Minori sedati, non visti e allontanati

Progetto Melting Pot Europa - Tuesday, July 29, 2025

Jessica Lorenzon 1

Giudicato colpevole da un branco di pecore
Hanno provato a rendermi debole
Solo perché non sto alle loro regole, ma
Non ho niente da perdere, come un’amichevole
Mandami un bacio attraverso le lettere
Voglio uscire al più presto e smettere, ma

Voglio cambiare vita, mamma
Ya, habibi-bibi, yalla
Rincorso dai casini, dalla
Non siamo noi i cattivi, wallah
Mi trattano male, scioperi di fame
Sto in isolamento e voglio solo cantare, cantare
Siamo quei ragazzi che mamma ci ha fatto pure da papà
Sognavo un diploma all’università
Ora sogno un futuro lontano da qua e
Mi dicono in tanti, “Ti prego, cambia quella mentalità”
Ma finché non cambia questa società
Rimango lo stesso ribelle di sempre

Liberi, liberi, liberi, liberi, liberi, liberi, ah, ah…

Baby gang – Liberi

Questa presa di parola propone una riflessione sulla condizione dei minori stranieri nelle carceri italiane, in particolare su una preoccupante tendenza le cui spiegazioni risultano sempre più nitide in relazione all’attuale clima politico, ovvero la gestione e la neutralizzazione dei MSNA – minori stranieri non accompagnati – attraverso la reclusione penale, in carcere. Sappiamo da tempo che, a parità di reato, i minori stranieri vengono più spesso puniti con l’isolamento tramite la reclusione rispetto agli italiani; su questo punto le statistiche offrono una prospettiva chiara che a breve verrà discussa. L’Associazione Antigone già nel 2011, anno della pubblicazione del primo Rapporto sulla detenzione minorile, sottolineava come “a mano a mano che ci si addentra nei luoghi di privazione della libertà, la selettività a danno dei minori stranieri è sempre più forte”. Ad oggi, dopo la pubblicazione del c.d. Decreto Caivano (dell’autunno 2023) la situazione è peggiorata significativamente, sia in termini di numeri delle detenzioni, nonché in termini di trattamento e qualità della custodia.

Un quadro mai visto in 30 anni di esperienza penitenziaria, una tensione mai vista. La chiave è tutta repressiva. L’OSCE in una nota formale dice chiaramente che è messo in discussione lo Stato di diritto.

Osservatorio minori di associazione Antigone, 2024

Si premette che chi scrive considera la detenzione intramoenia sempre foriera di sofferenza e mancato rispetto per la dignità umana; andrebbe quindi superata definitivamente. Se fino a qualche anno fa la detenzione minorile in Italia fungeva da modello per altri Paesi, la recente accelerata pan-penalistica, militarizzante, razzializzante e legata a modelli familistici e tradizionali di chiara impronta etero-patriarcale, ha declassato il nostro Paese lasciandolo al vertice solo per quanto riguarda i numeri delle detenzioni dei minori 2.

L’Italia è infatti uno dei Paesi europei con il maggior numero di minori detenuti in carcere, seguita solo da Polonia, Svizzera, Regno unito e Galles 3. Il passato è quindi d’obbligo e monito, ci troviamo in una fase politica che in tema di penale sta distruggendo le garanzie e le riforme conquistate tra la fine del Secolo scorso e l’inizio degli anni Duemila. Come anticipato, lo scritto ha l’obbiettivo di mettere in luce un processo che ancora non trova una forma chiara nei dati quantitativi ma che è apparso più volte nel recente discorso pubblico prodotto da coloro che, a vario titolo, si impegnano nel monitoraggio delle condizioni di detenzione e nello studio dei processi di criminalizzazione a danno dei e delle migranti e, in particolare, di coloro che provengono da rotte migratorie estreme. Non è possibile infatti riferirsi alle statistiche per conoscere i movimenti in campo penitenziario dei minori stranieri non accompagnati, i quali ad oggi non sono differenziati da parte del Ministero di Giustizia e si collocano nel grande insieme degli “stranieri”.

Riannodiamo qualche filo per rendere più chiara la riflessione proposta, offrendo alcune specifiche soprattutto per le persone non socializzate al lessico penale e penitenziario. La condizione dei minori stranieri in carcere, nonché di tutti i minori detenuti, riguarda gli spazi degli IPM – Istituti di pena per minori -. In Italia questi sono 17, di cui 15 interamente dedicati alla detenzione maschile, uno misto e uno femminile dove le detenute presenti sono poche unità.

Queste carceri non ospitano solo minorenni in senso stretto, ma anche giovani adulti, ossia ragazzi processati per titoli di reato compiuti prima della maggiore età. Questi ultimi dovrebbero essere detenuti in IPM fino ai 25 anni di età al fine di promuovere le pratiche educative che il legislatore ha storicamente considerato primarie alla punizione, soprattutto nel caso dei giovani. Una ulteriore tendenza che si sta riscontrando a seguito dell’entrata in vigore del Decreto Caivano è che sempre più, però, i giovani adulti vengono trasferiti dal carcere minorile al carcere per adulti, con tutti i risvolti legati al caso e con buona pace di qualsiasi volontà educativa e di cura. Un dato ancora più perturbante è che, nonostante i numerosi trasferimenti, i numeri delle detenzioni in IPM stanno continuando a salire, raggiungendo picchi mai visti prima. Se fino a qualche anno fa il dato sulle presenze non aveva storicamente superato le 300 unità, oggi le tendenze sono in ascesa. Alla fine dell’anno 2021 erano 281 le persone detenute in IPM, a settembre 2023 erano presenti invece 550 detenuti a fronte di una capacità totale di 516 posti, con un tasso di affollamento del 107%. Per quanto riguarda le caratteristiche dei giovani detenuti risulta chiaro che a subire la detenzione, nella maggioranza, non sono coloro che in virtù del reato ascritto possiamo considerare i più pericolosi, bensì:

Negli IPM ci vanno i marginali, quelli per cui il sistema non riesce o non vuole trovare collocazione. Il nuovo mandato alle carceri per minori non è “preparateli all’uscita” ma teneteceli perché non sappiamo dove mandarli, dall’insediamento del nuovo governo in poi il mandato è chiaro.

Osservatorio minori di associazione Antigone, 2024

Arrivando all’oggi, secondo i dati dell’ultimo rapporto fornito dal Ministero della giustizia 4, a febbraio 2025 sono 587 le persone detenute negli IPM italiani, di questi 561 ragazzi e 26 ragazze. La divisione relativa alla nazionalità parla di 294 italiani e 293 stranieri. Per quanto riguarda le provenienze, 36 provengono da Paesi d’Europa (Croazia, Romania, Albania e Serbia); gli altri 234 provengono principalmente da: Algeria, Egitto, Marocco, Senegal e Tunisia (in ordine decrescente rispetto ai dati del Rapporto). 13 ragazzi provengono dall’ “America” (dicitura generica dal Rapporto del Ministero) e 10 dal continente asiatico (di cui 5 dalla Cina). Le classi d’età sono state raggruppate nell’elaborazione di chi scrive in due macro insiemi: i ragazzi tra i 14 e i 17 anni, quindi minorenni, sono 359 (di cui 163 italiani e 196 stranieri); i ragazzi tra i 18 e i 24 anni, c.d. giovani adulti, sono 228 (di cui 131 italiani e 97 stranieri).

I dati quantitativi poc’anzi narrati non andrebbero considerati come assoluti, bensì dovrebbero fungere da strumento per un inquadramento generale della situazione. Sappiamo infatti che risulta molto complesso raccogliere informazioni statistiche attraverso la comunicazione con gli istituti di pena per minori. Chi scrive ha avuto esperienza diretta, durante una visita di monitoraggio, della discrezionalità con cui talvolta vengono classificati e qualificati detenuti italiani e stranieri. Emblematica a questo proposito la conversazione con un Direttore che segnalava come italiano il detenuto C., il quale era nato in un Paese dell’Unione europea, non aveva documenti e per lui era prevista l’espulsione dall’Italia a fine pena. Di fronte a una richiesta di chiarimento, il Direttore rispose che “C. è come noi, parla perfettamente italiano e ha anche l’accento del posto”. Una piccola nota etnografica a testimonianza di come, lo stigma che spesso viene associato al migrante, porta con sé uno scotoma su quelli che sono elementi strutturali di differenza come l’accesso ai servizi pubblici e sanitari, la possibilità di avere una residenza sul territorio. Requisiti essenziali e, tra i pochi riconosciuti ufficialmente nella letteratura scientifica di settore, come elementi prodromici di una scelta di desistenza ai circuiti collegati alla devianza; quindi volti all’abbassamento delle tendenze recidivanti.

Provando a scendere ancora più nel dettaglio rispetto all’oggetto di questa riflessione, ovvero l’intersezione tra detenzione penale e percorso biografico dei MSNA, il Ministero ha recentemente reso pubbliche le tabelle sulle classi di reato e le caratteristiche generali delle persone detenute in IPM ad essi collegate. Il dato generale è che su 59.696 reati registrati nell’anno 2024, il 69,12% è a carico di italiani. La distribuzione delle condanne tra IPM e altre misure mette in evidenza le sproporzioni dei percorsi. Senza pretesa di esaustività emerge che, per quanto riguarda le varie classi di reato, le detenzioni sono così distribuite:


Percentuale sul totale delle persone in detenzione in IPM – istituto penale per minori – per classi di reatoPercentuale sul totale delle persone in carico ai Servizi della giustizia minorile per classi di reato
NazionalitàitalianistranieriitalianistranieriContro la persona
57,242,874,5725,43Contro la moralità pubblica, la famiglia e il buon costume
78,3321,6785,4114,59Contro il patrimonio
45,6954,3161,1638,84Contro l’incolumità pubblica
69,9630,478,8521,15Contro la fede pubblica
307067,8432,16Contro Stato, altre istituzioni, ordine pubblico
47,1852,8267,5532,45Elaborazione dell’autrice sui dati forniti dal Ministero di Giustizia (2025)

Dalla tabella notiamo che, per tutte le classi di reato, sia quelle connotate dal senso comune come “gravi” che quelle “lievi”, la percentuale degli italiani coinvolti è superiore. Le stesse tendenze tuttavia non si registrano in relazione alla scelta punitiva, infatti si nota in modo chiaro come più spesso siano gli stranieri a parità di reato ad essere detenuti in carcere. Approfondendo ulteriormente le classi di reato in relazione alla gravità percepita appare altresì che, per i reati considerati di grave entità, come ad esempio l’omicidio volontario (sia esso agito o tentato) la percentuale di italiani sul totale è nettamente superiore. Le stesse tendenze si registrano anche per quei reati che sono correlabili alla violenza maschile e di genere. Lo stesso dicasi per i reati contro la moralità pubblica, la famiglia e il buon costume, come ad esempio i maltrattamenti in famiglia; di questi (898) il 78,40% è imputato a italiani. La classe di reati che più significativamente possiamo accostare alla giovane identità migrante è quella “contro il patrimonio”, furto e rapina in primis. Più in generale possiamo dire che le tendenze vedono i reati collegati al possesso di soldi e all’uso o allo spaccio di droga quelli che coinvolgono maggiormente gli stranieri (non in senso assoluto poiché abbiamo visto come le percentuali più alte nelle statistiche coinvolgano sempre il gruppo degli italiani). Nel primo caso si tratta di reati che rientrano nei c.d. reati economici, non di rado correlati alla povertà; nel secondo si tratta di reati spesso in comorbidità con una situazione di abuso e dipendenza. Una ulteriore questione non trova facili risposte, ovvero se nel percorso biografico del minore sia arrivata prima l’abitudine all’uso di sostanze, oppure lo spaccio e gli atti di devianza volti al procurarsi quest’ultima. Quello che è chiaro è che è in corso, all’interno degli IPM, una vera e propria sedazione di massa – a danno nuovamente degli stranieri in particolare – attraverso l’uso massiccio di psicofarmaci, come riportato dall’inchiesta condotta dall’associazione Antigone in collaborazione con Altreconomia 5. A seguito della pubblicazione dell’inchiesta è stata aperta una interrogazione parlamentare. L’utilizzo smodato di talune sostanze è infatti correlato al mantenimento della condizione di dipendenza che talvolta i ragazzi presentano già al momento dell’ingresso. Una presa in carico istituzionale che passa quindi attraverso gli stessi processi associabili ai reati forieri dell’ingresso in carcere.

Infine, la tabella non riporta la classe che il Ministero definisce “altri delitti” e che comprende il traffico d’armi e le violazioni in materia di immigrazione. Sul totale di 108 casi registrati a questo titolo, 98 sono a carico di italiani e si legano al traffico illecito di armi. Il dato interessante per la nostra riflessione è che per i reati che violano le norme in materia di immigrazione vi sono 8 persone detenute in IPM. Questi ragazzi (tutti maschi) sono con buona probabilità stati definiti “scafisti”. Il giovane scafista è stato recentemente presentato a fini propagandistici come uno dei nuovi nemici pubblici d’elezione, insieme ad altre figure che non vengono qui citate per ragioni di spazio come ad esempio i “raver”.

“Prima di partire l’uomo arabo con la pistola mi ha detto che avrei dovuto tenere la bussola mentre a quello in fila dietro di me (eravamo l’ultimo ed il penultimo della fila) è stato dato il comando dell’imbarcazione, sotto minaccia di essere sparati. Solo dopo ho scoperto che quella sera per tutte e tre le barche che sono partite, gli ultimi due della fila erano stati scelti per condurre la barca. Non si può fare nulla, tutti sono armati in Libia. Non è possibile opporsi a quello che comanda. 6

Così come si registra per le tendenze detentive degli adulti, anche nel caso delle detenzioni in IPM, gli stranieri vengono più spesso trattenuti in carcere anche nella fase di custodia cautelare, ovvero prima di ricevere la condanna definitiva. Anche in questo caso il primo elemento di spiegazione è sociale e non penale e spesso riferito all’assenza di capitale materiale.

Sono stati fino a qui forniti alcuni elementi utili al proseguo dell’ipotesi che ha guidato questa presa di parola, ovvero che la detenzione in carcere per i minori stranieri appare sempre più come un dispositivo di controllo sociale e neutralizzazione di una eccedenza difficilmente collocabile e scarsamente tollerata, quindi oppressa. Una neutralizzazione che agisce in due direzioni: in un primo momento attraverso l’isolamento e il contenimento architettonico in carcere, poi nella presa in carico istituzionale quotidiana attraverso la sedazione con l’utilizzo di psicofarmaci. Molti degli elementi considerati non sono nuovi agli addetti ai lavori, la novità è l’avanzata spietata in Italia del richiamo al campo penale per risolvere qualsiasi questione di matrice sociale, nel caso dei minori tutto ciò risulta ancora più perturbante rispetto all’ideale risocializzante che ha sempre guidato, almeno nelle parole, la detenzione minorile.

  1. Jessica Lorenzon è attivista e osservatrice con Antigone, di cui coordina la sede veneta. Psicologa e criminologa critica, si è dottorata a Padova studiando i percorsi di uscita dai circuiti penali e penitenziari. ↩︎
  2. L’approfondimento di Stroppa (Antigone 2024) a questo link. ↩︎
  3. Per approfondire: Children of Prisoners Europe. ↩︎
  4. Minorenni e giovani adulti in carico ai Servizi minorili – Analisi statistica dei dati 2024 (provvisori); Minorenni e giovani adulti in carico ai Servizi minorili – Analisi statistica dei dati 2024 (convalidati). ↩︎
  5. Per approfondire:
    Gli psicofarmaci negli Istituti penali per i giovani reclusi, di Luca Rondi – 1 ottobre 2023;
    Psicofarmaci all’Ipm “Beccaria” di Milano: l’altra faccia di abusi e torture, di Luca Rondi – 14 maggio 2024;
    Fine pillola mai. Psicofarmaci negli IPM, di Luca Rondi. ↩︎
  6. Per approfondire l’indagine condotta da ARCI Porco Rosso e Alarm Phone: “Dal mare al carcere“. ↩︎