Tag - razzismo

“Questa Lega è una vergogna”
Pino Daniele e il coraggio di dire no al razzismo nei manifesti rimossi a Roma C’è una fotografia che oggi non vedrai in copertina. Non perché non esista, ma perché ogni replica non contestualizzata è una nuova diffusione del messaggio d’odio. Per questo non vogliamo contribuire a diffonderla. È l’immagine di un manifesto affisso in varie zone di Roma e firmato dalla Lega. Uno slogan gridato in maiuscolo: “Occupi una casa? Ti buttiamo fuori in 24 ore”. Accanto, una scena costruita con cura inquietante: persone visibilmente non italiane, con tratti che evocano lo stereotipo del “diverso”, neri, rom, volti caricaturali, vengono fermate dalla polizia davanti a un portone. Non è solo propaganda. È un attacco visivo e narrativo alla dignità umana. Per questo, abbiamo scelto di aprire con un altro tipo di immagine: la copertina dell’album ‘O scarrafone di Pino Daniele, che nel 1991 cantava: Un uomo in blues “Questa Lega è una vergogna”. Un verso che oggi suona come un monitor ancora attuale. Trentaquattro anni dopo, quella denuncia sembra ancora necessaria. Gli stessi pregiudizi, le stesse campagne denigratorie, le stesse immagini stereotipate restano affisse sui muri delle nostre città. Non è solo un ritorno nostalgico a una canzone del passato, ma il segno di una memoria viva e resistente. Una memoria che parla ancora, come quella Napoli profonda e meticcia che ha sempre saputo dire no al razzismo anche quando non faceva notizia. Non è solo un manifesto. È una battaglia del nemico La fotografia, visibile nell’articolo solo per scopi critici, non è documentazione giornalistica. È un set narrativo in scena per alimentare una percezione falsa e pericolosa: che l’abusivismo, l’illegalità, il pericolo per “la brava gente” hanno un volto preciso. E quel volto, guarda caso, non è mai bianco. Manifesto della Lega con contenuti discriminatori Si tratta di razzismo visivo, e la parola non è abusata. È esatto. Quando si usano immagini che assimilano minoranze etniche a comportamenti criminali, si viola un principio fondamentale: l’uguaglianza di tutte le persone davanti alla legge e alla dignità. La rimozione da parte del Comune: censura o responsabilità? Il Comune di Roma ha deciso di rimuovere quei manifesti. Una scelta che ha scatenato l’ira della Lega, che ha parlato di “bavaglio comunista” e attacco alla libertà d’espressione. Ma la libertà di espressione non è il diritto di diffondere odio. Non è il diritto di costruire narrazioni che identificano etnie con criminalità, povertà con pericolosità, disperazione con minaccia. La decisione del Comune non è censura. È difesa della Costituzione, che all’articolo 3 garantisce pari dignità sociale senza distinzione di razza, lingua o opinioni. È una presa di posizione civile, in un’epoca in cui anche l’indifferenza può essere complicità. In un contesto europeo in cui il razzismo è in crescita, come riportato dalla FRA (Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali), la difesa attiva dei principi costituzionali non è una forzatura ideologica, ma un obbligo morale. E lo è ancor di più in Italia, dove articoli come il 3 e il 21 della Costituzione stabilizzano che l’espressione libera non può mai tradursi in incitamento alla discriminazione. Propaganda che semplifica, divide, colpisce Il manifesto affisso a Roma è solo l’ultimo esempio di una strategia comunicativa fondata sulla costruzione di un nemico semplice: lo straniero, il povero, l’abusivo, che minaccia l’ordine. Nessun riferimento a cause strutturali, nessuna proposta di inclusione sociale, nessuna complessità, solo paura e repressione. Chi ha costruito quella fotografia, con ogni probabilità in un set o con un intervento di post-produzione, non ha scelto a caso i volti, gli abiti, le posture. Ha voluto che parlassero da soli. Ha iniettato razzismo nelle immagini, contando sulla rapidità con cui lo sguardo assorbe e giudica. Secondo l’ultimo rapporto dell’Unione Inquilini, in Italia nel 2023 sono stati eseguiti oltre 29.000 sfratti, il 90% dei quali per morosità incolpevole. La vera emergenza abitativa riguarda famiglie italiane e straniere senza mezzi, non criminali o “furbetti”. Ma questa complessità non fa notizia. Meglio ridurre tutto a uno slogan da affissione. Il paradosso di CasaPound A rafforzare l’ipocrisia di certe narrazioni, c’è il caso di CasaPound. Fondata nel 2003, CasaPound è un’organizzazione politica di estrema destra che si definisce “fascista del terzo millennio”. È conosciuta per le sue azioni provocatorie e per l’occupazione di spazi pubblici. A Roma, in via Napoleone III, questo movimento occupa da oltre vent’anni un palazzo di proprietà pubblica senza pagare affitto, trasformandolo nella propria sede nazionale. Un’occupazione illegale mai realmente sanzionata. Nonostante le denunce, gli appelli e le mozioni approvate dal Consiglio Comunale, lo stabile non è mai stato sgomberato. È solo il caso più noto: altre occupazioni e concessioni opache si sono susseguite negli anni. Una realtà che mostra come le regole, in Italia, sembrano valere in modo diverso a seconda del colore della pelle o della bandiera che si sventola. Qualcuno ha suggerito, con amarezza, che forse la Lega dovrebbe affiggere un manifesto diverso: “Occupi un palazzo da vent’anni a Roma senza pagare affitto? Ti portiamo anche il caffè, basta che sei nostro amico”. Sarebbe più onesto. Fonti e approfondimenti: Unione Inquilini – Rapporto sugli sfratti in Italia 2023 https://www.unioneinquilini.it/index.php/rapporti-sfratti-2023/   Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali (FRA) – Relazione annuale 2023 https://fra.europa.eu/it/publication/2023/fundamental-rights-report-2023   Costituzione della Repubblica Italiana – Articoli 3 e 21 https://www.senato.it/1025?sezione=118&articolo_numero_articolo=3 https://www.senato.it/1025?sezione=118&articolo_numero_articolo=21   Movimento del Comune di Roma sullo sgombero di CasaPound (2020) https://www.romatoday.it/politica/casa-pound-via-napoleone-mozione-sgombero.html   Rimozione manifesti Lega a Roma – Notizia ANSA https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2025/07/27/roma-rimossi-i-manifesti-lega-stereotipi-razzisti Lucia Montanaro
Storica decisione della Catalogna: il sionismo è una forma di razzismo
Il Parlamento catalano riconosce il sionismo come forma di razzismo, chiede il taglio dei rapporti con Israele e fa un passo decisivo contro il genocidio e l’apartheid in Palestina. In un atto di straordinario coraggio politico e di fermezza etica, il Parlamento della Catalogna ieri, 24 luglio 2025, ha approvato oggi una risoluzione storica che potrebbe segnare un punto di svolta nella lotta globale per i diritti del popolo palestinese. Per la prima volta dalla revoca della storica risoluzione ONU del 1975 (abrogata nel 1991), un parlamento riconosce ufficialmente il sionismo come una forma di razzismo. La risoluzione, proposta da ERC, CUP e la Coalizione “Basta Complicità con Israele” (CPCI), con l’appoggio di Comuns, PSC e parzialmente Junts, punta dritta al cuore della complicità istituzionale, economica e diplomatica con lo Stato di Israele, e chiede con forza l’interruzione di ogni legame finché Tel Aviv continuerà a violare sistematicamente i diritti fondamentali del popolo palestinese. I punti chiave della risoluzione * Riconoscimento del sionismo come ideologia razzista, diventando il primo Parlamento al mondo a farlo dal 1991. * Stop agli appalti pubblici per le aziende che collaborano con il regime israeliano di apartheid, occupazione e colonialismo, incluse quelle presenti nel database dell’ONU per gli insediamenti illegali. * Rottura dei rapporti istituzionali tra la Generalitat e Israele fino al rispetto dei diritti fondamentali del popolo palestinese. * Veto all’attracco nei porti catalani di navi coinvolte nel traffico di armi o materiali bellici destinati a Israele. * Sostegno esplicito alla causa presso la Corte Internazionale di Giustizia e richiesta allo Stato spagnolo di un embargo militare totale contro Israele. * Rifiuto della partecipazione israeliana alla Fira de Barcelona, inclusi padiglioni e aziende complici, in coerenza con le nuove linee guida etiche. Una svolta che nasce dal basso Questa risoluzione è frutto di una mobilitazione civile tenace e trasversale, che ha coinvolto associazioni, movimenti e cittadini impegnati nel sostegno alla Palestina. Non è un gesto isolato: segue infatti la decisione del Comune di Barcellona (30 maggio) di adottare una linea simile, la chiusura dell’ufficio catalano a Tel Aviv da parte della Generalitat e l’annuncio del premier Pedro Sánchez di lavorare a un embargo sulle armi verso Israele. Un primo passo concret Il Movimento di Solidarietà con la Palestina, che da anni denuncia la complicità politica ed economica dell’Europa con Israele, saluta la risoluzione come un primo passo fondamentale:  “Israele può continuare a commettere i suoi crimini solo grazie alla complicità istituzionale e aziendale. Misure come queste iniziano a rompere il muro dell’impunità. Ma ora serve coerenza e volontà politica per attuare ogni punto votato”. La tempistica è drammatica: la risoluzione arriva a 21 mesi dall’inizio del genocidio a Gaza e a poche ore dalla decisione della Knesset israeliana di annettere ufficialmente la Cisgiordania e la Valle del Giordano, segnando un’ulteriore escalation nell’occupazione e nel disprezzo del diritto internazionale. E ora? Con due delle tre istituzioni del consorzio Fira de Barcelona (Comune e Parlamento) che si oppongono alla presenza israeliana, cresce la pressione per cancellare il padiglione di Israele previsto per lo Smart City Congress di novembre. Ma non si tratta solo di fiere o simboli: è in gioco il rifiuto della normalizzazione con un regime che pratica apartheid, colonialismo e violenze sistematiche contro una popolazione sotto occupazione. La Catalogna ha parlato. Ora tocca al resto d’Europa. Se non ora, quando? Giuseppe Salamone Redazione Italia
Integrazione, valori europei e altre battute razziste
DALL’11 AL 14 LUGLIO 2025 A TORRE PACHECO, UN COMUNE DI QUARANTAMILA ABITANTI (UN TERZO DEI QUALI MIGRANTI) DI UNA REGIONE RURALE NEL SUDEST DELLA SPAGNA, CENTINAIA DI MILITANTI DI ESTREMA DESTRA HANNO ORGANIZZATO DECINE DI AZIONI VIOLENTE CONTRO I MIGRANTI MAGHREBINI. IL PRETESTO È STATA L’AGGRESSIONE A UN PENSIONATO ATTRIBUITA A DEI GIOVANI DI ORIGINE STRANIERA. IN QUESTO ARTICOLO SARAH BABIKER RACCONTA COME IL POTERE SIA RIUSCITO A CAPITALIZZARE OVUNQUE CON SUCCESSO LE MIGRAZIONI AFFINCHÉ LE PERSONE NON PENSINO ALL’ESPROPRIAZIONE CHE SUBISCONO A CAUSA DEL CAPITALISMO MA PENSINO INVECE ALLA MINACCIA ASTRATTA ALLA LORO SICUREZZA RAPPRESENTATA DA CHI CERCA UN SOSTENTAMENTO. RICORDA, INOLTRE, L’IPOCRISIA DI CHI PARLA DI VALORI EUROPEI DIMENTICANDO IL COLONIALISMO, E SPIEGA PERCHÉ È SBAGLIATO INSISTERE, QUANDO SI PARLA DI CRIMINALITÀ, SUL FATTO CHE CI SIA UNA MAGGIORANZA DI MIGRANTI “INTEGRATI”. “PREDICATORI D’ODIO, DELINQUENTI E RAPPRESENTANTI DELLA CIVILTÀ OCCIDENTALE SONO TUTTI CONCORDI – SCRIVE SARAH BABIKER – NELLA LORO PROFONDA PREOCCUPAZIONE PER L’EREDITÀ. L’EREDITÀ CRISTIANA, L’EREDITÀ LIBERALE, L’EREDITÀ ILLUMINISTA: OGNUNA PUÒ CHIAMARLA CON IL SUO NOME, MA NESSUNO LE DÀ DIRETTAMENTE IL SUO VERO NOME: IL PRIVILEGIO EREDITATO DI BASARE LA PROSPERITÀ DI POCHI SULLO SFRUTTAMENTO DI MILIONI DI PERSONE FUORI E DENTRO L’EUROPA, SENZA CHE NESSUNO NE SOTTOLINEI L’INGIUSTIZIA E LA NATURA COLONIALE. L’EREDITÀ DELL’ESPROPRIAZIONE DELLE CLASSI LAVORATRICI, DELL’ESTRATTIVISMO DEI POPOLI DEL SUD, DELL’APPROPRIAZIONE DEL LAVORO NON RETRIBUITO DELLE DONNE…” Pixabay.com -------------------------------------------------------------------------------- Negli ultimi giorni, orde di uomini violenti si sono recate a Torre Pacheco per ricordare a migliaia di persone – che vivono, lavorano, crescono i propri figli e, quando possono, festeggiano lì – che le loro vite sono in realtà una farsa, che non appartengono a quel posto. Questi crociati a buon mercato terrorizzano i vicini, ottenendo finalmente ciò che desideravano: dimostrare il loro potere seminando paura, perseguitando finalmente coloro che hanno preso di mira come nemici per anni. Sono riusciti a passare dall’aggressione verbale, dalla solitudine di internet, ad attacchi veri e propri, accompagnati da persone che li odiano proprio come loro. Sentono che il loro momento è adesso. Non è una distopia; è la stessa marea che trabocca di tanto in tanto, non appena si presenta una scusa: i predicatori d’odio (molti dei quali con stipendi pubblici) normalizzano il quadro, collegando migrazione e criminalità e alzando il livello di fascismo del discorso. Non mancano microfoni davanti ai quali parlare di deportare milioni di persone come “soluzione” per salvare la società spagnola, dove cementano i confini simbolici tra “loro” e “noi”. Abbondano le tribune da cui riferirsi ad altri esseri umani come “peste”. Mentre il linguaggio della pulizia etnica è coniugato nell’agenda pubblica, i nazisti alimentano la loro rabbia sui social media, scatenano il loro desiderio di fare del male e conferiscono al loro patetico razzismo da troll di internet una patina epica: “Li riuniremo ad Allah”, dicono, permeati da una missione. Mentre la giustizia sociale e i diritti umani vengono messi in discussione come aspirazioni legittime attorno alle quali organizzarsi, discorsi che giustificano lo sfruttamento e la disuguaglianza emergono sulla scena in modo complementare. È così che prende forma il consenso sul fatto che alcune vite valgano meno di altre. Il capitalismo razziale si basa su questo, ma sempre meno persone lo nascondono. Mentre le élite accumulano più che mai, ignorando ampi settori della popolazione che affermano di difendere, finanziano portavoce che convincono gli indigeni perdenti di essere superiori, di meritare di più, perché discendenti da una stirpe occidentale minacciata non dall’avidità insaziabile di pochi, ma da coloro che sono stati vittime di espropriazione prima di loro. Il potere ha capitalizzato con successo sulla migrazione: la sua forza lavoro viene sfruttata al massimo per rimpinguare le tasche del capitale, la sua alterità viene sfruttata affinché le persone non pensino all’espropriazione che subiscono a causa di questo regime di avidità, ma piuttosto alla minaccia astratta che le persone in cerca di un sostentamento rappresentano per la loro sicurezza. Disumanizzati, i migranti fungono anche da ariete politico da scagliare contro l’opposizione: il sistema bipartitico viene accusato di “averli portati qui”, come se non avessero le proprie ragioni per decidere di venire, la propria capacità di agire per prendere la decisione di migrare nonostante tutti gli ostacoli che negano loro il diritto di movimento. Vox e l’estrema destra vengono accusati di alimentare l’odio, come se il sistema bipartitico non avesse aperto la strada alla disumanizzazione affrontando la migrazione da una prospettiva utilitaristica e permettendo al linguaggio della gestione dei flussi di prevalere su quello dei diritti delle persone. Nello scambio di accuse tra i ranghi più fascisti e quelli più moderati del potere, emergono contraddizioni: la soluzione magica (o definitiva?) di espellere le persone si scontra con l’esigenza capitalista di sfruttarle. Trump si è trovato di fronte a questo paradosso quando i suoi ampi piani di deportazione si sono scontrati con gli interessi degli imprenditori che non vogliono perdere i lavoratori di cui hanno bisogno per continuare ad accumulare ricchezza. Da grande soluzionista qual è, Trump ha difeso la seguente formula: lavoratori migranti dipendenti dai loro datori di lavoro, senza accesso alla cittadinanza. Lavoratori senza diritti, dipendenti da chi li sfrutta e perseguitati con retate casuali non appena lasciano il lavoro. Suona familiare. Abbiamo un termine che non passa mai di moda per riferirci a questo: “schiavitù”. E Trump è un classico. È forse a questo che si riferiscono i suoi alleati in Europa quando rivendicano con tanta enfasi l’eredità greca? Una società di uomini liberi e schiavi? È possibile che stiano difendendo quell’istituzione così funzionale all’ordine e all’accumulazione: far lavorare masse di persone in cambio del minimo indispensabile per vivere, senza diritti? Questa violenza, a volte sponsorizzata dallo Stato – per mano dell’ICE o di Frontex – a volte da questo tipo di milizia fascista, non è forse una forma di disciplina affinché “gli altri” capiscano che non vi apparterranno mai? Perché “noi” crediamo alla finzione che vengano difesi, mentre l’espropriazione continua? I noiosi campioni dell’Occidente Funzionali ai fascisti urlanti sono i discorsi di quegli “intellettuali” tranquilli che insistono sulla necessità di preservare la “civiltà occidentale” o i “valori europei”, come se potessero essere igienicamente separati dalla materialità della storia occidentale o europea, segnata dal colonialismo basato sullo sterminio e l’espropriazione. Come se non vedessimo il presente occidentale ed europeo sui nostri televisori sponsorizzare il genocidio a Gaza e giustificare la morte di migliaia di persone mentre si dirigono verso i confini… È orribile sentire persone note per la loro cultura e rispettabilità sottolineare le grandi pietre miliari della tradizione europea ignorando tutte le altre tradizioni culturali del mondo. In ogni società, è esistito e continua a esistere un conflitto tra chi difende la dignità di tutti e chi cerca di accumulare ricchezza e potere. Proprio come la schiavitù, la crudeltà o le ambizioni imperialistiche non sono un monopolio dell’Europa, non lo sono nemmeno le aspirazioni alla libertà e all’uguaglianza. La superiorità di una cultura può essere rivendicata solo – ed è ciò che fanno i noiosi della civiltà occidentale o dei valori europei – a partire da una fiera ignoranza delle culture altrui, ostentando un’intrinseca appartenenza coloniale che sa rapportarsi all’alterità solo attraverso la violenza, il paternalismo e l’estrattivismo. Quando ci sarà un Trattato di Non Proliferazione dell’ipocrisia? I portavoce del mondo libero (sic) limitano la libertà di espressione dei propri cittadini, imprigionano i dissidenti e violano le proprie leggi. Chi elogia le virtù dei valori occidentali viola apertamente gli stessi diritti umani che orgogliosamente rivendica. È naturale che chi è disposto a difendere l’Occidente, a rischiare la vita per l’Europa, lo faccia sotto forma di un’incursione fascista, attaccando dalla sicurezza di essere più numeroso e più brutale. Chi si atteggia a persecutore del crimine lo fa attraverso il vandalismo. Afferma di voler creare spazi sicuri mentre instilla il terrore nelle strade. E così rappresenta fedelmente ciò che cerca di difendere: un sistema di espropriazione e accumulazione che, per perpetuarsi, richiede sempre maggiori disuguaglianze e violenza. Integrarsi nella disuguaglianza è remissività Mentre la destra lega migrazione e criminalità, voci benintenzionate a sinistra si preparano a contrastare questa narrazione. Le bufale vengono poste al centro della discussione, si cercano statistiche per ripulire la reputazione dei nostri “buoni” migranti e si tira un sospiro di sollievo collettivo quando si dimostra che un ladro, un aggressore o uno stupratore non ha cognomi stranieri. Entrare ripetutamente in questo gioco rende un pessimo servizio alla lotta al razzismo: ci saranno sempre migranti che commettono reati, poiché la criminalità si verifica in tutte le società e in tutti i gruppi. Dimostrare se chi proviene da fuori commette più o meno reati significa sottomettersi ai quadri imposti dalla destra e farlo alle condizioni da essa stabilite. Questo oscura la visione di altri fattori che possono influenzare queste statistiche: età, genere, status socioeconomico, stress o emarginazione, il razzismo istituzionale che invisibilmente sostiene l’azione della polizia o le decisioni giudiziarie. Se c’è una cosa a cui la criminalità è legata, è la disuguaglianza. Parlare della violenza che i migranti possono infliggere senza affrontare la violenza che subiscono quotidianamente è uno dei principali trucchi del discorso di destra. D’altra parte, insistere, quando si parla di criminalità, sul fatto che ci sia una maggioranza di migranti integrati rafforza, anche se involontariamente, la logica del migrante buono contro il migrante cattivo, così funzionale al sistema. Lasciare aperte solo le vie della criminalità e dell’integrazione in un sistema di sfruttamento lascia poco spazio alla risposta e alla ribellione, in primo luogo di fronte alla violenza subita, e in secondo luogo di fronte alla mancanza di diritti. La semplice integrazione in un sistema che discrimina e sfrutta è mitezza. È la stessa pace e rispetto della legge che viene richiesta a chi sta in fondo, mentre ci viene rubato il diritto di abitare nelle nostre città, o diventiamo più poveri anno dopo anno mentre i ricchi si arricchiscono, spesso violando la legge e traendo profitto dalla violenza. Lotta contro l’eredità Predicatori d’odio, delinquenti e rappresentanti della civiltà occidentale sono tutti concordi nella loro profonda preoccupazione per l’eredità. L’eredità cristiana, l’eredità liberale, l’eredità illuminista: ognuna può chiamarla con il suo nome, ma nessuno le dà direttamente il suo vero nome: il privilegio ereditato di basare la prosperità di pochi sullo sfruttamento di milioni di persone fuori e dentro l’Europa, senza che nessuno ne sottolinei l’ingiustizia e la natura coloniale. L’eredità dell’espropriazione delle classi lavoratrici, dell’estrattivismo dei popoli del Sud, dell’appropriazione del lavoro non retribuito delle donne. Di fronte a questa eredità astratta che serve a giustificare la supremazia e la morte altrui, dobbiamo indicare ciò che in realtà cercano di proteggere sotto tanta retorica: la concentrazione della ricchezza nelle mani di sempre meno eredi, il mondo diviso tra sempre meno proprietari, l’avidità che penalizza anche quegli scagnozzi che, invece di ribellarsi a chi amareggia il loro presente e ne ipoteca il futuro, dispiegano tutta la loro forza ed energia politica per difendere gli interessi altrui. Ogni impero ha bisogno dei suoi battaglioni di imbecilli e mercenari. La strategia dell’altra parte è ben congegnata e ha funzionato per secoli, ma è solo una parte della storia. L’altra parte, quella che risponde e la contesta senza mezzi termini, si sta facendo sentire sempre di più. È quell’eco internazionalista che si agita di fronte al genocidio in Palestina, è quella vertigine storica che riconosciamo nelle cacce all’uomo a Torre Pacheco o a Los Angeles. Che si sono verificate negli ultimi mesi e anni in Irlanda o nel Regno Unito, nelle isole greche o a El Ejido. È orribile, ma non è solo orribile; è anche il fondamento che attiva il diritto a resistere, a sfidare un’eredità razzista e coloniale che non vogliamo, a unirci attorno a qualcosa di molto più concreto del nostro amore per la frittata di patate o la siesta – se di questo si occupano le tanto decantate usanze spagnole – che è il diritto di tutti alla vita, alla libera circolazione e all’uguale accesso alle risorse che la terra ci offre, di fronte a quella spinta accumulatrice che oggi mostra il suo volto più suprematista. -------------------------------------------------------------------------------- Pubblicato su El salto e qui con l’autorizzazione dell’autrice (traduzione di Comune). Nell’archivio di Comune, altri articoli di Sarah Babiker sono leggibili qui. -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Integrazione, valori europei e altre battute razziste proviene da Comune-info.
Piacenza antifascista e antirazzista si mobilita contro le aggressioni
Mercoledì 25 giugno, dopo un corteo indetto dai gruppi nazifascisti piacentini contro “il degrado”, un branco dei loro adepti ha aggredito due ragazzi migranti al grido “i nordafricani non devono stare qui”. I due giovani, figli del nostro Benkara, delegato USB nell’hub di IKEA, sono finiti all’ospedale e secondo le […] L'articolo Piacenza antifascista e antirazzista si mobilita contro le aggressioni su Contropiano.
Vicofaro a Pistoia non muore
A Pistoia, il 1° luglio del 2025 sarà ricordato come il giorno della vergogna delle istituzioni, sia civili che religiose. A un manipolo di una ventina di tutori dell’ordine, scomodati addirittura da Taranto, è stato ordinato di dare l’assalto … Leggi tutto L'articolo Vicofaro a Pistoia non muore sembra essere il primo su La Città invisibile | perUnaltracittà | Firenze.
È tempo di giustizia riparativa per i crimini del colonialismo?
Il movimento per le riparazioni legate alla schiavitù perpetrata dagli imperi coloniali europei sta crescendo e acquistando visibilità. A guidare questa spinta sono soprattutto gli sforzi dei Paesi dei Caraibi, che trovano risonanza anche negli appelli del Segretario Generale delle Nazioni Unite. Il 30 maggio 2025 António Gutierres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, ha reiterato l’invito agli Stati Membri a lavorare per la giustizia e le riparazioni per gli africani e la diaspora affermando che: “L’Africa è un continente di energia e possibilità illimitate. Ma per troppo tempo, le colossali ingiustizie inflitte dalla schiavitù, dalla tratta transatlantica degli schiavi e dal colonialismo sono state non riconosciute e affrontate”. Le Nazioni Unite hanno condannato la schiavitù e il commercio transatlantico come crimini contro l’umanità in diverse occasioni e Gutierres ha più volte incitato ad agire per riparare questi delitti. Il Segretario Generale ha precisato come la decolonizzazione, pur avendo segnato la fine formale del dominio coloniale, non è stata sufficiente a liberare i paesi africani e le persone afrodiscendenti dai pregiudizi e dalle strutture razziste che hanno reso questi crimini possibili. Al momento della fondazione delle Nazioni Unite, diversi Paesi africani erano ancora sotto il controllo coloniale e per questo hanno ereditato un sistema internazionale pensato per gli scopi e con i principi di altre regioni del mondo, ancora una volta esclusi dai processi decisionali globali. Pertanto si fa sempre più urgente assegnare ad uno dei Paesi africani un seggio nel Consiglio di Sicurezza. Il tema delle riparazioni o compensazioni per le popolazioni e i Paesi vittime della schiavitù degli imperi coloniali europei non è nuovo, ma negli ultimi anni sta assumendo sempre più visibilità e forza. Già nel 2013, in occasione del World Social Forum di Tunisi, era emersa la proposta di istituire la Giornata Internazionale delle Riparazioni per la colonizzazione, accolta da diverse parti. La data prevista, il 12 ottobre, giorno in cui Cristoforo Colombo approdò nel continente americano, ha il valore simbolico di capovolgere la narrazione eurocentrica legata a quella ricorrenza, trasformandola in un’occasione per restituire la voce alle vittime del colonialismo, rendendo visibili le iniziative in favore della giustizia riparativa.   Africa Rivista
Esiste un’unica specie umana
Si dice che l’ipocrisia sia l’omaggio che il vizio rende alla virtù. L’Europa, che con le sue ex colonie Usa ed Australia forma il cosiddetto Occidente, che con il suo suprematismo bianco ha sempre oscillato tra ipocrisia e aperta rivendicazione del razzismo. È legittimo utilizzare il termine razzismo, non perché esistano razze umane ma perché esistono i razzisti. Esiste infatti un’unica specie umana, l’homo sapiens, con migliaia e migliaia, se non miliardi, di varianti individuali tra le quali il colore degli occhi, dei capelli e della pelle, elementi assolutamente secondari, costituiscono la bellezza della nostra specie. Gli individui di una specie animale (tali siamo) possono per definizione scientifica, l’unica valida, accoppiarsi tra loro non per questo generando “meticci” ma altri esseri della stessa specie. Vale per i cani e vale per gli umani. Consapevoli di questo, i razzisti vietano i cosiddetti matrimoni misti per generare artificialmente razze (canine o umane) pure, che altro non sono se non una creazione paranoica umana. Gli unici esseri viventi geneticamente puri sono, ad esempio, le amebe, che riproducendosi per scissione cellulare danno vita ad altri esseri perfettamente identici. Pertanto il cervello di un razzista è da ameba. Il suprematismo bianco, dal tempo dei greci, che distinguevano l’umanità in greci e barbari ha una storia molto antica. I tanti declamati greci erano suprematisti, misogini, xenofobi ed inventarono un simulacro di democrazia che escludeva dalla cittadinanza schiavi, donne e stranieri che tali erano considerati anche se nati ad Atene se i loro genitori non erano Ateniesi doc. Peraltro amiamo così tanto la civiltà greca, (che ha dato indubbiamente un contributo fondamentale alla civiltà europea rendendo, ad esempio, meno rozzi e incivili i Romani), che l’Unione Europea ha ridotto in miseria le sue classi popolari, riducendo d’autorità salari e pensioni, ha espropriato con metodi neocoloniali le sue strutture pubbliche, ha distrutto il suo sistema sanitario e fatto strame della sua democrazia irridendo il referendum che aveva rifiutato il folle progetto di Austerity ultra liberista e costretto alle dimissioni un vero europeista, il ministro dell’economia Janis Varufakis (come è mostrato nell’ultimo film del grande Regista anti Fascista Costa Gavras “Adults Room”). L’ipocrisia europea nasce dopo l’affermazione del Cristianesimo come religione di stato con l’editto di Teodosio del 380 d.C : i Cristiani da obiettori di Coscienza diventano legionari e da perseguitati diventano feroci persecutori di Pagani, vedi il massacro della filosofa, matematica e astronomia ellenista Ipazia ad Alessandria d’Egitto nel 415 d.C, I principi del cristianesimo sono intrinsecamente antirazzisti: siamo tutti fratelli poiché figli di dio, ma la società romana, pur non essendo apertamente razzista, era imperialista, guerrafondaia patriarcale, misogina e schiavista… allora si arrampicarono sui vetri per legittimare il proprio suprematismo senza negare i principi, scritti nero su bianco (anzi bianco sopra nero). Da duemila anni il suprematismo bianco è fondamentalmente ipocrita tra valori enunciati e realtà. Come non ce ne si renda conto, come si possa tenere insieme il Cristianesimo e le crociate, il Cristianesimo con la schiavitù, le guerre di conquista, il colonialismo e addirittura il genocidio dei natiivi americani, operato in nome di Dio, é frutto questa doppiezza dell’Occidente che anche nel linguaggio popolare identifica cristiano con essere umano… da qui nasce il disprezzo verso ebrei, musulmani e zingari. Società patriarcale, nonostante gli insegnamenti di Cristo, ha sempre considerato inferiori le donne e avuto in odio gli omosessuali. Si badi bene, non nel medioevo ma nell’IItalia di Mussolini, nella Spagna di Franco, nel Portogallo di Salazar e nell’Argentina di Videla, Massera e camerati, il “Cristianesimo” nella sua versione cattolica è stato pilastro ideologico del fascismo stragista (basta ricordare il nunzio apostolico Pio laghi e le sue artite di Tennis con l’ammiraglio Massera, mentre Enrique Ángel Angelelli Carletti vescovo cattolico argentino venne assassinato il 4 agosto del 1976 dagli sgherri del regime. Certamente spesso e volentieri contro il potere si sono levate le voci di cristiani coerenti da Pietro Valdo (1140 – 1218) a Francesco d’Assisi (morto ne 1226) che ha scampato il rogo finendo sugli altari poi hè la Chiesa ha preferito annacquare dopo la sua morte il suo messaggio di cui resta la portata rivoluzionaria del suo tentativo di Riforma della Chiesa e soprattutto della società umana. Non sarebbe generoso non ricordare che queste voci coerenti per fortunate congiunture storiche sono arrivate persino al soglio di Pietro e mi vengono in mente Celestino V (1215 – 1296) il papa pacifista Benedetto XV (1854 -1922), che chiamò la prima guerra mondiale “inutile strage”, Giovanni XXIII (1871 -1963), che convocò il Concilio Ecumenico Vaticano Secondo. Ultimo solo per ordine cronologico papà Francesco (1936 – 1925), che recuperò la memoria di Lorenzo Milani, fece Santo Oscar Arnulfo Romero, riammise al sacerdozio l’ex europarlamentare demoproletario Eugenio Melandri, ricevette in udienza privata Bernie Sanders e successivamente due Giovani Comunisti del Prc, aprì il suo cuore ai fratelli gay, mandò il suo elemosiniere a riattaccare la Corrente elettrica al centro sociale Spin Time di Roma,assunse le originali elaborazioni della Teologia della Liberazione e infine fece invitare gli studenti di OSA al giubileo dei Giovani dove a pochi giorni dalla sua morte furono accolti con un loro banchetto per la cogliere firme contro il riarmo… insomma un vero diavolo per i clerico-fascisti di tutto il mondo. Di questa ipocrisia non sono state esenti i grandi del pensiero laico: né i filosofi illuministi né i rivoluzionari francesi del 1789, tranne singole personalità e, peggio mi sento, né (te pareva) i rivoluzionari Statunitensi del 1775, che riuscirono a conciliare la dichiarazione dei diritti umani con la schiavitù e il genocidio dei nativi. La rivoluzione Comunista del 1917 (la Russia è Europa anche se spesso lo dimentichiamo) venne tragicamente tradita dal feroce disumano regime stalinista, che mandò a morire in Siberia una intera generazione di rivoluzionari, di bolscevichi e tra questi non pochi comunisti italiani di cui andrebbe onorata la memoria ( mi vengono in mente il giovanissimo Emilio Guanaschelli e Edmondo Peluso uno dei fondatori del Partito Comunista d’Italia e dell’Internazionale Comunista, stessa sorte toccò durante le Grandi Purghe staliniane ad oltre 209 comunisti italiani. L’attuale doppio standard la dice lunga sulla ipocrisia dei Paesi dell’Occidente reale. D’altro canto spesso riaffiora la tentazione Nazista di una compiuta coerenza suprematista apertamente anticristiana, razzista, guerrafondaia, totalitaria, visceralmente anti egualitaria ed antidemocratica. Queste coerenti ideologie suprematiste non hanno il pudore dell’ ipocrisia rispetto ai presunti valori occidentali e alle presunte radici ebraico-cristiane europee (che non sono europee ma, dovremmo ammettere, venire dal Vicino Oriente). Sono pessimista? Assolutamente no. Le nuove generazioni che tornano a protestare in piazza in tutte le capitali dell’Occidente contro la guerra, il razzismo, la omolesboitransfobia, contro il riarmo , l’austerity neoliberista, il capitalismo, il migranticidio e in fraterna solidarietà con i popoli extraeuropei oppressi sfruttati e massacrati da guerre dittature, fame disastri climatici la cui responsabilità è in gran parte occidentale, dimostra che un altro Occidente è possibile. Un altro Occidente è possibile solo assumendo e universalizzando i nostri valori migliori, comprendendo che non siamo superiori ma che moltissimo abbiamo da imparare da tutti i popoli del globo e soprattutto dai popoli di civiltà native non ancora contaminate dalla nostra civiltà, dal nostro modello economico e dal nostro stile di vita. Un’altro Occidente è possibile solo se consideriamo il mondo intero come la nostra Patria e Matria (la terra de nostri padri e delle nostre madri) e se iniziamo a considerare come nostro Popolo l’intera Umanità e infine a rispettare la natura come nostra madre ed ogni essere vivente come sorella e fratello (pure le zanzare?… sì, li mortacci loro). Mauro Carlo Zanella
Raid dell' ICE e la battaglia nelle strade di Los Angeles
In quest’ultima settimana abbiamo assistito ad una vera e propria escalation nel modo in cui la Casa Bianca sta portando avanti le sue politiche anti-migratorie. Nei primi mesi della nuova presidenza Trump, l’ICE operava in segreto, in piccoli gruppi in borghese. Nei mesi passati, per esempio, sui social media sono stati postati alcuni video che mostravano veri e propri rapimenti di alcuni studenti stranieri protagonisti delle proteste in supporto alla Palestina avvenute nei campus universitari lo scorso anno. Ora Trump ha invece chiesto di aumentare il numero di arresti quotidiani (si parla di una quota di almeno 3 mila arresti al giorno), costringendo ICE a cambiare tattiche. Ed è per questo motivo che la scorsa settimana a Los Angeles, e’ arrivata in forze, prendendo di mira cantieri, fabbriche, ristoranti ed alberghi. La decisione di partire dalla città di Los Angeles non e’ casuale. Prima di tutto, quasi il 50% della popolazione nella città californiana e’ di origine centro o sudamericana, per non parlare delle varie comunita’ di origine asiatiche. Secondo, la California e’ da sempre l’emblema di quell’America che il movimento MAGA (Make America Great Again) detesta. Uno stato ricco (la quarta economia mondiale, dietro solo a Stati Uniti, Cina e Germania), ma ‘woke.’ Considerata la mecca del movimento LGBTQ+, lo stato della California e’ dal 2018 anche un Sanctuary State. Cio’ significa che ci sono delle leggi che limitano in modi in cui le varie polizie locali possono collaborare con gli enti federali adibiti al controllo dell’immigrazione (su questo ci torneremo).  I raid dell’ICE hanno però scatenato una forte resistenza che venerdì e’ durata piu’ di otto ore. I manifestanti sono riusciti a rallentare le operazioni delle forze federali, facilitando la fuga di numerosi lavoratori e lavoratrici privi dei permessi di soggiorno. Nonostante la resistenza, l’ICE ha arrestato quasi 200 persone ed alcune di loro sono state espulse in meno di 24 ore, rendendo impossibile qualsiasi supporto legale. Una tattica questa, usata da Trump sin dal primo giorno del suo mandato. In risposta agli scontri di venerdì, la Casa Bianca ha deciso di inviare la guardia nazionale, nonostante il governatore della California non ne avesse fatto richiesta, ed alcune unità dei Marines. Questa decisione deve essere letta come un ennesimo tentativo di Trump di testare la costituzione americana. Infatti bisogna tornare agli anni del movimento per i diritti civili, per trovare un’altra situazione in cui la Guardia Nazionale fu mandata a riportare l’ordine in uno stato senza aspettare il benestare del governatore. Ironicamente, in quel caso era stato un presidente democratico a richiederne l’intervento per costringere alcuni stati del sud ad accettare l’integrazione razziale nelle loro scuole.  Il presidente puo’ invocare l’intervento della guardia nazionale e delle forze militari solamente in un ristretto numero di casi in cui e’ praticamente impossibile ripristinare l’ordine o in cui una vera e propria insurrezione armata stia minacciando lo stato. Gli scontri di venerdì non soddisfavano nessuna delle due condizioni.  Ma l’idea di usare l’esercito per reprimere qualsiasi forma di protesta e’ un desiderio che Trump nutre sin dal suo primo mandato, quando nel 2020 si trovò a dover affrontare un’ondata di proteste nate in seguito all’uccisione di George Floyd da parte della polizia. E cosi’ la sua amministrazione e’ tornata alla Casa Bianca pronta a portare avanti una nuova interpretazione dell’Insurrection Act, la legge approvata nel 1807 che appunto riconosce il diritto del Presidente degli Stati Uniti di richiedere l’intervento militare per ripristinare l’ordine pubblico. A questo si deve aggiungere il desiderio di usare la stessa legge anche per richiedere l’intervento militare per mettere in pratica le sue politiche anti-migratorie. Ecco che allora la vera e propria invasione della città californiana da parte dell’ICE acquista più senso. Trump infatti vuole usare questa crisi per testare la nuova interpretazione dell’Insurrection Act e dare così una parvenza di legalità al suo tentativo di trasformare gli Stati Uniti in uno stato autoritario.  Personalmente penso che le tempistiche di quest’azione possano essere spiegate anche con il fatto che Trump avesse organizzato una parata militare per il weekend successivo per festeggiare non solo i 250 anni delle forze militari statunitensi, ma anche il 79esimo compleanno del Presidente. Non e’ difficile immaginare che Trump sognasse di celebrare anche una violenta repressione di un movimento sceso in piazza per difendere una delle comunita’ piu’ vulnerabili della societa’ americana. Invece, sabato scorso più di 5 milioni di americani e americane sono scese in piazza per protestare contro la sua svolta autoritaria, mentre solamente poche migliaia di persone si sono recate a Washington per assistere ad un inutile parata militare. Prima di chiudere questo intervento vorrei fare solo alcune riflessioni conclusive. La prima riguarda il modo in cui la città di Los Angeles e’ scesa in piazza venerdì contro l’ICE. Come ho ripetuto più volte in passato, il movimento americano in questi ultimi dieci-quindici anni ha saputo creare delle infrastrutture capaci resistere attacchi anche pesanti da parte dello stato. A questo bisogna aggiungere che, diversamente da quello successo in altre parti, il movimento statunitense e’ anche riuscito a superare la crisi politica post-COVID. Gli scontri di venerdì, e i 5 milioni di persone scese in piazza sabato scorso, mostrano come negli Stati Uniti ci sia ancora la forza di organizzare dal basso, una cosa rara di questi tempi.   La seconda riflessione riguarda il partito Democratico. Se si guardano le immagini degli scontri avvenuti venerdi’, si notera’ che i gas lacrimogeni ed i proiettili di gomma non sono stati sparati dall’ICE, bensì dalla polizia locale. Nonostante la Californai sia un “Sanctuary State,” la polizia di Los Angelese si e’ schierata apertamente con l’ICE. Ecco, la svolta autoritaria di Trump e’ resa possibile dalle politiche repressive che le varie giunte hanno imposto negli ultimi vent’anni in tutte le città governate dal partito democratico. Abbiamo detto più volte di come quasi la metà del budget di grandi e piccole città americane venga dato ai vari dipartimenti di polizia. L’incapacita’ del partito di trovare soluzioni alternative ai problemi politici e sociali che affliggono le citta’ americane, sta permettendo a Trump di centralizzare il suo potere facendo leva proprio su quelle forze dell’ordine il cui potere politico ed economico e’ stato incrementato a dismisura proprio dalle giunte democratiche.    La sfida dei prossimi mesi e forse anni, sara’ allora anche quella di non dimenticare le responsibilita’ dei democratici, la loro ottusita’ nel continuare a negare la natura autoritaria del progetto politico dei Repubblicani. Come già successo in questi giorni, alcuni esponenti del partito andranno in TV presentandosi come i baluardi della democrazia, quando in realta’ e’ solo campagna elettorale in vista delle elezioni presidenziali del 2028. Nei prossimi mesi e anni, il movimento americano ha quindi l’opportunita’ di approfittare di questa crisi politica per presentare un vero modello alternativo e cercare di rifondare veramente questo paese.  L’ultima riflessione riguarda la violenza politica negli Stati Uniti. E’ inutile sottolineare come l’operato dell’ICE e della polizia debba essere considerata violenza politica, ma in questi ultimi giorni giorni di sono stati altri episodi di violenza che sottolineano come il clima stia cambiando. Nella notte tra venerdì e sabato, due importanti esponenti del partito democratico nello stato del Minnesota sono stati uccisi da un uomo di destra. L’uomo non è stato ancora arrestato, ma nella sua macchina e’ stata trovata una lista con il nominativo di almeno altri 50 esponenti politici. Nella giornata di sabato almeno due uomini hanno attaccato due manifestazioni anti Trump investendo i manifestanti con le loro macchine. Questi episodi si devono leggere in un clima di crescente scontro politico alimentato dalla stessa Casa Bianca. Durante una conferenza stampa indetta  in seguito agli scontri di Los Angeles, la ministra del Dipartimento per la Sicurezza Interna (Department of Homeland Security) ha affermato che e’ arrivato il momento di eliminare tutti quegli esponenti politici socialisti che si oppongono all’agenda di Trump. Senza dimenticare l’amnistia che Trump diede il primo giorno del suo mandato a quasi tutte le persone arrestate in seguito all’attacco al congresso americano nel gennaio del 2020. Molti esponenti dell’estrema destra, appena usciti di prigione, dissero che era arrivato il momento di vendicarsi per il torto subito.  Se e’ vero che in questi anni il movimento americano ha dimostrato di essere in grado di organizzarsi e difendersi da un certo tipo di violenza, il clima è sicuramente cambiato. La sfida politica e’ sicuramente enorme, ma per ora ci godiamo la vittoria ottenuta nelle strade di Los Angeles.      
Visita a sorpresa dell’europarlamentare Ilaria Salis al CPR di Macomer: gravi criticità nella struttura e nei diritti delle persone detenute.
Nella mattinata di giovedì 29 maggio si è svolta una visita a sorpresa al CPR di Macomer da parte di Ilaria Salis, accompagnata da un suo collaboratore e da Teresa Concu, infermiera e attivista dell’Assemblea di Potere al Popolo Cagliari. Le testimonianze raccolte durante l’ispezione hanno messo in luce un clima di insicurezza e paura tra le persone detenute — impropriamente definite “ospiti” dagli operatori del centro. Le condizioni strutturali risultano gravemente compromesse: le docce sono insufficienti , l’alimentazione è inadeguata e più volte descritta come dannosa, tanto da aver spinto alcune persone a intraprendere uno sciopero della fame, senza però ottenere alcun miglioramento. La struttura versa in uno stato di degrado evidente: presenza di muffa, materassi sporchi, sporcizia diffusa, condizioni igienico-sanitarie precarie e un numero di operatori sanitari insufficiente per garantire l’assistenza prevista dalla normativa. Conferenza stampa: Teresa Concu, Andrea Scano (AVS), IIaria Salis e Francesca Mazzuzi (Campagna LasciateCIEntrare) – 29 maggio 2025 (Foto Facebook) Dalle parole raccolte — ma anche dai silenzi e dagli sguardi impauriti di chi non riesce a esprimersi — emerge non solo la denuncia delle condizioni materiali e delle carenze, dal cibo all’assistenza sanitaria, ma anche un senso diffuso di angoscia per il rischio costante di una deportazione improvvisa. In molti si chiedono: «Perché sono qui? Non ho commesso alcun reato». Ricordiamo, infatti, che la detenzione nei CPR ha natura esclusivamente amministrativa. Trattenere persone in simili condizioni, senza accuse penali, contribuisce in modo significativo al loro disagio psicologico, aggravato dall’assenza di qualsiasi attività ricreativa e dall’impossibilità di ricevere visite. Cagliari, 31 Maggio 2025 Assemblea di Potere al Popolo – Cagliari Redazione Sardigna