Quattro anni di ingiustizia: libertà per Abdulrahman Al KhalidiDa oltre 4 anni Abdulrahman Al Khalidi 1 è rinchiuso nel centro di detenzione di
Busmantsi, a Sofia, in Bulgaria. Anni di privazione, isolamento e ingiustizia:
il caso di detenzione amministrativa più lungo nella storia dell’Unione Europea,
simbolo di un sistema che calpesta il diritto e la dignità umana.
Insieme ad altre venti organizzazioni internazionali, abbiamo rinnovato la
nostra richiesta: rilascio immediato di Abdulrahman e trasferimento in un paese
terzo sicuro.
Abdulrahman è un prigioniero politico saudita, un padre di due bambini – una dei
quali gravemente malata – che non vede da troppo tempo. Vive in un limbo
giudiziario senza fine, minacciato ogni giorno dal rischio di deportazione verso
l’Arabia Saudita, dove lo attende la pena di morte.
Ma in questi anni, anche dietro le sbarre, Abdulrahman ha trasformato la sua
prigionia in una lotta collettiva per la libertà di tutte e tutti. La sua voce,
che resiste al silenzio, parla anche per noi.
Non lo lasceremo solo.
Di seguito, pubblichiamo il testo integrale dell’appello, tradotto in italiano,
sottoscritto da oltre venti organizzazioni internazionali per chiedere giustizia
e libertà per Abdulrahman Al Khalidi.
APPELLO CONGIUNTO PER LA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI UN DIFENSORE DEI DIRITTI
UMANI SAUDITA DETENUTO IN BULGARIA DA OLTRE QUATTRO ANNI
Noi, le organizzazioni della società civile firmatarie, siamo profondamente
preoccupate per l’imminente minaccia di espulsione dalla Bulgaria verso l’Arabia
Saudita che grava sul difensore dei diritti umani saudita Abdulrahman AlBakr
al-Khalidi, dopo oltre quattro anni di detenzione, dove correrebbe un rischio
reale di gravi violazioni dei diritti umani a causa del suo attivismo pacifico.
Esortiamo le autorità bulgare a sospendere immediatamente l’espulsione di
al-Khalidi in conformità con i loro obblighi giuridici ai sensi del diritto
internazionale, europeo e nazionale, a rilasciarlo dalla detenzione e a
concedergli protezione internazionale attraverso un processo di asilo equo e
imparziale.
Al-Khalidi è intrappolato in un lungo processo di asilo in Bulgaria dal novembre
2021 e dal 2024 è soggetto a un ordine di espulsione. Il 15 luglio 2025 la Corte
amministrativa suprema bulgara ha respinto il ricorso di al-Khalidi contro il
suo ordine di detenzione, mettendolo in imminente pericolo.
Al-Khalidi ha iniziato la sua attività pacifica durante la Primavera araba del
2011, aderendo all’Associazione saudita per i diritti civili e politici (ACPRA)
e partecipando a proteste in favore delle riforme. A seguito di un’ondata di
arresti di altri attivisti nel 2013, e dopo essere stato convocato per un
interrogatorio, è fuggito dall’Arabia Saudita e ha continuato la sua attività di
advocacy in esilio. In seguito ha aderito al progetto “Electronic Bees Army” del
giornalista dissidente Jamal Khashoggi, volto a contrastare la disinformazione
di Stato.
Nel 2021, di fronte alle crescenti minacce in Turchia, al-Khalidi ha deciso di
chiedere asilo nell’Unione Europea. Tuttavia, è stato arrestato all’arrivo in
Bulgaria poco dopo aver attraversato il confine turco-bulgaro il 23 ottobre
2021.
Da allora ha trascorso oltre quattro anni in detenzione – che secondo i dati
pubblici della Corte europea dei diritti dell’uomo è uno dei periodi più lunghi
per qualsiasi richiedente asilo in Europa – la maggior parte dei quali in
condizioni dure e degradanti nel centro di detenzione di Busmantsi a Sofia. Il
26 settembre 2025, la Direzione per l’immigrazione ha deciso di prorogare la
detenzione di al-Khalidi per altri sei mesi.
Il 16 novembre 2021 al-Khalidi ha presentato domanda di asilo in Bulgaria,
citando il rischio di gravi violazioni dei diritti umani in caso di ritorno in
Arabia Saudita. Tuttavia, l’Agenzia statale bulgara per i rifugiati ha respinto
la sua domanda, sostenendo che l’Arabia Saudita avesse “adottato misure per
democratizzare la società”. Il suo ricorso è ancora in corso.
Nonostante diverse sentenze a suo favore, comprese sentenze definitive che ne
ordinavano il rilascio, le autorità bulgare le hanno ignorate o aggirate. Nel
febbraio 2024 l’Agenzia per la sicurezza nazionale ha emesso un ordine di
espulsione nei confronti di al-Khalidi, definendolo, senza prove, una “minaccia
alla sicurezza nazionale”.
Questo ordine, successivamente confermato dal Tribunale amministrativo di Sofia,
viola il principio internazionale di non respingimento, poiché esiste un rischio
ben documentato che, se rimpatriato in Arabia Saudita, al-Khalidi subirebbe
torture, un processo iniquo e forse la pena di morte.
Durante la detenzione, al-Khalidi avrebbe subito ripetuti maltrattamenti, tra
cui pressioni psicologiche e abusi fisici. Nel marzo 2024 il difensore dei
diritti umani ha riferito di essere stato brutalmente picchiato da agenti di
polizia.
Ha tentato il suicidio, ha intrapreso uno sciopero della fame durato più di 100
giorni e gli è stato diagnosticato un disturbo da stress post-traumatico
complesso (C-PTSD). Nonostante le preoccupazioni sollevate dai tribunali
bulgari, dagli esperti delle Nazioni Unite, dalle ONG e dai membri del
Parlamento europeo, le autorità bulgare continuano a detenerlo illegalmente e a
minacciarlo di espulsione.
Uno studio sulla repressione transnazionale dei difensori dei diritti umani 2,
pubblicato il 12 giugno 2025 dalla sottocommissione per i diritti umani (DROI)
del Parlamento europeo, ha evidenziato il caso di al-Khalidi come esempio chiave
della tattica della detenzione utilizzata nella repressione fisica
transnazionale.
L’espulsione di al-Khalidi verso l’Arabia Saudita costituirebbe una grave
violazione degli impegni assunti dalla Bulgaria ai sensi del diritto
internazionale, dell’Unione europea (UE) e del diritto interno, compresa la sua
stessa costituzione, che stabilisce che la Bulgaria deve concedere asilo agli
stranieri perseguitati per le loro opinioni e attività in difesa dei diritti e
delle libertà riconosciuti a livello internazionale.
NOI, LE ORGANIZZAZIONI FIRMATARIE, CHIEDIAMO QUINDI ALLE AUTORITÀ BULGARE DI:
1. rilasciare immediatamente e incondizionatamente Abdulrahman al-Khalidi in
conformità con le sentenze emesse dai tribunali bulgari;
2. garantire che non sarà espulso in Arabia Saudita o in qualsiasi altro paese
in cui rischia di essere respinto;
3. facilitare il suo reinsediamento in un paese terzo sicuro, in coordinamento
con i partner internazionali;
4. avviare un’indagine indipendente sui maltrattamenti subiti durante la
detenzione, compreso il pestaggio del marzo 2024, e assicurare i
responsabili alla giustizia; e
5. garantire che il sistema di asilo bulgaro sia conforme agli standard dell’UE
e internazionali in materia di diritti umani, prevenendo future violazioni
di questo tipo.
PER QUANTO RIGUARDA L’UNIONE EUROPEA (UE), CHIEDIAMO:
1. alla Commissione europea di valutare la sospensione o la riprogrammazione di
qualsiasi sostegno europeo legato ai centri di detenzione pre-espulsione in
Bulgaria fino a quando non sarà garantita la piena conformità con la Carta
dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CFR);
2. alla Commissione europea di condurre una revisione di qualsiasi possibile
sostegno della Commissione europea legato al centro di detenzione di
Busmantsi per valutarne la conformità con la Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea (CFR);
3. al Parlamento europeo (commissioni LIBE/DROI) di tenere una sessione urgente
e organizzare una missione di accertamento dei fatti presso il centro di
detenzione di Busmantsi; e
4. al Consiglio (gruppo FREMP) di includere questo caso nell’ordine del giorno;
Qui le organizzazioni firmatarie
Comunicati stampa e appelli
PETIZIONE PER ABDULRAHMAN AL-KHALIDI RINCHIUSO NEL CENTRO DI DETENZIONE DI
BUSMANTSI (SOFIA)
Firma e condividi l'appello per il riconoscimento della protezione
internazionale al giornalista e attivista
24 Maggio 2025
1. La pagina autore su Melting Pot ↩︎
2. Transnational repression of human rights defenders: The impacts on civic
space and the responsibility of host states ↩︎