Tag - genere

“Linea Lesbica e Antiviolenza”: un sostegno alla comunitá LBT*
Dal 2017 la Linea Lesbica e Antiviolenza accoglie lesbiche, donne bisessuali, persone trans e non binarie [acronimo LBT*, ndr] che vivono situazioni di violenza nella loro relazione. In occasione del mese del Pride hanno lanciato una campagna comunicativa e di sensibilizzazione al loro lavoro, per superare pregiudizi e stereotipi vissuti ancora oggi anche all’interno dello spazio queer. Nella campagna collaborano con la fumettista Frad. Nel loro comunicato di lancio si legge: «Tra le persone accolte dalla Linea Lesbica ci sono donne che sono state cacciate di casa da genitori lesbofobici, ritrovandosi in una condizione di dipendenza economica dalla compagna e quindi esposte a minacce e violenza. Ci sono persone trans* per cui la minaccia di outing sul posto di lavoro o in altri contesti costituisce uno strumento di controllo e ricatto nelle mani della compagna. E ci sono persone che hanno introiettato la lesbobitransfobia al punto di riprodurla con giudizi e insulti alla propria partner». Abbiamo intervistato le promotrici della campagna per comprendere di più del servizio e del contesto in cui si muove. Come è nata l’idea di dare vita a un servizio specifico di ascolto per la violenza di genere nelle relazioni lesbiche? Come è cambiato il vostro servizio di ascolto da quando lo avete iniziato a oggi? L’idea di creare un punto di ascolto per la violenza di genere nelle relazioni lesbiche nasce all’interno dell’Associazione Lesbiche Bologna, in seguito all’osservazione di crescenti fenomeni di violenza tra persone LBT* in relazioni intime. Con la collaborazione di Casa Donne per non subire Violenza di Bologna abbiamo poi lanciato nel 2017 due linee telefoniche di supporto (poi unificate in una unica linea) e pian piano negli anni abbiamo visto crescere sia le chiamate che i percorsi di fuoriuscita dalla violenza. Quali sono, sulla base della vostra esperienza, le motivazioni e le modalità con cui si manifesta la violenza di genere in una relazione lesbica? Le motivazioni sono sicuramente legate a una condizione di discriminazione quotidiana che le persone LBT* vivono nella società, unita a un’interiorizzazione di dinamiche violente che l’eterocispatriarcato ha insegnato un po’ a tutte le persone, insieme a una mancanza di modelli relazionali che non siano quelli dettati dalla norma eterocispatriarcale. Quindi l’interiorizzazione della cultura del possesso, della gelosia, del controllo nelle relazioni viene replicata anche nelle relazioni lesbiche, con alcune peculiarità (come la minaccia di outing o il giudizio di quanto si è lesbiche, bisessuali o trans) proprie delle relazioni lesbiche. Le modalità in cui può manifestarsi sono simili a quelle della violenza di genere nelle relazioni etero, quindi violenza fisica, sessuale, psicologica, economica, digitale, stalking ma in molti casi nelle relazioni lesbiche queste modalità assumono anche delle caratteristiche specifiche che bisogna saper riconoscere. Gli orari di operatività della linea – Il disegno è di Frad Questa violenza a volte appare stigmatizzata anche all’interno della comunità queer. Credi che si siano fatti passi avanti nel riconoscimento e nella gestione del problema? Sicuramente dal 2017 l’attenzione verso il fenomeno è aumentata, sia da parte di chi lo vive, sia da parte di molti centri antiviolenza che hanno deciso di formarsi sulle caratteristiche specifiche, o in alcuni casi hanno scelto di aprire uno sportello dedicato, come a Cagliari con Lìberas o a Padova con Lesvìa. Siamo però ancora lontane dall’accettazione e dall’emersione del fenomeno come strutturale, ci sono ancora pregiudizi e false convinzioni anche all’interno della comunità LGBTQIA+. Come è nata la collaborazione con Frad e che obiettivo vi ponete per questa campagna? Frad è parte della comunità LGBTQIA+, è unə attivistə che stimiamo molto e che ha già dato fiducia alla Linea Lesbica e Antiviolenza accettando di collaborare nella comunicazione e promozione dal 2022. Con Frad abbiamo lavorato su come rappresentare le varie soggettività LBT* che popolano la nostra comunità, evitando immagini stereotipate e dando una visione il più ampia possibile. Poi essendo anche unə fumettistə ha ispirato l’agenzia Comunicattive che ha ideato la campagna a utilizzare un mezzo immediato e molto apprezzato come il fumetto. L’obiettivo della campagna è sciogliere un po’ dei pregiudizi e dei falsi miti sulla violenza nelle relazioni lesbiche che ostacolano l’emersione e il riconoscimento del fenomeno della violenza stessa. Ricreare le chiacchiere tra le amicizie LBT*, le situazioni di attivismo dove a volte si pensa di essere immuni dalla violenza, ci permette di avvicinarci alle persone che possono riconoscersi in quelle situazioni e capire meglio cosa è violenza. Cosa vorresti dire a una persona in relazione lesbica, che si interroga se rivolgersi o no al vostro servizio? I dubbi sono importanti, interrogarsi è importante, e non implica per forza fare un percorso. Puoi provare a chiamarci, anche in forma anonima, scriverci su Whatsapp o scriverci una mail, troverai una persona accogliente, che ti ascolterà senza giudizio. Si può avere supporto telefonico gratuito per persone LBT* che vivono violenza nelle relazioni chiamando il 3913359732 (attivo il lunedì dalle 18 alle 22 e il mercoledì dalle 18 alle 20) o scrivendo a linealesbicaantiviolenza@gmail.com Immagine di copertina di Lisa Capasso, archivio Dinamopress SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo “Linea Lesbica e Antiviolenza”: un sostegno alla comunitá LBT* proviene da DINAMOpress.
“Educare in Genere?” – A Roma si parla di parità di genere, stereotipi e futuro dell’educazione
Un dialogo partecipato e necessario ha preso vita nella sede dell’associazione Energia per i diritti umani, all’interno della Biblioteca della Nonviolenza durante l’incontro dello scorso 27 Maggio “Educare in Genere?”, un appuntamento dedicato alla parità di genere e alla rappresentazione nei media. Non una semplice tavola rotonda, ma un vero e proprio spazio di riflessione collettiva, tra parole, letture e storie di cambiamento. A prendere la parola, attivistə e rappresentanti di realtà del quartiere San Lorenzo e del territorio romano, quali Chiara Franceschini (Casa delle Donne Lucha y Siesta), Anahi Mariotti (GenerAct), Andrea Acocella (Bar.lina), e Roberto Benatti (Cerchio maschile contro la violenza di genere). Alessia Grisi (Servizio Civile Universale) e Francesca De Vito (Energia per i diritti umani) hanno dato impulso a questa iniziativa per favorire connessioni e sviluppo di pensiero critico, a partire dalla lettura di tre testi simbolo della Biblioteca della Nonviolenza: Educazione sessista di Irene Biemmi, Principesse di Giusi Marchetta, e Pink is the new Black di Emanuela Abbatecola e Luisa Stagi. È proprio da quest’ultimo libro che arriva lo spunto iniziale per aprire l’incontro: “Donne e uomini non si nasce ma si diventa, attraverso un processo di socializzazione accuratamente e sapientemente differenziato per i generi, secondo un modello rigidamente binario…” Su queste parole si innesta la prima domanda, lanciata da Alessia: “Come cercate di scardinare questi modelli nei contesti educativi in cui operate? E quali ostacoli incontrate?” Si susseguono condivisioni di esperienze personali e collettive. Chiara Franceschini evidenzia la necessità di un’educazione sessuoaffettiva accessibile fin dalle prime fasi scolastiche. Anahi Mariotti sottolinea il valore della presenza di insegnanti non binariə e trans affinchè la loro visibilità contribuisca a normalizzare una pluralità di esperienze corporee ed identitarie. Andrea Acocella racconta di come, ancora oggi, troppo spesso l’educazione alla pluralità di genere sia lasciata alla buona volontà dellə singolə insegnante. Una responsabilità enorme, ma non sufficiente. Roberto chiude questo primo scambio richiamando l’importanza di un continuo lavoro di crescita personale e di una revisione critico-trasformativa del proprio agire. Poi, il confronto è proseguito con una domanda ispirata al libro Principesse: “Quali personaggi, nella vostra infanzia, vi hanno ispirato?” La domanda accende la sala. Si apre una conversazione intensa sul ruolo dei media nell’infanzia. Cartoni animati, eroi, eroine, libri e film diventano oggetto di un’analisi appassionata: strumenti che possono liberare oppure rinchiudere dentro stereotipi invisibili ma potenti. Infine, lo sguardo si sposta al futuro: “Che tipo di educazione vorreste tra dieci anni nelle scuole italiane?” Le voci convergono su una visione comune: una scuola più inclusiva, in dialogo con il mondo reale, capace di valorizzare ogni identità e incoraggiare la libertà di essere. Una scuola che non tema il cambiamento, ma lo accolga come parte integrante del processo educativo. Perché solo così può diventare uno spazio di libertà e crescita autentica. “Educare in Genere?” è stato un esempio tangibile di come la lettura, la cultura e il dialogo possano tradursi in strumenti concreti per il cambiamento sociale. Attraverso voci diverse ma che vanno nella stessa direzione, si è ribadita la centralità di progetti educativi capaci di superare stereotipi di genere e contrastare ogni forma di violenza, promuovendo una cultura del rispetto, dell’ascolto e della pluralità. Le testimonianze raccolte – tra esperienze dirette e pratiche educative – hanno messo in luce quanto sia urgente e necessario agire nei diversi contesti: dalla scuola alla famiglia, dai media alle organizzazioni del territorio. L’educazione alla parità e alla pluralità di genere è una pratica quotidiana che si costruisce insieme, con competenze, responsabilità e coraggio. Questo evento rilancia l’urgenza di moltiplicare iniziative simili e integrarle stabilmente in un’educazione davvero inclusiva, in grado di formare cittadinə consapevoli e liberə da stereotipi. Redazione Roma
Frasario compatto italiano – nazifemminista
I commenti su femminismo, misoginia e tutto ciò che in generale riguarda le donne che trovo sull’internette mi perplimono a vari livelli. Poi ho avuto l’illuminazione: il problema principale risiede nel fatto che io e gli autori di questi commenti non parliamo nella stessa lingua. Dopo un anno di documentazione linguistica così attenta che la […]