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Protezione speciale: una tutela che evita una compressione grave e irreversibile della vita privata e familiare
Sei decisioni del Tribunale di Genova che riconoscono la protezione speciale a richiedenti asilo provenienti da Bangladesh, Marocco e Pakistan, confermando un orientamento giurisprudenziale ormai cristallino: la tutela va garantita quando il rimpatrio comporterebbe una compressione grave e irreversibile della vita privata e familiare, alla luce dell’art. 8 CEDU e dell’art. 19, co. 1.1 TUI. Le decisioni sottolineano come, in tutti i casi, i ricorrenti abbiano costruito in Italia percorsi di integrazione lavorativa, sociale e linguistica solidi, spesso accompagnati da impegni formativi, contratti stabili e reti amicali o familiari. Si tratta di un progetto di vita e radicamento territoriale dopo esperienze di estrema vulnerabilità: anni di povertà e indebitamento nei Paesi di origine, detenzione e torture in Libia, naufragi, problemi di salute e cura affrontati in Italia. I giudici riconoscono che interrompere bruscamente questi percorsi costituirebbe, di per sé, una condizione degradante. Le sentenze richiamano anche le condizioni oggettive dei Paesi di provenienza: l’instabilità politica e la violenta repressione delle proteste in Bangladesh, l’invivibilità socio-economica e ambientale che caratterizza intere aree del paese, aggravata da eventi climatici estremi, erosione, inondazioni e insicurezza alimentare; le gravi violazioni dei diritti umani in Pakistan, soprattutto a danno delle minoranze religiose. In altri casi incide la mancanza di qualsiasi rete familiare nel Paese di origine dopo decenni trascorsi all’estero. La valutazione complessiva porta il Tribunale a ritenere che il rimpatrio forzato vanificherebbe percorsi di integrazione ormai sostanziali, creando un vulnus grave e attuale ai diritti fondamentali dei ricorrenti. Queste sei pronunce rafforzano ulteriormente il ruolo della protezione speciale come strumento imprescindibile per garantire continuità di vita, dignità e tutela effettiva per chi, in Italia, ha già costruito una parte significativa della propria esistenza. 1) Ricorrente del Bangladesh – Tribunale di Genova, decreto dell’1 agosto 2025 2) Ricorrente del Pakistan – Tribunale di Genova, decreto del 4 agosto 2025 3) Ricorrente del Bangladesh – Tribunale di Genova, decreto del 10 ottobre 2025 4) Ricorrente del Bangladesh – Tribunale di Genova, decreto del 14 ottobre 2025 5) Ricorrente del Marocco – Tribunale di Genova, sentenza del 21 ottobre 2025 6) Ricorrente del Bangladesh – Tribunale di Genova, decreto dell’11 novembre 2025 Si ringrazia l’Avv. Alessandra Ballerini per le segnalazioni.
Condizioni disumane di un attivista saharawi nella prigione di Kenitra
L’attivista saharawi Abdullah Lekhfaouni, membro del “gruppo di Gdeim Izik”, si trova in gravi condizioni umanitarie e sanitarie nella prigione centrale di Kenitra. Le denunce formali presentate da sua madre, Aliya Al-Radâa, indicano che Lekhfaouni è stato sistematicamente privato dei suoi diritti umani fondamentali. In lettere indirizzate al Procuratore del Re presso la Corte d’Appello di Rabat e al Delegato Generale dell’Amministrazione Penitenziaria, Al-Radâa ha descritto le condizioni atroci a cui è sottoposto suo figlio: è stato in sciopero della fame per 48 ore; poi è stato portato all’ospedale della prigione dove è stato lasciato per terra per 24 ore senza nemmeno una coperta, vicino a detenuti affetti da tubercolosi e con problemi mentali, esponendolo a gravi rischi. Non ha ricevuto assistenza medica ed è stato riportato in cella, in isolamento. Le denunce hanno inoltre sottolineato che in quella cella – infestata dai topi – il personale penitenziario ha ammanettato Lekhfaouni e gli ha bendato gli occhi; lo ha sottoposto a privazione prolungata del sonno, negandogli le telefonate per diversi giorni e confiscandogli la biancheria  e gli articoli di prima necessità. La denuncia, alla quale Equipe Media ha avuto accesso, afferma: “Il personale della prigione centrale di Kenitra ha proceduto a isolare Abdullah Lekhfaouni in una stanza piena di topi, con le mani legate e gli occhi bendati, privato di tutti i suoi legittimi diritti”. Equipe Media
Annullato il provvedimento della Questura che ha rigettato l’istanza del cittadino marocchino di riconoscimento della protezione speciale
Il Tribunale di Genova ha annullato il provvedimento del Questore che aveva negato il rilascio del permesso di soggiorno per casi speciali a un cittadino marocchino residente in Italia da oltre quattordici anni, affetto da una grave patologia psichiatrica e ormai pienamente integrato nel tessuto sociale e familiare italiano. “L’inserimento così documentato è la testimonianza di un percorso di integrazione tenacemente perseguito, che trova il suo culmine nella posizione lavorativa conseguita, la quale, deve ritenersi, si accompagna ad una serie di esperienze anche se non evidenti, ma comunque, inevitabilmente vissute e rilevanti, perché facenti parte della quotidianità”, scrive il giudice, riconoscendo il valore umano e sociale del percorso del ricorrente. Nel motivare la decisione, il Tribunale ha evidenziato come il richiedente, dopo un lungo periodo di fragilità psichiatrica, abbia saputo ricostruire la propria autonomia grazie al sostegno del Dipartimento di salute mentale e alla stabilità familiare, tutti regolarmente residenti in Italia. La documentazione sanitaria e lavorativa, valutata complessivamente, dimostra una condizione di vulnerabilità che rende sproporzionato e contrario ai principi costituzionali e convenzionali un suo rientro in Marocco, dove non dispone più di alcun sostegno familiare né di un sistema sanitario in grado di garantire la continuità delle cure. Ritenendo dunque sussistenti i requisiti di cui all’art. 19, comma 1.1, del D.lgs. 286/98, il giudice ha affermato che la vita privata e familiare del ricorrente, ormai pienamente radicata in Italia, merita protezione, anche in considerazione della lunga permanenza, del percorso riabilitativo e della stabile occupazione lavorativa. Il Tribunale, infine, “visto l’art. 32, terzo comma, del d.lgs. 25/2008, dichiara la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 19, comma 1.1, terzo e quarto periodo, d.lgs. 286/98, applicabile ratione temporis, e conseguentemente dispone la trasmissione della presente sentenza al Questore di Savona per il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale, ai sensi dell’art. 19 comma 1.2, primo periodo, TUI, convertibile alla scadenza in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, in favore del richiedente”. Tribunale di Genova, sentenza del 21 ottobre 2025 Si ringrazia l’Avv. Alessandra Ballerini per la segnalazione. * Consulta altre decisioni relative al permesso di soggiorno per protezione speciale
Autonomia de iure, occupazione di fatto
Su iniziativa degli Stati Uniti, il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha votato a favore del piano marocchino di autonomia del Sahara occidentale, sostenendo che si tratti della soluzione "più realizzabile" per il territorio conteso, nonostante l'opposizione dell'Algeria. La risoluzione è stata adottata con 11 voti a favore, nessuno contrario e 3 astensioni mentre l'Algeria ha rifiutato di partecipare al voto. Nel testo si ritiene che il piano di Rabat del 2007, che prevede l'autonomia sotto la sovranità marocchina, "potrebbe rappresentare la soluzione più realizzabile" e quindi costituire "la base" per futuri negoziati volti a risolvere questo conflitto che dura da 50 anni. In comunicazione telefonica con Umberto, giornalista di stampa internazionale, abbiamo cercato di analizzare gli interessi economici dietro questa resoluzione e cosa potrebbe veramente significare per il popolo saharawi.
CdS: i termini di conclusione del procedimento amministrativo decorrono dalla richiesta di appuntamento
I tempi per accedere ad un procedimento amministrativo (richiesta di appuntamento anche tramite piattaforme informatiche) rilevano ai fini della decorrenza dei termini di legge per la conclusione dello stesso (cd. dies a quo). È quanto afferma il Consiglio di Stato, sez. III, con un’importante sentenza del 2 aprile 2025, la n. 2819/2025, in un giudizio in materia di rilascio del visto di ingresso in Italia per lavoro subordinato, da parte del Consolato generale d’Italia a Casablanca, in favore di un cittadino straniero. Con parole cristalline, i giudici di Palazzo Spada affermano che: “qualsiasi atto di impulso del cittadino volto a sollecitare l’esercizio di un potere dell’Amministrazione previsto dalla legge è suscettivo di far sorgere l’obbligo di provvedere purché tale impulso sia presentato nelle forme e coi modi previsti dalla disciplina regolativa del potere stesso”. In appello viene, dunque, ribaltata la tesi del Tar Lazio, sez. III che, con la sentenza n. 17710/2024, aveva respinto il ricorso del cittadino straniero, ritenendo che la domanda di appuntamento per il rilascio del visto di ingresso, attraverso la piattaforma VFS Global (società esterna di servizi di cui si avvale il Consolato italiano per la raccolta delle stesse domande di Visto), non potesse considerarsi atto di impulso del procedimento amministrativo. In altre parole, il Tar aveva ritenuto che la risposta automatica del sistema non potesse avere natura provvedimentale e quindi, la successiva inerzia della pubblica amministrazione, fino all’effettivo appuntamento presso il Consolato, non rilevasse, anche ai fini dell’azione contro il silenzio (cui, come si dirà, si potrebbe aggiungere l’azione di classe pubblica di cui al D.lgs. 198/2009). Il Consiglio di Stato, con questa importante pronuncia, nega fermamente l’esistenza di “buchi neri” del procedimento, all’interno dei quali l’amministrazione sarebbe libera di NON agire, in danno della persona istante, italiana o straniera, priva, in questo lasso di tempo, di rimedi giudiziali. Non ci sono “zone franche” per la p.a., soprattutto quando esternalizza un servizio relativo ad una propria funzione: una prenotazione, un’istanza di appuntamento per il rilascio di un titolo, anche quando effettuata con piattaforme web che restituiscono una risposta automatica di presa in carico, fa sorgere in capo all’amministrazione il dovere, e in capo alla persona che ha presentato l’istanza il diritto, ad una risposta conclusiva del procedimento nei tempi previsti dalla legge: “dovendo in definitiva l’informatica inerire alla “forma della funzione amministrativa” e non già assurgere a funzione autonoma o, ancor peggio, a causa di inutili appesantimenti procedurali o, come nel caso di specie, di impasse deteriori (arg. ex 3-bis legge n. 241/1990 “per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche agiscono mediante strumenti informatici e telematici”)”. In particolare, la pronuncia ha il pregio di fare luce su un problema particolarmente diffuso, soprattutto nel settore dell’immigrazione, nell’ambito del quale, troppo spesso, l’affidamento del servizio di gestione delle agende a soggetti privati ovvero l’utilizzo, anche tramite risorse interne, di piattaforme informatiche per la prenotazione degli appuntamenti (ad esempio, il cd. sistema Prenotafacile in uso in molte Questure del territorio italiano), si traduce in un ritardo ingiustificabile nell’accesso al procedimento di rilascio, per fare qualche esempio, del visto in materia di lavoro (oggetto della pronuncia in parola), del visto per ricongiungimento familiare, o ancora dei titoli di soggiorno per chi già si trova sul territorio italiano, comprese persone richiedenti asilo.  Questa pronuncia, in conclusione, afferma un principio di tutela effettiva – anche attraverso le azioni di classe quali l’azione avverso la violazione dei termini di cui al D.lgs. n. 198/2009) – nei confronti dell’amministrazione, la quale, secondo prassi evidentemente illegittime, non considera i tempi per accedere alle procedure come tempi del procedimento, lasciando soprattutto le persone straniere che attendono un titolo di soggiorno e che, quindi, sono maggiormente precarie dal punto di vista della fruizione dei propri diritti fondamentali, in una inaccettabile situazione di limbo giuridico. Consiglio di Stato, sentenza n. 2819 del 2 aprile 2025
L’attivista saharawi Ahmed Sbaai soffre di un grave deterioramento della salute in carcere a causa di farmaci scaduti
Un’organizzazione per i diritti umani ha rivelato oggi che Ahmed Sbaai, un attivista politico saharawi detenuto, ha subito gravi complicazioni di salute dopo che l’amministrazione del carcere centrale di Kenitra, in Marocco, gli ha somministrato farmaci scaduti. Sbaai è detenuto, insieme ad un gruppo di altri attivisti saharawi, dal novembre 2010, in quello che è noto come il caso dei “detenuti di Gdeim Izik”. In una dichiarazione rilasciata a “Equipe Media”, la sorella dell’attivista ha affermato che suo fratello “soffre di malattie cardiache e respiratorie che si sono aggravate negli ultimi anni a causa delle torture, dei maltrattamenti e delle cattive condizioni di detenzione a cui è stato sottoposto”. Ha aggiunto che “gli sono stati somministrati farmaci scaduti provenienti dall’infermeria della prigione, causandogli nuove e gravi complicazioni di salute che minacciano la sua vita”. La sorella di Sbaai ha chiesto “ai governi del mondo libero e a tutte le organizzazioni e gli organismi internazionali di intervenire con urgenza per ottenere l’immediata liberazione di suo fratello e degli altri detenuti politici saharawi”. La famiglia ha attribuito la piena responsabilità allo Stato marocchino e ai suoi funzionari per ciò che queste «persone innocenti» stanno subendo, secondo quanto descritto, a causa delle «politiche repressive dell’occupazione», avvertendo che la vita di suo fratello è in pericolo reale. -------------------------------------------------------------------------------- Traduzione dallo spagnolo di Thomas Schmid con l’ausilio di traduttore automatico. Equipe Media
Radio Africa: Madagascar, Marocco, Camerun
Apriamo la trasmissione con un ricordo della figura di Thomas Sankara assassinato proprio il 15 ottobre del 1987, primo presidente liberamente eletto del Burkina Faso che promosse importanti riforme tese a mettere in discussione gli esiti del colonialismo. Madagascar: dopo le rivolte di piazza della generazione Z contro la mancanza di energia elettrica e la crisi idrica, con la sollevazione di settori dell'esercito, la crisi è esplosa e il presidente Rajoelina, pesantemente contestato dalle piazze, è fuggito all'estero protetto dai francesi. I militari hanno annunciato la presa del potere mentre il Madagascar si  aggiunge alla lista dei paesi in cui i  governi autoritari sono stati defenestrati  dalla rivolta della generazione Z.  Marocco: continuano  le manifestazioni del  collettivo GenZ212 che contesta le condizioni penose della sanità e dei servizi nel paese nonche' la disoccupazione cui sono costretti i giovani marocchini .Si  spendono soldi negli stadi mentre negli ospedali si muore di parto, il tentativo del re Mohamed VI di calmare le piazze non ha sortito alcun effetto se non quello di esplicitare ancora di più la distanza fra il potere e le rivendicazioni dei  giovani. Camerun: le elezioni presidenziali si sono tenute il 12 ottobre, il risultato  sembra scontato, il novantaduenne presidente Paul Biya al potere dal 1982 , sostenuto dai francesi, nonostante l'incerto stato di salute si è ricandidato  e probabilmente con i soliti brogli sarà rieletto presidente. Il paese è in preda ad una profonda crisi economica, il nord anglofono è in rivolta dal 2017, mentre s'intensificano gli attacchi di  Boko Haram dalla Nigeria. La corruzione impera e si affilano i coltelli per l'inevitabile successione fra i "famigli" del patriarca . Intanto il candidato dell'opposizione, ex ministro, Issa Tchiroma Bakary si proclama già vincitore.  
Condannata l’Ambasciata di Casablanca per inerzia sul rilascio del visto per motivi di lavoro
Il TAR del Lazio – Sezione Quinta Quater – ha accolto un ricorso presentato per ottenere il rilascio di un visto d’ingresso per lavoro subordinato richiesto presso il Consolato Generale d’Italia a Casablanca. Il provvedimento segna un importante precedente contro le lungaggini burocratiche e il silenzio delle autorità consolari soprattutto in Marocco. Il ricorso, presentato ai sensi dell’art. 117 c.p.a., mirava alla declaratoria dell’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione sul procedimento avviato a maggio 2024. Nonostante il Nulla Osta già rilasciato dallo Sportello Unico per l’Immigrazione, la competente rappresentanza diplomatica non aveva concluso il procedimento nei termini previsti dalla normativa vigente, ovvero entro 30 giorni dalla domanda. Il TAR ha riconosciuto la piena fondatezza del ricorso, accertando l’obbligo dell’Amministrazione di concludere il procedimento entro i termini previsti dall’art. 31, comma 8, del DPR 394/1999. Di conseguenza, ha ordinato al Ministero degli Affari Esteri di provvedere entro 30 giorni dalla comunicazione della sentenza, nominando anche un commissario ad acta per garantire l’esecuzione del provvedimento in caso di ulteriore inerzia. Le spese processuali sono state poste a carico dell’Amministrazione resistente. T.A.R. per il Lazio, sentenza del 18 luglio 2025 Si ringrazia l’Avv. Domenico Strangio del foro di Milano per la segnalazione e il commento. Il ricorso è stato presentato insieme all’Avv. Stefania Caggegi del foro di Messina.
RADIO AFRICA: IN MAROCCO LA PROTESTA DEI GIOVANI CHE CHIEDONO SCUOLE E OSPEDALI ATTRAVERSA IL PAESE
Un’ondata di proteste guidate dalla cosidetta Generazione Z ha attraversato diverse città marocchine. In piazza, i manifestanti hanno denunciato la corruzione del governo e accusato le istituzioni di avere priorità sbagliate; infatti mentre lo Stato destina ingenti risorse ai preparativi per la Coppa del Mondo FIFA 2030, il sistema sanitario ed educativo del Paese sono al collasso. La scintilla che ha acceso le proteste è stata la morte, nel giro di una settimana, di diverse donne sottoposte a parto cesareo all’ospedale pubblico Hassan II di Agadir. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il Marocco conta meno di otto medici ogni 10.000 persone, contro i 25 raccomandati. Uno slogan ricorrente che sintetizza la rabbia recita: “Gli stadi sono qui, ma dove sono gli ospedali?”. Accanto a questo, le richieste di libertà, dignità e giustizia sociale: il tasso di disoccupazione del 12,8%, che sale al 35,8% tra i giovani e al 19% tra i laureati. Le università pubbliche sono a corto di fondi, le infrastrutture crollano e i quartieri popolari vengono abbandonati. Come si possono analizzare queste proteste? che scenari si aprono? Ne abbiamo parlato giovedì 9 ottobre, nella puntata di Radio Africa, all’interno della Cassetta degli Attrezzi di Radio Onda d’Urto, con il giornalista Aboubakr Jamaï e Youssef, attivista e ricercatore di origini marocchine. Ascolta o scarica.
MAROCCO: “MENO STADI, PIÙ OSPEDALI” LA GEN Z SCENDE IN PIAZZA, CETINAIA DI ARRESTI
4 giorni di proteste guidate dalla Generazione Z hanno attraversato più di dieci città marocchine. In piazza, i manifestanti hanno denunciato la corruzione del governo e accusato le istituzioni di avere priorità sbagliate; infatti mentre lo Stato destina ingenti risorse ai preparativi per la Coppa del Mondo FIFA 2030, il sistema sanitario ed educativo del Paese sono al collasso. La scintilla che ha acceso le proteste è stata la morte, nel giro di una settimana, di diverse donne sottoposte a parto cesareo all’ospedale pubblico Hassan II di Agadir. Questi casi hanno portato a proteste locali già il 10 e 15 settembre davanti all’ospedale, dove si è denunciato una grave carenza di personale, sovraffollamento e apparecchiature mediche daneggiate. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il Marocco conta meno di otto medici ogni 10.000 persone, contro i 25 raccomandati. Uno slogan ricorrente che sintetizza la rabbia recita: “Gli stadi sono qui, ma dove sono gli ospedali?”. Accanto a questo, le richieste di libertà, dignità e giustizia sociale: il tasso di disoccupazione del 12,8%, che sale al 35,8% tra i giovani e al 19% tra i laureati. Le università pubbliche sono a corto di fondi, le infrastrutture crollano e i quartieri popolari vengono abbandonati. A mobilitare le piazze è soprattutto la Generazione Z marocchina, la fascia più numerosa della popolazione. Attraverso i social, in particolare su Tik Tok e Discord, gli organizzatori hanno coordinato le azioni, chiamando a raccolta giovani, insegnanti e operatori sanitari. Le proteste sono state promosse da due collettivi online, GenZ212 (con riferimento al prefisso telefonico internazionale del Marocco +212) e Morocco Youth Voices. La risposta delle autorità è stata la repressione: in diverse città la polizia ha cercato di disperdere i cortei con la forza e arrestato decine di persone; a Oujda un furgone della polizia ha investito un manifestante senza fermarsi, passandogli sopra. Il punto della situazione con Siham della redazione di Radio Onda d’Urto. Ascolta o scarica.