La Cop 30 e la guerra alla natura--------------------------------------------------------------------------------
Foto MST – Movimento dos Trabalhadores Sem Terra
--------------------------------------------------------------------------------
Sono un vecchio medico ospedaliero, negli ultimi anni di attività anche medico
di base. Nei primi anni Novanta, avendo collaborato per diversi anni con il
NAGA, una importante associazione di volontariato di Milano, ancora molto
attiva, che cura ogni giorno i migranti senza permesso di soggiorno, ho imparato
tante cose sul percorso di “malattia” di ogni persona, che è anche un fatto
sociale e culturale, cose che non mi avevano insegnato né insegnano
all’Università.
Essendo nato e vissuto a Milano fino alla pensione conoscevo ben poco di Madre
Natura e dei suoi cicli: ho iniziato a imparare qualcosa dal 2004, quando
abbiamo cominciato ad andare in Brasile, conoscendo il Movimento Senza Terra-MST
e vivendo per lunghi periodi negli accampamenti dei suoi meravigliosi contadini,
che occupano le terre incolte, per restare contadini e non essere espulsi nelle
tremende favelas delle megalopoli del Brasile, dove vivono oltre 16 milioni di
persone, e dove in gran parte comandano le bande mafiose, spesso in “buoni”
rapporti con la polizia. Siamo tornati in Brasile sei volte e siamo andati a
conoscere anche i contadini e i popoli di Bolivia, Cile, Argentina, Cuba e
Honduras in America Latina, un continente ancora “sotto il tacco”, non solo
degli Usa, ma di tutto il colonialismo europeo, che lo ha invaso e massacrato
nel 1500 e continua a condizionarlo, con speculazioni sulla sua produzione di
materie prime ed export.
Da 28 anni siamo fuggiti da Milano e dalla sua aria velenosa, come quella di
tutta la Pianura Padana, la terza area per maggior inquinamento dell’aria in UE,
dopo Polonia e Repubblica Ceca. Viviamo in una città della Liguria, a pochi
metri dal mare, tutti giorni vediamo il nostro splendido Mediterraneo soffrire,
ancor più di tutti mari e Oceani, e maledirci per l’inquinamento e il
surriscaldamento dell’acqua marina di origine antropica, che continua a
danneggiare il fitoplancton e quindi la metabolizzazione della CO2, che produce
Ossigeno. I Mari e gli Oceani ricoprono il 70% della superficie terrestre e con
l’atmosfera, comandano e regolano tutti i cicli naturali e quindi anche la terra
(che è solo il 30%) e i suoi abitanti.
Da qualche anno non andiamo in Brasile, ma siamo sempre grandi Amigos di Via
Campesina Inter-nazionale (un movimento mondiale di 200 milioni di piccoli
contadini) e dei contadini brasiliani Senza Terra, che sono diminuiti di numero
per l’offensiva spietata delle multinazionali mondiali dell’Agrobusiness, che li
espellono dalla terra (l’urbanizzazione in Brasile è arrivata al 92%, come in
Argentina) e continuano a deforestare, per coltivare prodotti per i mangimi, da
esportare per gli allevamenti intensivi in Europa e Cina. Questi prodotti
agricoli sono soprattutto la soia Ogm e Mais Ogm, coltivati in Brasile (e anche
in Argentina), dove si utilizzano pesticidi proibiti in UE (atrazina, acefato,
clorotalonil e clorpirifos, i quattro più usati, pesticidi venduti in Brasile,
anche da aziende con sede in Ue. In Italia, dove finora è proibito fare
coltivazioni Ogm, mangiamo, beati, questi prodotti, spesso ultra-processati, di
animali nutriti nei nostri allevamenti intensivi con questi foraggi, coltivati
con pesticidi proibiti in Ue, perché patogeni… D’altronde sulle etichette di
questi prodotti è proibito scrivere cosa ha mangiato l’animale: la
multinazionale tedesca Bayer, che produce enormi quantità di pesticidi, anche
proibiti, e medicinali non vuole.
Il mondo sulla Foce del Rio
La COP 30 è in corso in Brasile, a Belem, alla Foce del Rio delle Amazzoni,
6.400 chilometri, il secondo fiume più lungo del mondo, dopo il Nilo. Tranne che
su media specializzati, finora se ne è parlato poco sui “grandi” media. I
movimenti mondiali, soprattutto quelli contadini ed ecologisti, prevedono che ne
uscirà ben poco. Joao Pedro Stedile, uno dei fondatori e leader del MST, ha
detto pubblicamente che la COP30 sarà una grande farsa, nonostante l’urgenza di
affrontare la crisi climatica in aumento vertiginoso, sopra-tutto il
surriscaldamento globale, con conseguenti desertificazione, crisi idriche,
eventi estremi ecc.
Si parla genericamente di crisi climatica e di transizione ecologica, ma in
realtà siamo nel caos climatico: l’unica sola via è smettere di fare la guerra a
Madre Natura ed eliminare l’utilizzo di carbonfossili e la conseguente emissione
di gas serra.
Gli impegni assunti nel 2015 da 196 paesi, con l’Accordo di Parigi alla COP21,
per limitare l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2°C sono
falliti, per “l’insufficienza degli stanziamenti finanziari, mentre 956 miliardi
di dollari sono stati spesi dai governi nel 2023 in sussidi netti ai
combustibili fossili. Le strategie di aumento della produzione dei 100 colossi
mondiali del petrolio e del gas porterebbero le loro emissioni a superare di
quasi tre volte i livelli compatibili con il limite degli 1,5°C. E tuttora le
banche private investono nel fossile”.
Re Petrolio continua a comandare, all’aumento delle Rinnovabili in molti paesi
“ricchi” non corrisponde una diminuzione dei consumi di Petrolio e gas: ad
esempio “in Italia nel terzo trimestre 2024, la produzione energetica da fonti
rinnovabili è cresciuta dell’8%, ma accanto al calo del carbone, c’è stato un
maggiore utilizzo di gas (+3%) e petrolio (+2,5%), con il primo in ripresa nella
generazione elettrica e il secondo trainato dall’aumento della mobilità”.
Abissali sono le differenze di consumi elettrici ed emissioni di CO2 tra i paesi
ricchi e quelli del Sud del mondo, più che evidenti se confrontiamo i dati 2022
di Usa e Nigeria, due paesi con centinaia di milioni di abitanti:
1- Speranza vita: Usa Uomini 74 anni, Donne 80 anni, Nigeria Uomini 53 anni,
Donne 54
2- Consumi elettrici/abitante: Usa12.393 kWh , Nigeria 144 kWh
3- Emissioni di CO2/ abitante: Usa 14,95 Ton., Nigeria 0,59 Tonnelate.
Confrontiamo anche i dati 2022 del Brasile, una colonia fino al 1822, con 213
milioni di abitanti, grande 27 volte l’Italia (densità 25 abitanti per
chilometro quadrato), e dell’Italia, 59 milioni abitanti (densità 195 ab. Kmq):
1- Speranza vita: Brasile Uomini 70 anni, Donne 76 anni, Italia Uomini 79 anni,
Donne 86
2- Consumi elettrici/ab: Brasile 2710 kWh , Italia 4872 kWh
3- Emissioni di CO2/ab: Brasile 2,25 Ton., Italia 5,73 Ton.
La “Cúpula dos Povos”
A Belem (Stato del Parà), nei giorni scorsi si è svolta anche la Cupola dei
Popoli, in parallelo alla riunione di COP30, organizzata dai movimenti
dell’America Latina, compreso MST, a cui hanno partecipato 15 mila delegati di
tutti i movimenti mondiali, per confrontarsi e sollecitare ai governi riuniti
nella COP30 vere soluzioni, non quelle false come i Mercati del carbonio, la
geoingegneria, il sequestro e stoccaggio del carbonio. Tutti i movimenti sono
contro i crediti di carbonio, uno strumento finanziario, per cui un’entità, che
non può ridurre direttamente le proprie emissioni, può acquistare il diritto a
emettere CO2, compensando tale emissione attraverso investimenti in progetti che
la riducono altrove. In un manifesto pubblicato alla vigilia della COP 30, 55
movimenti e organizzazioni di 14 paesi dell’America Latina e dei Caraibi si sono
riuniti per respingere i mercati del carbonio e difendere i loro territori
contro una valanga di progetti di compensazione del carbonio che sta causando
danni in tutta la regione.
Una nuova ricerca di Oxfam e del CARE Climate Justice Centre, pubblicata in
ottobre rileva che per ogni 5 dollari ricevuti, i “paesi in via di sviluppo” ne
restituiscono 7. A livello globale, quasi il 70% dei finanziamenti viene erogato
sotto forma di prestiti anziché di sovvenzioni.
--------------------------------------------------------------------------------
LEGGI ANCHE QUESTO ARTICOLO DI PAOLO CACCIARI:
Il neoimperialismo del carbonio
--------------------------------------------------------------------------------
Il petrolio di Lula
La Cop30 è presieduta da Lula, presidente del Brasile, il cui governo, ha
aderito all’Opec, l’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, nel
febbraio 2025. Dopo cinque anni di battaglia tra Petrobras, l’industria
petrolifera statale brasiliana, e Ibama, l’organismo di controllo ambientale, il
governo Lula ha autorizzato il 20 ottobre 2025 l’esplorazione, ai fini di
successive trivellazioni di 19 Blocchi alla Foce del Rio delle Amazzoni. “Il
progetto prevede la perforazione di un pozzo esplorativo nel Blocco 59, un sito
offshore a 500 chilometri dalla foce del Rio delle Amazzoni e a 160 chilometri
dalla costa, ad una profondità di oltre 2.800 metri. L’area, nota come Margine
equatoriale, è considerata una promettente nuova frontiera petrolifera,
sull’onda delle grandi scoperte offshore operate nella vicina Guyana. Secondo
Petrobras, le trivellazioni, inizieranno immediatamente e dureranno cinque mesi.
È un progetto prioritario per Lula, che sostiene che le maggiori entrate
derivanti dal petrolio saranno fondamentali per finanziare la transizione
climatica del Brasile, un Paese che, pur essendo l’8° produttore mondiale di
petrolio, ricava circa metà della sua energia da fonti rinnovabili”. “Mentre lo
shale oil sta calando, a livello mondiale quello estratto con trivellazioni
offshore da acque profonde (Deep Water) vedrà un’impennata del 60% entro il
2030. Per trovare giacimenti di petrolio e gas sotto il fondo marino, le
compagnie energetiche usano cannoni ad aria compressa per creare mappe
sismiche”.
Dopo la fase di esplorazione l’ANP, l’agenzia Nazionale Petrolio brasiliana, ha
già concesso alle industrie petrolífere Petrobras, ExxonMobil, Chevron e CNPC 19
blocchi per lo sfruttamento di petrolio e gas alla Foce del Rio Amazonas: dieci
blocchi alla statale Petrobras e alla ExxonMobil, in un consorzio 50/50 gli
altri 9 blocchi a un consorzio composto da Chevron (65%) e dalla statale cinese
CNPC (35%), che nel frattempo ha dato il via a trivellazioni in acque
ultra-profonde, fino 11 mila metri per la ricerca di petrolio e gas, per cercare
di affrancarsi dal petrolio straniero.
In Brasile il petrolio è ora il principale prodotto di esportazione, avendo
superato la soia.
Nel 2006 c’è stata in Brasile la prima estrazione di Petrolio PreSal, a
profondità fino ai 7000 metri, sotto uno strato di sale spesso fino a 2.500
metri, ma nell’ultimo trimestre 2024 la produzione di è diminuita del 3,4%, per
la necessità di più frequenti fermate per manutenzione dell’estrazione dai
pozzi, ma il petrolio da Presal, estratto nei bacini di Santos e Campos,
rappresenta ancora a novembre 2024 il 71,5 della produzione totale di petrolio
in Brasile. Anche per questa crisi del Presal il governo punta ad estrazioni
offshore a minor profondità e in altre località del mare.
Inoltre è da tener presente che il Brasile produce Petrolio greggio da
raffinare, ma ha solo 14 raffinerie (l’Italia ne ha 11), molte vecchie e con
limitazioni tecnologiche per la lavorazione del petrolio Pre-sal, che è più
leggero e richiede adattamenti. Il Brasile esporta attualmente il 52,1% della
sua produzione di petrolio (dati 2024 INEEP (Istituto per gli Studi Strategici
su Petrolio, Gas e Biocarburanti). Questo petrolio finisce per essere raffinato
in altri paesi e una parte torna persino in Brasile come combustibile. La Cina
importa il 50% del petrolio estratto dal Presal non raffinato. Il Brasile
importa ancora fino al 25% del suo gasolio (con cui alimenta camion, trattori,
autobus e macchinari agricoli) e il 10% della benzina che consuma. In Brasile
non c’è una sovranità energetica. I colli di bottiglia nella raffinazione
mostrano una contraddizione che grava pesantemente sulle tasche dei brasiliani,
secondo i dati dell’OEC.
È bene sapere che in Brasile la popolazione è costretta a viaggiare in bus e
auto, i binari per trasporto di treni passeggeri sono solo 1.500 chilometri,
rispetto ai 30.129 mila Km per trasporto merci dei quali solo 1121
elettrificati. È un bene che in Brasile nel 2024 ci sia stato una diminuzione
delle emissioni di CO2 del 16,7%, secondo l’Osservatorio brasiliano sul clima,
una rete di ONG ambientaliste, attribuita al successo del governo di Lula nella
lotta alla deforestazione, ma le enormi contraddizioni di Lula stanno
esplodendo.
Lula ha sempre considerato il petrolio fondamentale per lo sviluppo del Paese e
nell’ultimo anno l’ha difesa più volte dal essere considerata responsabile
dell’aumento dei prezzi dei combustibili, ma nell’ultimo anno ha chiesto a
Petrobras di non pensare solo agli azionisti.
I movimenti contro il dominio del petrolio
Nell’ultimo mese come Comitato Amigos MST Italia abbiamo chiesto al MST la sua
posizione ufficiale in merito all’autorizzazione per le trivellazioni alla foce
del Rio delle Amazzoni, concessa dal governo Lula, che include, per il 65%
aziende americane (ExxonMobil e Chevron).
Abbiamo scritto: “Il Brasile fa parte dei BRICS (che includono anche governi
razzisti e autoritari, come Iran, India, Egitto, ecc.) permetterà agli Stati
Uniti di massacrare il Mar del Pará (un oceano che, essendo il più forte,
reagirà inevitabilmente, con conseguenze gravi e non del tutto prevedibili per i
cambiamenti climatici e anche per la regione amazzonica), tutto questo alla
vigilia della COP 30, che il governo Lula presiederà?”. Stedile ci ha risposto:
”Avete assolutamente ragione. In effetti, stiamo vivendo molte contraddizioni in
ambito ambientale sotto il governo Lula… ma le forze del capitale sono più
forti. Tutta Via Campesina, i movimenti ambientalisti mondiali e tutti movimenti
brasiliani lottano e lotteranno contro questo ecocidio”.
Anche la Commissione per l’Ecologia Integrale dei vescovi brasiliani ha preso
una posizione durissima: “La Conferenza episcopale brasiliana (CNBB) condanna le
trivellazioni petrolifere nel Margine equatoriale e mette in guardia
dall’incoerenza del governo in materia di clima” CNBB ha ricordato che due anni
fa, Papa Francesco, nella sua esortazione Laudato Deum sulla crisi climatica,
avvertiva: «Le compagnie petrolifere e del gas hanno l’ambizione di realizzare
nuovi progetti per espandere ulteriormente la loro produzione. (…) Ciò
significherebbe esporre tutta l’umanità, specialmente i più poveri, ai peggiori
impatti dei cambiamenti climatici» (LD 53)”.
Vedremo come i movimenti riusciranno a incidere sulla COP 30 dei governi. La
nostra lotta, senza guerra, continua, come ci hanno insegnato in America Latina.
Ricordiamoci sempre le parole illuminanti di papa Bergoglio. ‘Dio perdona
sempre, l’uomo qualche volta, la Natura non perdona mai’, di certo non perché
Madre Natura sia matrigna. Sono l’uomo e il patriarcato ad essere spesso
patrigni.
--------------------------------------------------------------------------------
L'articolo La Cop 30 e la guerra alla natura proviene da Comune-info.