FONTI
Sito dell’IHRA: https://holocaustremembrance.com/
Definizione di antisemitismo dell’IHRA con esempi,
https://holocaustremembrance.com/resources/la-definizione-di-antisemitismo-dellalleanza-internazionale-per-la-memoria-dellolocausto
Dichiarazione del Foro Internazionale Di Stoccolma sull’Olocausto, gennaio 2000,
https://archivio.pubblica.istruzione.it/shoah-itfitalia/allegati/stoccolma_it.pdf
Combating anti-semitism.European Parliament resolution of 1 June 2017 on
combating anti-Semitism,
https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-8-2017-0243_EN.pdf
XVIII LEGISLATURA, Allegato B, Seduta di Venerdì 17 gennaio 2020, ATTI DI
INDIRIZZO,
https://www.camera.it/leg18/410?idSeduta=290&tipo=atti_indirizzo_controllo
Strategia nazionale di lotta all’antisemitismo. Presidenza del Consiglio. Gruppo
tecnico di lavoro per la ricognizione sulla definizione di antisemitismo
approvata dall’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance). Rapporto
finale, 2021,
https://www.governo.it/sites/governo.it/files/documenti/documenti/Presidenza/NoAntisemitismo/StrategiaNazionale/StrategiaNazionaleLottaAntisemitismo_def.pdf
Linee guida sul contrasto all’antisemitismo nella scuola, novembre 2021.
Ministero dell’Istruzione. Testo elaborato dal Comitato paritetico MI-PdCM- UCEI
sotto la guida della Coordinatrice Nazionale per la lotta all’antisemitismo
nell’ambito del Protocollo tra MI, Coordinatrice e UCEI,
https://www.mim.gov.it/documents/20182/6740601/Linee+guida+antisemitismo.pdf
Strategia nazionale per la lotta all’antisemitismo, Presidenza del Consiglio dei
Ministri. Coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo. Edizione
2025,
https://www.governo.it/sites/governo.it/files/documenti/documenti/Presidenza/NoAntisemitismo/StrategiaNazionale/Strategia_Nazionale_2025-IT.pdf
Disegno di legge n. 1627, Senato della Repubblica. Legislatura 19°,
https://www.senato.it/show-doc?leg=19&tipodoc=DDLPRES&id=1473422&idoggetto=0&part=ddlpres_ddlpres1-articolato_articolato1
Risoluzione del Parlamento europeo del 2 aprile 2025 sull’attuazione della
politica di sicurezza e di difesa comune – relazione annuale 2024,
https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-10-2025-0058_IT.html
Informativa urgente del Governo sull’aggressione al professor Luis Marsiglia,
Camera dei Deputati, Seduta n. 777 del 26/9/2000,
https://legislature.camera.it/_dati/leg13/lavori/stenografici/sed777/s020.htm
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
Antisemitismo in Germania. Accolta una norma controversa, 8 novembre 2024,
https://www.rsi.ch/info/mondo/Antisemitismo-in-Germania-accolta-una-norma-controversa–2342436.html
Berenice Bento, Palestinização do mundo,
https://berenicebento.com/2024/05/palestinizacao-do-mundo/
Matteo Corsalini, Pensiero e retropensiero. Limiti e legittimità della critica
antisionismo al vaglio della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in “Stato,
Chiese e pluralismo confessionale”, Rivista telematica, fascicolo n. 18 del
2023, https://riviste.unimi.it/index.php/statoechiese/article/view/22278
Roberta De Monticelli, Su Israele l’Ordine dei Giornalisti si autocensura,
15/7/2023,
https://www.assopacepalestina.org/2023/07/15/su-israele-lordine-dei-giornalisti-si-autocensura/
Donatella Della Porta, Guerra all’antisemitismo? Il panico morale come strumento
di repressione politica, Altreconomia, Milano, 2024.
Carlotta Ferrara degli Uberti, Antisemitismo, la definizione dell’Ihra limita il
pensiero critico, 14 settembre 2023,
https://ilmanifesto.it/antisemitismo-la-definizione-dellihra-limita-il-pensiero-critico
Carlo Greppi, Gite ad Auschwitz. Roccella e gli scheletri nell’armadio, “il
Manifesto”, 13 ottobre 2023,
https://ilmanifesto.it/roccella-e-gli-scheletri-nellarmadio
Gideon Levy, Stracciare le prove: così Israele mantiene l’impunità globale, 23
Giugno 2022;
https://www.assopacepalestina.org/2022/06/23/stracciare-le-prove-cosi-israele-mantiene-limpunita-globale/
Valentina Pisanty, Antisemita. Una parola in ostaggio, Giunti, Firenze, 2025.
Federico Rocco, Israele scheda le piazze e le organizzazioni solidali con la
Palestina in Italia, “Contropiano”, 25 settembre 2025,
https://contropiano.org/news/politica-news/2025/09/25/israele-scheda-le-piazze-e-le-organizzazioni-solidali-con-la-palestina-in-italia-0186980
Amedeo Rossi, Antisemitismo e antisionismo. Usi e abusi, Edizioni Q, Roma, 2025.
Sarah Tagliacozzo, I giornalisti e l’antisemitismo nei media italiani,
21-06-2023,
https://www.shalom.it/italia/i-giornalisti-e-la-antisemitismo-nei-media-italiani-b1132491/
--------------------------------------------------------------------------------
[1] Non ci si riferisce qui alla lunga storia dell’antisemitismo, del sionismo e
dell’antisionismo, ma a quella della definizione del “nuovo antisemitismo” degli
ultimi decenni. Storicamente, con antisemitismo si intende una forma di
razzismo: la discriminazione storica e l’esclusione degli ebrei, la privazione
del diritto ad avere dei diritti (Hannah Arendt), che ha portato al loro
genocidio nei campi di sterminio nazisti. Con sionismo si intende solitamente il
movimento, nato in reazione all’antisemitismo, fondato nel 1897 da Theodor Herzl
(1860-1904), con il progetto di costituzione di uno Stato nazionale ebraico in
Palestina espropriandone ed espellendone i palestinesi (“una terra senza popolo
per un popolo senza terra”). L’antisionismo si contrappone all’esclusione
sionista, a sua volta razzista, dei palestinesi dal diritto ad avere dei
diritti, ed è quindi antirazzista.
[2] Con hasbara si intende la propaganda israeliana e la sofisticata attività di
pubbliche relazioni mirata a legittimare a livello internazionale le politiche
di Israele e diffondere una immagine positiva del paese.
[3] Si suggeriva infatti di: “Ampliare l’ambito di rilevanza penale e le misure
sanzionatorie delle condotte di apologia del fascismo. Sanzionare sia la
propaganda attiva diretta dei contenuti del partito fascista o
nazionalsocialista (produzione, distribuzione, diffusione o vendita di materiale
propagandistico, immagini, oggettistica, gadgets, simboli) sia i comportamenti
pubblici (simboli e gestualità)”, p. 20.
[4] Con “integrale definizione operativa” si intende che sono adottati anche gli
undici esempi, come confermato nel testo di presentazione del disegno di legge:
“Il presente disegno di legge (…) è finalizzato ad adottare legislativamente la
definizione operativa di antisemitismo dell’IHRA, declinando, sulla scia delle
esemplificazioni formulate dalla stessa organizzazione, una serie di
manifestazioni di antisemitismo che si traducono in fattispecie di reato
punibili a norma della legislazione vigente”.
Silvestrini, Ddl GasparriDownload
Maria Teresa Silvestrini, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e
delle università e Scuola per la pace Torino e Piemonte