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Gaza brucia – di Gennaro Avallone
A Gaza, capitalismo, imperialismo, colonialismo e i gruppi umani che concretamente ne incarnano e realizzano le logiche di funzionamento si mostrano per quello che storicamente sono: modi di produzione e governo che tendono a distruggere tutto ciò che ritengono inutile o di ostacolo al proprio dominio. È questo che il Governo e l'esercito di [...]
Un percorso didattico di storia ed educazione civica su Israele e Palestina
Le persone che lavorano come docenti a scuola e si sentono professionalmente ed eticamente impegnate nella formazione della conoscenza e nella costruzione di un mondo di pace si pongono in questo momento l’interrogativo su come parlare di tutto ciò che sta accadendo nei territori israeliano e palestinese. Ecco come cercherei di parlarne io – per la crescita delle studentesse, degli studenti… e mia, che pure ho già una visione abbastanza ben definita su nascita, processo, torti e ragioni di quel conflitto (Storia). Non parlerei di questa mia visione e non certo per sottrarmi alle responsabilità personali che l’insegnamento necessariamente implica; piuttosto, direi, per impedirmi la possibilità di manipolazione – involontaria, è ovvio – delle mie classi, per evitare di fare ciò che vorrei che docenti che hanno una visione ben diversa dalla mia non facessero, cioè raccontare la ‘propria’ storia ognuno alle proprie classi. Perché so che il mio racconto (come, analogamente, anche il racconto degli ‘altri’) dipende dalla mia biografia – dalle mie esperienze, dalle persone che ho incontrato, dai libri sui quali sono stato educato e da quelli che mi è capitato di leggere per iniziativa personale (e che forse, a un certo punto, ho ricercato tra quelli all’interno della mia bolla culturale), dai miei presupposti e dalle mie speranze. Allora, qual è la responsabilità che mi assumo? E’ quella (pesante, faticosa, onesta) di cercare di farmi, con la classe, un’idea ancora più ricca di quale possa essere la storia di questo conflitto – fermo restando che l’etica impone intanto di riconoscere sempre le vittime, specialmente tutte quelle innocenti, a qualsiasi popolo esse appartengano. E come farmi un’idea più ricca di quella che ho adesso, per quanto essa derivi anche dall’aver letto non pochi libri? E, poiché forse vale lo stesso per l”altro’ docente, quello che racconta in classe la storia che io considero sbagliata, e le classi non sono il giocattolo dei loro docenti (sia pure in buona fede), come sfuggire al “paradosso del Buono”, che rischia di operare come il “Cattivo”, cioè presentando la sua narrazione come quella corretta? ll modo che vedo è quello di prendersi in mano, a titolo esemplificativo, due libri, uno di un filo israeliano e uno di un filo palestinese (attenzione: non ho detto “di un israeliano e di un palestinese”), e vedere in classe come raccontano quella storia, con quali presupposti, con quale ‘punteggiatura’ cronologica, con quali diverse interpretazioni di uno stesso “fatto” etc. Per ragioni di tempo scolastico – o universitario – non posso farlo con la classe? Posso farlo forse per conto mio e poi raccontare le due versioni, mostrando cosa sottolinea l’una e cosa l’altra, cosa omette l’una e cosa l’altra, quali implicazioni, nel modo di raccontare, ha ciascuna di esse, per esempio in termini di ‘educazione’ all’odio e rendermi conto del fatto che la violenza attualmente al massimo può derivare anche dai libri su cui gli stessi attori del conflitto hanno studiato… E potrei scoprire l’esistenza di una realtà frastagliata all’interno di ogni ‘fronte’, con gruppi che lavorano per la pace sia nell’uno sia nell’altro. Ne verrebbe fuori una complessità inaspettata che invita a non esprimere giudizi sommari e dicotomici, come invece siamo stati sempre abituati a fare: tutto il Male da una parte, tutto il Bene dall’altra. La quale sarebbe ancora più complessa e “giusta” se, senza fissare l’attenzione solo su israeliani e palestinesi, mettesse in campo costantemente anche il ruolo delle terze parti, quelle non direttamente coinvolte nel conflitto armato, ma che forse hanno contribuito in grandissima parte sia (attivamente) alla sua nascita sia (attivamente e passivamente) alla sua continuazione. Un elemento ulteriore, e preliminare dal punto di vista logico, che, anche senza bisogno di citare Marc Bloch, mi pare indispensabile che i docenti chiariscano – a se stessi innanzitutto e alla classe poi – è che “comprendere non significa giustificare” (una delle confusioni più diffuse trasversalmente, tra i ragazzi di 12 anni, tra i docenti, tra i giornalisti e tra gli intellettuali che vanno per la maggiore). Per semplificare: comprendere le ragioni degli oppressori, oltre che quelle degli oppressi, non ha nulla a che fare con la giustificazione dell’oppressione. Comprendere anche le ragioni dell’oppressore (anche per come le espone lui) significa darsi la possibilità di pensare il conflitto in termini non moralizzanti (basati sulla “propria” morale e sulle “proprie” informazioni) e capire, e abituare a capire, come le “percezioni” (anche sbagliate) delle parti in conflitto influiscano sul loro modo di agire, e come dunque i popoli e i governi potrebbero ‘lavorare’ su quelle percezioni in maniera proficua incontrandosi, per mettere in crisi l’idea dell’inevitabile ricorso alla violenza. Questo per l’aspetto storico. Invece, per una concreta soluzione all’orrore odierno (Educazione civica), proporrei di trascurare momentaneamente la Storia e di chiedersi: se avessi tutti i miei amici più cari, la mia famiglia e i miei parenti equamente distribuiti a Gaza e in Israele – alcuni dei quali magari impegnati lì e qui contro la violenza della propria parte verso l’altra – cosa proporrei, cosa vorrei che avvenisse? Andrea Cozzo, Università di Palermo, Dipartimento Culture e Società Bibliografia minima 2024. Marzano, Questa terra è nostra da sempre, Roma-Bari 2024. 2025. Podeh, S. Alayan (Eds.), Multiple Alterities. Views of Others in Textbooks of the Middle East, London 2018. 2026. Sandri, Città santa e lacerata. Gerusalemme per ebrei, cristiani, musulmani, Saronno 2001. Redazione Palermo
Il cerchio e la saetta. Storia dei centri sociali romani
di Francesco C. Fandango libri, 2025 La stagione delle occupazioni degli spazi sociali a Roma è una storia lunga che parte dagli anni Ottanta e arriva fino a oggi. I centri sociali occupati autogestiti hanno rappresentato una parte vitale del tessuto politico, sociale e culturale di Roma, sono stati spazi di resistenza, inclusione, lotta, cultura e creatività. Fabrizio C., che ha fatto parte dell’assemblea del CSOA La Torre, realtà occupata dagli anni Novanta che dura ancora oggi nel quadrante nord-est di Roma, raccoglie le voci delle e dei militanti di questa stagione e ne ripercorre la storia fra entusiasmi, prospettive, lotte e sgomberi.A partire dal racconto degli scontri avvenuti nel luglio del 1995 per resistere allo sgombero del CSOA La Torre, scontri che l’indomani sarebbero stati commentati dai principali quotidiani nazionali sotto la definizione di “Il Leoncavallo romano”, questo libro restituisce le vicende e le passioni di una storia collettiva collegando ricordi, documenti, controinformazione e aneddoti. Sono storie orali, testimonianze di vita e di militanza, spesso talmente intrecciate da essere inestricabili. Quali sono i percorsi di politicizzazione che hanno caratterizzato le generazioni protagoniste di questa stagione? Quali erano i loro desideri? Cosa è cambiato dalle politiche di contrasto al dissenso che hanno caratterizzato gli anni Settanta e Ottanta alle nuove leggi repressive che sotto l’ombrello della “sicurezza” promuovono uno Stato autoritario e punitivo? Il cerchio e la saetta non è solo un modo per storicizzare un periodo che è stato una delle spine dorsali dei movimenti radicali, incubatore di lotte e sogni, ma anche un invito a tirare fuori dagli armadi ricordi che possano aiutare a riannodare i fili di una memoria espansa ma mai veramente condivisa (scheda editoriale). 
PALESTINA SOTTO ASSEDIO: DALLA STRISCIA ALLA CISGIORDANIA VIOLENZE E UCCISIONI. NETANYAHU, “OCCUPEREMO TUTTA GAZA”
Gaza in preda a un’escalation militare israeliana senza precedenti. Ieri l’annuncio di Netanyahu di volere occupare totalmente la Striscia. Il primo ministro israeliano ha convocato per questa sera alle 19:00 (le 18:00 ora italiana) una riunione sull’escalation bellica. Sul campo, aerei israeliani, unità dell’artiglieria e fuoco pesante stanno radendo al suolo quel poco che ancora era rimasto in piedi a Gaza. Nella parte meridionale della Striscia, le operazioni di terra israeliane sono concentrate intorno alle parti orientali e centrali della città di Khan Younis. Sul fronte umanitario, Israele sta permettendo solo a 86 camion di aiuti di entrare quotidianamente a Gaza, una cifra pari al 14% dei circa 600 camion necessari ogni giorno per soddisfare i bisogni di base della popolazione. Oltre 100 i palestinesi, di cui la metà in coda per un pezzo di pane, sono stati uccisi da Israele nelle sole ultime 24 ore. Inoltre 8 persone, tra cui un bambino, sono morti per fame che aggiorna il bilancio dei palestinesi morti per carestia a 188, tra cui 94 bambini. La guerra di Israele contro Gaza ha ucciso un totale di 61.020 palestinesi e ferito 155.771 dal 7 ottobre 2023, secondo le ultime stime del Ministero della salute nella Striscia. Violenze impunite e devastazione anche nei territori della Cisgiordania occupata. L’esercito israeliano ha effettuato un’ondata di incursioni notturne in tutti i territori palestinesi occupati, arrestando almeno 15 persone e demolendo decine di case con altrettanti raid da parte dei coloni israeliani difesi dall’Idf. Proprio l’Idf ha annunciato la cancellazione dello stato d’emergenza bellica in vigore dal 7 ottobre, riferisce Ynet, spiegando che l’esercito ha diffuso l’annuncio pochi minuti dopo che dall’entourage del premier era emersa una dura presa di posizione rispetto al capo di stato maggiore Eyal Zamir: se non gli va bene l’occupazione di tutta Gaza, “che si dimetta”. L’intervista ad Alfredo Barcella, dell’Associazione di amicizia Italia-Palestina e del Coordinamento Palestina di Brescia. Ascolta o scarica.  
BRESCIA: NESSUN IMMOBILE RICORDERÀ SERGIO RAMELLI, IL CONSIGLIO PROVINCIALE BOCCIA LA PROPOSTA DI FDI
8 consiglieri di maggioranza alla Provincia di Brescia hanno votato a favore della proposta di due consiglieri di Fratelli d’Italia, Daniele Mannatrizio e Tommaso Brognoli, che avevano chiesto di dedicare un immobile a Sergio Ramelli. 9 i voti contrari su 17 presenti. La minoranza è uscita dall’aula, una decisione condivisa dal consigliere leghista Agostino Damiolini e da Laura Treccani di Lombardia Ideale. In questo modo è mancato il numero legale per approvare la mozione. Ramelli, militante del Fronte della Gioventù, era stato ucciso nel 1975 da alcuni militanti della sinistra extraparlamentare legati ad Avanguardia Operaia. La proposta di dedicare una proprietà della provincia a Ramelli aveva alimentato il dibattito politico e l’iniziativa era stata bollata da partiti, associazioni e sindacati che si riconoscono nella storia democratica e antifascista della Repubblica, come “di chiaro carattere propagandistico e strumentale, già messa in atto in altre realtà territoriali”. Si tratta della “strategia revisionista di un mondo politico che, anziché recidere le proprie connessioni con la forma peggiore assunta dal fascismo storico, quello della Repubblica Sociale Italiana, persegue il mantenimento di atteggiamenti ambigui e revisionisti”. Nel comunicato contrario alla proposta “provocatoria” si erano uniti PD, Rifondazione Comunista, Sinistra Italiana, AVS, Movimento 5 Stelle, Al lavoro per Brescia, Provincia Bene Comune e Brescia Attiva, CGIL, CISL e UIL, ANPI, Fiamme Verdi e ANED. La strategia di FdI per intitolare spazi pubblici a Ramelli prosegue in tutta Italia, ma non sempre attecchisce: nel bresciano lo scorso mese il Consiglio comunale di Mazzano aveva bocciato la proposta. A Lonato invece era passata a fine maggio, tra le proteste della cittadinanza. Il consigliere provinciale proponente e capogruppo di FdI, Daniele Mannatrizio, ha dichiarato che “per garantire comunque l’approvazione della mozione, verrà convocato un Consiglio provinciale straordinario per lunedì prossimo 4 agosto, a dimostrazione della ferma volontà politica di portare a compimento un atto di memoria e di civiltà”. Il commento di Francesco Bertoli, segretario generale della CGIL di Brescia. Ascolta o scarica
MILANO: SCOMPARSO A 85 ANNI EMILIO MOLINARI, UNA STORIA OPERAIA (MA NON SOLO)
E’ morto a Milano Emilio Molinari, attivista fin dagli anni Sessanta, tra i fondatori di Avanguardia Operaia, protagonista della nascita di Democrazia Proletaria, consigliere comunale a Milano, consigliere di Regione Lombardia, europarlamentare e senatore dei Verdi. Una figura conosciuta e riconosciuta, specialmente a Milano, sui temi della pace, dei diritti sociali, ambientali e civili, come nel caso dei referendum vittoriosi del 2011, contro la privatizzazione dei beni comunali. I funerali si svolgeranno alla Camera del Lavoro di Milano, mercoledì 9 luglio alle ore 15. Il ricordo di Emilio Molinari nelle parole di Andrea De Lotto, nostro collaboratore da Milano. Ascolta o scarica
Controllo e censura nelle scuole italiane: segnali evidenti di fascismo eterno
I segnali, abbastanza diffusi e premonitori, erano evidenti già prima, così come i segnali di un fascismo latente erano già manifesti prima nel 1922 nel suprematismo bianco, nel colonialismo muscolare, nel meccanismo repressivo delle opposizioni, nel razzismo biologico. Tuttavia, quei segnali divennero con il passare del tempo sempre più chiari e inconfutabili, ma anche condivisi dalla popolazione intera, intortata ad arte dall’apparato informativo di sistema e da quello scolastico, che lasciavano sempre meno spazio al pensiero critico e divergente. Analogamente, al giorno d’oggi diventa palese e incontrovertibile il diffuso processo di controllo dell’operato e dell’universo simbolico che si costruisce nelle scuole pubbliche, nonostante questo sia stato messo opportunamente al riparo dalla nostra Costituzione mediante il principio ella libertà educativa e del pluralismo culturale, che non richiedono di prestare giuramenti nei confronti di una qualche ideologia totalitaria, tirannica e antidemocratica. Questa premessa potrebbe essere anche sufficiente per trasmettere, da docenti ed educatori, la nostra preoccupazione relativamente al clima che da qualche tempo si vive nelle scuole, un clima che provammo a documentare in uno dei momenti più cupi della nostra storia[1], cioè durante le prove tecniche di regime, ma allora c’era la pandemia e l’emergenza sanitaria imponeva di mettere davanti a tutto, anche davanti alla libertà soggettiva di trattamento sanitario, l’interesse collettivo e così con lo slogan di “sorvegliare e pulire” obbedimmo, ci vaccinammo e tornammo a scuola come soldatini, “armati” di disinfettanti, a sanzionare comportamenti che violassero la regola del distanziamento sociale, umano e fisico. Ma la nostra preoccupazione si è acuita qualche tempo fa, quando un editore poco coraggioso, il bolognese Zanichelli, non ha avuto nulla da eccepire davanti alle intimidazioni del Governo, che ha segnalato l’anomalia in un suo manuale e lui prontamente è ricorso alla sostituzione, al macero, alla rimozione della pagina incriminata. Noi lo abbiamo segnalato su ROARS e poche altre testate hanno avuto l’avventatezza di rilanciare la denuncia. E, tuttavia, questa pratica di intervenire negli affari della scuola mediante circolari commemorative su ricorrenze imbarazzanti, come quelle sulla celebrazione del 4 novembre, con correzioni revisionistiche, come quelle sulle Foibe, intimidazioni diffuse e sanzioni ad personam, come nel caso di Christian Raimo, sta diventando una pratica abituale. E, allora, come dice Luciano Canfora, in questi casi «è legittimo allarmarsi quando si osservano repliche di quei comportamenti: intimidire l’opposizione con accuse inverosimili, intimidire singoli oppositori con raffiche di querele, metter sotto accusa o delegittimare gli organi di controllo, demonizzare i governi precedenti ventilando “commissioni d’inchiesta” a getto continuo, monopolizzare l’informazione (pronta, per parte sua, all’autocensura), progettare di stravolgere l’ordinamento costituzionale. È un sistema di controllo che potrebbe definirsi “reazionarismo capillare di massa”, facente perno su ceti medi impoveriti, antipolitici e vagamente xenofobi»[2]. Certo, ciò che intendiamo segnalare è che questa volta, a differenza del bolognese Zanichelli, il barese Alessandro Laterza, erede di una storica tradizione antifascista che risale nientedimeno che alla collaborazione con Benedetto Croce, non si è lasciato intimidire e ha sostenuto il lavoro dei suoi autori e delle sue autrici Caterina Ciccopiedi, Valentina Colombi, Carlo Greppi e Marco Meotto, storiche di professione, ricercatrici e docenti, dichiarando «Senza ricamarci troppo: siamo nell’anticamera della censura e della violazione di non so quanti articoli della Costituzione».  Ora, se nel caso del manuale di Zanichelli ad essere contestato dal Governo era un passaggio in cui l’ONG Human Rights Watch riferiva di una maggiore disposizione all’accoglienza nell’impianto legislativo del Governo Conte rispetto a quello precedente sotto il dicastero di Matteo Salvini, in quest’ultimo caso è abbastanza curioso il motivo del contendere con intento intimidatorio. Ciò che si contesta, infatti, da parte della deputata di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli nel volume di storia per il V anno dei Licei, Trame del tempo, è l’attribuzione di una sorta di continuità tra il fascismo e il partito al governo, la cui direzione è affidata a Giorgia Meloni, cioè lo stesso partito al quale la deputata Montaruli, che chiede ispezioni e accertamenti presso l’Associazione Italiana Editori, appartiene. Insomma, ha davvero del ridicolo questa evidenza autoaccusatoria, se non fosse tragica dal momento che il soggetto dal quale promana è chiaramente incapace di comprendere l’autogol commesso. Basterebbe pensarci un attimo per mettere a nudo il cortocircuito logico e politico in cui si è cacciata l’onorevole. Se, infatti, l’arguta parlamentare si fosse limitata a denunciare l’estraneità del partito guidato da Giorgia Meloni da retaggi fascisti, circostanza ovviamente improbabile giacché viene sbandierata dalla stessa Presidente del Consiglio dei ministri[3], avrebbe semplicemente smentito gli autori e si sarebbe automaticamente collocata lungo una linea difensiva autoassolutoria conforme allo scopo della denuncia a mezzo stampa. E, invece, al contrario, cosa fa l’onorevole Montaruli? Si spertica nell’intimidire in maniera fascistoide degli storici, i quali hanno avuto l’ardire di rilevare il retaggio fascista di soggetti politici che, del resto, rimangono incapaci di dichiararsi antifascisti. Insomma, se intimidisci degli storici per ciò che scrivono; se richiedi che il loro lavoro venga ispezionato, non si sa a quale titolo, dall’Associazione Nazionale Editori; se chiedi che venga svolta una interrogazione parlamentare sul loro operato, è chiaro che si tratta di un atteggiamento fascistoide, rispondente ad alcune di quelle caratteristiche di cui ci parlava Umberto Eco,nel suo Il fascismo eterno[4], in particolare quando il semiologo tra i punti fondamentali dell’Ur-fascismo citava l’avversione nei confronti di qualsiasi critica e la paura della differenza. Ecco, tutti questi segnali andrebbero pur sempre collocati, non dimentichiamolo, all’interno del quadro tracciato dalle nuove Indicazioni Nazionali per il curricolo della Scuola dell’infanzia e Scuole del Primo ciclo di istruzione, proprio quelle in cui la storia subiva un forte arretramento interpretativo di marca chiaramente colonialistica, circostanza, del resto, ampiamente criticata dagli storici e, in particolare, dalla Società Italiana di Didattica della Storia. Non a caso, proprio su questo tema, in un Convegno CESP a Palermo dal titolo Edward W. Said, la cultura dell’anti-colonialismo e la sua presenza nella scuola italiana avevamo provato ad indagare tra la manualistica in dotazione nelle scuole superiori quale fosse quella più incline ad un approccio inclusivo e meno occidentalista e il risultato era assolutamente favorevole a Caterina Ciccopiedi, Valentina Colombi, Carlo Greppi, Marco Meotto, Trame del tempo, Laterza, Roma-Bari, seguito da Andrea Giardina, Giovanni Sabbatucci, Vittorio Vidotto, I mondi della storia, Laterza, Roma-Bari e da pochi altri[5]. Che i tempi siano quantomeno tenebrosi è, dunque, piuttosto chiaro. Se poi a tutto ciò ci aggiungiamo il culto della morte e l’ideologia della guerra, che comporta la lotta contro il pacifismo, giacché «Il pacifismo è allora collusione con il nemico, il pacifismo è cattivo perché la vita è una guerra permanente»[6] con conseguente militarizzazione delle scuole (Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università), allora non si capisce davvero di cosa debba dolersene l’onorevole Montaruli per questa conclamata continuità storica e politica del Governo Meloni, il più a destra della storia italiana repubblicana, con l’Ur-fascismo. Eppure, proprio dalla storia passata noi docenti ed educatori qualcosa l’abbiamo imparata, cioè abbiamo compreso il ruolo determinante dei professionisti della formazione nel costruire coscienze critiche non solo mediante discorsi e argomentazioni, ma anche attraverso azioni concrete, come il boicottaggio, ad esempio, vale a dire la scelta consapevole di un manuale più indipendente piuttosto che un altro più disposto ad obbedire e prono a sostituire, a censurare, a cassare dietro indicazione del Ministero. Insomma, a fronte di storici, storiche ed editori coraggiosi occorrerebbe altrettanto coraggio da parte della classe docente, per non rischiare di finire come le rane bollite. DI MICHELE LUCIVERO PUBBLICATO SU WWW.PRESSENZA.COM IL 2 LUGLIO 2025 -------------------------------------------------------------------------------- [1] Ci permettiamo di rimandare a M. Lucivero, A. Petracca, Scuola pubblica e società (in)civile, Aracne, Roma 2023. [2] L. Canfora, Il fascismo non è mai morto, Dedalo, Bari 2024. [3] Il 23 ottobre 2022 nel discorso di investitura alle Camere, la Presidente Giorgia Meloni afferma: «Vengo da una storia politica che è stata spesso relegata ai margini della storia repubblicana». Opportunamente lo storico Luciano Canfora, egli stesso querelato per diffamazione aggravata ai danni della presidente del consiglio Giorgia Meloni (querela poi ritirata con conseguente dichiarazione di non luogo a procedere ad parte del Tribunale di Bari nei confronti dell’imputato), argomenta che quella storia “relegata al margine” è proprio la storia neofascista del Movimento Sociale Italiano, cfr. L. Canfora, Il fascismo non è mai morto, cit., p. 60-61. [4] U. Eco, Il fascismo eterno, La nave di Teseo, Milano 2019. [5] Cfr. https://cobasscuolapalermo.com/edward-w-said-la-cultura-dellanti-colonialismo-e-la-sua-presenza-nella-scuola-italiana/ per i video del Convegno e la presentazione analitica della manualistica. [6] U. Eco, Il fascismo eterno, cit., p. 42.
Caso Moro, un magistrato smonta la caccia ai fantasmi di via Fani
Lo studio del giudice Narducci tra giustizia e verità storica. Dopo 5 processi, oltre 50 inquisiti e condanne infondate, per la vicenda dell’esponente della DC la magistratura insegue colpevoli mai identificati. E, nonostante l’assenza di nuovi elementi, l’azione giudiziaria prosegue di Paolo Persichetti da l’Unità A mezzo secolo di distanza dalle istruttorie e i maxi […]
STRAGE DI BOLOGNA: ERGASTOLO DEFINITIVO PER IL FASCISTA BELLINI. I FAMILIARI DELLE 80 VITTIME, “SI CHIUDE IL CERCHIO SUI MANDANTI”
Il fascista di Avanguardia Nazionale Paolo Bellini è stato condannato in via definitiva all’ergastolo per la Strage di Bologna, avvenuta alla stazione il 2 agosto 1980. Bellini è dunque considerato il quinto uomo dell’attentato che provocò la morte di 85 persone e il ferimento di oltre 200. Lo hanno deciso martedì 1° luglio i giudici della Cassazione. Condanne anche a 6 anni per l’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel per depistaggio e a quattro anni per Domenico Catracchia, amministratore di alcuni condomini di via Gradoli a Roma, per false informazioni al pubblico ministero. Bellini, oggi 72enne, aveva effettuato minacce nei confronti della ex moglie, la cui testimonianza è risultata fondamentale per la sua condanna in primo grado come esecutore della strage di Bologna. Minacciato anche il figlio del giudice Caruso, presidente della Corte d’Assise di Bologna, che in primo grado lo aveva condannato all’ergastolo. La Strage di Bologna fu un attentato deliberato contro i civili: alle 10.25 di sabato 2 agosto 1980, il giorno delle partenze per le vacanze di migliaia di persone, una bomba esplose nella sala d’aspetto di seconda classe della Stazione. 23 chilogrammi di esplosivo, con 5 chilogrammi di tritolo e T4, potenziati da 18 chilogrammi di nitroglicerina. A quasi 45 anni dall’anniversario della Strage, la giornata di oggi è l’esito di “un processo estremamente significativo e di un risultato che chiude il cerchio sui mandanti dell’attentato più grave nel nostro Paese“, fa sapere ai Microfoni di Radio Onda d’Urto Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione familiari delle vittime della Strage di Bologna. “I mandanti furono i vertici della loggia massonica P2, oltre che essere i finanziatori, insieme ai vertici dei servizi segreti italiani e fu eseguita da terroristi fascisti: questo è ciò che questa sentenza certifica”. Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione dei famigliari delle vittime della strage di Bologna del 2 agosto 1980. Ascolta o scarica.