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Militarizzazione della scuola: l’influenza dell’Aerospazio e del “dual use” sulla formazione
Alcune settimane fa su un quotidiano locale di Biella (che si stava preparando al raduno nazionale degli Alpini) compariva la seguente notizia su una iniziativa riguardante l’Aerospazio (clicca qui). Leggendo questo breve articolo, abbiamo iniziato a ragionare su come, parallelamente alla denuncia della presenza diretta in classe di personale in divisa di Forze Armate e Forze dell’Ordine, sia sempre più urgente illuminare anche un aspetto forse meno eclatante, e perciò più insidioso, della militarizzazione della scuola, costituito da attività che si possono leggere attraverso la lente di ingrandimento del cosiddetto “dual use“. Questa espressione indica tutti quei beni e quelle tecnologie che, sebbene progettati per finalità principalmente civili, possono avere un utilizzo nell’ambito dell’industria bellica (si vedano a proposito gli studi di Futura D’Aprile e di Michele Lancione). Il settore dell’Aerospazio è sicuramente uno degli ambiti in cui questa ambiguità appare più presente ed è proprio su questo aspetto che ci vogliamo soffermare analizzando il resoconto della visita di una classe della scuola primaria “De Amicis” di Biella presso l’ITS Academy Aerospazio/Meccatronica della Regione Piemonte. L’incontro è stato patrocinato dalla Vicepresidente nonché Assessora all’Istruzione della Regione Piemonte, dott.ssa Elena Chiorino, la cui presenza istituzionale sembrerebbe corroborare il valore formativo di questa attività. Innanzitutto, giova ricordare che il sistema degli ITS rappresenta da alcuni anni una costante e crescente presenza nell’offerta di orientamento in uscita delle scuole secondarie superiori, ma non è assolutamente chiara la finalità didattica di un incontro proposto a bambini e bambine della scuola primaria. Gli scolari e le scolare hanno avuto modo di visitare la sede dell’ITS e di prendere parte a laboratori nel corso dei quali hanno realizzato e lanciato dei “water rockets” e poi sperimentato l’utilizzo di visori per la Realtà Virtuale. Un osservatore legittimamente potrebbe trovare questo tipo di attività divertente e curioso, ma dal nostro punto di vista le criticità sono numerose. In primis, occorre sottolineare come gli ITS siano inseriti in una filiera produttiva che come si è detto chiarendo il concetto di “dual use”, non sempre produce in maniera diretta per l’industria bellica, ma spesso e volentieri è coinvolta nella produzione di componentistica fondamentale per la messa a punto di armamenti, soprattutto laddove è implicata una produzione ad alto contenuto tecnologico, essenziale nella conduzione dei conflitti contemporanei. D’altra parte gli ITS sono legati a doppio filo con imprese come Leonardo SpA: a titolo meramente esemplificativo, nel bando di selezione per il nuovo corso per Tecnici specializzati in Progettazione, Collaudo e Integrazione di Sistemi Radar leggiamo che «il corso si rivolge alle ragazze e ai ragazzi che hanno conseguito un diploma di maturità e che desiderano avviare una carriera professionale in un settore tecnologico in forte crescita e strategico per le esigenze dei moderni sistemi di Difesa e Sicurezza» (clicca qui). Per fugare eventuali dubbi residui sulla commistione tra l’ambito dell’istruzione e quello dell’ industria bellica è sufficiente sottolineare che all’incontro con i bambini e le bambine della “De Amicis” di Biella ha preso parte Vittorio Ancona di Thales Alenia Space, che insieme ad Anthea Comellini ha «condiviso con gli studenti i percorsi che li hanno condotti a lavorare nel mondo dell’aerospazio, trasmettendo passione, determinazione e visione». Vittorio Ancona è Head Engineer di Thales Alenia Space, che è una joint venture tra Thales (67%) e Leonardo (33%). Tra le molteplici attività di Thales Alenia Space troviamo «la fornitura di sistemi di difesa (…) nonché soluzioni di osservazione legate alla sorveglianza» (settore del quale con un Decreto Sicurezza come quello appena approvato è facilmente intuibile l’importanza). Il profilo però probabilmente più seducente per i bambini e le bambine coinvolte/i nella visita è quello di Anthea Comellini, che è stata ingegnera presso la stessa Thales e oggi, come astronauta dell’ ESA, è pronta a concorrere in celebrità con AstroSamantha Cristoforetti. Se vogliamo pensare a quale possa essere il livello di fascinazione prodotto sui bambini da personaggi come una Comellini o una Cristoforetti, basti pensare che alcuni anni fa fu prodotta anche una “Barbie Cristoforetti” (clicca qui). Sicuramente lo spazio e la sua esplorazione sono temi tradizionalmente accattivanti per i bambini e per le bambine: come non vedere un attento esempio di “gender washing” nel successo delle astronaute in questione? Qui non si tratta però di un romanzo di Jules Verne e il romanticismo di certa vulgata contemporanea sui viaggi stellari altro non è se non accorta propaganda costruita a tavolino da un settore industriale rispetto alla cui presunta “innocenza” e neutralità è più che legittimo sollevare dubbi. Non si creda che questa improvvisa passione per le stelle sia una casualità: pochi giorni dopo comparivano per le strade di Torino i cartelloni pubblicitari che annunciavano il prossimo grande evento che si tiene in città in questi giorni: lo Space Festival 2025 (si veda il programma alla pagina www.spacefestival.it). Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Piemonte
traccia tavolo EDUCAZIONE e formazione – assemblea nazionale genova 2025
MODALITÀ Per favorire uno scambio più orizzontale si propone che la discussione del tavolo alterni  momenti di discussione plenaria (inizio e fine dei lavori) a momenti di confronto in gruppi più piccoli, utilizzando una metodologia cooperativa. Alla fine della discussione in gruppi si prevede 1 ora di restituzione in plenaria.  TEMI Approcci educativi reazionari, maschilisti, transfobici e classisti, questo è lo scenario che si apre davanti a docentə e studentə: a partire dall’osservazione dell’andamento politico degli ultimi tempi, delle decisioni dei ministri Valditara e  Bernini, delle ripercussioni giuridiche subite da ormai numeros3 docent3 di tutti gli ordini e i gradi in diverse parti d’Italia. Saldamente in linea con le nostre proposte per una scuola transfemminista, abbiamo pensato di concentrare le nostre riflessioni su alcuni punti nevralgici, utilizzando i criteri di importanza rispetto ai nostri temi e di contingenza rispetto al presente. Con l’intenzione di mantenere vigile l’attenzione su ciò che riteniamo importante ma anche su ciò che accade intorno a noi, abbiamo pensato di concentrarci su aspetti – seppur molto diversi tra loro – che riteniamo ora cruciali e non sacrificabili: educazione transfemminista all’affettività e alla sessualità, le nuove indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e del 1° ciclo, intimidazione e repressione sempre maggiori subite da studentə e docentə, militarizzazione e demilitarizzazione dei nostri istituti e delle Università, adeguamento stipendiale, poiché il salario delle docenti – già tra i più bassi d’Europa e pesantemente aggredito dall’inflazione negli ultimi anni – sia tale proprio perchè si considera l’insegnamento  come il ‘naturale prolungamento del ruolo materno. Proponiamo di concentrarci sui cambiamenti in atto nella scuola  e nelle università mantenendo però una prospettiva di superamento dell’esistente, che tenga al centro i nostri bisogni, desideri e immaginari per un futuro diverso. Nel dettaglio, alcune domande stimolo per ogni argomento sui cui ci piacerebbe riflettere utilizzando la modalità partecipata sopra indicata:  EDUCAZIONE SESSUO-AFFETTIVA Le indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e del I ciclo definiscono nero su bianco la violenza di genere come una “triste patologia” negandone la natura strutturale che deriva  da meccanismi e consuetudini alla base della nostra società. Questa è l’ultima delle tante affermazioni del governo sul tema della violenza di genere. In passato possiamo citare le linee guida per l’educazione civica ed altre proposte che tentano di declinare l’educazione sessuo-affettiva a scuola in chiave moralistica e patriarcale, come una mera questione di parità fra i generi (solo due, maschile e femminile).  Non basta parlare di sentimenti e di gentilezza. Per intervenire sul problema è doveroso ragionare sui ruoli di genere, sull’autorità patriarcale sulla quale si fonda la società in cui viviamo. E’ necessario lavorare sulla violenza in tutte le sue forme, sul consenso, sul possesso, sulle idee preconcette e ben inserite nel senso comune che stanno alla base di relazioni affettive violente,  sulla gestione ed espressione delle emozioni, sulla libertà di autodeterminarsi, di scegliere per sé stessə e sul proprio corpo. A ciò si aggiunge la ben nota crociata anti gender, in particolar modo con la proposta di legge della Lega contro uso del linguaggio neutro e contro carriere alias.  In questo contesto è urgente discutere di educazione sessuo affettiva transfemminista e di educazione anti patriarcale. Cosa significa per noi? Come pensare l’educazione sessuo-affettiva transfemminista in ottica di continuità dalla scuola dell’infanzia alla secondaria? Su quali temi ci concentriamo e/o sarebbe necessario farlo? Quali esigenze emergono dal corpo studente?  Quali momenti e spazi sfruttare? Quali strumenti didattici per inquadrare la proposta? Quali strumenti per dare corpo a questi progetti, contro le intimidazioni e i tentativi portati avanti da questo governo fiancheggiatore delle lobbies anti-scelta? Di cosa ci sarebbe bisogno? Quali sono le esigenze di formazione del personale docentə? Quali alleanze possibili con realtà che si occupano di questi temi? Quali strumenti di tutela rispetto a progetti presentati da enti e associazioni vicine ai pro-vita che vogliono entrare nelle scuole? Come si declina l’educazione sessuo-affettiva transfemminista all’università? Quali sono le esperienze e le prospettive concrete? NUOVE INDICAZIONI NAZIONALI PER LA SCUOLA DELL’INFANZIA E DEL I CICLO La cifra di queste nuove indicazioni nazionali viene offerta già nella premessa, laddove la violenza di genere viene inquadrata e raccontata come una patologia e non come un fenomeno strutturale. Questa premessa, pericolosa e anacronistica, porta con sè una forte contestazione a uno dei cardini della prospettiva transfemminista di nudm: come dare risalto e rispedire al mittente questa pericolosa contestazione? Quali punti di forza agire per scardinarla?     Proseguendo all’introduzione del testo, le n.i.n. pongono al centro  l’individuo come essere dotato di talenti da mettere a frutto, predominante rispetto alla comunità. Tale concezione ha le sue radici nella tradizione occidentale,  dal diritto romano alla tradizione cristiana.  In questo senso le  nuove indicazioni nazionali considerano la proposta culturale occidentale come “neutra” e vanno in senso contrario agli studi socio-antropologici e politici decoloniali.  Tale visione della persona si basa su un riferimento culturale eurocentrico ed obsoleto essendo rivolta ad una scuola abitata da pluralità culturali, religiose, linguistiche e identitarie. Questa impostazione risulta escludente e limitata. Quale spazio trovano le identità non “occidentali”, non conformi, non-binarie- neurodivergenti? Le indicazioni nazionali propongono una concezione dell’Identità che si costruisce sulla differenza dall’altro….perché non sulla somiglianza? La costruzione dell’ identità a scuola si basa sull’appartenenza ad una storia cronologica e storico-culturale comune. Dato il contesto multiculturale della nostra scuola e della società, perché non scegliere come basi di costruzione dell’identità l’uguaglianza e i diritti? La visione dell’insegnante come “Magister”, singolo individuo carismatico, non coincide con la realtà della scuola, formata da insegnanti che lavorano insieme, collaborano, si confrontano. E poi perché Maestro,quando la maggior parte delle persone che lavorano nella scuola sono donne? Quale descrizione dell’insegnante riteniamo adeguata e in assonanza con la scuola contemporanea? Perché, come suggeriscono le indicazioni nazionali, immaginare una relazione ristretta scuola-famiglia invece di allargare lo sguardo alla comunità educante? Il valore della libertà viene posto al centro della formazione scolastica ma la libertà è intesa in senso individuale. Quale libertà possiamo praticare nella comunità?  Le indicazioni nazionali citano più volte il senso del limite come elemento chiave da acquisire a scuola. Non si parla dei bisogni degli studentə ma solo della necessità di guida e contenimento secondo il principio di autorità.  Quali modelli di relazione possiamo contrapporre a questa narrazione? REPRESSIONE DOCENTƏ E STUDENTƏ Rispetto alle intimidazioni agite attraverso l’apertura di numerosi procedimenti disciplinari a carico dellə docenti  qual è il quadro normativo di riferimento? Quali sono gli strumenti che abbiamo per tutelarci? Come ci fa sentire questa situazione? Come poter reagire?  Il voto in condotta e le misure integrate nei regolamenti d’istituto si rivelano come strumenti di repressione dell’attivismo studentesco. E’ emersa in maniera preponderante la mobilitazione dellə studentə mediə e universitariə contro autoritarismo e molestie. Quali sono state le esperienze positive?  Nella scuola dell’autonomia il ruolo dirigenziale o dello staff è predominante. Come contrastare quindi anche a scuola questi rapporti di forza e di potere? Quali strumenti abbiamo, se li abbiamo? Come possiamo agire in quanto docentə e studentə insieme? Come viene vissuta la repressione nel mondo studentesco e universitario? Quali sono le alleanze possibili? Quali gli obiettivi da perseguire insieme? (DE)MILITARIZZAZIONE Sempre più frequenti sono gli ingressi delle forze dell’ordine nei nostri a volte in maniera dirompente ma spesso sottile e strisciante, sotto forma di orientamento nell’ambito dei PCTO, oppure di formazione rispetto a temi specifici come cyberbullismo e cybersecurity, quando non addirittura per parlare di violenza di genere. Ci sembra quindi urgente ragionare su cosa sta succedendo nelle nostre scuole e università, quali forme sta prendendo e come poter agire all’interno di questo contesto per invertire la rotta? Riflettiamo sull’uso di un linguaggio bellico come unica metafora rispetto ai conflitti e alle stratificazioni della società che ci circonda. Possiamo demilitarizzare il linguaggio? Come e in quali occasioni? Quali pratiche quotidiane possiamo portare a scuola in quanto docentə e studentiə contro la guerra e il riarmo? Ci sono esempi di attività concrete? Come si muovono i collettivi studenteschi nelle scuole e nelle università? Quali alleanze possibili e su quali obiettivi concreti? Esistono reti che lavorano per la demilitarizzazione della scuola. Come collaborare? RESTITUZIONE IN PLENARIA Parole chiave/ obiettivi comuni/ buone pratiche. ALTRI SPUNTI * Individuare gli spazi didatticamente grigi dove è possibile inserire interventi didattici mirati rispetto ai temi trattati (educazione sessuoaffettiva, demilitarizzazione della scuola e dei linguaggi, maggiore spazio alla modalità decoloniale nella proposta dei contenuti soprattutto umanistici), costruire una mappatura delle realtà che monitorano alcuni di questi aspetti, le ricerche in merito, etc… * analisi e proposta di riforma del regolamento sull’uso social media per dipendenti pubblici – creazione di una controproposta da diffondere sui social?  * Creare una cartella condivisa in un drive dove poter rendere disponibili materiali/percorsi elaborati da singoli nodi * Promuovere, eventualmente assieme ad altrə soggettə, mobilitazioni e campagne a partire da ciò che  si sta attivando sulle indicazioni nazionali, evidenziando la centralità della critica alla violenza ‘come triste patologia’ e lo sfruttamento del lavoro docente (adeguamento dei salari) * Scrivere un testo di analisi approfondito (una specie di prosecuzione/aggioramento del piano) che serva da piattaforma per il lancio delle mobilitazioni su scuola e formazione
Radiobase, esempio di FAD, apprendimento cooperativo ed emersione delle competenze
A volte ritornano. Ho trovato la documentazione di un vecchio progetto facendo un po’ d’ordine nei miei hard disk e l’ho trovato molto attuale. La qual cosa mi ha indotto a scriverne come esempio di un metodo di lavoro possibile e praticato. In realtà mi ha spinto a scriverne anche l'affetto che nutro per questo progetto. ;) Radiobase è stato un percorso formativo a distanza, e in parte in presenza, promosso da Radio Onda Rossa, con la partecipazione dell'università di Roma "La sapienza". Radio Onda Rossa è una radio comunitaria, per lo più basata sul lavoro volontario dei redattori e delle redattrici. Il processo radiobase ben si presta a mostrare un possibile percorso di formazione, con gli strumenti tipici dell'e-learning, a partire dal sapere dei redattori, cioè di coloro che lavorano all’interno della redazione. L’IDEA DI FONDO Molti redattori sono depositari di una conoscenza e di competenze non formalizzate che radiobase si è posta l’obbiettivo di far emergere per essere condivise con i redattori meno esperti, o con coloro che si volessero avvicinare al mondo delle radio comunitarie. Radiobase aveva due obbiettivi principali: * far emergere le competenze dei redattori della radio (Radio Onda Rossa); * realizzare un percorso formativo che mirava a formare i futuri redattori di Radio Onda Rossa e di altre radio comunitarie di base, utilizzando le competenze emerse. Come primo momento del percorso è stato scelto il tema del "ciclo della notizia", con l'intento di costruire un prototipo che si sarebbe rivelato utile anche per altri percorsi formativi, non necessariamente legati all’informazione, per esempio le redazioni musicali. All'interno del “ciclo della notizia” sono stati affrontati i temi riguardanti due formati radiofonici: Il giornale radio e la rassegna stampa. Inoltre un gruppo di contenuti è stato riservato all'utilizzo di alcuni strumenti di produzione (es.: software per la registrazione e il montaggio audio). I requisiti tecnici minimi per partecipare al corso sono stati molto bassi, oggi non sarebbe neanche necessario specificarli, e tuttavia rimangono tali: * connessione internet; * saper usare programmi di videoscrittura; * poter ascoltare audio dal computer (oggi questo requisito fa sorridere tanto è di base, ma 15 anni fa era un requisito che andava specificato). E’ importante sottolineare che il processo formativo non riguardava solo il saper fare. Non si trattava di produrre un mansionario, ma anche di sviluppare la capacità critica e collettiva tipica di un'attività redazionale. Il carattere collaborativo dell'intero processo è stato molto forte, ciò è risultato evidente anche dall'elevato numero di note a commento dei testi dei contenuti di base presenti nella piattaforma di e-learning, in special modo durante il processo che ha condotto alla produzione del "corso" che avrebbe formato i futuri redattori. LE FASI DI RADIOBASE Stabiliti gli obbiettivi vediamo le fasi che hanno costituto il processo di formazione del corso e di apprendimento. CANOVACCIO DEI CONTENUTI Come detto, la prima fase ha avuto l'obbiettivo di far emergere le competenze dei redattori. Per iniziare il lavoro i coordinatori del corso hanno tracciato un canovaccio dei contenuti del corso da realizzare, in forma di mappa poco strutturata. Ovviamente la mappa aveva anche il corrispondente indice strutturato, ma la forma mappa ci sembrò più adeguata a contenuti in via di definizione, che prima di tutto necessitavano di essere messi sul piatto per poterli poi approfondire. EMERSIONE DELLE COMPETENZE La mappa costruita dai coordinatori, che, come scrivevo, aveva anche un proprio corrispondente indice lineare, è stata il punto di partenza per il primo passo del percorso formativo. I redattori più esperti hanno partecipato al corso base, costituito principalmente dalla prima versione della mappa dei contenuti, facendo emergere le proprie esperienze, competenze, idee in un processo iterativo che ha prodotto una nuova rete di contenuti più ampia e condivisa. Per arrivare alla nuova mappa (o se preferite al nuovo indice), i redattori si sono incontrati per ragionare, sia in presenza che a distanza, hanno scritto appunti e memo nei diari personali, aggiunto “note” ai nodi (contenuti) della mappa, caricato nuovi documenti nella piattaforma di e-learning, aggiunto link, utilizzato sondaggi per scegliere definizioni, posizioni, priorità condivise. SCRITTURA DEL CORSO “FINALE” Al termine del processo di emersione delle competenze i coordinatori hanno lavorato sulla mappa di contenuti proponendone una nuova versione che è stata condivisa con i redattori esperti prima di essere rilasciata per essere fruita dagli altri redattori. La nuova versione dei contenuti e delle relazioni tra di essi (in questo senso parliamo di rete di contenuti e di mappa) ha costituito il corso al quale hanno partecipato i redattori meno esperti. FRUIZIONE DEL CORSO, RIDEFINIZIONE DEI CONTENUTI A questo punto il corso è stato fruito da parte dei redattori e delle redattrici meno esperte di Radio Onda Rossa. La fase di fruizione del corso, oltre ad aver permesso la condivisione di competenze tra tutti i redattori, esperti e meno esperti, ha consentito anche la ridefinizione ulteriore di alcuni contenuti, in un circolo virtuoso potenzialmente infinito, in cui ogni corsista/redattore è anche un autore della successiva edizione del corso. FORMAZIONE DI NUOVI SAPERI E UTILIZZO SUL CAMPO In questo circolo virtuoso che si crea in un processo di condivisione di saperi e di apprendimento cooperativo è quasi naturale che si giunga alla formazione di nuovi saperi. Sappiamo che l'apprendimento è un processo circolare nel quale le conoscenze acquisite si trasformano nella base per l'interpretazione di altre conoscenze. In un processo di formazione che ha la sua base nell'esperienza di coloro che concretamente usano la propria conoscenza, e che si situa concretamente in un contesto reale, coloro che vi partecipano hanno la grande opportunità di formare nuovi saperi. QUALCHE NOTA FINALE E' importante sottolineare che l'intero processo ha coinvolto molte persone che hanno messo in campo relazioni paritarie, in cui ognuno ha imparato qualcosa. A dimostrazione del fatto che in un processo di apprendimento cooperativo del genere di quello descritto i ruoli di insegnante e discenti sfumano, fino a diventare sempre più intercambiabili. Alcune hanno svolto la funzione di coordinatrici, altri hanno messo a disposizione il proprio sapere, sia didattico che informativo, altri ancora hanno lavorato per adeguare il software (rigorosamente libero) alle esigenze che emergevano man mano che il processo proseguiva. Ultima cosa: insieme a Stefano Penge e Morena Terraschi, entrambi di Lynx, abbiamo scritto un articolo che è stato pubblicato sulla rivista della Società Italiana di e-Learning che prendendo spunto da Radiobase formulava una metodologia didattica.