Tag - razzismo

Maghismo, malattia senile dello stalino-razzismo
-------------------------------------------------------------------------------- unsplash.com -------------------------------------------------------------------------------- Negli Stati Uniti precipita la guerra civile. Domenica 21 settembre a Glendale, Arizona, si terranno i funerali di un razzista bianco ucciso con una fucilata da un altro razzista bianco. Chi semina vento raccoglie tempesta. La sanguinosa guerra interna al popolo del Secondo Emendamento è iniziata, mentre viene cancellato il popolo del Primo Emendamento con misure di polizia che mettono a tacere chiunque dica la verità sull’assassinio di Kirk. Il funerale di Kirk sarà l’occasione per radicalizzare e portare a compimento il colpo di stato freddo scatenato dal Maghismo. Le caratteristiche del Maghismo si stanno delineando con chiarezza: Make America Great Again è un’onda reazionaria razzista che si innesta sulla tradizione del Ku Klux Klan e del Maccartismo, ma sta prendendo forme sempre più simili allo Stalinismo: repressione di ogni libertà di parola, controllo totale sugli apparati di stato, adorazione della Verità Indiscutibile del Capo. A questo il Maghismo aggiunge una venatura di mistificazione religioso-magica, un culto della personalità di uno stupratore mafioso. Scrive Jianwei Xun in un articolo dal titolo Kirk, la censura americana e la pedagogia dell’impotenza, (probabilmente l’analisi più interessante che io abbia letto su questo argomento): “La conoscenza diffusa dell’ingiustizia, combinata con l’impossibilità di porvi rimedio, genera uno stato di paralisi cosciente che è il cuore della trance ipnocratica… questa combinazione di consapevolezza e impotenza produce uno stato alterato di coscienza più profondo di qualsiasi manipolazione o inganno. Sapere e non poter agire frantuma la psiche in modo più efficace di qualsiasi propaganda…”. La campagna di aggressione sequestro e deportazione lanciata dall’amministrazione Maghista e l’occupazione armata delle città non allineate configurano da tempo le linee di una guerra civile. Ma si tratta di una guerra civile fredda, perché non esistono le condizioni politiche per un’opposizione armata all’aggressione. Né esistono le condizioni soggettive per un’opposizione sociale efficace. La generazione che sta emergendo è paralizzata cognitivamente, intrappolata nell’alienazione cellulare e psichicamente depressa. Dunque cosa possiamo attenderci per i prossimi mesi e anni? La mia opinione è che il Maghismo rappresenti una disperata reazione al declino demografico e psichico della civiltà bianca. L’avanzata del Maghismo appare inarrestabile in tutto l’Occidente (con l’eccezione del mondo ispanico che merita un discorso a parte). Ma non dobbiamo pensare che ci sarà una stabilizzazione di lungo periodo del Maghismo come accadde con il Fascismo italiano o il Nazismo tedesco o lo stalinismo russo. Credo che il Maghismo abbia messo in moto un processo di disintegrazione dell’Occidente che sta procedendo con estrema rapidità, mentre il sud del mondo si prepara sul piano economico e militare alla guerra. Intanto, venerdì 19 settembre mattina a New York undici rappresentanti del partito democratico sono stati arrestati perché chiedevano di poter visitare i locali in cui l’Immigration Custom Enforcement detiene i migranti in attesa di deportazione. In tutti i media, nelle università, nelle scuole, negli uffici del sistema pubblico, nella Sanità… vengono licenziati funzionari che non accettano l’umiliazione dei razzisti Maga. Sono quelli che, bene o male, hanno fatto e fanno funzionare il sistema. Qualche giorno fa sul New York Times è uscito We Are Watching a Scientific Superpower Destroy Itself, un articolo di Stephen Greenblatt che analizza le conseguenze dell’Inquisizione razzista e sionista sul futuro dell’Università statunitense e sul sistema della ricerca (mentre già oggi otto su dieci delle università più produttive secondo criteri di efficienza capitalistica, sono cinesi). Una sorta di Nazismo Barocco è l’espressione di una società profondamente bigotta, ignorante e psichicamente disastrata. Questa non può che produrre la disintegrazione della potenza americana e dell’intera società occidentale. So che molti dei miei lettori si rallegrano nel leggere queste mie previsioni. Ma c’è poco da rallegrarsi. La mia previsione è che l’occidente non accetterà il suo declino e dispone degli strumenti per scatenare l’Armageddon tanto atteso dai fanatici maghisti. La disintegrazione dell’Occidente è ormai in corso, e credo che di qui alla fine del 2025 assisteremo al suo precipitare. Ma questo non è che l’inizio di una guerra civile globale che non sarà più tanto fredda. È l’Europa? È irrilevante e divisa. Attaccata dal fascismo putiniano e disprezzata dagli Stati Uniti di Vance e di Trump, sta per essere risucchiata in una spirale auto-distruttiva perché non sa accettare di non esistere più. Secondo l’agenzia di informazioni Politico.eu è iniziato il secolo dell’umiliazione europea. Per fortuna (o per disgrazia) non ci sono molte probabilità che tra un secolo ci sia ancora qualcuno che possa testimoniarlo. -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Maghismo, malattia senile dello stalino-razzismo proviene da Comune-info.
Antisemitismo, antisionismo, razzismo: un libro e una riflessione a più voci
È stato presentato ieri all’Istituto Gramsci Siciliano il libro di Donatella Della Porta Guerra all’antisemitismo? Il panico morale come strumento di repressione politica (Altreconomia). Il prof. Nicosia, aprendo l’incontro, ha ricordato come il 7 ottobre costituisca una lacerazione politica ed etica che impone una ricostruzione storica. Il prof. Tommaso Baris dell’Università di Palermo ha conversato con l’autrice, dopo averla presentata: Donatella Della Porta è docente di scienze politiche alla Scuola Normale di Firenze ed ha pubblicato molti libri, fra i quali Proteste e polizie (Il Mulino) e No Global sui fatti di Genova 2001. Il suo ultimo scritto esamina l’accusa di antisemitismo usata oggi in Germania in quanto criminalizzazione delle critiche a Israele. Baris: L’antisemitismo è il lato oscuro della coscienza europea che si porta dietro la memoria dell’Olocausto e presume un progetto razzista più ampio, la discriminazione di Rom Sinti omosessuali etc. Ed è un problema non solo tedesco ma anche francese italiano norvegese ucraino polacco. La responsabilità dell’Olocausto è di tutta Europa e attiene alle destre. Com’è potuto accadere che adesso venga rovesciata sulle sinistre? Della Porta: A destra oggi il razzismo si rivolta contro i migranti. In Germania  si parla adesso  di “antisemitismo importato” dai migranti musulmani, dimenticando che un quarto dell’elettorato vota Alternative für Deutschland. È stata negata la connessione fra antisemitismo e razzismo in Francia Germania e Gran Bretagna, cioè proprio nei Paesi che più hanno contribuito alla Nakba. In Israele c’è stata la pretesa, da parte della destra nazionalista, di rappresentare uno Stato religiosamente “pulito”; la diaspora ebraica nel mondo, invece, continua a ripetere “Non in mio nome”. Anche in Germania gli ebrei antisionisti sono i primi obiettivi della repressione. Le “Voci Ebraiche per la Pace” sono state dichiarate associazioni estremiste. L’antisemitismo viene percepito come distaccato dal razzismo. È stato introdotto il “reato di comparazione”: parlare di genocidio è antisemita, paragonare Gaza a un ghetto è reato. Israele non può essere criticato, artisti e intellettuali ebrei ed ebree come Judith Butler o Nancy Fraser sono banditi. Baris: A proposito di comparazione, l’insistenza sul 7 ottobre ricorda l’interrogativo ripetuto contro la Resistenza “E allora le foibe?”. Colonialismo e nazismo, allora come oggi, e non solo rispetto alla Shoah ma anche per l’apartheid in Namibia e Sudafrica, per esempio, sollevano la questione della responsabilità. Della Porta: La memoria induce a chiedersi che fare. In Germania l’Olocausto è stato inteso come una parentesi nella storia gloriosa dell’Occidente. Io credo invece che la Resistenza continuamente rivisitata sia ancora attuale. I bambini arabi in visita ad Auschwitz si identificavano con le vittime, ma veniva detto loro che dovevano identificarsi con i colpevoli, distruggendo così la possibilità di empatia fra i popoli. È mancata la possibilità di costruire identificazione tra popolazione tedesca e palestinesi. È stato criminalizzato il boicottaggio, mentre qui da noi in Italia è stato possibile: al festival del cinema di Venezia, in occasione della partita di calcio con Israele, col movimento BDS, lo sciopero della fame dei lavoratori della sanità, l’iniziativa dei camalli di Genova, le mobilitazioni sindacali. Interviene a questo punto Giuseppe Lipari, collaboratore della prof. Della Porta presso la Scuola Normale di Firenze e si interroga sul che fare di fronte alla “soluzione finale” in Palestina. Anche in Italia, sostiene, viene oppressa la libertà e si muove la dinamica del “panico morale”. L’omicidio Kirk negli USA ha scatenato pure qui da noi accuse di violenza alla sinistra. Esiste poi un controllo governativo sui panel delle lezioni universitarie. Si connette da remoto Amal Khayal, responsabile del CISS a Gaza, dove ha perso tanti amici e parenti e che non manca mai di partecipare alle iniziative per la Palestina. Nel mio Paese non esisteva l’antisemitismo, spiega. I miei nonni convivevano con i vicini ebrei. Del resto, anche i palestinesi sono semiti! Ma il termine “antisemitismo” intende surrettiziamente solo l’odio contro gli ebrei. Il sionismo è altra cosa, è un’ideologia nazionalista, e dunque altra cosa è anche l’antisionismo. Che cosa può fare il movimento antisionista per i palestinesi? La campagna BDS può aiutare a bloccare il genocidio nella striscia di Gaza e così pure il dibattito nelle scuole e all’università. A questo proposito, Baris cita la mozione della Normale di Firenze che rifiuta ogni tipo di rapporto sia economico sia culturale con le istituzioni che collaborino alle azioni militari o alle occupazioni civili nei Territori. Questa mozione è stata definita antisemita, ricorda Dalla Porta: Ebrei allora e Palestinesi adesso sono additati come fonte del male dalle ideologie dell’estrema destra ostili alla cultura “woke” e al “gender”. Ma arte sport musica sono luoghi della politica: anche lì occorre praticare il boicottaggio e costruire solidarietà. Inoltre si può contribuire a fermare lo sterminio con aiuti concreti, come borse di studio per gli studenti profughi, come si fece con i profughi cileni dopo l’undici settembre 1973. Quanto alle scuole, la celebrazione della “giornata della memoria” il 27 gennaio in sé non è un errore né è propaganda, ma bisogna evitarne la banalizzazione e la strumentalizzazione, perché può rischiare di provocare “lo svuotamento semantico dell’antisemitismo” o peggio il suo rovesciamento razzista in chiave antipalestinese. Occorre non dimenticare che l’attuale genocidio in passato ha trovato sponda nel centro-sinistra: Biden e Scholz vendettero armi a Israele. Lipari conclude la serata invitandoci a guardare, pur nella tragedia, il lato positivo: il movimento internazionale, pur con tutte le sue contraddizioni, sta funzionando oltre la rassegnazione e il conformismo, come dimostra la Global Sumud Flotilla. Ci lasciamo proprio per raggiungere il presidio dell’equipaggio di terra alle 20 a Piazza Verdi, cui parteciperà anche Pif. Daniela Musumeci
La bandiera della destra estrema
A Londra il 13 settembre si è svolta una grossa manifestazione razzista contro gli immigrati e per i “valori” dell’Occidente bianco e cristiano, che sarebbero minacciati da tutti i popoli con altri colori della pelle e con altre religioni. È un fenomeno di massa che esprime tutta la degenerazione del […] L'articolo La bandiera della destra estrema su Contropiano.
“Sono nella lista nera di Charlie Kirk”
Il delirio si è diffuso a livello internazionale, anche se solo nell’Occidente strettamente inteso. L’omicidio a Salt Lake City del giovane influencer “Maga” è stato promosso subito, grazie ai suprematisti bianchi al governo o all’opposizione nel blocco euro-atlantico, ad evento di portata mondiale. Fino a chiedere un minuto di silenzio all’assemblea […] L'articolo “Sono nella lista nera di Charlie Kirk” su Contropiano.
Ora siamo irritati, ma la Flotilla non è ciò che ci irrita
Ed è per questo che la Flotilla è fondamentale: non perché rappresenti tutti noi, ma perché costringe la parte ipocrita, ritardataria e distratta del mondo a guardare il genocidio. Negli ultimi giorni molte celebrità italiane hanno condiviso dei video in cui dicono di sostenere la Global Sumud Flotilla, postandoli sia […] L'articolo Ora siamo irritati, ma la Flotilla non è ciò che ci irrita su Contropiano.
Raid dell’antiterrorismo britannico contro i solidali con Palestine Action
Il 2 settembre, all’alba, la polizia britannica ha fatto irruzione nelle case di cinque membri di Defend Our Juries (DOJ), arrestando le cinque persone. Nei film siamo abituati a vedere trattamenti del genere per pericolosi boss mafiosi o terroristi, e difatti l’operazione è stata svolta dall’antiterrorismo, ma nei confronti di […] L'articolo Raid dell’antiterrorismo britannico contro i solidali con Palestine Action su Contropiano.
Quale memoria? Shoah, Nakba e colonialismo sullo sfondo di Gaza. Prima parte
Intervista  di Marco Biondi divisa in due parti a Micol Meghnagi, sociologa che si occupa della costruzione dei processi memoriali della Shoah, del colonialismo italiano e della Nakba. Collabora con diverse testate giornalistiche tra cui Internazionale, Altreconomia, Jacobin, Micromega e il Manifesto. In questa intervista, analizziamo la costruzione della memoria della Shoah, dal dopoguerra a oggi, sullo sfondo del genocidio a Gaza, così come il tema dell’antisemitismo e del razzismo istituzionalizzato. Facendo mie le parole di Meghnagi, le lotte antirazziste sono interdipendenti, non cancellandone le differenze ma legandole in alleanza, nominandone le asimmetrie dei contesti e sottraendole alle strumentalizzazioni politiche. ANTISEMITISMO E ISLAMOFOBIA: QUAL È LA TRAMA COMUNE ? Vi è molto più in comune di quello che si crede tra un ebreo degli anni Venti in Europa e un musulmano del Sud Globale. Il fatto che non si riescano a cogliere le molteplici analogie è anche dovuto ad una profonda mancanza di conoscenza della storia ebraica come quella dei popoli soggiogati dal colonialismo europeo. Antisemitismo e islamofobia sono due facce della stessa grammatica di esclusione prodotta dalla modernità europea: ieri l’“ebreo” come nemico interno su cui proiettare ansie e crisi; oggi il “musulmano” come nuovo capro espiatorio. Entrambe costruiscono gerarchie del dolore, normalizzano politiche securitarie e coloniali e servono a dividere le stesse classi subalterne. Un antirazzismo coerente rifiuta la competizione vittimaria: tiene insieme le storie specifiche (Shoah, colonialismo, Nakba) e ne legge le connessioni strutturali, senza lasciare spazio alle strumentalizzazioni politiche». CHIESA CATTOLICA, ANTIGIUDAISMO E ANTISEMITISMO: PUÒ CHIARIRE DEFINIZIONI E INTRECCI STORICI ? In breve, a livello terminologico per antigiudaismo si intende genericamente l’ostilità principalmente di matrice teologica cristiana contro gli ebrei intesi come collettività, per antisemitismo ci si riferisce all’elaborazione moderna, a base “razziale”. Il confine è spesso labile ma è bene tracciarlo. Con antiebraismo intendo invece l’insieme delle pratiche e dei pregiudizi storici contro gli ebrei in senso ampio. Su questi temi, rimando al lavoro dello storico Simon Levi Sullam, e al suo libro “L’archivio antiebraico: il linguaggio dell’antisemitismo moderno” (Editori Laterza, 2008). Nel corso dei secoli, l’antiebraismo si è manifestato nei contesti più disparati, da quelli spirituali e religiosi a quelli laici e secolarizzati, in ambienti di destra come di sinistra, tra conservatori e progressisti. L’antigiudaismo ha funzionato da collante dell’Europa cristiana; un pregiudizio che, pur non essendo “razziale” in senso moderno, ha prodotto esclusione, spoliazione, ghettizzazione, violenza sistematica e norme discriminatorie. La differenza con l’antisemitismo moderno sta nell’immutabilità dello “status ebraico”: nell’antigiudaismo la conversione poteva teoricamente mutarlo, mentre tra Ottocento e Novecento l’idea di “sangue” lo rendeva indelebile. Questa suddivisione non è ovviamente didascalica. La cacciata degli ebrei e dei musulmani dalla Spagna nel 1492, per esempio, insieme agli statuti di limpieza de sangre, ha anticipato quelle logiche classificatorie razziste proprie dell’epoca moderna. Tra il II e il IV secolo, la Chiesa ha elaborato un compatto e duraturo sistema teologico che giudicava gli ebrei, intesi in modo collettivo, come popolo carnale, considerato colpevole in blocco dell’uccisione di Cristo, maledetto, immorale, diabolico e idolatra, che ha modellato il rapporto maggioranza/minoranza entro un sistema sociale. Certamente, le aperture del secondo Novecento, dal dialogo ebraico-cristiano a Nostra Aetate, hanno segnato un cambio di rotta importante, ma il superamento dei retaggi secolari non è mai automatico né immediato. L’antisemitismo è invece un concetto relativamente recente, coniato dal giornalista tedesco Wilhelm Marr alla fine dell’800. L’età moderna, insieme ai processi di secolarizzazione, alimentò l’illusione che l’ostilità verso gli ebrei fosse in via di estinzione proprio mentre, con l’emancipazione civile e politica, si consolidavano nuove forme di ostilità “politica”. Alla domanda «Chi è un ebreo?» non fu più possibile rispondere con i vecchi criteri: nell’immaginario moderno l’ebreo poteva integrarsi, convertirsi, mimetizzarsi e tuttavia restare tale. Il bersaglio dell’antisemita non era più solo una minoranza marginale ma un soggetto percepito come onnipresente e minaccioso per l’ordine sociale. L’antisemitismo moderno nasce in Occidente, all’incrocio tra cristianesimo politico, nazionalismi e razzismo “scientifico”, ma non resta confinato lì: tra la fine dell’’Ottocento e la prima metà del Novecento, viene importato e ibridato dal colonialismo europeo nel mondo arabo, anche tramite la circolazione dei Protocolli dei Savi di Sion (diffusi, fra l’altro, al Cairo negli anni Venti e Trenta) e la propaganda nazista in arabo durante la Seconda guerra mondiale. Ciò avviene mentre si disgrega l’Impero ottomano, e prendono forma il nazionalismo arabo e il sionismo. Dopo la Shoah, con la nascita di Israele nel 1948 e la conseguente Nakba palestinese, i rapporti tra ebrei e musulmani nel così detto Medio Oriente si sono incrinati, forse in modo irrimediabile. Tra il 1948 e il 1967, in paesi come la Libia, Iraq, Yemen e Afghanistan si registrano pogrom, punizioni collettive ed espulsioni di ebrei, che trovano rifugio soprattutto in Israele e in Occidente, tra cui la mia famiglia. In alcuni casi, come riportano gli storici Avi Shlaim ed Ella Shohat, nazionalismo arabo e movimento sionista concorsero all’esodo degli “ebrei arabi” dai paesi d’origine per perseguire i propri rispettivi interessi. IN CHE MODO L’ANTISEMITISMO È USATO COME STRUMENTO POLITICO E QUALI EFFETTI OSSERVA DOPO IL 7 OTTOBRE 2023? «La strumentalizzazione dell’antisemitismo è stata certamente facilitata dalla definizione approvata nel 2016 dall’IHRA (International Holocaust Remembrance Association), un organismo intergovernativo istituito alla fine del secolo scorso con lo scopo di promuovere la memoria della Shoah. Tuttavia, oltre a richiamare atteggiamenti indubbiamente antisemiti (come evocare un complotto ebraico globale o negare la Shoah), la definizione include 11 esempi applicativi, 7 dei quali riguardano la critica allo Stato di Israele, spostando così il baricentro dal pregiudizio antiebraico alla sfera del dissenso politico. Sebbene gli autori la qualificano non giuridicamente vincolante, in pochi anni dalla sua pubblicazione è stata adottata da numerosi Stati membri dell’Unione Europea e dagli Stati Uniti d’America. Dal 7 ottobre 2023, in vari contesti culturali e accademici europei e nordamericani si è prodotto, un clima di censura e repressione diretto principalmente a persone di origini palestinesi e a tutti coloro che esprimono solidarietà alla Palestina, in Germania, dispositivi amministrativi e culturali oggi richiedono dichiarazioni di adesione alla “ragion di Stato” pro-Israele a persone migranti principalmente di origini arabe, come se l’antisemitismo fosse un fenomeno “importato” dall’esterno quando invece affonda radici storiche in Occidente. Siamo in un’impasse: destre post-fasciste e governi occidentali strumentalizzano l’antisemitismo mentre lo alimentano; e i governi israeliani lo brandiscono cercando sponde proprio in quelle destre che ammiccano a chi, ottant’anni fa, deportava gli ebrei. In un Occidente che fatica a tenere insieme confini ed elettorati, Israele viene letto da molte destre come modello etno-nazionale, un popolo, una fede, un nemico (i palestinesi). Sono fantasie ideologiche (Israele non è monolitico), ma spiegano la convergenza fra filosionismo retorico e politiche identitarie. Ma non si cada in errore: il fatto che l’antisemitismo venga strumentalizzato non significa che non esista. Tutto il contrario. Uno dei pericoli di averlo distorto e strumentalizzato è dato dalla possibilità di girarsi dall’altra parte e dire: non è un problema. L’antisemitismo va necessariamente collocato dentro la sfera più ampia del razzismo: oggi il razzismo in Europa si è trasformato, le vittime sono i migranti, spesso persone arabe, nere, e/o musulmane, e lo vediamo nel cimitero dei nostri mari, così come nei i Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) e nelle normative sull’immigrazione che colpiscono i più vulnerabili. Infine, metto in guardia dalle letture selettive. Parlo di Occidente in quanto modello egemonico entro il quale viviamo, ma anche l’Oriente (dal Marocco alla Siria, dalla Russia all’India) non è immune da forme proprie di colonialismo e discriminazione razziale. Riconoscerlo non relativizza nulla, anzi rende l’antirazzismo coerente, l’antisemitismo non appartiene a una sola cultura o parte politica; e nessuna politica contro di esso sarà credibile se non si intreccia con la lotta contro tutte le gerarchie razziali, compresi islamofobia e razzismo anti-nero con il rifiuto delle strumentalizzazioni che lo trasformano in un’arma retorica. Credo che nessuna lotta contro l’antisemitismo possa essere efficace senza una presa di distanza netta dalle sue strumentalizzazioni politiche volte a sostenere le prassi di occupazione, colonizzazione ed eliminazione sistematica dei palestinesi». Redazione Italia
“Le armi o la vita”. A Roma assemblea dei movimenti per la giustizia ambientale e sociale
“La crisi climatica è una questione sociale, globale e morale. È una minaccia per la vita umana e per il pianeta”. Con queste parole, Papa Francesco ha più volte denunciato l’urgenza di un cambiamento radicale, chiamando i governi e le società civili a una responsabilità condivisa. In questo spirito, lunedì 8 settembre, la Casa della Solidarietà “Stefano Rodotà” di San Lorenzo ospiterà l’assemblea “Le armi o la vita”, promossa dalla Rete dei Numeri Pari e da numerosi movimenti italiani e internazionali. L’iniziativa si inserisce nel percorso di convergenza verso la COP30, che si terrà a Belém, in Amazzonia, nel 2025. Un appuntamento cruciale per i movimenti climatici e sociali del Sud globale e non solo, in un contesto segnato da guerre, disuguaglianze e devastazione ambientale. Sharon Lavigne: la lotta contro il razzismo ambientale Ospite d’eccezione dell’assemblea sarà Sharon Lavigne, attivista afroamericana e fondatrice di RISE St. James, organizzazione nata per contrastare l’espansione dell’industria petrolchimica nella “Cancer Alley” della Louisiana, una delle aree più inquinate degli Stati Uniti. Ex insegnante di educazione speciale, Lavigne ha fondato RISE nel 2018 nel salotto di casa sua. Da allora ha guidato una mobilitazione che ha portato alla cancellazione di un impianto da 1,25 miliardi di dollari della Wanhua Chemical Group. Oggi è impegnata contro il progetto da 9,4 miliardi della Formosa Plastics, che minaccia di aggravare l’inquinamento e profanare cimiteri di schiavi afroamericani. Per il suo impegno ha ricevuto il Goldman Environmental Prize nel 2021, la Laetare Medal nel 2022 ed è stata inserita tra le TIME100 nel 2024. “Mi dicevano: ‘È una battaglia persa’. Ma questo mi ha dato la forza di combattere”, ha raccontato. Madre di sei figli e nonna di dodici nipoti, Lavigne è oggi una delle voci più autorevoli contro il razzismo ambientale e per la giustizia climatica. Un’assemblea per costruire convergenze L’assemblea vedrà la partecipazione di attivisti, reti territoriali, comitati e realtà sociali impegnate in Italia e nel mondo. Sarà un momento di confronto e proposta, per rilanciare un’agenda comune che metta al centro la difesa della vita, della terra e dei diritti. “Le armi o la vita” non è solo uno slogan, ma una scelta politica e morale. In vista della COP30, Belém diventa il simbolo di una sfida globale: quella di costruire un futuro giusto, libero dalla violenza e dalla devastazione ambientale. A parlare saranno anche gli attivisti italiani, impegnati nelle lotte contro le grandi opere inutili, l’estrattivismo, la militarizzazione dei territori e la negazione dei diritti sociali. “Non possiamo parlare di transizione ecologica senza giustizia sociale”, ha più volte denunciato Stop Rearm Europe. “La COP30 deve essere un’occasione per dare voce ai territori, alle comunità resistenti, a chi ogni giorno difende la vita contro gli interessi delle multinazionali e dei governi complici. “L’incontro con Sharon Lavigne ci ricorda che la giustizia climatica è anche giustizia razziale, storica e culturale: dalla Louisiana a Gaza, dalla Sicilia all’Amazzonia, le lotte sono interconnesse. E Roma deve essere parte di questa convergenza globale” Rete #NOBAVAGLIO