Noi siamo docenti Pacefondai. Il Liceo “Leonardo da Vinci” di Bisceglie per la Pace e i Diritti umani
DOCUMENTO APPROVATO ALL’UNANIMITÀ DAL COLLEGIO DOCENTI DEL LICEO “LEONARDO DA
VINCI” DI BISCEGLIE (BT) NELLA SEDUTA DEL 7 LUGLIO 2025.
Come docenti, a cui spetta anche l’insegnamento dell’Educazione Civica a ragazzi
e ragazze che domani si presenteranno al mondo adulto come cittadine e
cittadini, ci siamo trovate/i profondamente in imbarazzo nell’anno scolastico
appena trascorso a spiegare le vicende che avvennero all’indomani del primo
conflitto mondiale e quelle che si verificarono subito dopo la catastrofe
nazifascista.
Ai primi del Novecento la corsa al riarmo insieme al logoramento dell’equilibro
internazionale generato dalla competizione imperialistica e dal nascente
nazionalismo spinsero inesorabilmente verso l’ampliamento di conflitti secondari
e periferici, “guerre per procura”, che diventarono lentamente di portata
mondiale. In quegli anni le velleità autoritarie e le mire espansionistiche di
un paio di discutibili personaggi, su cui abbiamo espresso un’inoppugnabile e
contrita condanna morale, gettarono l’Europa e il mondo intero in una totale
miseria corredata da un’inutile carneficina.
Con sdegno e commozione abbiamo raccontato dei folli progetti dei nazifascisti,
che furono comunque sostenuti dalla maggior parte del popolo, un po’
consapevolmente un po’ per indifferenza, progetti che condussero poi alla
depredazione, alla colonizzazione, alla deportazione di popolazioni intere, al
genocidio di gruppi di persone largamente riconducibili a categorie razziali,
culturali, etniche e religiose.
Il “Mai più” risuonato nel Preambolo della Carta dell’UNESCO ha trovato
fondamento nella Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di
genocidio dell’ONU entrata in vigore nel 1951, che all’articolo II riporta:
«Nella presente Convenzione, per genocidio si intende ciascuno degli atti
seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un
gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale: a) uccisione di
membri del gruppo; b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del
gruppo; c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita
intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; d) misure
miranti a impedire nascite all’interno del gruppo; e) trasferimento forzato di
fanciulli da un gruppo ad un altro».
A partire da queste evidenze giuridiche, come docenti, come educatori, come
costruttori di una umanità di pace, non possiamo non condannare i fantomatici
progetti di fare di Gaza la riviera balneare del continente asiatico con la
conseguente deportazione del popolo palestinese altrove; non possiamo non
condannare quello che per la Corte Penale Internazionale e per accreditate ONG,
tra cui Amnesty International, viene rubricato come genocidio nei confronti di
tutta la popolazione palestinese, affamata, privata di ospedali, cure mediche
essenziali, scuole e università.
Non possiamo non guardare con preoccupazione la folle corsa al riarmo, che punta
all’investimento del 5% del PIL nazionale in spese legate alla difesa e alla
sicurezza, mentre le nostre scuole avrebbero bisogno di interventi strutturali
per rendere più decoroso il nostro lavoro e più sicura la permanenza degli
studenti e delle studentesse nelle aule.
Il rischio che si intravede è che, oggi come un secolo fa, la mediocre normalità
diventi abulia morale anche nell’ambito dell’educazione, giacché è proprio
nell’abulia dei molti che trova spazio l’affaccendarsi violento e spregiudicato
di pochi avidi di potere, mentre la consapevole scelta partigiana di pace viene
messa costantemente sotto scacco.
Come docenti, come educatrici ed educatori, noi ci opponiamo a questa deriva con
questo documento che sottoscriviamo. Lavoriamo per costruire convivenze
pacifiche, abilità nella cooperazione, pace come modello di vita autentica,
fatta di responsabilità condivise. Insegniamo che ogni persona ha diritto a
vivere con dignità, ad immaginare un futuro migliore, a coltivare sogni e quindi
non accettiamo che questi valori vengano calpestati. Esistono alternative alla
violenza: gli strumenti del diritto internazionale, le vie diplomatiche, le
forme di pressione nonviolenta, come il disinvestimento o il boicottaggio e di
questo vogliamo farci portavoce con il nostro lavoro.
Noi siamo lavoratori e lavoratrici per la diffusione della cultura, della
libertà, della dignità umana, della ricerca della giustizia. Noi siamo docenti
Pacefondai.