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Quinto giorno di navigazione per Stefano Bertoldi dell’Osservatorio contro la militarizzazione con Global Sumud Flotilla
PUBBLICHIAMO IL VIDEO DEL QUINTO GIORNO DI NAVIGAZIONE PER STEFANO BERTOLDI, DOCENTE E ATTIVISTA DELL’OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ, A BORDO DELLA GLOBAL SUMUD FLOTILLA VERSO GAZA. Il docente, giornalista e attivista dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università Stefano Bertoldi, a bordo di una delle imbarcazioni italiane della Global Sumud Flotilla fa un resoconto quotidiano della missione umanitaria. In poche parole il racconto della navigazione che porterà il gruppo di imbarcazioni con attiviste ed attivisti di diversa nazionalità verso Gaza, con loro un carico di aiuti, messaggi di pace e speranza per il popolo palestinese martoriato da lunghi e devastanti bombardamenti.
Inondare l’Università di barchette per supportare da terra la Global Sumud Flotilla
Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università segnaliamo questa interessante iniziativa nonviolenta, cioè quella di inondare l’Università di barchette con i colori della bandiera Palestina, che gli studenti e le studentesse di Cambiare Rotta hanno ideato e lanciato per lunedì 15 settembre, in occasione dell’inizio dell’anno accademico all’Università di Bologna. Si tratta di un’iniziativa promossa all’interno del presidio con le tende davanti al Rettorato che si sta svolgendo da una settimana circa per sostenere come “equipaggio di terra” la missione della Global Sumud Flotilla e dare forza e risonanza alle ragioni dell’azione in solidarietà col popolo palestinese e contro il genocidio a Gaza. Si punta inoltre a rilanciare lo sciopero generale del 22 settembre, che vuole rappresentare un monito alle istituzioni per far sì che la flotilla possa raggiungere Gaza con gli aiuti umanitari in tutta sicurezza. In caso contrario, ci si prepara a bloccare tutto. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Secondo giorno di navigazione per Stefano Bertoldi dell’Osservatorio contro la militarizzazione con Global Sumud Flotilla
PUBBLICHIAMO IL VIDEO DEL SECONDO GIORNO DI NAVIGAZIONE PER STEFANO BERTOLDI, DOCENTE E ATTIVISTA DELL’OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ, A BORDO DELLA GLOBAL SUMUD FLOTILLA VERSO GAZA. Il docente, giornalista e attivista dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università Stefano Bertoldi, a bordo di una delle imbarcazioni italiane della Global Sumud Flotilla fa un resoconto quotidiano della missione umanitaria. In poche parole il racconto della navigazione che porterà il gruppo di imbarcazioni con attiviste ed attivisti di diversa nazionalità verso Gaza, con loro un carico di aiuti, messaggi di pace e speranza per il popolo palestinese martoriato da lunghi e devastanti bombardamenti.
Primo giorno di navigazione per Stefano Bertoldi dell’Osservatorio contro la militarizzazione con Global Sumud Flotilla
PUBBLICHIAMO IL VIDEO DEL PRIMO GIORNO DI NAVIGAZIONE PER STEFANO BERTOLDI, DOCENTE E ATTIVISTA DELL’OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ, A BORDO DELLA GLOBAL SUMUD FLOTILLA VERSO GAZA. Il docente, giornalista e attivista dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università Stefano Bertoldi, a bordo di una delle imbarcazioni italiane della Global Sumud Flotilla fa un resoconto quotidiano della missione umanitaria. In poche parole il racconto della navigazione che porterà il gruppo di imbarcazioni con attiviste ed attivisti di diversa nazionalità verso Gaza, con loro un carico di aiuti, messaggi di pace e speranza per il popolo palestinese martoriato da lunghi e devastanti bombardamenti.
Sumud, ora e sempre
Sumud, resilienza un cazzo, resistenza piuttosto, sforzo di perseverare o, come si diceva quando una lingua comune dell’Occidente esprimeva l’impulso rivoluzionario marrano, conatus, per cui ogni cosa in suo esse perseverare conatur, fa valere la sua essenza attuale. La lenta e un po’ scompigliata partenza della Global Sumud Flotilla e il suo avvicinamento contrastato a Gaza segnano un salto di qualità nell’impegno solidale di un movimento internazionale e anticoloniale. Un balzo di scala non solo rispetto alla passività complice dei governi occidentali, in primo luogo di quello italiano, ma anche rispetto a precedenti manifestazioni di piazza, raccolta di aiuti e boicottaggio dei movimenti e dello stesso movimento italiano che solo a luglio aveva raggiunto livelli paragonabili con quelli europei, superando anteriori divisioni e incertezze. Naturalmente la spinta è venuta dal precipitare della situazione sul fronte di Gaza e della Cisgiordania, essendo la politica israeliana sempre più determinata dal ricatto parlamentare delle formazioni più estremiste e dalla spinta sociale dei coloni e delle bande dei “ragazzi delle colline”, feroci e disadattati che fanno da braccio armato sussidiario e provocatorio ai coloni inquadrati nell’esercito e nella polizia di Ben Gvir. La degenerazione profonda di Israele rispetto alle fasi precedenti del colonialismo sionista risulta dalla compattezza del voto parlamentare nel rigetto della soluzione “due popoli due Stati”, che cancella formalmente gli accordi di Oslo e di cui il permanente sostegno elettorale a una maggioranza di estrema destra è soltanto il coronamento. Inoltre, questa maggioranza parlamentare non fa che implementare il passaggio, sancito con atto costituzionale, di Israele da Stato ebraico e democratico (1948) a Stato ebraico (2018). A oggi i processi di radicalizzazione si intensificano, grazie anche allo sfacciato sostegno trumpiano, e si ha l’impressione che, nonostante il succedersi di importanti manifestazioni della società civile israeliana (che peraltro solo in forma minoritaria investono la condizione dei gazawi), tale deriva sia nel breve e medio periodo irreversibile e che si prospetti più una lenta emigrazione degli scontenti che uno scontro aperto fra tendenze. L’immediato futuro è fatto di finte trattative e stragi raddoppiate a Gaza, espropri e annessioni in Cisgiordania, stillicidio di attentati fai-da-te e rappresaglie in Israele, omicidi mirati all’interno e all’estero. di Renato Ferrantini PERCHÉ È UN PASSO DECISO IN AVANTI L’iniziativa della Sumud Flotilla allude per la prima volta, in questa fase, a un’interposizione o comunque a un coinvolgimento internazionale che sarebbe legittimo in caso di attacco piratesco israeliano in mare aperto ma anche lungo le coste di Gaza, che non è superficie acquatica israeliana de iure malgrado l’occupazione illegale de facto. Di ben altro che di tutela diplomatica o consolare si tratterebbe, qualora, come già è cominciato con il drone a Sidi Bou Said, le Idf tramutassero in azioni offensive le minacce di Ben Gvir contro i “terroristi” della Flotilla. La stessa Commissione Ue critica l’iniziativa umanitaria come escalation proprio perché teme di doversi far carico delle spropositate reazioni israeliane che smaschererebbero tutta la politica pilatesca di alcuni Stati e della Commissione del suo complesso. Adesso all’ordine del giorno è una tutela militare della libertà di navigazione nel Mediterraneo da parte degli Stati sovrani rivieraschi e di quelli cui appartengono gli equipaggi. Ma un compito primario spetta al c.d. “equipaggio di terra”, cioè alle forze che sostengono la Flotilla in mare e che hanno già minacciato (come i camalli di Genova) il blocco dei porti in caso di operazioni terroristiche di Israele – ciò vale tanto più per l’Italia, il cui governo, a differenza dalla Spagna, non ha preso nessuna iniziativa di boicottaggio o sanzione e dove quindi si è aperto un problema di supplenza dal basso. > Avremo anche noi nei prossimi giorni un bloquons tout! come in Francia, se la > situazione dovesse precipitare – e tutto lo lascia pensare. LE REAZIONI MEDIATICHE Il disastro di immagine di Israele è stato colto perfino dal suo complice-in-chief Donald Trump e viene ogni giorno amplificato su alcune fogne a cielo aperto della stampa italiana – “Il Foglio”, “Libero” “Il Tempo”, ”Il Riformista” – mentre sempre più circospette sono diventate le Tv nazionali e le pagine molinariane di “Repubblica” (per non parlare dei pensosi silenzi di Paolo Mieli e dei tormenti interiori di Adriano Sofri). La corporazione dei giornalisti ha sentito sulla schiena il brivido dei troppi reporter assassinati e quelli che si finanziano con le vendite e la pubblicità qualche conto se lo saranno pur fatto, visto l’orientamento dell’opinione pubblica. Una bella frotta di ipocriti e di umanisti a scoppio ritardato cerca di issarsi (a parole) sulle navi della Flotilla, ma siano i benvenuti, come ogni omaggio che il vizio concede alla virtù – meglio tardi che mai e ci siamo pure divertiti a vedere quanti, esitando a saltare, sono scivolati in acqua dalla sdrucciolevole banchina… In tenace obbrobrio sopravvive la Sinistra per Israele che abbraccia le ragioni imperscrutabili del colonialismo sionista deplorando al massimo gli eccessi di Netanyahu e Ben Gvir. Perfino in un’area un tempo sovversiva abbiamo anche noi, diciamolo di sfuggita, i nostri “ragazzi delle colline”, invero più miei coetanei che non ragazzi. Poveri coglioni da social che d’inverno scherzavano sul “gelicidio” a Gaza e d’estate invocano gli dei degli uragani per affondare i “croceristi” della Flotilla, ma anche più sofisticati ideologhi che si lanciano in prolisse disquisizioni sulla perfetta composizione di classe dei movimenti sovversivi –  la sempiterna tentazione di insegnare ai gatti ad arrampicarsi. Oppure c’è chi contesta per impotente populismo la stessa indignazione spontanea per i misfatti degli oppressori, come Luca Sofri sul “Il Post”, che se la prende con il movimento pur così significativo e mondiale scaturito dall’opuscolo Indignez-vous del remoto 2011, insensibile perfino al fatto che il suo estensore, il 93-enne pubblicista ebreo Stéphane Hessel, fosse il figlio reale della coppia resa mitica come Jules e Catherine nel film di Truffaut Jules et Jim… di Renato Ferrantini FLUTTUAZIONI PERIODICHE Una volta spiegati i motivi razionali per cui è cresciuta in tutto il mondo l’indignazione e la protesta attiva di massa contro il genocidio israeliano (e perché il termine stesso di “genocidio” sia stato sdoganato, lasciando a combattere nella giungla il solo Galli della Loggia), una volta riconosciuto l’immenso lavoro da formichine che tutte e tutti noi abbiamo fatto – scrivendo, dibattendo sino alla sfinimento con ogni tendenza italiana e palestinese, documentando i soprusi e le uccisioni “sproporzionate”, i massacri e le pratiche di apartheid e pulizia etnica, gestendo le faticose e frustranti manifestazioni che, a differenza delle grandi capitali estere, si allargavano dalle mille alle 10.000 persone (e facevano festa) –, messo in conto l’effetto amplificatore dell’arroganza sionista e dei filo-sionisti, il sostegno controproducente di Trump con la grottesca operazione Riviera di Gaza e la sostituzione stragista e inefficiente della Gaza Humanitarian Foundation alle espulse agenzie Onu, scontato tutto questo e il consenso alla causa palestinese alimentato nel mondo cattolico dai gesti profetici di papa Bergoglio, non ritrattati dal suo successore, resta una domanda: perché proprio ora, quasi tutto d’un colpo, è diventato arduo sul piano morale e mediatico non dirsi pro-Pal e non agitare la bandiera rosso-verde-nera? Con tutti gli opportunisti e gli istrioni al seguito, grazie comunque e ancora. > Una risposta del tutto razionale non c’è, però altre volte ho visto fenomeni > simili, ondate internazionali più o meno estese, più o meno legate a momenti > di crisi sociale ed espressive di interessi di classe. È successo nel 1960 simultaneamente in Italia, Turchia, Giappone e Corea del sud, si è ripetuto su scala planetaria nel 1966 nei campus statunitensi e subito dopo in tutta Europa e in Cina, con lunghi strascichi e rimbalzi negli anni ’70. Abbiamo poi (solo in Italia) il movimento chiamato della Pantera (1989-1990), l’ondata mondiale no global di fine millennio, con gli episodi salienti di Seattle e Genova, e, dopo la dura repressione, ancora una stagione di lotte fra il 2008 e il 2011, che si salda alla fine con gli Indignados, Occupy Wall Street e primavere arabe, e confluisce con una seconda stagione del movimento femminista. Un andamento carsico, di volta in volta con motivazioni precise, con innovazioni strumentali decisive (il ciclostile – angeli inclusi -, le radio libere, il fax, il primo embrionale uso di Internet, Indymedia, i social), successi e sconfitte, e tuttavia resta una zona d’ombra nel capire il quando e il perché, il rapporto fra esplosione e durata, fra cause spesso limitate ed effetti strepitosi, eterogeneità di motivazioni e legame molto fluido con la composizione di classe che risultava invece evidente fra il 1960 e il 1978. Di qui le farneticazioni sulla deriva woke e il rimpianto della limpida struttura classista delle insorgenze novecentesche. Mais où sont les neiges d’antan, ovvero ginocchia, fiato e ormoni di allora? L’unica spiegazione plausibile è un periodico ricambio di generazioni, che riaccendono le lotte cambiandone composizione di genere, aspirazioni e pratiche e smaltendone come scorie nostalgia e reducismo.   Tuttavia la carsicità e l’incertezza sulle cause scatenanti non tolgono il fatto essenziale. Che queste fratture tumultuarie periodiche sono “occasioni” che vanno colte al volo e, per quanto possibile, gestite, sedimentate in soggettività temporanee. Il movimento non può suscitare a piacere le rotture congiunturali, ma si costituisce nella misura in cui riesce ad afferrarle e organizzarle, garantendone tenuta ed efficacia. Ebbene, l’ondata pro-Pal si presenta con questi caratteri di sorpresa e irruenza, accompagnandosi ad altre tematiche conflittuali non direttamente connesse con la lotta anti-imperialistica e anti-coloniale. Basti vedere l’ampiezza che ha preso la difesa dei centri sociali dopo la provocazione milanese sul Leoncavallo. E non dubito che altri episodi ci saranno, con l’imminente riapertura delle scuole e la crisi economica che scuote l’Europa e su cui al momento galleggia la nostra stagnazione. > Tira un buon vento e disporre bene le vele è affar nostro! L’immagine di copertina è di Renato Ferrantini SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Sumud, ora e sempre proviene da DINAMOpress.
Da Catania il saluto e il sostegno alla Global Sumud Flotilla: “Buon vento Flotilla”
È stata definita la più grande missione di pace del dopoguerra, stiamo parlando della Global Sumud Flotilla, che giorno 7 settembre muoverà decine e decine di imbarcazioni verso la Striscia di Gaza, con attivisti provenienti da 44 Paesi. Porteranno aiuti umanitari e materiale sanitario per provare a rompere l’assedio israeliano. Che a Gaza Israele stia consumando un vero e proprio genocidio ce lo conferma l’International Association of Genocide Scholars (Iags), la più autorevole associazione internazionale di studiosi e accademici del genocidio nei suoi aspetti storici e legali: “Le politiche e le azioni di Israele a Gaza soddisfano la definizione giuridica di genocidio di cui all’articolo II della Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio (1948)”. A supporto della Flotilla e delle navi che partiranno dalla Sicilia, giorno 3 settembre a Catania e Siracusa si sono svolte due importanti manifestazioni. Particolarmente imponente il corteo catanese, circa 15,000 partecipanti che hanno letteralmente riempito, per gli interventi finali, piazza Federico di Svevia, una delle piazze più grandi della Città, con i suoi oltre 4200 metri quadrati. A promuoverlo Catanesi Solidali con il Popolo Palestinese, un comitato, composto da sindacati di base, forze sociali e politiche, singole/i aderenti, tra cui anche l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, che da quasi due anni si è schierato a fianco del popolo Palestinese. E lo ha fatto, sin dall’inizio, con la convinzione che Israele non stesse mettendo in campo, come soprattutto nel primo periodo veniva ignobilmente affermato, “una reazione eccessiva”. Le scelte dello stato sionista, sempre supportate dalle “democrazie occidentali”, infatti, miravano e mirano, come ormai è drammaticamente evidente, all’espulsione di tutti i Palestinesi da Gaza e dalla Cisgiordania. Del resto basterebbe ricordare che Theodor Herzl, il padre del sionismo moderno, già nel 1896 nel saggio “Lo stato ebraico” scriveva che occorreva costituire un insediamento ebraico, nel cosiddetto Medio Oriente, per porre un argine alla barbarie. Oggi, è il tempo delle scelte radicali. O si sta con Israele, cui tutto è permesso, o si fa l’impossibile per impedire che prosegua il genocidio. Avendo piena consapevolezza che chi sostiene e vota per il riarmo europeo, non si batte per la rottura dei rapporti diplomatici, economici e militari con Israele e ha paura di pronunciare la parola genocidio non è uguale a coloro che progettano i resort nella Striscia, ma è comunque subordinato alla logica del più forte. Per questo è certo decisivo ampliare le azioni solidali, ma occorre, soprattutto, modificare le politiche di morte dei nostri governi. Sia per fermare la guerra, sia per impedire che il riarmo e l’aumento esponenziale delle spese militari contribuiscano in modo decisivo alla distruzione dello stato sociale. Se vogliamo, perciò, rispondere alla volontà di pace e giustizia sociale che esprimono le mobilitazioni in tutto il mondo, proviamo a decolonizzare il nostro pianeta. Nino De Cristofaro, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Catania
L’Osservatorio contro la militarizzazione al fianco e a bordo della Global Sumud Flotilla
In queste ore numerose barche sono in viaggio verso la Palestina, ma il Governo israeliano ha già dichiarato che tratterà i membri della Global Sumud Flotilla alla stregua dei terroristi e, vista la immane strage in corso a Gaza, non abbiamo dubbi sulla volontà di considerare ogni iniziativa di solidarietà attiva alla Resistenza palestinese come un atto di terrorismo. Ma chi sono i terroristi? I membri della Global Sumud Flotilla o i governanti di Israele, che non si fermano nemmeno davanti alle proteste del popolo israeliano? Urge riconoscere il diritto all’Autodeterminazione del popolo palestinese e per farlo bisogna cambiare prospettiva, acquisendo un punto di vista antitetico a quello del sionismo. Ai palestinesi non viene riconosciuto il diritto a esistere e a resistere, anche dai media e dai governi occidentali. Quando le elezioni democratiche a Gaza videro la sconfitta dell’ANP, non vennero riconosciute valide, perché la democrazia parlamentare va bene solo quando a vincere sono le coalizioni amiche dell’Occidente, prone alla tutela di interessi antitetici a quelli di un popolo a cui oggi negano il diritto all’esistenza. Ci sono innumerevoli responsabilità rispetto al genocidio del popolo palestinese. I silenzi degli intellettuali, del mondo della conoscenza per noi sono particolarmente pesanti, ricordiamo l’opera di sistematica falsificazione della realtà, come quando si negava l’azione della Resistenza palestinese, e quindi anche di Hamas, per contrastare la infiltrazione di Al Qaida e Isis nei campi profughi palestinesi. L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università è stato vicino alla Freedom Flotilla sin dalla precedente impresa isolata della motonave Handala, sulla quale era imbarcato un nostro attivista, Antonio Mazzeo, del quale abbiamo trasmesso i report giornalieri durante la navigazione. E anche questa volta, l’Osservatorio è vicino alla Global Sumud Flotilla, infatti sulla Porto Taigete è imbarcato come skipper un altro nostro attivista, Stefano Bertoldi, docente e giornalista. Centinaia di attivisti fanno parte della Global Sumud Flotilla, mossi da molteplici cause, tutti insieme convinti che la società civile debba oggi assumersi l’onere di rompere l’assedio imposto da Israele che uccide non solo i palestinesi con le bombe guidate dalla intelligenza artificiale, ma con la fame, la denutrizione, le mancate cure. Vogliamo ricordare, tuttavia, a tutti quelli e a tutte quelle che finalmente riconoscono lo sforzo del popolo palestinese di RESISTERE alle avversità storiche causate dallo Stato genocida d’Israele che SUMUD vuol dire RESISTENZA. E a resistenza del popolo palestinese non è cominciata il 7 ottobre 2023, data almeno dalla NAKBA del 1948, la “catastrofe”, durante la quale il governo sionista d’Israele ha cacciato i palestinesi dalle proprie case. Di conseguenza, l’evento del 7 ottobre 2023, che si è rivelato un’azione terroristica condannata per crimini contro l’umanità avendo colpito i civili, va letto nell’ambito della resistenza del popolo palestinese, prevista dal Diritto umanitario internazionale, come sostiene Francesca Albanese. E resistenza è anche quella che i palestinesi portano avanti in Cisgiordania e Gerusalemme est, dove Hamas non c’entra nulla, eppure i coloni israeliani sono armati e legittimati ad ammazzare i palestinesi. La storia ci sta mettendo sotto gli occhi un genocidio in diretta, per cui come docenti, attiviste e attivisti dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università siamo stati e saremo ancora al fianco della Global Sumud Flotilla. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Notizie dal Medio Oriente
Gaza Israele non vuole che i palestinesi salvi dai suoi bombardamenti possano ricevere cure. Colpire gli ospedali costringe la popolazione allo sfollamento “volontario” (come sostiene senza vergogna uno degli scudi mediatici del genocidio). È la ragione perché Israele continua a violare le norme internazionali di guerra, che vietano di prendere di mira gli ospedali. Ieri, per l’ennesima volta, è stato bombardato l’ospedale Shifà a Gaza città. Anche l’ospedale di Shuhadaa Al-Aqsa a Deir Balah ha ricevuto bombe e missili che hanno distrutto alcuni reparti e il deposito di medicine. L’altra misura volta alla deportazione della popolazione di Gaza città è la demolizione dei ruderi, di palazzi già colpiti in bombardamenti precedenti, con cariche esplosive trasportate su Robot. Sono 88 le persone civili uccise nella giornata di ieri, fino a mezzogiorno, ora dell’emissione del rapporto giornaliero del ministero della sanità. 421 le persone ferite. Il totale delle vittime: 63.459 persone uccise e 160.256 ferite. Il Direttore di Medical Relief, Dr. Muhammad Abu Afash: “C’è una crescente diffusione di virus sconosciuti a Gaza. La diagnosi è insufficiente a causa della mancanza di test e attrezzature mediche. I casi in arrivo spesso presentano febbre, mal di testa, dolori articolari e diarrea. Si sospettava che si trattasse di una variante del COVID-19, ma non ci sono conferme scientifiche. La malnutrizione causa immunodeficienza e una maggiore suscettibilità alle malattie. Il sistema sanitario palestinese è sotto attacco e soffre di una carenza di antidolorifici e farmaci, aggravando la crisi”. Giornalisti nel mirino La giornalista palestinese Islam Abed è stata uccisa in un bombardamento mirato. L’appartamento di Abed è stato centrato da un missile lanciato da un drone. Sono stati uccisi insieme a lei il marito ed i tre figli. Il numero dei giornalisti uccisi a Gaza è salito a 247. Le istituzioni giornalistiche devono agire e far sentire la loro voce, in sostegno all’onore della professione. 150 testate giornalistiche internazionali di 50 paesi, tra le quali Anbamed, hanno deciso oggi di listare a lutto la prima pagina, chiedendo la fine degli eccidi dei giornalisti palestinesi e l’ammissione di reporter internazionali nella Striscia. A Milano un corteo davanti alla RAI per protestare contro il silenzio mediatico sull’assassinio dei giornalisti a Gaza. Trumpiate Il Washington Post scrive che sul tavolo di Trump c’è un piano per il giorno dopo di Gaza. Il piano statunitense prevede il controllo della Striscia per un decennio, per trasformarla in un resort turistico e centro industriale High Tech. Il piano in 38 pagine prevede che la popolazione, 2 milioni di persone, dovrà essere deportata fuori dalla Striscia “volontariamente” oppure trasferita in campi all’interno. Un piano criminale che dà il fianco al genocidio in corso compiuto dall’esercito israeliano. Cisgiordania A Khallat-Dhaba’, uno dei villaggi di Masafer Yatta, i coloni hanno aggredito una famiglia di agricoltori, causando ferite a marito e moglie, devastando la fattoria e rubando il fieno, trasportato su camion portati con loro apposta. Un piano perfetto per la deportazione. L’esercito di occupazione invece di arrestare gli aggressori, ha portato 3 persone del villaggio in commissariato. Rastrellamenti continui dell’esercito nella provincia di Betlemme, con arresto di decine di attivisti in diversi villaggi. Secondo l’agenzia Wafa, 32 palestinesi sono stati arrestati, ieri, in condizioni di detenzione amministrativa, senza accuse e senza processo. Stamattina all’alba, l’esercito di occupazione ha assediato el-Khalil, chiudendo tutte le strade di ingresso e uscita dalla città. Il governo israeliano ha discusso ieri le misure per l’annessione della Cisgiordania a Israele, e spiega che il passo diventa necessario, per rispondere al minacciato riconoscimento dello stato di Palestina da parte di alcuni paesi europei. L’annessione è stata pianificata da tempo ed è nei fatti già realizzata. Il passo è sostenuto dall’amministrazione Trump, ma non c’è ancora l’esplicito segnale verde: “Decidete cosa volete fare e poi vediamo”, avrebbe detto un diplomatico del dipartimento di stato USA a Netanyahu, secondo rivelazioni della stampa israeliana. Dopo la riunione, il ministro fascista Smotrich ha dichiarato: “Abbiamo stracciato lo Stato di carta”. Global Somoud Flotilla Dopo mesi di lavoro di migliaia di volontari, sono partite ieri da Barcellona e Genova le navi della Global Somoud Flottiglia. Momenti commuoventi che hanno segnato uno dei più alti livelli della solidarietà popolare con il popolo palestinese. Il 4 settembre saranno raggiunte da altre decine di imbarcazioni e navi in partenza dai porti di Catania, Siracusa e Tunisi. La vigilanza è alta contro atti di sabotaggi terroristici già in porto prima delle partenze, come avvenne a Catania nella precedente missione, Handala. Obiettivo della missione è di forzare l’embargo criminale imposto da Israele alla Striscia che dura da 18 anni. La notte prima della partenza davanti ad una folla di partecipanti, la sindaca di Genova, con la fascia tricolore, ha dato una lezione di “patriottismo” al governo dei falsi patrioti. “Garantite la salvezza della missione umanitaria!”. Anche Napoli si è mobilitata per il sostegno alla Global Somoud Flotilla. Migliaia di persone si sono radunate ieri mattina nei Giardini del Molosiglio, a pochi passi dal porto di Napoli, per partecipare a un presidio in sostegno della Global Somoud Flotilla per Gaza. L’iniziativa ha visto la presenza di attivisti di numerose sigle e associazioni che, in un clima dichiaratamente non violento, hanno inscenato simboliche partenze dal mare accompagnando il tutto con strumenti musicali. Alcune imbarcazioni, adornate con drappi e scritte contro il genocidio, hanno preso il largo per poi rientrare dopo un breve giro, tra cori, canti e musica. “Un gesto – spiegano gli organizzatori – per ribadire la vicinanza della città di Napoli alla popolazione della Striscia e per richiamare l’attenzione internazionale sul genocidio in corso”. Napoli Solidarietà in Italia con la Palestina In piccoli centri e grandi città, in tutta Italia, le mobilitazioni a fianco del popolo palestinese e contro il genocidio a Gaza sono diventate quotidiane. Fiaccolate silenziose, marce chiassose con pentole e ogni altro strumento per fare rumore, flash-mob per sensibilizzare i passanti e molte altre forme di protesta per svegliare il governo delle destre dal suo lungo sonno. Da Genova è salpata una prima imbarcazione con gli aiuti raccolti. Da Catania e Siracusa il 4 settembre salperanno altre barche e navi per portare aiuti umanitari a Gaza. Sono programmate una grande manifestazione il 3 pomeriggio e un raduno il 4 per salutare gli equipaggi. Al porto di Genova nei giorni scorsi si è assistito ad una gara di solidarietà: migliaia di cittadini hanno portato aiuti in cibo e medicine, da caricare sulla nave della Global Somoud Flotilla. Sono state raccolte 250 tonnellate di cibo per Gaza. Ogni giorno in piazza del Duomo di Milano, dal 16 giugno, si tiene un flash-mob silenzioso con lettura di poesie contro il genocidio compiuto da Israele a Gaza. ANBAMED
Fermiamo il genocidio in Palestina, Catania con la Global Sumud Flotilla
MERCOLEDÌ, 3 SETTEMBRE 2025 PARTENZA CORTEO ORE 18,00 PORTO DI CATANIA MANIFESTAZIONE CONCLUSIVA ORE 20,00 PIAZZA FEDERICO DI SVEVIA (CASTELLO URSINO) Basta. Non c’è nulla da aggiungere. Di fronte a un genocidio occorre fare di tutto per fermarlo. I governi “occidentali”, compreso quello italiano, continuano a supportare Israele, anche attraverso i rifornimenti militari. Noi non vogliamo assistere impotenti alla totale distruzione di Gaza e alla definitiva occupazione della stessa Cisgiordania. Non vogliamo assistere in silenzio all’eliminazione del popolo Palestinese. I popoli del mondo continuano a manifestare per l’immediato cessate il fuoco, il ritiro di Israele da tutti i territori occupati e lo sblocco degli aiuti umanitari, per impedire che a Gaza si continui a morire per fame. Stringiamoci attorno alla GLOBAL SUMUD FLOTTILLA e alle tantissime navi che stanno partendo, anche da Catania, per Gaza, per rompere l’embargo e portare aiuti alla popolazione. Clicca qui per l’evento su Facebook. CATANESI SOLIDALI CON IL POPOLO PALESTINESE Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università