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E ci mancheranno «le parole per dirlo». Paolo, ciao
Succede, nella vita, che si impara a parlare una seconda, una terza volta, e ancora. A me, così è accaduto con Paolo Virno. Paolo Virno era un filosofo, quindi un artista delle parole. Uno che afferrava cristalli di pensiero, un’idea di mondo, nelle regole grammaticali. Uno che non aveva mai perso di vista ciò che conta, ovvero che pensiero e prassi sono tutt’uno con le preposizioni: “con”, “tra”, “fra”. Si agisce e si pensa con le altre e gli altri, tra le altre e gli altri, fra una cosa e l’altra. Nel mezzo – senza principio né fine. Aula 6 di Lettere, Sapienza, primavera del 1998. Per ricordare l’anno 1968, presentavamo il libro di Bifo dedicato a Potere Operaio. Comparve Paolo. Il corpo, senz’altro – così alto. Ma il corpo con la parola, con una parola che sapeva farsi corpo con i gesti delle mani, con la voce e il suo volume cangiante, imprevedibile. Filosofo del linguaggio, del linguaggio di Paolo mancava qualcosa senza vedere le mani, e la braccia, con quei movimenti ampi, quasi preparassero la scena dell’enunciato. «L’inserzione del linguaggio nel mondo», avrebbe detto lui. > Certo Paolo era stato un militante sovversivo, un «marxista non pentito», un > «comunista non di sinistra». E l’aveva pagata cara, la sua militanza, negli > anni della controrivoluzione e della carcerazione preventiva senza sosta. Le > parole di Paolo erano parole, ma c’era dietro pure la vita di una generazione > che aveva tentato la rivoluzione. «Sconfitta», diceva. Vero, ma a che prezzo? > La controrivoluzione italiana, per vincere, ha dovuto imporre, manovra > finanziaria dopo manovra finanziaria, il declino del Paese. Se oggi l’Italia è fanalino di coda in Europa per quel che riguarda i salari, se l’economia sopravvive con il terziario low cost e l’edilizia che manda gli ultrasessantenni a crepare sui ponteggi, se duemila giovani formati al mese se ne vanno, è perché c’è voluta dedizione efferata per sconfiggere la rivoluzione. Con Paolo inventammo, a Esc, la Libera Università Metropolitana. Con Paolo, con Toni, con Franco, con Benedetto. E tante e tanti. Il primo seminario fu subito dopo l’occupazione di via dei Reti 15, primavera del 2005. Lo spazio era ancora disagevole, usavamo una stanzetta spoglia. Discutemmo di azione innovativa, secondo Paolo. Non riguarda il genio, l’eroe, il visionario l’azione innovativa, no. Ha a che fare con quel vivente che, per vivere, deve di volta in volta mettere in forma la propria vita, creare, in cooperazione con altre e altri, le condizioni della propria esistenza. Necessaria, l’azione innovativa, ogni qual volta si tratta di applicare la regola condivisa a un caso singolo; applicandola, tutto sommato, la regola la facciamo anche di nuovo. Differenza nella ripetizione. O anche: variazione storica della natura eterna che, per Paolo, sono le nostre facoltà specie-specifiche.     L’accademia italiana, ovvero del Paese fallito per la controrivoluzione, ha accolto Paolo tardivamente. Non poteva che andare così. Con le sue opere tradotte in tutto il mondo, la pensione lo ha raggiunto presto – troppo. Ma gli studenti lo hanno amato, in Calabria e poi a Roma Tre. Piccoli e grandi, tutti imparavano a parlare di nuovo, con lui. Ogni corso, ogni lezione, imponeva di pensare in grande, di pensare sul serio. Nonostante l’ANVUR e la VQR, o altri acronimi che hanno per obiettivo l’umiliazione della vita associata. Paolo era alla ricerca del sindacato rivoluzionario del lavoro precario, sottopagato, migrante. Se – folli – abbiamo fondato le Camere del Lavoro Autonomo e Precario, lo dobbiamo anche a quel documento, con diversi discusso, ma da lui scritto più di vent’anni fa («Che te lo dico a fare?»). Non ha mai smesso di essere operaista, a costo di portare il broncio alle movimentazioni recenti. Non che non riconoscesse il ruolo della finanza, l’importanza della rendita immobiliare, la guerra e le sue politiche di bilancio: cercava l’estorsione di plusvalore, Paolo, sempre. A pensarci bene, era un modo per continuare a pensare il due, il «doppio potere», la «città divisa». Filosoficamente: il possibile del reale. Ora, senza Paolo, vicini a Raissa, si tratterà di cercare ancora «le parole per dirlo» – proprio quelle, non altre. E sarà impervio, ma occorre provarci.   L'articolo E ci mancheranno «le parole per dirlo». Paolo, ciao proviene da DINAMOpress.
A Beit Jala la Commemorazione Congiunta della Nakba organizzata dai Combattenti per la Pace
 Anche quest’anno, per la sesta volta,  i ‘Combattenti per la Pace’ hanno organizzato oggi, 15 Maggio, a Beit Jala in Cisgiordania la Commemorazione Congiunta della Nakba. E’ possibile seguire la diretta streaming  a partire dalle 19 di oggi 15 Maggio chiedendo il link qui: https://form.jotform.com/251032941203443 ); Tra i vari contributi: la refusenik Sofia Or leggerà la testimonianza di un soldato che nel 1948 partecipò alle operazioni di espulsione dei palestinesi in un certo villaggio, che non è più;  molto bello e sentito l’intervento di Lee Mordecai, docente di storia antica a Princeton che tornato in Israele sta lavorando a un monumentale progetto di documentazione di tutti i crimini commessi giorno dopo giorno a Gaza (perché nessuno possa dire: io non sapevo…). La registrazione della serata resterà comunque disponibile da domani sui canali social dei Combatants for Peace. Inoltre qui : https://www.pressenza.com/it/2025/05/15-maggio-nakba-day-tantissime-le-manifestazioni-per-commemorare-la-catastrofe-che-non-e-mai-finita/ abbiamo pubblicato un’intervista alla co-direttrice dei ‘Combatants’ Rana Salman, a introduzione della Cerimonia. Link per sostenere il lavoro dei Combattenti per la Pace: https://www.cfpeace.org/donate Redazione Italia
Commemorazione Sergio Ramelli: targhe e proteste all’Istituto “Molinari” di Milano
Il 13 marzo nell’Istituto “Molinari” di Milano è stata affissa la nuova targa in biblioteca in onore di Sergio Ramelli da rappresentanti istituzionali della destra con il ministro Giuseppe Valditara, Ignazio La Russa e il loro seguito (clicca qui per la notizia). In quella circostanza una ventina dei 70 lavoratori della scuola scrisse una lettera aperta di protesta, che fu in seguito pubblicata in varie testate giornalistiche e alcuni studenti, studentesse e rappresentanti sindacali contestarono l’ingresso del ministro al cancello dello scuola. Il 29 aprile, a distanza di un mese, alle ore 7.00 davanti all’Istituto “Molinari” e all’Istituto “Natta” di Milano sui rispettivi cancelli compaiono striscioni molto grandi in onore di Sergio Ramelli. All’Istituto “Natta” uno striscione riportava “Ramelli Presente” con lo stemma della tartaruga stilizzata, mentre all’Istituto “Molinari” vengono appesi due striscioni con scritto “un sospiro nel vento, una fiamma per l’eternità -Sergio Ramelli. GN“, dove GN sta per Gioventù Nazionale. Gioventù Nazionale è l’organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia, attiva nelle scuole superiori e nelle università rispettivamente tramite Azione Studentesca e Azione Universitaria. Fondata nel 2014, è stata al centro di controversie politiche e mediatiche a causa dell’orientamento di estrema destra di alcuni suoi militanti e dirigenti. Da parte di 4/5 esponenti di Azione studentesca c’è stato un tentativo malriuscito di volantinaggio davanti ai cancelli della scuola poiché  un gruppetto più numeroso di ragazzi del collettivo interno al Molinari è riuscito a contrastarli e ad allontanarli. Nei giorni successivi, proprio a Sesto San Giovanni (il comune più popoloso di  città metropolitana), decorato ed altre figure istituzionali ( https://agenparl.eu/2025/04/27/ramelli-de-coratofdi-iniziative-a-milano-per-50-anniversario-dalla-sua-uccisione/ ) è stato intitolato uno slargo a Ramelli e a Pedenovi, ma ci sono state diverse proteste. Anche a Novate Milanese è stata dedicata una targa a Ramelli. La Russa,  accompagnato da un folto gruppo di forze dell’ordine, si è presentato per fare il discorso alla cerimonia, ma non è riuscito fino in fondo nell’intento poiché disturbato da diversi cittadini che esprimevano il loro dissenso. Anche a Cinisello oggi 28 aprile verrà inaugurata una piazza a Ramelli (https://www.comune.cinisello-balsamo.mi.it/spip.php?article39674).  In questo cinquantesimo anniversario è evidente che la vicenda Ramelli, oggi con maggior incidenza, funge da cavallo di battaglia per sdoganare tutti quei passaggi pubblici (commemorazioni, titolazioni di piazza e vie, articoli, manifesti) che nelle parole dei loro fautori “vogliono pacificare la storia del passato” ma che nei fatti facilitano il radicamento delle nuove organizzazioni -istituzionali e non- apertamente di destra. Ad oggi denunciare quest’avanzamento della destra in tutte le istituzioni, al fine di riaprire confronti critici in tutti gli spazi pubblici, è importante e necessario. L’impianto ove le conquiste sociali e politiche della contestazione degli anni ’70 riuscirono a radicarsi è stato tuttavia smantellato proprio dai governi dei decenni passati e la “sinistra-non sinistra” di oggi non si oppone, nei fatti,  all’apologia del fascismo. Se da una parte non ha senso reagire visceralmente a tutte le strumentalizzazioni messe in cantiere da ogni avversario, dall’altra è necessario capire fino in fondo a cosa mira oggi questa strumentalizzazione dei fatti di quegli anni e come è possibile colmare questi 20 anni di vuoto di coscienza politica che permea tutti i settori della società. Al “Molinari” ci sono stati diversi  incontri con i ragazzi e le ragazze sul tema degli anni di piombo. A aaggio è previsto su quest’argomento per le classi quinte un incontro con Aldo Giannuli (polititologo, storico, e saggista, già docente all’Università di Bari e di Milano) e Pino Casamassima (giornalista e scrittore).  Nonostante questi tentativi, sicuramente apprezzabili da parte degli insegnanti, l’impressione è che manchi tra gli insegnanti, e i lavoratori in generale della scuola, una determinazione forte a ri-creare  le condizioni d’ascolto, dialogo e ricerca per immaginare una visione politica palpitante e ricostruire un interesse su questi temi. A proposito di fatti come le odierne commemorazioni su Ramelli, pare che si colga in generale una “certa gravità” dei fatti, ma si preferisce mantenere sempre un profilo basso, discorrerne in forma frammentaria e incompleta e passare velocemente ad incombenze scolastiche quotidiane più urgenti. Ecco, in questa cornice, si inserisce dunque il lavoro prezioso dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università e di quante/i si stanno mobilitando e sensibilizzando su “piccole” questioni della scuola che, in realtà, sono collegate a disegni ben più vasti tra cui l’escalation bellica che denunciamo da tempo. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università