Tag - Espulsione

CPR di Palazzo San Gervasio: liberato il cittadino dominicano dopo l’ingiusta convalida del trattenimento
Il Giudice di Pace di Melfi convalidava illegittimamente il trattenimento di un cittadino dominicano e avverso il provvedimento veniva proposta istanza di riesame, la quale veniva accolta il 16.8.2025; nelle more del primo ricorso, il GdP di Roma con decreto dell’8.8.2025 accoglieva l’istanza di sospensiva proposta nel ricorso avverso l’espulsione. Giudice di Pace di Melfi, decreto del 16 agosto 2025 Giudice di Pace di Roma, decreto del 8 agosto 2025 Si ringrazia l’Avv. Antonello Andriuolo per la segnalazione e il commento. LA VICENDA DEL RICORRENTE Il 21.7.2025 alla Stazione Termini di Roma viene fermato un cittadino dominicano e dagli accertamenti della Polizia risulta che la Questura di Terni aveva disposto la revoca del permesso di soggiorno UE per la convivenza con una cittadina italiana, nonostante il permesso fosse stato rilasciato dalla Questura di Catania. Il Prefetto di Roma dispone l’espulsione e il competente Questore l’immediato ordine di trattenimento presso il CPR di Palazzo San Gervasio. La Polizia desume la sua pericolosità sociale sulla base di lievi precedenti penali risalenti al periodo della minore età e antecedenti al rilascio del PdS. La Questura di Roma non permette in alcun modo al cittadino dominicano di richiedere un permesso per motivi di famiglia, di lavoro o attesa occupazione, nonostante vi fossero i presupposti. Il trattenimento viene ingiustamente convalidato dal GDP di Melfi, competente per il CPR di Palazzo San Gervasio, e il sottoscritto avvocato congiuntamente al suo cliente decidono di non richiedere la protezione internazionale (prassi molto diffusa all’interno del CPR di Potenza) e di procedere con il riesame considerata la superficialità del primo giudice di Pace che non ha nemmeno esaminato la documentazione prodotta nel fascicolo telematico. Durante l’udienza di Convalida, il sottoscritto difensore si limita a riportarsi all’atto e alla documentazione prodotta, e il GDP, costatato che il ricorrente ha un figlio e una madre naturalizzata italiana, in accoglimento del ricorso, ordina l’immediata liberazione del trattenuto. Nelle more viene proposta l’impugnazione del provvedimento di espulsione e il Giudice di Pace di Roma, letto il ricorso, accoglie l’istanza di sospensiva rinviando, per il carico di ruolo, all’udienza del 23.9.2025. Dopo oltre 14 anni che tratto la materia dell’immigrazione, ritengo che in tanti casi la richiesta di protezione internazionale, all’interno dei CPR, possa compromettere i diritti dei cittadini stranieri oltre che per il periodo di trattenimento anche perché, cessate le misure di trattenimento, in tanti casi, potrebbero restare privi di qualunque tutela. L’istanza di protezione internazionale va esperita, in estrema ratio, quando si intuisce che sta per essere rilasciato il lascia passare necessario al rimpatrio coatto. La richiesta di protezione non è uno strumento che deve essere utilizzato per trasferire la competenza del caso alla CDA competente, illudendo il trattenuto di poter avere un’altra possibilità di ottenere la cessazione delle misure di trattenimento. E’ necessario che il difensore tuteli il diritto di soggiorno dello straniero anche dopo la sua liberazione dandogli la possibilità di avere un titolo di soggiorno altrimenti al primo controllo delle forze dell’ordine potrebbe essere nuovamente sottoposto alle misure di trattenimento.
Non proroga del trattenimento: libero il cittadino del Congo trattenuto tra il CPR di Gjadër in Albania e il CPR di Bari – Palese
Il cittadino del Congo rientrava dal CPR di Gjadër in Albania in quanto la Corte di Appello di Roma non convalidava il decreto di trattenimento del Questore di Roma. La Questura di Roma appena rientrato in Italia, però, disponeva un nuovo trattenimento questa volta ex art. 14 TUIMM e lo inviava per la convalida presso il CPR di Bari – Palese. Il trattenuto manifestava la volontà di chiedere nuovamente protezione dinnanzi al Giudice di Pace di Bari che convalidava il trattenimento ex art. 14 D.Lgs. n. 268 /98. Avendo chiesto protezione internazionale la Questura di Bari chiedeva alla Corte di Appello di Bari di convalidare il decreto di trattenimento adottato, questa volta, ai sensi dell’art. 6 comma 5 D.Lgs. n. 142/2015. La Corte di Appello di Bari convalidava il trattenimento per la durata di 60 giorni valutando la domanda di protezione, strumentale e finalizzata solamente a ritardare o impedire l’esecuzione dell’espulsione, in quanto presentata solo a seguito di trattenimento presso il CPR in attesa dell’esecuzione del provvedimento prefettizio di espulsione. Prima della scadenza dei 60 giorni la Questura di Bari chiedeva la proroga per ulteriori giorni 90 pur essendo decorsi i termini di cui all’art. 26, comma 2 bis del D.lgs. n. 25/2008 in quanto il cittadino straniero non aveva nemmeno compilato il modello C3. La Corte di Appello di Bari, in accoglimento delle deduzioni difensive, non prorogava il trattenimento con la seguente motivazione: “(…) rilevato che il cittadino straniero … , nato in Repubblica Del Congo …, è stato inizialmente attinto da un provvedimento di trattenimento emesso ex art. 6 co. 3 d.lgs. 142/15 dalla Questura di Bari l’8.7.2025, convalidato il 9.7.25 dalla Corte d’Appello di Bari, per un periodo di 60 gg. prorogabile; -letta l’istanza, avanzata il 2.9.25, con cui la Questura di Bari ha tempestivamente chiesto una proroga di detto trattenimento per ulteriori 60 gg.; rilevato che, all’odierna udienza camerale, la Questura ha insistito per la proroga, mentre la difesa dello straniero si è opposta, invocando la violazione del termine di 6 gg. lavorativi fissato dall’art. 26 co.2 bis D.Lgs.25/08 per la formalizzazione della manifestazione di volontà di chiedere la protezione internazionale, non essendo stato ancora compilato il modello C3; rilevato che, mentre lo straniero ha manifestato la volontà di chiedere protezione internazionale già in data 2.7.25 (in sede di convalida del suo primo trattenimento ex art.14 TUI davanti al Giudice di Pace), la redazione del modello C3, costituente adempimento necessario alla formalizzazione di tale domanda, non è stata ad oggi ancora effettuata, come confermato dalla stessa Questura, in violazione del termine di 6 giorni lavorativi richiesti dall’art.26 co.2 bis D.Lgs.25/08; ritenuto che la violazione del predetto termine (che per ormai consolidata giurisprudenza della S.C. – cfr. Cass.15984/25 – è termine di natura perentoria, la cui violazione è rilevabile d’ufficio né è sanata dalla mancata proposizione della relativa eccezione e dall’intervenuta convalida del trattenimento, spettando al giudicante il rilievo officioso di eventuali vizi a monte della procedura di trattenimento) sia di per sé decisiva al fine di precludere la proroga del trattenimento dello straniero; P.Q.M. Non autorizza la proroga del trattenimento”. Questo caso è assai particolare perché ha dimostrato come il trattenimento prima in Albania e poi in Bari non hanno prodotto alcun risultato utile e positivo, ma anzi hanno comportato solo la privazione della libertà personale e il dispendio di denaro pubblico per un cittadino che è inespellibile e che se avesse avuto l’opportunità di essere ascoltato dalla Commissione territoriale avrebbe ottenuto, proprio perché originario del Congo, lo status e/o la protezione come accade di sovente. Corte di Appello di Bari, decisione del 3 settembre 2025 Si ringrazia l’Avv. Uljana Gazidede per la segnalazione e il commento.
Opposizione al decreto di espulsione: la mancata comparizione non comporta sanzioni, il Giudice di Pace deve decidere nel merito
Il caso riguarda un cittadino albanese che ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, avverso il decreto in data 29.4.2024 del Giudice di Pace di Ragusa con cui è stata disposta ex artt. 309 e 181 c.p.c. la cancellazione dal ruolo e l’estinzione del procedimento avviato su ricorso contro il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Ragusa il 13.2.2024. Nel caso di specie risulta agli atti che – ricevuto l’avviso di fissazione dell’udienza di comparizione per il giorno 15/04/2024 – il difensore comunicava al GdP l’impossibilità a presenziare per concomitanti impegni professionali, dando la disponibilità a partecipare da remoto indicando il proprio contatto Teams, precisando che ove non fosse stato possibile partecipare telematicamente si chiedeva di trattenere la causa in decisione; il GdP all’udienza del 15/04/2024 preso atto dell’impossibilità del difensore a presenziare, rinviava all’udienza del 22/04/2024, nella quale dava atto che nessuna delle parti era comparsa ed ex art. 181 c.p.c. rinviava all’udienza del 29/04/2024; il difensore comunicava l’impossibilità a comparire all’udienza del 29.04.2024 e chiedeva espressamente di partecipare al procedimento, in modalità da remoto, insistendo, ove non fosse stato possibile il collegamento da remoto di decidere la causa comunque; all’udienza del 29/04/2024 il GdP, con provvedimento reso a verbale, ordinava la cancellazione della causa dal ruolo e dichiarava l’estinzione del procedimento. Con unico motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 360 comma 1 n. 3, in relazione agli artt. 13 e 13 bis del D.Lgs. 286/98 e degli artt. 127, 127 bis e 127 ter c.p.p., nonché, dell’art. 18 del D.lgs. 150/2011 in quanto il Giudice di Pace di Ragusa, in violazione dell’art. 127 c.p.p. e s.s., non solo non avrebbe consentito che l’udienza si svolgesse da remoto, sebbene il difensore lo avesse più volte richiesto stante l’onerosità e la difficoltà di raggiungere la sede del Giudice di Pace di Ragusa da Bari, ma non aveva tenuto conto delle note difensive scritte inviate in sostituzione dell’udienza, nelle quali più volte si chiedeva di trattenere la causa per la decisione, laddove la mancata presenza delle parti in udienza, in questa materia, non potrebbe comportare alcuna conseguenza essendo il Giudice tenuto, in ogni caso, a decidere ai sensi dell’art. 18 comma 7 del D.Lgs. 150/2011, principio più volte espresso dalla giurisprudenza di legittimità. La Corte di Cassazione ritiene fondato il ricorso e cosi motiva: “Il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 8, così modificato dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 34, comma 19, ha previsto la competenza del giudice di pace ed esteso il rito sommario di cognizione alle controversie aventi ad oggetto l’impugnazione del decreto prefettizio di espulsione. Il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18, al quale occorre fare riferimento perché oggi disciplina il procedimento di interesse, stabilisce che si applica il rito semplificato di cognizione ove non diversamente disposto; il medesimo art. 18, comma 7, prevede poi che il giudizio è definito, in ogni caso, entro venti giorni dalla data di deposito del ricorso. Ciò posto, come già affermato da questa Corte, «la regola generale per cui la mancata comparizione delle parti impone la fissazione di una nuova udienza ex art 181 c.p.c. è incompatibile con il giudizio di opposizione al decreto prefettizio di espulsione, in quanto procedimento caratterizzato da celerità, semplificazione e officiosità dell’impulso. Avuto, dunque, riguardo alle peculiarità di detto giudizio, caratterizzato non solo dall’urgenza ma anche dalla precisa delimitazione dell’ambito di cognizione, circoscritto unicamente al controllo, al momento dell’espulsione, dell’assenza del permesso di soggiorno perché non richiesto (in assenza di cause di giustificazione), revocato, annullato ovvero negato per mancata tempestiva richiesta di rinnovo, il rinvio della trattazione si giustifica solo in caso di irregolarità della notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza» (Cass. n. 19601/2023 in motivazione che ha affermato il principio di diritto per cui «In tema di giudizio di impugnazione del provvedimento di espulsione amministrativa, disciplinato dall’art. 18 d.lgs. n. 150 del 2011, la regola generale per cui la mancata comparizione delle parti impone la fissazione di una nuova udienza, ai sensi del combinato disposto degli artt. 181 e 309 c.p.c., non trova applicazione, trattandosi di procedimento caratterizzato da celerità, semplificazione e officiosità dell’impulso», confermata da Cass. n. 17648/2024). A questo principio il Collegio intende dare continuità, anche in ragione del fatto che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di riconoscimento della protezione internazionale dello straniero, nel procedimento di merito in unico grado, così come, prima delle modifiche del 2017, nel giudizio di reclamo avanti alla corte d’appello, in caso di difetto di comparizione della parte interessata alla prima udienza, il giudice, verificata la regolarità della notificazione del ricorso e del decreto, deve decidere nel merito, non essendo applicabile l’art. 181, comma 1, cod. proc. civ. e restando esclusa la possibilità di una pronunzia di improcedibilità per «disinteresse» alla definizione o di rinvio della trattazione o di non luogo a provvedere (cfr., per tutte, Cass. 6061/2019). Come è stato già osservato, non vale ad addivenire a una diversa conclusione il fatto che tale norma, al suo primo comma, faccia rinvio per le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione del decreto di espulsione al rito sommario di cognizione previsto dagli artt. 702-bis e ss. cod. proc. civ., essendo espressamente precisato nella norma dell’art. 18 d. lgs. 150/2011 che siffatto rinvio vale «ove non diversamente disposto dal presente articolo». Va piuttosto considerato che il rito semplificato disciplinato dall’art. 18 d. lgs. 150/2011 si caratterizza per una particolare celerità e semplicità di forme e, una volta instaurato (di regola, per impulso di parte), è dominato nel suo svolgimento dall’impulso officioso, al pari del rito camerale cui è soggetto il procedimento volto al riconoscimento della protezione internazionale dello straniero; «deve quindi escludersi che il giudice di merito possa, sic et simpliciter ed in assenza di esplicita disposizione normativa in tal senso, sanzionare la mancata presenza della parte opponente all’udienza fissata o attribuire alla sua mancata comparizione la valenza di rinuncia tacita all’impugnativa. Peraltro, se, come detto, deve escludersi la possibilità di un provvedimento di tipo sanzionatorio sul piano processuale per la mancata comparizione della parte in sede di cognizione rispetto a una domanda di asilo, a maggior ragione una simile eventualità deve essere esclusa nel caso in cui la mancata comparizione dell’opponente si verifichi nel giudizio di opposizione al decreto di espulsione, che incide sul diritto di libertà della persona (Cass. 10788/2003). Occorre, pertanto, ribadire il principio secondo cui nel giudizio di opposizione al decreto di espulsione di straniero ex art. 18 d. lgs. 150/2011 la mancata comparizione dell’opponente non comporta alcun provvedimento di tipo sanzionatorio sul piano processuale, dovendo in tal caso il giudice adito, una volta verificata la ritualità degli atti finalizzati a consentire la comparizione stessa, pronunciarsi comunque sul merito dell’impugnativa proposta» (Cass. n.31526/2023). Il motivo va, quindi, accolto e il decreto impugnato conseguentemente va cassato con rinvio al Giudice di Pace di Ragusa in persona di diverso magistrato che provvederà anche a regolare le spese della presente fase di legittimità”. Corte di Cassazione, ordinanza n. 16439 del 16 giugno 2025 Si ringrazia l’Avv. Uljana Gazidede per la segnalazione e il commento.
Nei CPR ancora violazioni del diritto di difesa: il caso di un cittadino tunisino tra Bari e Brindisi
Il Giudice di Pace di Brindisi si pronuncia sul caso di non convalida del trattenimento di un cittadino tunisino, incensurato e richiedente asilo. Nella prima settimana di luglio, a seguito delle proteste esplose all’interno del CPR di Bari-Palese l’uomo veniva arrestato insieme ad altri due trattenuti con l’accusa di aver promosso la rivolta. Nel corso del procedimento penale sono state rese dichiarazioni molto forti sui motivi della protesta e, all’esito dell’interrogatorio, gli atti del processo – su richiesta del PM di udienza – sono stati trasmessi alla Procura della Repubblica. Il giudice penale, a seguito di un patteggiamento con pena sospesa per il solo danneggiamento di una finestra, ne disponeva l’immediata liberazione. Tuttavia, dopo la dimissione dalla casa circondariale di Bari, il cittadino tunisino veniva nuovamente trasferito e trattenuto, questa volta presso il CPR di Restinco (Brindisi). All’ingresso del centro l’uomo nominava un difensore di fiducia, ma immediatamente veniva condotto all’udienza di convalida davanti al Giudice di pace di Brindisi, che convalidava il trattenimento con l’assistenza di un difensore d’ufficio. Né il giudice né il difensore di fiducia erano stati informati di due circostanze fondamentali: che il cittadino straniero aveva nominato un proprio avvocato e che era richiedente asilo. Con ricorso per il riesame, il difensore di fiducia eccepiva: * la violazione del diritto di difesa, poiché non era stato avvisato dell’udienza né lo era stato il trattenuto; * l’incompetenza per materia, sostenendo che gli atti avrebbero dovuto essere trasmessi alla Corte d’Appello di Lecce. Il Giudice di pace di Brindisi, con la decisione qui allegata, ha accolto il ricorso rilevando la violazione del diritto di difesa. È stato infatti documentato che, già il 10 luglio 2025 – cioè prima dell’udienza di convalida fissata per l’11 luglio – il cittadino aveva formalmente nominato l’avv. Uljana Gazidede come difensore di fiducia, mediante l’apposito modulo disponibile presso il CPR di Restinco. Nonostante ciò, l’udienza si era svolta senza la sua partecipazione e con l’assistenza di un difensore d’ufficio. La Suprema Corte ha più volte stabilito che, in tema di immigrazione, la nomina del difensore di fiducia prima dell’udienza di convalida rende obbligatoria la sua presenza e comporta la puntuale comunicazione di data e luogo dell’udienza (Cass. 12210/2020; Cass. 18769/2018). Pertanto il Giudice ha annullato il provvedimento di trattenimento. Questa decisione è particolarmente rilevante perché evidenzia gravi carenze sistemiche nei CPR, dove spesso vengono compromessi i diritti di difesa proprio a causa della mancata presenza del difensore di fiducia alle udienze. Nel CPR di Bari-Palese, inoltre, si registra la prassi per cui le istanze di riesame non vengono calendarizzate oppure le udienze, quando fissate, vengono rinviate a tempo indeterminato. La detenzione amministrativa spinge così i trattenuti allo stremo, a causa delle pessime condizioni di vita all’interno dei centri, costringendoli a protestare. Non di rado queste proteste sfociano in atti di autolesionismo, tentativi di suicidio, scioperi della fame o danneggiamenti delle strutture, con conseguenze penali gravi per chi le mette in atto. Giudice di Pace di Brindisi, ordinanza del 25 luglio 2025
Espulsione nulla per violazione dell’art. 10-ter TUI: mancata informativa sul diritto di asilo al cittadino marocchino entrato dal Brennero
La Corte di Cassazione ha annullato il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Ravenna nei confronti di un cittadino marocchino, entrato in Italia irregolarmente attraverso il Brennero. Il Giudice di Pace aveva confermato l’espulsione, rilevando che l’uomo non aveva presentato domanda di asilo in Italia e non conviveva con familiari titolari di permesso di soggiorno. La Cassazione invece ha accolto il ricorso, sottolineando che il provvedimento è nullo perché non era stata fornita al ricorrente la prevista informativa sui suoi diritti. In particolare, l’art. 10-ter del Testo Unico Immigrazione stabilisce che lo straniero fermato alla frontiera debba ricevere “un’informazione completa ed effettiva sulla procedura di protezione internazionale“. Assegnaci il tuo 5‰: scrivi 00994500288 Secondo la Corte, questo obbligo vale “anche nel caso in cui lo straniero non abbia manifestato l’esigenza di chiedere la protezione“. Nel caso concreto, il “foglio notizie” compilato dalla polizia non riportava alcun riferimento a tale informazione. Pertanto, ha concluso la Cassazione, il decreto di espulsione è “viziato da nullità“. Corte di Cassazione, ordinanza n. 9760 del 14 aprile 2025 Si ringrazia l’Avv. Giacomo Foschini per la segnalazione.
Annullata l’espulsione: il decreto non teneva conto dell’inserimento lavorativo stabile, quale circostanza rilevante
Il Giudice di Pace di Taranto ha annullato l’espulsione emessa dal Prefetto di Taranto nei confronti di una cittadina georgiana irregolare. Successivamente al decreto di espulsione, la cittadina proponeva istanza di protezione internazionale; nelle more del giudizio innanzi al Giudice di Pace e in attesa della convocazione dalla Commissione competente, la donna stipulava regolare contratto di lavoro. Assegnaci il tuo 5‰: scrivi 00994500288 Secondo il Giudice di Pace testualmente: “Il decreto prefettizio non tiene conto dell’attività lavorativa stabile e regolarizzata di cui la ricorrente ha fornito sufficiente prova documentale. Assumono rilievo la dichiarazione del datore di lavoro di volere assumere la ricorrente quale assistente familiare di persona non autosufficiente, con regolare contratto e alle condizioni del CCNL di categoria, nonché la denuncia di rapporto di lavoro domestico inviata all’INPS. Vi sono pertanto le condizioni di un inserimento stabile e produttivo in ambito lavorativo. A fronte dell’allegazione del ricorrente avverso il decreto espulsivo in termini di inserimento lavorativo preceduto da pregressa attività nello stesso ambito, tali allegazioni vanno tenute in debita considerazione. Tanto consente una non restrittiva e realistica interpretazione delle modifiche apportate all’art. 19, co. 1.1, dal D.L. 130/2022, sotto il profilo del c.d. «inserimento sociale», quale circostanza rilevante ai fini della tutela al rispetto della vita privata. Inserimento sociale che si reputa sufficientemente provato nel giudizio. La Suprema Corte, nella recente pronuncia (Cass. civ. sez. I, ord. n. 8724, pubblicata il 28.3.2023), ha formulato il seguente principio di diritto: «In tema di espulsione del cittadino straniero, il divieto di espulsione o respingimento di cui all’art. 19 TUI impone al Giudice di Pace, in adempimento del suo dovere di cooperazione istruttoria, di esaminare e pronunciarsi sull’allegata sussistenza dei divieti di espulsione sanciti dall’art. 19, co. 1, e ora anche dal comma 1.1, introdotto dal D.L. 30/2020; ove sia allegato il rischio di violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, la valutazione va condotta alla stregua del criterio dell’effettivo inserimento sociale in Italia». Inserimento sociale che lo scrivente reputa sufficientemente provato nel caso di specie”. Giudice di Pace di Taranto, sentenza n. 1676 del 21 luglio 2025 Si ringrazia l’Avv. Mariagrazia Stigliano per la segnalazione e il commento. * Consulta altre decisioni relative al decreto di espulsione