
Il neoimperialismo del carbonio
Comune-info - Tuesday, November 18, 2025
unsplash.comMi devo ricredere. Le Cop (conferenze dell’Onu sul clima) non sono inutili kermes che Greta Thunberg, già quattro anni fa, bollava come: «Bla bla bla. Questo è tutto ciò che sentiamo dai nostri cosiddetti leader. Parole che suonano grandiose, ma che finora non hanno portato a nessuna azione». La Cop di Belem è servita a due cose: offrire visibilità ai popoli indigeni che si sono organizzati per rivendicare il proprio protagonismo nel difendere i luoghi più ricchi di biodiversità e più utili al contenimento del surriscaldamento climatico – foreste, ma non solo: lagune, zone montane, steppe -; secondo aspetto positivo, lasciare a casa Tramp che ha così palesato il suo isolamento dal resto del mondo e il suo menefreghismo per le sorti del pianeta.
Per il resto anche questa Cop ha dimostrato tutta la sua incongruenza. Affidare alle trattative intergovernative il compito di ridurre gli impatti delle attività antropiche sulla biosfera è come spegnere l’incendio con la benzina. Non solo perché le politiche dei singoli stati nazionali sono ormai completamente asservite alle logiche economiche dominate dalle compagnie multinazionali e dai mercati finanziari globali, ma perché le conferenze interstatali spostano l’attenzione dalle cose da fare qui e ora, posto per posto, territorio per territorio, città per città, ad una dimensione planetaria generica, numerica astratta dove nessuno è responsabile e ognuno ritiene che sia qualcun altro a dover fare il primo passo. Su queste basi la “negoziazione” tra i governi si riduce ad una penosa disputa al ribasso sulle risorse che i paesi più industrializzati dovrebbero conferire come risarcimento ai paesi impoveriti più esposti ai colpi del cambiamento climatico. In compenso si discute su come beffare i paesi del Sud globale accaparrando i loro “crediti di carbonio” in eccedenza in modo da poter esternalizzare gli obiettivi di riduzione delle emissioni dei gas climalteranti delle imprese più energivore localizzate nel Nord.
Così come diceva Mark Twain, «Se hai un martello in testa, tutto ti sembra un chiodo», i centri di potere economici e politici non riescono a immaginare un modo per diminuire i gas serra che non sia mettere sul mercato permessi di inquinamento, tanti dollari a tonnellata. I nostri amici indigeni lo chiamano neoimperialismo del carbonio.
Infine, non stupisce il fatto che nessuno sollevi la questione delle emissioni prodotte dagli apparati militari: il 5,5 per cento del totale in “tempo di pace”. Gli eserciti sono esentati dai protocolli e dai trattati internazionali anche solo dal rendicontare le loro emissioni. Si stima che se fossero uno stato sarebbero il quarto dopo Usa, Cina, India e prima della Russia.
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